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L’equipe è fondamentale perché io posso cogliere una sfumatura che un mio collega non riesce a
cogliere.
E’ fondamentale cogliere la globalità delle situazioni, le dinamiche, e questo è essenziale per non
fermarsi alla prima impressione che ovviamente ha bisogno di tempo.
Un’altro elemento importante è quello di orientarsi verso la propria visione del mondo ma anche
tenere in considerazione la visione del mondo di chi guarda e di chi si guarda (il suo punto di
vista).
E’essenziale ovviamente anche autosservarsi interrogarsi e autovalutarsi per arrivare ad una
maturazione del proprio sé personale e professionale:
- Per non cristallizzarsi sul proprio ruolo professionale (non replicare continuamente gli
stessi modelli o le stesse abitudini)
- Per evitare il cosiddetto “burn out” ovvero il senso di fallimento e di non efficacia
Ascolto: l’educatore mette in campo il cosiddetto ascolto in profondità, cioè un ascolto che
stabilisce, arricchisce e nutre una relazione empatica; è un ascolto basato sull’interesse dell’altro
perciò non si può essere mentalmente altrove in una relazione educativa.
Significa mettere l’altro nella condizione di esprimersi senza ovviamente invadere l’altro.
Cosa devo fare per ascoltare? Il silenzio è un elemento fondamentale, fare silenzio sui miei
pregiudizi dati dalla prima impressione.
L’attenzione all’altro passa attraverso lo sguardo e attraverso il linguaggio.
Con l'ascolto e l’osservazione l’educatore entra in contatto con l’altro in una relazione empatica.
6. Saper organizzare
Nell’agire educativo c’è anche un aspetto più organizzativo, di fatti, questa competenza può
essere considerata sotto due differenti profili:
- saper organizzare nell’ambito della ricerca
- saper organizzare come saper dare ordine, sequenzialità,sistematicità ai
diversi interventi all’interno del contesto in cui si attua il processo
educativo.
(passaggio da progettualità a progettazione)
Saper organizzare significa anche saper gestire i tempi della relazione educativa e scegliere
quali logiche si vuole utilizzare, con l’aiuto anche dell’equipe.
Saper organizzare significa anche non perdere di vista la globalità della persona mentre si pone
attenzione agli aspetti strumentali e operativi. (tenere insieme la parte organizzativa con la parte
creativa dell’educazione è essenziale).
Nel saper organizzare sottolineiamo la gestione dell’intervento educativo:il nostro impatto
educativo infatti si verifica un cambiamento o un miglioramento, siamo promotori del più alto
livello di benessere possibile per quel contesto, ma se io non organizzo l’intervento posso avere
delle ottime idee che resteranno però ideali e la responsabilità educativa è quella di trasformare
l’ideale in reale (atto educativo). La nostra responsabilità è quindi quella di mettere insieme
nell’efficacia, l’organizzare con il gesto artistico dell’educare (percorsi divergenti e
creativi). Non c’è contraddizione tra l'artisticità e la razionalità, ma anzi sono due elementi
complementari.
7. Lavorare in gruppo
Un buon educatore deve imparare a lavorare in gruppo e all’interno dei contesti educativi ci
sono vari livelli di lavoro di gruppo, a partire dall’equipe educativa.
Lavorare in gruppo vuol dire costruire dei contesti di relazione da cui emerga l’importanza dei
legami, che non sono automatici o dettati dall’alto,ma si costruiscono dall’interno.
E’ quindi fondamentale partire dall’equipe educativa perché quello è il primo gruppo con cui ci
confrontiamo e qui il nostro ruolo è molto importante.
All’interno del lavoro di gruppo è importante saper conoscere,riconoscere e alimentare le
dinamiche di gruppo perché il gruppo non è statico ma è un processo dinamico di relazioni
(dentro il gruppo ci possono essere molteplici relazioni così come possono esserci molteplici
ruoli)
Saper distinguere i diversi lavori di gruppo: persone, ruoli e finalità e la ridefinizione dei
linguaggi e dei canali di comunicazione.
Alcune abilità che si possono rafforzare nel lavorare in gruppo:
- Declinare il prefisso -co: definisce la corresponsabilità, si definisce la responsabilità
insieme e c’è cooperazione;
- Argomentare e discutere punti di vista differenti: le discussioni e lo scambio di
punti di vista sono fondamentali nelle dinamiche di gruppo perché sono utili nel metterci
in discussione;
- Rispetto delle regole democratiche: possono essere esplicite o meno (ascolto dei
membri mentre parlano, la condivisione delle idee…)
- Empatia: dato che sono in un contesto plurale devo anche saper interpretare gli altri
punti di vista e calarmi nelle situazioni;
- Dialogare con professionalità differenti: si possono trovare equipe
multi-professionali quindi bisogna sapersi confrontare con professioni diverse dalla
nostra;
- Socializzare e creare un buon clima di gruppo: costruire le condizioni per cui ci si
possa esprimere, è una delle prime cose da fare;
- Assumere ruoli differenti nel gruppo: una leadership fissa e immutabile a volte
può creare delle divisioni;
- Adattarsi al compito e al gruppo senza lasciarsi annullare da questo: capire
come posso contribuire nel raggiungimento dell’obiettivo.
- Capacità di leadership: La leadership è la capacità di guida e di conduzione di un
gruppo. «Il leader educativo autentico è colui che esercita l’autorità decisionale in
termini pedagogici, cioè in termini di responsabilità educativa e sociale. Non è
sufficiente, infatti, che vi sia un mandato istituzionale, ma occorre che l’autorità gli venga
riconosciuta e attribuita dal gruppo: ciò dipende strettamente non solo dalle sue qualità
umane, ma anche dalle sue capacità di leadership, ossia del suo ruolo di guida»
L’attitudine alla leadership è una caratteristica che qualcuno può avere a priori, educarsi
ad una leadership democratica è possibile e dipende dal riconoscimento del gruppo,
posso dire di essere un leader nel momento in cui il gruppo riconosce il ruolo.
Quindi, la capacità di leadership dipende molto dalle capacità di relazione e dai
legami che stabiliamo all’interno del gruppo, di conseguenza si può dire che la leadership
non è una questione individuale ma collettiva.
*Ci sono diverse forme di gruppo:
- gruppo in cui ci sono tanti intrecci di opinioni ma non c’è coordinamento, qui è
essenziale la leadership altrimenti non si riesce ad arrivare ad un unico riscontro.
- gruppo in cui sono presenti tanti punti di vista ma che convergono allo stesso obiettivo, è
basato sul supporto, sull’unione, sul gioco di squadra. Non è solo un gruppo, è
un'equipe:”un gruppo organizzato che non sia solo un insieme di specialisti o operatori
tesi a difendere i propri punti di vista, ma un insieme di soggetti in grado di assumere la
propria professionalità come capacità di sintesi del sapere, del saper fare e del
saper essere” (ci si muove in maniera coesa).
8. Lavorare in rete e con professionisti diversi
Lavorare in rete significa creare delle alleanze tra soggetti, servizi o istituzioni orientati
verso lo stesso compito.
Se nell’equipe ci sono soggetti che portano avanti il proprio punto di vista, ciascun soggetto
all’interno di una rete non rappresenta solo il suo punto di vista, ma molto spesso rappresenta il
punto di vista dell’ente, dell’istituzione o del servizio di cui fa parte.
Dentro la rete possono esserci professionisti ma è bene che ci siano anche i non professionisti
come le famiglie o i tutori dei soggetti con cui ci relazioniamo.
E’ fondamentale che ci sia una compartecipazione dei soggetti con cui ci relazioniamo.
La rete è sicuramente una dimensione di gruppo e di legami di soggetti che lavorano per lo
stesso compito; è fondamentale quindi focalizzarsi su come si costruiscono tali legami e i nodi
della rete (non focalizzarsi solo su una rivendicazione del proprio ruolo ma piuttosto focalizzarsi
sullo stesso compito.)
Un punto fragile della rete è che molto spesso questo lavoro non è istituzionalizzato né viene
riconosciuto all’interno dei tempi e delle logiche di progettazione, il che vuol dire che se invece il
lavoro d’equipe è parte assodata del lavoro professionale che ciascuno di noi mette in campo nel
proprio servizio, non è detto che sul contesto ci sia la formalizzazione di costruire una rete
congiunta. Questo porta a diversi malfunzionamenti perchè se non c’è dialogo tra i soggetti,le
istituzioni ecc.. l’impatto dell’intervento non sarà efficace.
Il ruolo dell’ambiente e del contesto sociale è fondamentale perchè se ci troviamo in un
contesto dinamico è chiaro che la costruzione della rete assume una forma piuttosto strutturata.
Questo dipende molto dalle politiche sociali, cioè da come sono disegnate le politiche sociali
che ci sono nei contesti e che attribuiscono più o meno valore a questo tipo di lavoro.
Lavorare in rete significa lavorare verso l’inclusione e la partecipazione attiva proprio
perché consente di avere una prospettiva molto più ampia, consente di approcciare
problemi,questioni o difficoltà all’interno dei contesti con tante traiettorie e prospettive.
La rete è fatta di una pluralità di persone che attuano delle strategie per contenere dimensioni
come la marginalità o la devianza ma anche supportare tutte quelle dimensioni positive che
si possono trovare in situazione. La rete non è fatta per delimitare un confine ma per
promuovere un certo grado di emancipazione.
Una possibile prospettiva—-F.Folgheraiter: Il lavoro di rete è orientato verso il
potenziamento degli attori sociali, problem solving perché è fondamentale essere orientati sul
compito(empowerment e problem solving).Di fatti, ogni soggetto che entra a far parte di
una rete portando punti di vista collettivi supporta l’orientamento al compito con le sue
competenze, supporta la possibilità di mettere in atto un intervento concordato a più voci.
Differenze tra la rete e l’equipe
Il lavoro di rete ha una portata più ampia rispetto a quello d’equipe.
Quello d’equipe è una dimensione più strutturata e anche più organizzata.
I legami di rete vanno ricuciti di volta in volta perchè appunt