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DIARIO;
DIARIO DI BORDO: è caratterizzato da due elementi: l’annotazione di eventi secondo
un criterio cronologico e le annotazioni personali dell’osservatore;
EPISODI ANEDDOTICI: in questa forma sono riportati gli eventi critici e gli eventi
tipici.
1.12 Validità e attendibilità di una rilevazione, il piano di rilevazione
La validità di una rilevazione risiede nel grado di corrispondenza tra ciò che si vuole misurare
e ciò che viene effettivamente rilevato. Può essere interna ed esterna alla ricerca. Validità
interna: quando lo strumento è preciso e rileva il fattore che stavamo cercando, ciò che viene
espresso rispecchia il comportamento del mio campione in relazione agli obiettivi di ricerca.
Validità esterna: quando la rilevazione ottenuta sul campione ed i risultati che se ne
ottengono sono validi anche per la popolazione di riferimento. L’ATTENDIBILITÀ O
AFFIDABILITÀ riguarda la costanza dei risultati in presenza delle stesse condizioni detto in
altro modo: una rilevazione è attendibile se a parità di stati assunti dal fattore si ottiene la
stessa valutazione. È possibile verificare l’attendibilità attraverso quattro tipi possibili di
triangolazione:
TRIANGOLAZIONE DEI DATIdati diversi raccolti con gli stessi strumenti portano alle
stesse conclusioni;
TRIANGOLAZIONE DI TECNICHEdati raccolti con tecniche diverse portano alle
stesse conclusioni;
TRIANGOLAZIONE DEI RICERCATORIdati raccolti da ricercatori diversi portano alle
stesse conclusioni;
TRIANGOLAZIONE DI TEORIEdati letti con teorie diverse portano alle stesse
conclusioni.
PIANO DI RILEVAZIONE: riguarda il come abbiamo raccolti i dati, è importante che nella
restituzione sia descritto. La sua descrizione può essere fatta attraverso: il contesto in cui
vengono rilevati i dati, i soggetti coinvolti, come vengono presi i contatti, tecniche e strumenti
utilizzati, come e quando vengono somministrati gli strumenti.
1.13 Le variabili
Quando si hanno dati ad alta strutturazione, bisogna introdurre una serie di variabili di
risposta. Nella ricerca chiamiamo variabili le forme che un concetto o un fattore può assumere
una volta operazionalizzato e poi trasformato in una o più domande. Variabile classificabile:
esempio titolo di studio, variabile misurabile: esempio altezza di una persona. Si usa il termine
variabile in opposizione al termine costante, ovvero un concetto il cui valore resta fisso. Le
variabili sono i termini di riferimento della nostra ricerca: parliamo di variabili dipendenti
riferendoci a quelle che vengono spiegate attraverso altre variabili chiamate variabili
indipendenti. Una variabile indipendente è quella capace di provocare un mutamento nella
variabile dipendente, scopo della mia ricerca sarà allora dimostrare la fondatezza o
l’infondatezza di tale ipotesi. La variabile dipendente non può invece causare modificazioni
nell’altra, in poche parole no si tratta di una relazione reciproca. Occorre notare che nella
ricerca educativa ci troviamo spesso in situazioni nelle quali le variabili si influenzano
reciprocamente e non sempre è possibile identificare chiare relazioni causali perché la
maggior parte delle cose che accadono sono complesse ed hanno un insieme di cause difficili
da determinare chiaramente. Le variabili possono essere distinte in fisiche e non fisiche
consideriamo fisiche tutte quelle variabili di cui è possibile un’ osservazione diretta (altezza,
peso, titolo di studio) mentre consideriamo non fisiche tutte quelle variabili che si riferiscono a
concetti non direttamente osservabili, quali la motivazione ad apprendere, l’intelligenza, gli
atteggiamenti. Possiamo anche distinguere le variabili secondo la forma che assumono le
risposte in variabili quantitative e qualitative, le variabile quantitative variano a seconda della
loro grandezza, mentre quelle qualitative variano in genere. Tra le variabili c.d. quantitative è
inoltre possibile un’ulteriore distinzione tra variabili continue e discrete: definiamo continue
quelle variabili la cui misurazione può variare senza soluzione di continuità, chiamano discrete
quelle variabili che si misurano a salti definiti. Vi sono però anche altre classificazioni possibili
delle variabili. Le variabili possono essere testuali ed allora avranno la forma di testi, di
sequenze di caratteri etc. le variabili possono, ancora, essere categoriali e prevedono le
seguenti distinzioni al loro interno: variabili categoriali ORDINATE: hanno un ordine estrinseco
e fanno riferimento ad una scala ordinale; variabili categoriali NON ORDINATE: non hanno un
ordine definito e fanno riferimento ad una scala di tipo nominale. Quando le variabili
esprimono un quantificazione soggettiva le risposte variate da 0, che rappresenta l’essere
totalmente in disaccordo con quanto espresso dalla domanda, fino a 10 che esprime il pieno
accordo, questi tipologia di variabili sono dette variabili QUASI CARDINALI. Mentre quando le
variabili esprimono una quantificazione oggettiva, ad esempio l’età, sono dette variabili
CARDINALI. Le scale che vengono utilizzate in questo tipo di variabili sono detta scale
cardinali. Le variabili in corpus di dati a bassa e semi-strutturazione possono essere di due
tipo: TESTI PRE-INTERPRETATI CON CONCETTI SEPARATI: i dati raccolti possono essere
caricati su una matrice di dati e sono divisi con dei separatori di parola;
TRASCRIZIONE DI INTERVISTE O RESOCONTI DI OSSERVAZIONI: sono libere e
non pre-codificate, mi troverò quindi di fronte a modalità di risposta che non posso
definire ex ante.
1.14 L’analisi e l’interpretazione
Nella RICERCA STANDARD orienta ed un approccio di tipo quantitativo, alla raccolta dei dati fa
seguito l’analisi, attraverso l’impiego di tecniche statiche. In linea di massima, il processo
coinvolge i seguenti passi: creazione della matrice dati o matrice casi x Variabili, codifica delle
variabili, analisi statica, interpretazione dei risultati.
Creazione della matrice dei datiil primo passo da effettuare è la costruzione di una
matrice. La matrice dati è una tabella rettangolare composta da tante righe quante sono i
soggetti presi in esame e tante colonne quante sono le variabili rilevate su ciascun soggetto.
Più semplicemente, ogni riga corrisponde ad un caso ed ogni colonna ad una variabile,
all’incrocio della riga con la colonna è presente un dato. Come nella battaglia navale,
all’incrocio tra riga e colonna si troverà l’informazione relativa ad un determinato caso per una
determinata variabile. Spesso, per semplificare o rendere più uniforme la rappresentazione
dei dati le variabili possono essere sottoposte a codifica, ossia all’assegnazione di un codice,
spesso numerico. È buona norma tenere traccia delle convinzioni utilizzate per la codifica
delle variabili, al fine di rendere più agevole la traduzione da numero a categoria e viceversa.
È inoltre importante ricordare che i numeri utilizzati per la codifica altro non sono che
etichette delle categorie di variabili di natura qualitativa, e pertanto non è possibile effettuare
su di essi operazioni matematiche o calcolare le stesse statistiche utilizzate per variabili
quantitative.
Analisti statistica una volta organizzati i dati, possono essere eseguite le analisi
statistiche che consentono di rispondere alle domande di ricerca. Le tecniche statistiche si
distinguono in DESCRITTIVE, quando mirano a sintetizzare le informazioni presenti in un
dataset, e INFERENZIALI, quando, a partire dall’informazione rilevata su un campione di
soggetti, si prefiggono di generalizzare l’informazione alla popolazione da cui quel campione è
stato estratto. L’analisi statistica si distingue altresì in MONOVARIATA E BIVARIATA. Nel primo
caso, essa ha ad oggetto lo studio di una sola variabile. Nel secondo, prende in esame le
relazioni che intercorrono tra due variabili. Esistono inoltre tecniche che considerano le
relazioni tra più di due variabili (statistica multivariata), che esulano dall’oggetto di questo
manuale.
Analisi monovariata concetto fondamentale in statistica è quello della DISTRIBUZIONE DI
FREQUENZA, cioè come si distribuiscono i casi del campione nelle categorie delle variabili. In
altre parole, la distribuzione di frequenza di una variabile descrive quante volte, nel collettivo
considerato, ciascuna modalità della variabile è posseduta dai soggetti. Si chiamano
frequenze assolute e sono il frutto di un CONTEGGIO: quante volte, all’interno di una data
matrice, compare una data modalità. Le frequenze possono essere espresse in termini relativi
e come quantità cumulate, ossia come somme delle frequenze di più categorie. Per ottenere
la frequenza relativa basta dividere la frequenza assoluta per la numerosità totale del
collettivo. La somma delle frequenze relative di tutte le modalità di una variabile è sempre
uguale a 1. Nel caso in cui le modalità siano ordinabili, risulta utile il calcolo delle frequenze
cumulate. La frequenza cumulata si ottiene sommando, alla frequenza di una modalità, le
frequenze delle modalità che la precedono. Per ottenerne il valore relativo, basterà
rapportarla al totale. La frequenza cumulata esprime quante osservazioni, che presentano una
modalità o quelle inferiori.
Occorre fare attenzione a non confondere la matrice originale dei dati con la tabella delle
distribuzioni di frequenza. Pur avendo entrambe una struttura rettangolare, esse veicolano
informazioni differenti. Nel primo caso, ad essere rappresentanti sono i casi, nel secondo, è
rappresentato il numero di soggetti che ha scelto una o l’altra modalità di risposta possibili
per le variabili rilevate. Quindi, la distribuzione di frequenza di una variabile sintetizza le
informazioni relative a quella variabile a partire dalla matrice C x V. Pertanto, nella matrice C x
V in colonna sono riportate tutte le realizzazioni, nel collettivo considerato, di una variabile;
nella tabella di frequenza vengono contate queste realizzazioni ed aggregare per modalità di
risposta.
La distribuzione di frequenza può essere semplice o cumulata, in cui in una cella della tabella
è contenuta la somma di tutti i casi che rientrano nel valore relativo, sommato a tutti quelli
precedenti. La distribuzione di frequenza semplice indica quanti soggetti ricadono in ciascuna
categoria. Le frequenze cumulate rappresentano la somma delle frequenze fino ad una certa
categoria. Per ottenere una sintesi grafica di una distribuzione di frequenza si ricorre a due tipi
di grafici molto simili: l’istogramma (per variabili numeriche o espresse in range di valori
numerici) e il diagramma a barre (per variabili pre