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Gergen e Bruner
Gergen focalizza l’attenzione soprattutto sulle relazioni e lavora molto sull’idea di narrative, del raccontare
storie. Collabora alla creazione di una collana di libri sulle narrazioni. I coniugi Gergen ci dicono come è
importante pensare il sé a partire dalle narrazioni che noi facciamo a noi stessi e che gli altri fanno su noi, se
non si vuole diventare incomprensibili bisogna generare una narrazione appropriata. Le componenti, le regole,
di una narrativa ben formata:
- Ha un percorso e ha un punto finale;
- Il punto finale si raggiunge tramite eventi di cui è importante l’ordine;
- Dobbiamo mettere in relazione gli elementi, non si può scrivere un elenco.
Se diamo molta importanza nel raccontarci in storie agli altri e a narrative letterarie i Gergen hanno analizzato
delle autobiografie andando a vedere che forma la narrativa teneva, andando ad analizzare come uomini e
donne parlano di sé. Mary Gergen avvia questa ricerca di archivio in cui la domanda che si pone è ‘’chi sono
io’’, ovvero ‘’chi è l’autore che scrive l’autobiografia’’.
Gli autori suggeriscono che il “chi sono io” è fortemente modellato dal contesto culturale, gli statunitensi presi
in considerazione nelle autobiografie fanno delle valutazioni che si possono considerare anche di genere, si
nota che il mito dell’eroe solitario che staglia nel contesto e affronta le difficoltà è fortemente virato al
maschile, è meno presente anche se mantiene un andamento non troppo distante nelle donne. Gli autori ci
dicono che queste narrative che poi finiscono nelle librerie probabilmente suggeriscono dei modelli e
contribuiscono con una voce più forte a co-costruire un’idea di sé. Quindi l’idea è che il sé è una costruzione
sociale prodotta a partire da forme comunicative di vario genere, molto in una relazione interpersonale.
Nel ‘’sé saturato’’ si dice che, con l’escalation delle varie tecnologie, il sé è più sollecitato da persone presenti o
non e porta al massimo quella frammentazione, quella saturazione che si può osservare sin dai momenti della
rivoluzione industriale. Rispetto alla cultura, quello su cui insistono gli autori è che la cultura è in un continuo
movimento di farsi e disfarsi, però è vero che questi modi di pensare il sé attraverso le narrazioni cambiano nel
corso del tempo.
I metodi sono di taglio qualitativo e vanno a ricercare elementi della narrativa con un’analisi della stessa per
vedere come si sviluppa la storia raccontata.
Com’è stato studiato il sé, l’identità nella cornice teorica delle rappresentazioni sociali?
Le rappresentazioni sociali sono forme di conoscenza, non è qualcosa che è nella testa dei singoli individui ma
è presente in un contesto sociale ed è veicolato dal linguaggio. Andiamo a vedere la definizione di Doise –
Doise ha scritto un capitolo “le rappresentazioni sociali e identità personale’’.
La Markus scrive un capitolo sul sé e lo scrive con Oysermen, il capitolo presenta il sé come rappresentazione
sociale e suggerisce un’idea delle rappresentazioni associata a dei building block che condizionano, dei pattern
abituali di pensiero sentimento e azione specifici delle diverse culture.
Francesca Emiliani – capitolo sul libro Paradigmi delle rappresentazioni sociali
Parlando di sistema metasistema
Doise e Elcheroth parlano di sistema e metasistema. La ricerca di Moscovici sulla psicanalisi è stata una ricerca
complessa in termini d metodi utilizzati e concettualizzazioni quindi più che una teoria di più parlare di macro
paradigma. Parlando di rappresentazioni sociali la ricchezza di Moscovici con la ricchezza aggiunta di altre
scuole come Aix-en-Provence e la prospettiva di Doise fa sì che ci sia molta roba come concetti e metodi.
Questo ha fatto sì che il filone dominante della psicologia sociale, avendo assunto come criterio indiscusso il
metodo sperimentale, compiesse necessariamente delle operazioni riduzionistiche di una complessità che ha
permesso il potersi trovare oggi di fronte una miriade di micro paradigmi, che vanno a studiare aspetti specifici
e particolari con metodi specifici e particolari. Questo contrasto con operazioni limitate e un magma di teorie in
ebollizione delle RS entrano in contrasto.
Moscovici sottolinea un aspetto: noi facciamo operazioni cognitive (inferenza, etc.) e queste quando
avvengono in un contesto di vita sociale sono determinate attraverso elementi che appartengono al contesto
sociale, il metasistema è l’assetto regolativo, normatorio che in ciascun contesto di ita quotidiana si
presentano. L’apparato normativo dei contesti sociali è quindi un metasistema. Questo modello del sistema
metasistema di fatto non è più ripreso, allora chi lo portava avanti era Doise perché nella sua elaborazione
della scuola di Ginevra sostiene che le RS sono principi organizzatori di prese di posizione collegate a
specifiche posizioni sociali in un insieme di rapporti sociali.
Doise veniva dal mondo piagetiano e dice che se introduciamo nell’operazione logica dei bambini un fattore
sociale, qualcosa cambia. Doise ad esempio prendeva un bambino che non aveva acquisito la trasformazione e
conservazione della materia (esempi del bambino di fronte bicchieri diversi con lo stesso liquido o un oggetto
partizionato) e un bambino che conservava già, li metteva insieme li faceva discutere, introducendo un
conflitto socio cognitivo, poi succedeva che anche nei follow up il bimbo sviluppava e manteneva la
conservazione. Doise ha lavorato per tanti anni in questo settore dove appunto il tema rimaneva: dinamica
sociale e introduzione di una condizione sociale modifica gli apprendimenti e gli apprendimenti cognitivi.
Le tre fasi del funzionamento:
- Analisi del sapere comune la mappa dei contenuti;
- Analisi delle posizioni, ovvero principi organizzatori;
- Ancoraggio.
Questo gioco di mappatura del pensiero comune si intreccia con la dinamica classica di una rappresentazione
collegata alle tre condizioni generatrici:
- Che nessuno possa avere la conoscenza completa dell’oggetto, la frammentazione e dispersione delle
informazioni;
- Il fatto di essere implicati in una relazione diretta con l’oggetto;
- la pressione all’inferenza e all’azione.
Nell’idea di Doise c’è il fatto che le dinamiche sociali, le posizioni sociale dei soggetti, e le relazioni giocano in
maniera determinante nell’organizzazione delle conoscenze.
Freud (primario e secondario), Piajet, Bruner, Kahneman (pensiero lento e veloce) parlano tutti di due tipi di
pensiero la differenza è che per tutti questi autori rimangono forme di pensiero individuale, sono pensieri della
mente individuale. Quello che con la nozione di dinamiche sociali, e metasistema regolatorio che struttura ogni
contesto sociale.
Alla fine degli anni ‘90 Luisa Molinari e Emiliani mettono insieme una ricerca sulle madri, su cosa sanno le
madri sullo sviluppo dei bambini, e le diverse posizioni sociali come influenzano l’organizzazione delle
conoscenze. Sono state fatte almeno 3 ricerche, una serie di ricerche: 1 con madri di bambini piccoli, poi si è
costruito lo strumento, etc. Si aveva un livello di studio medio-alto (laure o scuola superiore), 3 diverse
posizioni sociali (casalinghe tristi e felici, insegnanti e impiegate) e tipi di spiegazioni dello sviluppo che
rientravano in tre ambiti: relazionale dinamica, biologico-genetica, comportamentista-ambiente-stimoli. Si
davano spiegazioni e si chiedeva quanto erano d’accordo o meno. Poi si chiedeva pensando ad un bambino in
generale quale spiegazione ritenevano centrasse su intelligenza, autonomia, obbedienze e socievolezza.
Il dato legato al discorso della dinamica sociale era che ovviamene per le insegnanti parlando dello sviluppo di
queste 4 caratteristiche abbiamo un punteggio altissimo sui sistemi relazionali, quindi riportano alla qualità
delle relazioni gli esiti di intelligenze, autonomia. Le casalinghe invece rispondono adottando la spiegazione
dell’ereditarietà, le impiegate su una via di mezzo. Quando si cambia questionario e il target su cui si devono
esprimere, ora che devono esprimersi in merito a un bambino specifico ovvero loro figlio, si ottiene uno
sconvolgimento totale, le insegnanti vanno sul biologico, sull’ereditario mentre le casalinghe si spostano su
una posizione relazionale su tipi di spiegazioni che hanno a che fare con gli ambienti e le relazioni. Perché
questo sconvolgimento? Si tratta di un discorso di messa in gioco della responsabilità, se vale il coinvolgimento
con l’oggetto, il bambino, e se vale la responsabilità che è a casa e a scuola parte un meccanismo difensivo del
sé, in cui non ci si può sentire responsabile 24 h su 24h e a questo punto le insegnanti vanno alle spiegazioni
biologiche che permettono il distacco dalla responsabilità.
Le rappresentazioni sociali sono forme della conoscenza comune condivisa, perché in effetti le madri tutte
avevano un’idea di ambiente di relazione a seconda di come erano chiamate in causa.
Da qui parliamo di un filone vita quotidiana e conoscenza condivisa, poi si vede che Moscovici dice che la
conoscenza comune è la sostanza della psicologia sociale. Essa è largamente implicita, scontata e altamente
regolatoria di ciò che facciamo e come ci comportiamo, solo che la psicologia sociale l’ha ignorata, mentre c’è
un filone di fenomenologi (Bergen e Lukman) che parlano della conoscenza condivisa nei contesti di vita
quotidiana, la psicologia sociale l’ha rifuggita a causa della sua rappresentazione dominante dell’uomo che
ragiona che è logico, inseguendo questo modello ha posto come pensiero giusto i processi cognitivi di tipo
logico-matematico.
Questione interessante: Perché l’uomo ha bisogno di oggettivare qualcosa di costruito socialmente e ha
bisogno di darlo per scontato per muoversi nel mondo?
L’altro tema molto collegato è quello della deprivazione infantile: cosa succede se in assenza di mondo umano
alla nascita cosa siamo? Emiliani ha lavorato molto con i bambini degli orfanotrofi che hanno un’ambiente
umano azzerato. Rutter ha avuto dopo l’89 la possibilità di andare in Romania dove sembrava molto che il
discorso esplicativo delle problematiche presenti negli orfanotrofi fosse incentrato su un funzionamento
cervello mente, togliendo l’esperienza.
Nel 2011 Maffei neurologo italiano che studia da sempre l’ambiente arricchito o impoverito di stimoli dei ratti.
Cioè i ratti messi in un ambiente impoveriti hanno un minor numero di sinapsi ma anche le scimmie insieme
nelle gabbi