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EFFETTI DELLE RIFORME:
1. Attraverso le misure sottrattive, si raggiunge l’obiettivo del contenimento della spesa e quindi, della
sostenibilità economica del sistema pensionistico;
2. Per quanto riguarda l’equità dei trattamenti, l’applicazione del sistema contributivo omogeneizza i
trattamenti tra le diverse categorie occupazionali e quindi aumenta l’equità intragenerazionale;
l’applicazione integrale delle misure sottrattive solo alle nuove generazioni e l’applicazione parziale
del metodo contributivo ai lavoratori più anziani, ha determinato una frattura intergenerazionale. I
nuovi entrati nel mercato del lavoro dopo la riforma Dini pagano contributi più elevati che in passato
e avranno in futuro pensioni meno generose e per un periodo di pensionamento più breve.
Capitolo 3° LE POLITICHE SANITARIE
1. INTRODUZIONE
Quali sono i sistemi di protezione sociale nei diversi contesti storici, facendo riferimento alla
tripartizione proposta di Titmuss.
STATO LIBERALE: modello di welfare residuale, un welfare che incoraggia forme di solidarietà
sociale come la famiglia, l’associazionismo, il mutuo aiuto lavorativo come forme in grado di
garantire benessere ai cittadini. La protezione sociale viene assegnata quindi, alla famiglia e alle
comunità ecclesiastiche.
STATO FASCISTA: modello di welfare categoriale-assicurativo in cui vi sono schemi assicurativi
pubblici collegati alla posizione occupazionale. Anche qui, viene rinnovato il coinvolgimento della
famiglia nella produzione di benessere. Nel 1943 il fascismo riconosce l’obbligatorietà
dell’assicurazione sanitaria.
STATO REPUBBLICANO: modello di welfare istituzionale-redistributivo in cui il sistema di
protezione è esteso a tutti. Si riconosce alla stato il compito di provvedere alla protezione sanitaria
dei propri cittadini.
2. ISTITUZIONE E TRASFORMAZIONE DEL S.S.N.
ANNI 60-70: la legge n.833 del 1978 istituisce il S.S.N; si avvia un processo di
istituzionalizzazione del sistema sanitario per cui lo stato promuove il diritto alla salute finanziando
e gestendo il sistema sanitario. I cittadini non sono più pazienti ma utenti in grado di valutare la
qualità delle prestazioni.
Rifacendosi all’articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute, la legge 833
istituisce il S.S.N. definito come complesso delle funzioni, sei servizi e delle attività destinate alla
promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione
senza alcuna distinzione. La copertura sanitaria delle prestazioni veniva estesa a tutti e non era più
limitata a alcune categorie; in questa nuova impostazione il finanziamento del sistema era basato
sulla fiscalità generale.
La riforma del sistema sanitario portata dalla legge 833/78 ha incontrato delle difficoltà
perché in forte contrapposizione con l’ambiente sociopolitico e culturale di quel periodo. Da un
lato, le classi medie e la borghesia autonoma (commercianti e piccoli artigiani) auspicano la
riduzione della tutela pubblica che viene interpretata in termini di costi e quasi mai di opportunità
produttive; dall’altro i lavoratori dipendenti (insegnanti, impiegati, operatori socio sanitari) tendono
alla conservazione del welfare state, e all’intervento delle associazioni volontarie preposte
all’assistenza sociale e sanitaria. Tali contrapposizioni d’interesse provenienti dalle diverse classi
sociali, ha reso difficile l’implementazione del S.S.N. e ne ha prolungato i tempi di emanazione.
Tuttavia a soli tre mesi dalla sua emanazione vennero introdotti i ticket sui farmaci e sulle
prestazioni sanitarie perché al fronte della crescita della spesa pubblica investita sulla sanità, si
ritenne opportuno far partecipare direttamente i cittadini alle prestazioni facendosi carico, appunto,
di una tassa fissa o variabile. Ciò andava a incrinare il principio della gratuità dell’accesso al
sistema. Inoltre il sistema dei partiti e importanti lobby economiche erano già in agguato, pronti a
mettere mano sul nuovo ssn.
A partire dagli anni 90 si introducono forme di competizione amministrativa (1992); di
cooperazione amministrativa (1999) e di neocentralismo regionale (dal 2001), che tetano di
modificare l’assetto del S.S.N.
3. MANAGED-COMPETITION: l’aziendalizzazione del s.s.n
Principi:
Competizione tra i fornitori;
1. Responsabilizzazione
2. Intraprendenza imprenditoriale.
3.
Nel 1992 l’allora governo Amato (che di lì a poco, all’epoca di Tangentopoli, sarebbe stato
coinvolto, nell’inchiesta della magistratura) approvò il decreto n.502 del 1992, che iniziò a sfaldare
l’omogeneità delle prestazioni sul territorio nazionale. Pur identificando dei livelli uniformi di
assistenza su base nazionale, venivano devoluti grandi poteri alle Regioni che diventano
economicamente e in parte, economicamente responsabili dei propri sistemi sanitari. Il decreto
inoltre, trasformò le USL in ASL, aziende sanitarie locali; non più strutture operative dei comuni ma
enti regionali. Viene inoltre, confermato l’obbligo di individuare livelli uniformi di assistenza da
garantire a tutti i cittadini. Si assiste così, al decentramento cioè allo spostamento delle competenze
sanitarie dal livello comunale a quello regionale; ad un vero e proprio processo di rafforzamento
delle regioni dotati ora, di personalità giuridica e autonomia gestionale.
Il governo tecnico presieduto da Ciampi, riprende dalle riforme thacheriane, la teoria del
managed-competition, col tentativo di revisionare alcuni tratti della riforma voluta da Amato. Nella
prospettiva della managed-competition basata sull’aziendalizzazione e sulla regionalizzazione del
s.s.n., si passa dall’integrazione alla contrattualizzazione: se prima le USL erogavano direttamente
tramite proprie strutture i servizi sanitari, ora le ASL hanno una funzione di committenza, nel senso
che decidono quali servizi erogare direttamente e quali commissionare a soggetti terzi. Si assiste
anche ad un cambiamento di status delle strutture produttrici accreditate presso il s.s.n. le loro
prestazioni non erano più rimborsate in base ai giorni di degenza, ma in base la motivo del ricovero.
Vengono inoltre, ridefiniti i gradi di scelta dei cittadini nell’utilizzo delle strutture sanitarie ossia
ciascuno poteva liberamente scegliere dove farsi ricoverare, senza previa autorizzazione della ASL.
4. LA COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA
La revisione della legge 502/92 è mal vista dai ceti imprenditoriali e dalla lega nord che a tal
proposito, propongono di indire un referendum abrogativo per ottenere la libera iscrizione al s.s.n.
Alle elezioni politiche del 94 e del 96, quindi da un lato il centrodestra propone uno stato sociale
alleggerito nelle sue funzioni e responsabilità, nonché nei suoi costi; dall’altro, il centrodestra punta
ad una razionalizzazione verso la stabilità della spesa, la realizzazione di un sistema competitivo e
controllato fra i diversi tipi di fornitori.
Nel 1999 si avvia una nuova riforma, voluta dal ministro Rosy Bindi, con il d.lgs.
n.229/1999 con la quale si ritorna, in parte, ad un sistema integrato.
Vengono definiti dal piano sanitario nazionale i livelli essenziali e uniformi di assistenza nel rispetto
dei principi della dignità della persona umana, del bisogno della salute, dell’unità nell’accesso
all’assistenza. Le regioni elaborano proposte per la predisposizione del piano sanitario nazionale
con riferimento alle esigenze del livello territoriale. Il governo predispone il piano sanitario
nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni. Si vuole coordinare e integrare
l’azione di tutti i protagonisti del settore, in funzione del bene salute.
Sul piano organizzativo, la legge rende obbligatorio il distretto sanitario, come struttura più vicina
ai cittadini; incentiva i medici di famiglia a collaborare con le aziende sanitarie, portando il
personale medico a dare l’impegno esclusivo alla sanità pubblica con la possibilità di esercitare la
libera professione all’interno del sistema stesso. La legge che mira dunque, alla valorizzazione delle
risorse professionali interni alla aziende sanitarie, affronta anche l’assetto degli ospedali,
l’accreditamento delle strutture pubbliche e private. Viene abolito il fondo sanitario nazionale e dato
avvia al finanziamento derivante direttamente dai tributi pagati dai cittadini. Con l’emanazione
della riforma-ter (riforma Bindi) quindi, si è cercato di coinvolgere tutti gli attori istituzionali (stato,
regioni, comuni) e professionali (medici) in un sistema sanitario che non deve essere più
competitivo ma cooperativo. Si parla per questo di cooperazione amministrativa.
4. LA REGIONALIZZAZIONE DEL SSN- REGOLAZIONE REGIONALE DELLA
SANITA’. Centralismo regionale
Nel 2001 il governo Berlusconi individua altre azioni di governo incentrate sull’attribuzione
di maggiori autonomie gestionali e finanziarie delle regioni; controllo della spesa con la
reintroduzione del tiket; il finanziamento per la ricerca. Questi obiettivi dimostravano un palese
cambiamento di rotta a partire dal congelamento di tutte le disposizioni previste dalla riforma-ter. Si
avviò alla piena responsabilizzazione delle regioni in tema di sanità indebolendo la funzione
regolativa del ministero. In tal senso le regioni sono le vere protagoniste della politica sanitaria di
questi anni di neocentralismo regionale. Riemerge però la volontà dei partiti politici di governare la
sanità italiana, visto il peso economico che occupa nei bilanci regionali e lo spazio di scambio
politico che garantisce.
5. I NODI IRRISOLTI, I RISCHI E LE OPPORTUNITA’
Nel 2011 si evidenziano tre nodi da affrontare:
L’efficienza del settore e l’equilibrio del bilancio: l’Italia dal 98 al 2007 registra un reale
1. incremento del 46 %. della spesa pubblica realizzata.
Le istanze universalistiche e le richieste di differenzazione territoriale: il governo di
2. centrodestra tenta di ridurre il finanziamento della sanità pubblica, responsabilizzando
maggiormente le regioni senza controllarne le spese e senza garantire l’universalità del
diritto alla salute. Vi sono delle differenze regionali tra le regioni del centro-nord e quelle
del sud.
Le forme di governance: si ha il coinvolgimento di più attori, e degli stessi cittadini.
3.
A fronte di questi nodi si pongono dei rischi e delle opportunità legati al mercato, alla politica,
all’organizzazione e alla comunità.
• i bilanci regionali sono finalizzati maggiormente alle spese sanitarie; la progressiva
riduzione delle risorse economiche del settore sanitario dovrebbe portare le regioni a non
sperperare ris