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(USSM).

Dopo l'istituzione di un giudice specializzato a trattare i problemi di devianza minorile, il legislatore ratifica la

tutela del minore con la prevenzione nel sistema penitenziario di servizio sociale specifici per minorenni.

Il ragazzo delinquente esprime, con il comportamento deviante, un disagio sociale e non solo una forma di

contestazione della norma.

Pertanto la sanzione penale deve avere una funzione non correttiva ma rieducativa. Per il recupero del

minore e per avviare un cambiamento nel comportamento la segregazione è meno efficace della

ricostruzione e dello sviluppo di una rete di relazione di fiducia con gli adulti.

La legge 16 luglio 1962, n. 1085 con la quale si giunge al ordinamento degli uffici di servizio sociale

(USSM) e all'istituzione dei ruoli del personale, prevede la collocazione degli USSM era una struttura

autonoma, territoriale ed esterna agli istituti penitenziari.

Negli anni a seguire il 56 e fino al 1988 non si registrarono grandi cambiamenti.

Il processo di maturazione culturale e giuridica verso la consapevolezza della necessità di una specifica del

settore minorile della giustizia è lento e si sviluppa in maniera discontinua.

Ecco l'adozione di un nuovo sistema processuale penale per imputati minorenni, per opera del d.P.R. del

22 settembre 1988, n. 448, che si riconoscono centralità e specificità al percorso rieducativo del minore.

Esso garantisce la protezione del minore e la promozione del percorso evolutivo anche attraverso la

responsabilizzazione in merito all'azione deviante commessa.

A garanzia di questo, il d.P.R. citato introduce istituti giuridici diversi dalla detenzione tout court che

promuovono la dimensione territoriale delle misure penali per minorenni e rendono possibile la

sospensione del processo a carico di imputati minorenni allo scopo di limitare l'istituzionalizzazione e gli

effetti stigmatizzati che essa comporta.

L'emanazione del d.P.R. n.448/1998 , realizza una politica penale orientata a promuovere strategie e

interventi a favore della crescita del minore.

La nuova politica penale attenua la logica retributiva del sistema punitivo minorile e fa prevalere la tutela

dei diritti dei minori e la finalità educativa della giustizia penale.

La pena acquista una funzione di attivazione delle responsabilità del soggetto.

La riduzione del danno dell'impatto con la giustizia è favorita dal nuovo provvedimento legislativo del 1988

che consente:

- una rapida uscita dal sistema penale grazie alla diminuzione di pene ,

- il ricorso alle misure alternative prima e dopo la condanna.

Negli anni, a partire dal dopoguerra, le disposizioni normative adottate portano al rafforzamento degli

interventi di servizio sociale per la prevenzione del disagio giovanile e il sostegno della crescita dei giovani.

Esse prevedono una sinergia fra tribunale dei minorenni e servizi sociali della giustizia minorile per la

prevenzione del l'istituzionalizzazione minorile.

8.3. Il servizio sociale della giustizia per i minorenni

Il servizio sociale della Giustizia in ambito minorile è chiamato a svolgere un ruolo significativo.

Il servizio sociale della Giustizia minorile svolge il proprio ruolo in uno scenario complesso sia per le

peculiarità della devianza minorile, sia per la molteplicità degli attori coinvolti ossia la famiglia, la scuola, il

gruppo dei pari.

Il servizio sociale della Giustizia minorile e chiamata a collaborare con l'organo giudiziario per i minorenni al

fine di comprendere la forma di disagio e di devianza e per individuare interventi integrati e azioni di

promozione a favore della tutela del minore deviante, autore di reato.

Presupposto per l'intervento del servizio sociale della Giustizia minorile è che il minore abbia compiuto 14

anni.

L'articolo 97 del Codice penale, Infatti Dispone che la persona al di sotto dei 14 anni non è imputabile,

mentre l'articolo 98 Dispone che tra i 14 e i 18 anni l'imputabilità vada accertata per ogni singolo in

relazione al reato commesso.

Di particolare rilevanza, per il ruolo svolto dal servizio sociale della Giustizia minorile è l'Istituto della

sospensione del processo e la messa alla prova previsto dall'articolo 28 del d.P.R. n. 448/1998.

Esso consiste nella facoltà del giudice, nel corso del giudizio di primo grado, di emettere l'ordinanza di

sospensione del procedimento nei confronti del minore. Durante il periodo di sospensione, il giudice affida il

minore ai servizi sociali minorili dell'amministrazione della giustizia, che in collaborazione con i servizi

sociali territoriali, svolgono attività di osservazione, trattamento e sostegno durante il percorso di

responsabilizzazione del minore.

Al termine del periodo di sospensione, il giudice Fissa una nuova udienza nella quale, sulla base dei

risultati del trattamento può estinguere il reato.

Nel caso la prova abbia dato esito negativo, il procedimento penale prosegue dal punto in cui è stato

interrotto.

Gli uffici di servizio sociale minori (USSM) seguono, in tutte le fasi, la misura della Messa alla prova e

collaborano al progetto.

Il progetto prevede un lavoro integrato tra le istituzioni coinvolte e tutela la piena espressione delle attitudini

e inclinazioni del minore nel suo ambiente familiare, scolastico e del gruppo dei pari.

In sintesi l'intervento del servizio sociale di ha il compito di:

a) raccogliere elementi conoscitivi personali, familiari e sociali per ogni singolo caso,

b) elaborare e fornire ipotesi di progetto di reinserimento del minore,

c) concorrere alle decisioni dell'autorità giudiziaria minorile,

d) svolgere azioni di sostegno.

Il processo di lavoro può essere semplificato raggruppando la complessità delle azioni e delle attività in tre

macro aree:

1. Predisposizione dell'inchiesta socio familiare, che contiene dati di conoscenza dell'ambiente sociale e

familiare in cui vive il minore e che fornisce alla magistratura minorile elementi di valutazione della

personalità del minore,

2. Pianificazione dell'intervento, in accordo con il tribunale per i minorenni,

3. Trattamento il sostegno Durante l'esecuzione della messa alla prova o della pena.

Gli strumenti utilizzati sono quelli professionali del servizio sociale.

L'intervento del servizio sociale penitenziario minorile implica la funzione di aiuto e controllo durante la

presa in carico del minore.

Intervento si realizza non solo attraverso il controllo del comportamento, ma anche attraverso la

costruzione di progetti sostegno alla crescita psicosociale del minore.

Compito specifico del servizio sociale della Giustizia minorile è quello di stimolare la riflessione critica del

minore sul comportamento illecito e avviare un processo di maturazione, crescita, consapevolezza per

permettergli di uscire il prima possibile dal circuito penale.

Elementi comuni del lavoro del servizio sociale nel settore minorile e in quello degli adulti sono:

- il principio di reinserimento sociale,

- il programma individualizzato,

- il ruolo del servizio sociale nell'esecuzione penale,

- l'affidamento in prova al servizio sociale,

- la messa alla prova.

L'USSM è uno dei servizi periferici del dipartimento per la giustizia minorile ed è istituito presso il centro

della Giustizia minorile.

8.4. La politica penale della riforma penitenziaria.

Le linee fondamentali della politica penale della risocializzazione nel settore degli adulti, si diffondono in

Italia più tardi che in altri paesi.

Con la legge 26 luglio 1975, n.354 " norme sull'ordinamento Penitenziario e sulle misure privative e

limitative della Libertà", l'Italia Adotta una nuova politica penitenziaria.

L'approvazione di questa legge segna una svolta per il sistema penitenziario italiano, svolta sostenuta da

un consenso politico verso la riforma che ha determinato da almeno cinque fattori:

1. L'adeguamento della legislazione penitenziaria al dettato costituzionale dell'articolo 27, comma 3" le

pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione

del condannato",

2. L'esigenza di uniformare la legislazione nazionale a indirizzi formulati e adottati a livello transazionale,

3. La conversione del carcere: Alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, da luogo separato e poco

accessibile alla società civile, ha luogo di contestazione politica e di discussione di proposte riformatrici.

Verso la metà degli anni 70 si reclama la riforma carceraria e si protesta per la rivendicazione dei propri

diritti.Nello stesso periodo in Italia scoppia il terrorismo, il clima culturale e politico nella società libera

diventa più inclini alle innovazioni e più sensibile ai problemi e ai diritti dei soggetti marginali,

4. L'affermarsi dei principi di de- istituzionalizzazione e di reinserimento sociale,

5. Le influenze di modelli di esecuzione penale stranieri.

La riforma dispone sull'organizzazione carceraria, sugli interventi penitenziari con finalità trattamentali ed

educative, sulle nuove forme di esecuzione penale (alternative alla detenzione in carcere) e su altri benefici

premiali.

La riforma introduce un modello di esecuzione penale che si allontana dal principio di rigoroso

custodialismo e che si fonda sul principio del graduale processo di recupero sociale del detenuto.

L'esecuzione della pena prevede la realizzazione di un programma di trattamento individualizzato.

8.4.1. Il trattamento penitenziario.

Con la riforma del 1975 la funzione di controllo e vigilanza degli operatori penitenziari é ridefinita in termini

pedagogico trattamentali.

Il trattamento Penitenziario si fonda sulla possibilità di instaurare con il condannato un valido rapporto

interpersonale che permette agli operatori penitenziari la pianificazione condivisa di una serie di interventi

collocati il più possibile in contesti sociali esterni al carcere e che facilita il processo di cambiamento e di

inclusione sociale.

I programmi trattamentali sono individualizzati.

E si protendono al potenziamento delle capacità e delle risorse personali.

L'idea centrale è quella di prevedere un'azione rieducativa che motivi la persona al rispetto della legge che

non significa conformismo e passivo adattamento alla società circostante, la capacità del soggetto trattato

di aderire al sistema di norme e valori presenti in una comunità dinamica, di cui funzione essenziale sono

anche la critica costruttiva e il rinnovamento sociale.

Io operatori devono finalizzare l'intervento educativo alla motivazione al cambiamento secondo il principio

di autodeterminazione della persona.

8.4.2. Le misure alternative alla detenzione.

La riforma penitenziaria introduce misure alternative di controllo penale che consentono al condannato di

scontare la pena fuor

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
75 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Katheryna99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Principi e fondamenti del servizio sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Di Prinzio Angelina.