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SOCIALI: L’HOUSING SOCIALE.
(di Emanuela Pece)
1. Dalla città alle periferie: il ruolo della casa nelle
relazioni fra quartieri e territorio.
Partendo dalle riflessioni proposte dagli studiosi della scuola di
Chicago risulta evidente come la città, nel corso, del tempo ha
subito una trasformazione.
Da semplice meccanismo fisico e costruzione artificiale è diventata
un prodotto della natura, in particolare della natura umana.
L’approccio adottato dalla Scuola di Chicago prende in
considerazione una prospettiva ecologica, secondo cui si privilegia
lo studio delle relazioni spaziali e temporali degli esseri umani,
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partendo dalle categorie del darwinismo sociale . Da questi
presupposti, Burgess ha condotto un’analisi sullo sviluppo della
città di Chicago secondo cerchi concentrici. Un elemento
interessante di questo studio si riferisce alla crescita urbana della
città che ha seguito un processo di espansione anziché uno di
agglomerazione arrivando a delineare aree che differenziano non
solo spazi fisici, ma definiscono anche passaggi da una cerchia
sociale all’altra. Lo schema proposto in questo studio poneva nel
primo cerchio il centro della città in cui confluivano la maggior
parte delle attività commerciali; gli altri tipi di cerchio
accoglievano varie tipologie di comunità, fra cui gli immigrati. Il
penultimo cerchio, infine, rappresentava la zona residenziale in cui
vivevano i ceti più abbienti ed era riservata ai pendolari.
L’aspetto interessante della ricerca riguardava lo sviluppo urbano
concepito come un movimento teso ad allargare i propri spazi
arrivando a invadere la zona confinante delineando un’estensione
che dal centro si muoveva verso la periferia. Le aggregazioni e le
segregazioni sociali in diversi quartieri potevano avvenire non solo
a seconda delle forze economiche o degli spazi, ma anche e
Il darwinismo sociale è una corrente di pensiero i cui sostenitori applicano allo
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studio delle società umane i principi darwiniani della «lotta per la sopravvivenza» e
della selezione naturale, sostenendo che questi debbano essere la regola delle
comunità umane. Si tratta di una corrente sviluppata a partire dalla seconda metà
del XIX secolo a opera di alcuni pensatori positivisti, in particolare Spencer (1820-
spensierismo sociale.
1903), e per tal motivo chiamata anche La locuzione è
rimasta nell'uso corrente soprattutto con significato polemico per indicare teorie
razziste.
soprattutto grazie a scelte di stili di vita e alla varietà di
sottoculture che fiorivano nelle metropoli. Per tale ragione, nelle
grandi città era più frequente che la divisione del lavoro poteva
contribuire alla concentrazione di una o più attività in luoghi
specifici attorno ai quali spesso si sviluppavano veri e propri
quartieri in cui abitavano le persone che ci lavoravano. Ciò faceva
si che la distribuzione della popolazione sul territorio avveniva per
aree omogenee sia dal punto di vista sociale sia culturale. Ed è
proprio su queste premesse che gli studiosi della Scuola di Chicago
hanno rivolto la loro attenzione all’organizzazione sociale e alla
cultura di aggregati sociali (come gruppi etnici e bande) collocati
in aree specifiche della città.
Una delle critiche mosse all’approccio ecologico della Scuola di
Chicago fu che gli studiosi non presero in considerazione
l’elemento relazionale fra gli abitanti, cioè quel rapporto che gli
abitanti stringono fra loro indipendentemente dalla competizione
per gli spazi.
L’elemento centrale che acquisisce un carattere prettamente
sociale è rappresentato dalla casa.
Il panorama abitativo italiano, per esempio, è stato caratterizzato
da diverse fasi storiche che hanno visto la nascita di veri e propri
agglomerati di abitazioni in zone limitrofe rispetto al centro della
città e in cui lo Stato e le istituzioni pubbliche assolvevano il
compito di provvedere al miglioramento delle condizioni di
abitabilità delle famiglie meno favorite.
Il ruolo dello Stato nell’ambito delle politiche abitative è stato
mosso da due importanti ragioni: la convinzione di assicurare un
benessere agli individui e alle famiglie e la necessità di provvedere
all’ordine sociale. La strategia integrativa proposta dallo Stato si
concretizzava attraverso un’azione che puntava alla valorizzazione
dell’abitare come momento privato e contrapposto a quello
lavorativo. Per tale ragione, la tipologia di modello abitativo che
veniva privilegiata puntava a legittimare l’edilizia plurifamiliare.
In Italia questo sviluppo urbano ha interessato prevalentemente
terreni esterni alla città.
Lo spazio abitabile, quindi, ha avuto il compito di strutturare la
parte urbana e di dare forma di comunità ai cittadini. Allo stesso
tempo, però, nel corso degli anni, le periferie hanno assunto una
serie di stereotipi e di significati negativi, anche se esse, negli
ultimi anni appaiono consolidate da una propria identità sociale.
La periferia, quindi, può essere percepita sia come un problema
per chi vi abita, ma anche come una risorsa per valorizzare gli
spazi abitativi pur con la presenza di alcuni evidenti disagi. Da ciò
parte l’esigenza di proporre interventi di recupero dei quartieri.
Uno degli strumenti che attualmente gli operatori del settore
hanno a disposizione per intervenire nell’ambito delle politiche
abitative è rappresentato dall’ Housing Sociale.
2. L’Housing Sociale e i nuovi modelli abitativi
In Italia la questione abitativa sembra presentare uno scenario
piuttosto complesso, acuito dalla crisi economica tuttora in atto.
Le attuali politiche abitative appaiono non adatte a rispondere in
maniera adeguata ed efficiente al problema, nonostante esso sia
avvertito da una buona fascia della popolazione che mostra
l’impossibilità di accedere all’acquisto e, in alcuni casi, all’affitto di
una casa secondo le attuali logiche del mercato. La storia italiana
in ambito di politiche abitative sembra aver seguito due direzioni:
da un lato, si è assistito a una crescita esponenziale della quantità
di alloggi; dall’altro, il bene casa è diventato sempre più una forma
di investimento ed espressione di uno status sociale benestante a
fronte di un’edilizia pubblica riservata a classi sociali meno
abbienti.
Il ruolo “paternalistico” giocato dallo Stato italiano nel garantire
un alloggio dignitoso ad alcune fasce deboli della popolazione è
iniziato con il cosiddetto Piano INA-Casa, che dal 1943 al 1963 ha
provveduto alla creazione di circa trecentocinquantamila alloggi.
Lo scopo del Piano era quello di rispondere a un bisogno abitativo
con alloggi a canoni molto contenuti e di offrire a persone
disoccupate e senza specializzazione e con poche opportunità un
posto di lavoro dignitoso. Negli anni Settanta in Italia fu istituito il
Fondo Gescal (Gestione Case per i Lavoratori) con cui si richiedeva
una tassa di scopo ai dipendenti e ai datori di lavoro. Questi furono
gli anni in cui in Italia ci fu una grossa espansione dell’Edilizia
Residenziale Pubblica (ERP).
Dagli anni Novanta, invece, ebbe inizio il processo di smistamento
degli alloggi ERP. Tuttavia, gli introiti che si ebbero dalla vendita
degli alloggi a famiglie residenti non portarono a benefici
economici per il sistema finanziario italiani per due motivi: i prezzi
di dismissione erano ben al di sotto dei valori di mercato e le
cosiddette risorse straordinarie destinate all’acquisizione di nuove
costruzioni o al recupero edilizio non furono sufficienti per risanare
l’intero patrimonio immobiliare pubblico. A ciò si aggiunse anche
un progressivo degrado del patrimonio residenziale.
Questa situazione ha contribuito a un impoverimento delle aree
residenziali, spesso situate in zone lontane dal centro città e in cui,
oltre a un crescente disagio abitativo dovuto alle condizioni
strutturali delle abitazioni, spesso si manifestava anche un disagio
di tipo sociale con lo sviluppo di fenomeni di ghettizzazione e casi
di violenza e di microcriminalità.
I dati del 2014/2015 hanno registrato una crescita delle persone in
vulnerabilità abitativa, mentre, secondo una delle ultime indagini
ISTAT nel 2014 il 28.3 % delle persone residenti in Italia era a
rischio di povertà o di esclusione sociale.
Queste cifre rafforzano ancora di più l’idea di quanto il bene casa
soddisfi non solo un bisogno materiale, ma un vero e proprio
bisogno di tipo sociale.
2.1 L’Housing Sociale: nuove opportunità per un abitare
sociale.
L’Housing Sociale, rispondendo alla domanda abitativa di fasce di
popolazione più deboli, adotta un approccio di tipo sociale. Infatti,
attraverso l’esperienza abitativa mira anche a ricucire i legami
sociali o a crearne di nuovi, sia agendo ex novo, sia proponendo i
suoi modelli abitativi in aree urbane già abitate.
L’interesse verso i progetti dell’Housing Sociale ha a che fare con
gli aspetti relativi alle modalità di costruzione delle abitazioni, ma
anche con la possibilità di ampliare e rafforzare le reti sociali fra le
micro,
persone partendo da quelle ovvero le relazioni di vicinato,
fino ad arrivare a quelle con il resto del territorio.
L’Housing Sociale si caratterizza per un serie di strumenti, azioni e
soluzioni abitative che hanno lo scopo di fornire abitazioni
adeguate e accessibili a famiglie che trovano difficoltà a reperire
un’abitazione a condizioni di mercato a causa delle loro capacità
economiche o di specifici bisogni. Lo scopo dell’Housing Sociale è
quello di promuovere l’integrazione sociale tramite l’abitare.
La mission dell’Housing Sociale è caratterizzata da tre aspetti:
1. I beneficiari;
2. Le modalità di intervento, che prevedono un’azione integrata
per cui ciascun progetto include differenti piani di attività;
3. I criteri di assegnazione degli alloggi, che prevedono un
approccio di tipo generalista secondo cui nell’ assegnare le
abitazioni alle persone e/o alle famiglie si tiene conto non solo
del reddito individuale, ma anche della predisposizione a
vivere in un contesto abitativo di tipo sociale.
Gli obiettivi dell’Housing Sociale comprendono innanzitutto la
volontà di realizzare un mix abitativo e sociale proponendo
soluzioni abitative destinate a differenti tipologie di individui allo
scopo di sviluppare relazioni fra persone appartenenti a gruppi
sociali e professionali differenti.
In secondo luogo, si ha la creazi