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PROCESSI PSICOLOGICI INDIVIDUALI E PARTECIPAZIONE AL BULLISMO
La partecipazione al fenomeno del bullismo con ruoli diversi è promossa da caratteristiche e processi psicologici individuali propri delle differenti aree del funzionamento psicologico: cognitiva, emotiva emotivazionale. Il comportamento sociale e l'eventuale condizione di vittima emergono dall'interazione di questi fattori tra loro e con le dinamiche interne alla rete sociale dei coetanei.
Cognizione e partecipazione al bullismo:
La lettura recente propone due ipotesi che, in apparente contrasto, riconducono la messa in atto di azioni prevaricanti a disfunzioni specifiche di alcuni processi cognitivi (primo modello) o al possesso di sofisticate capacità di comprensione delle relazioni sociali (secondo modello).
Il modello dell'elaborazione dell'informazione sociale:
Questo modello è conosciuto anche come modello del deficit socio cognitivo proposto da Dodge negli anni 80. Lo studioso
Ha condotto una serie di studi su bambini e ragazzi aggressivi, in prevalenza aggressivi reattivi, giungendo alla conclusione che questi siano caratterizzati dalla presenza di alcune incompetenze, identificabili come difficoltà specifiche nella capacità di elaborare le informazioni sociali disponibili nelle interazioni con i coetanei. Tale modello considera l'elaborazione dell'informazione sociale come un processo sequenziale e circolare a 6 passi:
- Codifica dello stimolo sociale
- Interpretazione dello stimolo
- Definizione degli obiettivi
- Ricerca o generazione di una risposta
- Scelta della risposta
- Messa in atto della risposta
Nel primo passo il bambino seleziona attivamente gli stimoli sociali nell'ambiente, in particolare le azioni degli altri, li codifica e li interpreta (secondo passo). In tal modo il bambino si forma una rappresentazione mentale dell'evento sociale e dà significato a quanto sta accadendo.
Attorno a sé. In queste prime fasi, per elaborare e interpretare le informazioni il bambino rievoca e utilizza le conoscenze sociali precedentemente formate e conservate nella memoria a lungo termine, acquisite mediante l'esperienza personale e l'apprendimento per imitazione e modellamento. Si tratta di un processo di attribuzione causale perché l'interpretazione della situazione sociale porta a formulare inferenze sulle motivazioni sottostanti il comportamento degli individui con cui si interagisce. Il terzo passo previsto è la definizione degli obiettivi che la persona intende perseguire nel corso dell'interazione (goals). L'elaborazione e la scelta degli obiettivi dipendono in parte dall'esito delle fasi precedenti e guidano poi i passi seguenti. Successivamente il bambino ricerca una risposta comportamentale da mettere in atto tra quelle apprese precedentemente o ne genera di nuove (quarto passo) e compie poi una scelta (quinto passo).
circa la risposta comportamentale da attuare. La selezione della risposta può avvenire sulla base di differenti fattori tra i quali la valutazione dell'appropriatezza del comportamento al contesto, le aspettative di risultato e la percezione della propria efficacia personale rispetto alla messa in atto di quella determinata risposta. Infine (sesto passo) la scelta si traduce in un'azione che chiude il processo e stimola una valutazione del comportamento da parte di adulti e coetanei e una loro conseguente risposta. Il processamento socio-cognitivo in quest'ultima tappa si apre all'influenza del contesto sociale che con le sue reazioni alla condotta agita dal bambino, fornisce informazioni di ritorno ovvero feedback sulla appropriatezza della sua interpretazione della situazione, degli obiettivi scelti della conseguente risposta attuata. Le differenze riscontrabili negli individui aggressivi rispetto a quelli non aggressivi non riguardano il percorso di.sviluppo della competenza sociale in quanto tale quanto piuttosto la qualità dell'elaborazione dell'informazione, che sarebbe deficitaria o disfunzionale in alcuni punti del processo. Ad esempio i bambini aggressivi tendono a codificare gli stimoli sociali in maniera meno accurata rispetto ai coetanei non aggressivi. Inoltre sono caratterizzati da tendenze attribuzionali erronee ovvero interpretano scorrettamente le cause del comportamento altrui, difficoltà nel secondo passo. Tendono ad attribuire inoltre intenzioni ostili all'attore di un comportamento agito in situazioni ambigue: questa tendenza attribuzionale ostile si manifesta soprattutto quando l'azione dell'altro viene rivolta direttamente alla persona. Soprattutto i bambini aggressivi reattivi condividono un'idea del mondo come ostile, che li porta ad aspettarsi che gli altri muovano attacchi nei loro confronti. Il loro comportamento violento pertanto può essere spiegato come.Reazione a questa percezione di diffusa ostilità degli altri verso di loro. È un circolo vizioso.
In sintesi Il modello dell'elaborazione dell'informazione sociale descrive l'individuo aggressivo reattivo come una persona caratterizzata da difficoltà di tipo socio cognitivo prevalentemente nei passi primo e secondo del processamento dell'informazione sociale. Vi sono quindi errori nell'interpretazione delle situazioni di interazione. Dalla percezione di tali provocazioni originerebbero vissuti di rabbia che portano la persona a reagire aggressivamente.
Analogamente ai bambini aggressivi reattivi, anche quelli proattivi mostrerebbero tendenze disfunzionali nel processamento on-line dell'informazione sociale descritto dal modello precedente. Questi bambini nell'interazione con i coetanei privilegerebbero obiettivi volti al raggiungimento di vantaggi personali a obiettivi mirati a preservare le relazioni interpersonali, terzo passo.
Gli obiettivi mirati al proprio vantaggio più facilmente promuovono la scelta di strategie comportamentali aggressive, le quali sono strumenti socialmente efficienti in cui tali bambini si sentono efficaci, quinto passo. Secondo tale modello, anche nel bullismo sono state trovate evidenze a favore dell'ipotesi che la capacità di ricercare, selezionare e mettere in atto una risposta sociale adeguata sia deficitaria nei bambini autori di prepotenze. I bulli, così come gli altri bambini aggressivi, dispongono di una gamma di risposte sociali inadeguate più limitata rispetto ai compagni non aggressivi. Soprattutto se si trovano a fronteggiare situazioni di conflitto interpersonale. Da uno studio si ricava che i bulli vittima, similmente a quanto avviene per i bambini aggressivi reattivi, tendono maggiormente a considerare come intenzionale il comportamento negativo del protagonista dello scenario ambiguo, mentre i bulli non necessariamente commettono attribuzioni.erronee in situazioniambigue.Il modello dell'abile manipolatore sociale: Sutton, Smith e Swettenham nel 1999 hanno criticato l'effettiva applicabilità del modello del deficit sociocognitivo al comportamento prepotente, ponendo in discussione lo stereotipo del bullo come individuo fortema socialmente rozzo, con una scarsa intelligenza sociale e una difficoltosa comprensione degli altri. Questiautori sostengono che molti bulli, in particolare quelli ring leader, possono essere considerati abilimanipolatori delle relazioni sociali anziché individui socialmente incompetenti: suggeriscono dunque diguardare al comportamento prepotente come scelta da parte loro di una strategia socialmente scorretta,mirata a raggiungere obiettivi sociali corretti, quali la leadership all'interno del gruppo.Il modello dell'abile manipolatore (Skilled manipulator) del 1999 sostiene che il bullismo richieda unasofisticata capacità di manipolare psicologicamente sia leVittime che gli altri compagni. I bulli possono essere caratterizzati da abilità socio-cognitive ben sviluppate tra cui una buona teoria della mente, che userebbero strategicamente per controllare la gerarchia del gruppo e dominare gli altri. I bulli sarebbero dunque in grado di percepire e interpretare il mondo sociale circostante in maniera accurata e userebbero questa loro capacità per anticipare pensieri e comportamenti dei compagni in modo da manipolare efficacemente i processi di gruppo sottostanti le dinamiche di bullismo e ottenere vantaggi personali. I bulli sono tendenti al machiavellismo cioè portati a concepire le altre persone come manipolabili e le leggi morali come violabili. Soffermandosi sulla teoria della mente, già in bambini di 2 o 3 anni essa non costituisce un'abilità uniforme ma può assumere forme e significati diversi a seconda del contesto sociale in cui si manifesta. In particolare alcuni autori propongono di distinguere
tra:- una teoria della mente buona ti riferisce alle abilità di mentalizzazione attive in compiti di tipo prosociale. Si tratterebbe di cognizioni legate in qualche modo anche alla competenza empatica
- una teoria della mente cattiva sarebbe associata comportamenti antisociali cognitivamente sofisticati, quali la menzogna, la colpevolizzazione dell'altro o il bullismo.
La ricerca ha dimostrato che i bulli spesso presentano deficit o disfunzioni nella cognizione sociale, rendendoli incompetenti nel valutare gli esiti del loro comportamento aggressivo e nell'aspettarsi conseguenze negative.