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DIVERSE LETTURE DEI BISOGNI.
I bisogni possono essere letti come:
FATTO MAGICO fatto esterno alla natura umana (follia)
1. FATTO SOCIALE problemi con dimensioni molto ampie (pestilenza)
2. FATTO MORALE implica un giudizio (bisogno no patologia)
3. PERICOLO minaccia per la società, intervenire per “proteggere” i “sani”
4. (bisogno come colpa)
DIRITTO il sistema di risposte ha il dovere di intervenire per garantire la
5. giustizia sociale
FATTO SCIENTIFICO il bisogno è una cosa da studiare. L’analisi non è
6. completamente oggettiva.
La lettura dei bisogni è influenzata dalla filosofia sottostante alle risposte,
questo, crea bisogni indotti.
Capitolo 2. “Bisogni e servizio sociale”
Non esiste una definizione precisa di bisogno. I bisogni esistono solo se
connessi alla persona portatrice. Mentre i bisogni tendono ad essere infiniti, le
risposte sono limitate. Si possono distinguere SOGGETTI INTERNI (portatori di
bisogni) e SOGGETTI ESTERNI (istituzioni che devono leggere i bisogni). Può
accadere che, durante l’analisi del bisogno portato dal soggetto interno, il
soggetto esterno faccia prevalere la propria visione del bisogno, in questo caso
avviene l’induzione che può tradursi in colonizzazione (definizione dei bisogni
arbitraria, a prescindere delle richieste del soggetto interno). De Sandre parla
di “DUBBIO DI ALIENAZIONE”: l’identificazione del bisogno e la soluzione
provengono dall’esterno, infatti il portatore del bisogno e la soluzione
provengono dall’esterno, infatti il portatore del bisogno è considerato come
“dipendente” anziché come interlocutore.
Il bisogno è interpretato come mancanza di qualcosa. Esistono delle gerarchie
di bisogni; l’approccio radicato nella nostra cultura è quello FUNZIONALISTA
che distingue i bisogni legati alla sopravvivenza dai bisogni sociali
(convivenza), esempi famosi sono la classificazione di Maslow e di McClelland.
Marx accetta una classificazione dei bisogni ma non una loro gerarchizzazione,
infatti considera i bisogni come prodotto sociale distinguendoli in radicali e
solvibili. Per il marxismo, al contrario del funzionalismo, il sistema sociale muta
e deve adattarsi ogni volta alle realtà storiche. Entrambe queste teorie
considerano i bisogni pre-determinati. Dall’impostazione deterministica si
discosta la Heller che considera i bisogni soggettivi pur in un contesto 2
socialmente determinato. I bisogni cambiano con il mutare delle condizioni
sociali.
Esiste un diaframma tra stato di disagio e il suo oggetto, costituito dai modelli
culturali. Per avvicinarsi alle reali esigenze personali, è necessario considerare
le persone portatrici del bisogno e non i bisogni avulsi dal titolare. La solvibilità
dei bisogni, definita dalla teoria marxista, porta ad una selezione dei bisogni
poiché non tutti possono essere risolti. Se i bisogni considerati “inferiori”
mettono a rischio la pace sociale si attua un processo che De Sandre chiama
DELITTIMAZIONE IDEOLOGICA DEI BISOGNI (convincere le persone che quelli
non sono problemi).
Alcune caratteristiche del concetto di bisogno:
SOGGETTIVITA’ il bisogno non esiste senza un soggetto titolare. Ciò che è
• soggettivo in un bisogno è anche il SIGNIFICATO (De Sandre parla di
legittimazione simbolica dei bisogni) che ognuno attribuisce al bisogno. Il
problema “vero” non è mai del tutto conoscibile
GLOBALITA’ ogni bisogno è inerente la totalità della persona che lo vive
• STORICITA’ i bisogni cambiano perché cambiano le condizioni
• socio-culturali, economiche e le persone stesse.
La domanda è più comprensibile del bisogno; non è però raro trovarsi di fronte
domande che non coincidono con i bisogni. Per una maggiore chiarezza Bertin,
suggerisce tre momenti consequenziali:
Percezione del disagio : sviluppo di aspettative diverse rispetto allo stato
1. attuale
Formulazione della domanda : se la soglia di tolleranza del bisogno non
2. viene superata, la domanda può non essere formulata, se invece la soglia
viene superata, il soggetto formulerà una domanda di aiuto. La domanda
può essere formulata da terzi o anche intuita dall’assistente sociale.
Ottenimento della risposta : non è automatica, il soggetto di risposta
3. deve avere previsto quel tipo di bisogno e le conseguenti risposte, deve
accertarsi che il richiedente sia effettivamente portatore del bisogno e
infine deve trasmettere fiducia al portatore di bisogno.
Esistono vari tipi di domanda:
DOMANDA TECNICA: rivolta individualmente ai servizi; coincide con le attese
• che le persone hanno. Può causare domande indotte: il moltiplicarsi dei
servizi causa l’aumento di domanda dovuta solo all’esistenza di risposte
DOMANDA SOCIALE: formulata da aggregati di popolazione, riflette di più i
• reali bisogni. Deve essere sollecitata
DOMANDA POLITICA: la domanda tecnica e quella sociale devono essere
• tradotte, entrambe in domanda politica (sorta di domanda attuativa). 3
Capitolo 3. “La nascita e il primo affermarsi del servizio sociale italiano”
Nel secondo dopo guerra si sentì l’esigenza di formare dei professionisti a
servizio dei bisogni. L’apertura delle cinque scuole fu un fatto del tutto privato
e che lo stato e le istituzioni pubbliche ignorarono per molto tempo. A causa di
ciò esistevano molte differenze tra le diverse scuole, di tipo ideologico ma
condividevano lo scopo di formare consapevolezza sui problemi attuali. Nel
convegno di Tremezzo nel 1946 (primo convegno nazionale a respiro
internazionale) si delinearono le linee comuni della formazione nelle scuole e
un profilo del professionista. Tutte queste scuole, sostenute prima dall’UNRRA e
poi dall’AAI, furono teorico-pratiche (tirocinio). Successivamente si sviluppò la
figura del monitore che “sorvegliava” gli studenti nel loro percorso. I primi
assistenti sociali dovettero “inventarsi” una pratica di lavoro ancora
improvvisata ma ispirata ai nuovi valori democratici. Dal 1947 gli assistenti
sociali furono impiegati nel settore della devianza minorile. Il servizio sociale in
Italia nasce, appunto fuori dall’ordinamento scolastico e dallo stato, questo
comportò un ritardo nel riconoscimento della professione fino agli anni 80.
Questo fu inoltre dovuto al fatto che c’era un vuoto delle scienze sociali e alla
connotazione femminile.
ANNI 50. È questo un periodo di crescita economica, attraversato però anche
da squilibri sociali dovuti ai fenomeni migratori verso le città industrializzate. Lo
stato non aveva previsto le conseguenze sociali dovute allo sviluppo
economico. Esistevano tre sistemi istituzionali per far fronte ai problemi sociali:
SISTEMA PREVIDENZIALE: ampliamento delle assicurazioni obbligatorie e
1. volontarie. Il sistema di previdenza diventò sempre più ampio basandosi
ora sul concetto di “assicurazione sociale”. (tre grandi enti: INPS
(invalidità, vecchiaia), INAIL (infortuni e malattie professionali), INAM
(malattie e maternità)).
SISTEMA SANITARIO: sistema misto pubblico-privato. Caratterizzato da
2. una frantumazione e dispersione dell’intervento e da alte spese. Il
pubblico viene considerato negativamente perché aperto al tutti mentre
il privato enfatizzato.
SISTEMA ASSISTENZIALE (in senso stretto): prestazioni e leggi per
3. garantire un aiuto organizzato. In questo ambito trovarono impiego i
primi assistenti sociali (anni 50). Vi era una vastità e varietà di enti per
l’erogazione dell’assistenza, la differenziazione, in tutti questi enti
avveniva sulla base di criteri di categorizzazione giuridica; ogni ente ea
preposto a una determinata categoria. L’obiettivo era quello di rispettare
delle regole. Le competenze assistenziali erano in capo ai ministeri e al
presidente del consiglio dei ministri, le province gestivano gli ospedali
psichiatrici, i comuni i minori illegittimi. Il personale, di questi enti era
costituito prevalentemente da burocrati (mera interpretazione di leggi) e
da personale religioso. Si basava tutto su una cultura che dispensava 4
giudizi moralistici. Le prestazioni erano generalmente sussidi o ricoveri
nelle istituzioni totali, senza un adeguato studio del problema.
Nel 1948 nasce l’associazione nazionale assistenti sociali. Vengono introdotti
nelle scuole strumenti tecnico-metodologici provenienti dagli stati uniti:
GROUP WORK: agire all’interno di un gruppo può contribuire a creare
• una comunità civile e democratica. Il compito dell’operatore è quello
di mantenere l’equilibrio nel gruppo, aiutando l’individuo a sentirsi
un’entità.
CASE WORK: servizio sociali individuale.
• COMMUNITY WORK: lo scopo era quello di fare sentire le persone parte
• integrante di una comunità. Le iniziative erano rivolte a comunità
intere anziché a persone singole o a piccoli gruppi. (Adottato in Italia
negli anni 50.
Gli assistenti sociali mantenevano un atteggiamento neutrale e di accettazione
della politica dell’ente, convinti di poter cambiare il modo di operare degli
stessi enti, dal di dentro.
Capitolo 4. “Evoluzione del servizio sociale negli anni 60/70”
ANNI 60. Periodo di miracolo economico che vede però un immobilismo da
parte dei governi. In questi anni vengono elaborati i primi piani economici
nazionali, quello per il quinquennio 1971/75 venne chiamato “progetto 80” e
prevede una programmazione economica non disgiunta da una
programmazione socio-sanitaria (unità locale di servizi). Nel 1965 nasce
l’associazione scuole italiane di servizio sociale (asiss) che rimarrà in vita fino
al 1974. Il periodo 1968/70 fu un periodo di forte fermento sociale che si diffuse
dalle università, si criticava l’individualismo e il consumismo, vi era una forte
opposizione nei confronti dei ricoveri indiscriminati nelle istituzioni totali e gli
assistenti sociali miravano a un lavoro interprofessionale. A causa della forte
conflittualità sociale, lo stato adottò alcune riforme:
1968 trasformazione degli ospedali da IPAB ad enti pubblici
• 1969 riforma delle pensioni
• L 431/1967 istituto dell’adozione speciale: rottura dei legami di sangue con
• la famiglia di origine per i bambini abbandonati.
1970 legge sul divorzio
• 1970 statuto dei lavoratori
•
La contestazione del 68 portò alla chiusura di alcune scuole, si sgretolò l’asiss,
furono criticati i tre metodi work, la neutralità dell’assisten