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Comunicare è necessario per la sopravvivenza psichica dell’individuo nella società. Il bambino
sordo profondo o affetto da ipoacusia grave viene escluso dalla comunità, se non riesce ad
individuare e far proprio il mezzo di comunicazione orale. Ma la protesi non risolve del tutto il
problema né dello sviluppo linguistico, né di quello intellettivo. Il bambino sordo, anche
protesizzato, riesce ad acquisire solo lentamente e sommariamente strumenti di comunicazione
adeguati ai suoi bisogni e non sono quindi in grado di esprimere il loro pensiero, né gli interlocutori
riescono a comunicargli il proprio. L’ostacolo si presenta quando diviene necessario superare le
forme linguistiche ordinarie per acquisire un ampio vocabolario che permetta al soggetto di aprirsi
al mondo culturale e sociale. L’importante è iniziare subito a comunicare con gli altri con mezzi
espressivi che ravvivino il pensiero creativo. Per quanto riguarda la pronuncia dell’ipoacusico è
utile che l’insegnante conosca alcune leggi al fine di ricavarne gli aspetti didattici e riabilitativi: la
prima legge è tener presente che è l’orecchio a regolare la voce e la pronuncia. Chi non sente
bene, non parla bene.
L’occhio è l’organo della vista. I movimenti oculari sono controllati da muscoli collegati alla parte
esterna del bulbo. È naturale che al funzionamento dell’insieme dei muscoli di un occhio
corrisponda un simmetrico funzionamento dell’altro occhio. Per tale motivo la visione binoculare
è regolato dal perfetto equilibrio e sincronismo sinergico dei muscoli. Grazie all’uso corretto dei
due occhi, l’uomo gode di tre fenomeni fisiologici importanti:
1. la fusione, cioè l’integrazione a livello cerebrale delle due immagini che giungono
separatamente dai due occhi;
2. la percezione simultanea, cioè la possibilità di avere la sovrapposizione di due immagini
dissimili di uno stesso oggetto, le quali vanno a stimolare separatamente aree differenti in
ciascuna retina dei due occhi;
3. la stereoscopia, cioè la percezione del rilievo degli oggetti o percezione tridimensionale. La
stereopsi è dovuta al fatto che ai due occhi non giungono immagini perfettamente identiche
ma, oltre ad essere diverse, le immagini cadono su unti non perfettamente corrispondenti nelle
due retine. La capacità della visione di comporre immagini dissimili in un’immagine sola,
conferendo all’oggetto che si guarda un’immagina unica e reale e il senso della profondità e
della distanza, è ciò che si definisce visione stereoscopica.
I principali disturbi della vista sono:
- la miopia, che è un difetto che compromette la visione da lontano: l’immagine dell’oggetto
guardato si forma prima della retina, dove giunge sfuocata. L’occhio può essere miope
principalmente perché la sua forma, anziché perfettamente sferica, è leggermente allungata. La
miopia viene di solito scoperta durante l’attività scolastica e tende ad aumentare durante il
periodo dello sviluppo; 5
- l’ipermetropia, che è un difetto che compromette la visione da vicino. Un occhio ipermetrope è
troppo corto. L’effetto è che le immagini si formano al di là della retina, dove compaiono sfocate.
Il difetto viene rilevato quando il cristallino perde la sua elasticità o quando la tensione
muscolare comporta disturbi collaterali;
- l’astigmatismo, che è un difetto che deriva da un’imperfetta sfericità della cornea. La figura sulla
retina si presenta più lunga o più larga rispetto all’originale, per cui i punti sono visti come linee e
i cerchi come ellissi più o meno schiacciate;
- lo strabismo, che è un difetto abbastanza comune che di solito non viene rilevato in tempo
perché considerato un fatto estetico. Si tratta di un imperfetto parallelismo degli assi anatomici
dei bulbi oculari, con la conseguente deviazione della visione. Se non curato in tempo, porta ad
un’alterazione della visione binoculare, sino a giungere all’esclusione dell’uso di un occhio;
- l’albinismo, che è un’ipersensibilità verso la luce evidenziata dall’assenza di pigmento nei capelli
e nelle ciglia che si presentano bianchi. Inoltre, gli occhi sono chiarissimi, al limite della
trasparenza e il colorito quasi latteo;
- il daltonismo, che è un difetto ereditario e consiste nella perdita della percezione di determinati
colori, in genere il rosso e il verde;
- il glaucoma, che è una vera e propria malattia dell’occhio che consiste in un’elevata pressione
all’interno dell’occhio, dovuta all’ostruzione di uno scarico dell’umor acqueo, che è un liquido
trasparente che scorre all’interno dell’occhio. Mano a mano che l’umor acqueo si riforma,
l’eccedenza viene espulsa dall’angolo anteriore dell’occhio. Se questo si ostruisce, si determina
un aumento nella pressione oculare e vengono danneggiate le fibre nervose della retina e del
nervo ottico. Si arriva alla cecità. Il glaucoma non si presenta subito in tutta la sua gravità,
cosicché quando la malattia viene scoperta i danni possono essere irreparabili. Le percentuali di
successo in caso di intervento sono molto elevate.
Le prime osservazioni sulla capacità visiva di un bambino è di tutti coloro che, genitori o
insegnanti, hanno a che fare con lui. Si ritiene che un difetto della vista corretto male o non
conosciuto in tempo possa generare disagi psichici che con il tempo si convertono in alterazioni
del comportamento.
Le cerebropatie infantili sono il secondo gruppo di patologie infantili, dopo i deficit sensoriali.
Esse comprendono situazioni che vanno dalla patologia delle gravi insufficienze mentali o delle
gravi condizioni epilettiche fino ai quadri più sfumati del piccolo danno cerebrale, dell’immaturità o
della disabilità psichica. I sintomi delle cerebropatie si differenziano per la diversa estensione e
sede della lesione e per il diverso grado di gravità. Le cerebropatie infantili sono un complesso
sintomatologico, la cui caratteristica comune è un inizio precoce e un’evoluzione cronica. Il sintomo
principale e più evidente è la motricità, mentre altre manifestazioni possono essere presenti o
associate. Tra queste, vanno annoverate le turbe epilettiche e le turbe mentali, che possono
incidere sul problema rieducativo, non tanto per la loro gravità, quanto per l’incidenza negativa che
esse hanno sull’immaginario popolare. Il fatto è che nella nostra società tutto deve essere perfetto,
anche ciò che esce da una famiglia. In un quadro del genere l’handicappato rappresenta il
“prodotto mal riuscito”, da rifiutare o da rettificare. Lo scopo della rieducazione è quello di ottenere
il massimo ricupero, adattandolo ai fini funzionali. Ogni miglioramento deve essere visto come un
guadagno di forze nuove per ricuperare un’attività funzionale o altre attività utili a raggiungere
l’autonomia motoria e mentale. Il sintomo principale delle cerebropatie infantili riguarda il deficit e
le alterazioni motorie. Ciò non esclude che siano associati altri aspetti di grande rilievo, come turbe
sensoriali, difetti mentali e disturbi del linguaggio ed emozionali. I quattro tipi di paralisi cerebrali
infantili sono:
- la paralisi cerebrale di tipo spastico, che è la forma più comune. Il fenomeno principale rimane la
spasticità, ossia l’aumento patologico del tono postulare;
- la paralisi cerebrale infantile di tipo atetosico, che è caratterizzata dalla presenza di movimenti in
continuazione che si presentano irregolari per l’ampiezza e per la frequenza, sono involontari e
piuttosto lenti. Alternandosi al movimento volontario, lo rendono incongruo ed inefficiente dal
punto di vista della funzionalità. Spesso l’atetosico si muove a scatti, se sollecitato da ragioni
emotive, e il suo movimento sembra quello di un burattino;
- la paralisi cerebrale infantile di tipo atassico. L’atassia è l’espressione di un danno al cervello e
la frequenza di questa forma è piuttosto bassa. L’atassia può presentarsi come l’esito di malattie
acquisite. Il disturbo fondamentale è rappresentato dall’incoordinazione del movimento, che si 6
manifesta con un disequilibrio nella stazione eretta, barcollamento nel cammino o movimento
incoordinato;
- la paralisi cerebrale infantile di tipo misto: poiché il danno cerebrale è raramente localizzato, è
comprensibile che spesso le forme indicate non si presentano nettamente. Molte forme di
paralisi cerebrale sono miste, nel senso che gli aspetti caratterizzanti le forme spastiche o
atetosiche si mescolano in modo da non rendere possibile una precisa divisione.
L’insufficienza mentale è molto spesso dipendente da disabilità o da alterazioni fisiche, oltre che
associata ad altri disturbi. Il problema dell’apprendimento si fa complesso quando l’handicappato
entra nella scuola. Si sente ripetere molto spesso che a scuola la percentuale maggiore di
handicappati è rappresentata da bambini con disturbi psichici, sottovalutando la funzione della
motricità nello sviluppo mentale. È opportuno mettere in rilievo:
1. il linguaggio, il cui sviluppo aiuta a superare difficoltà e limiti imposti da disabilità anatomiche.
La possibilità di esprimersi e di partecipare alle aspettative collettive e il possesso della
comunicazione rappresenta un ampliamento mentale e conoscitivo che estende la personalità
soggettiva. Conoscere e usare un nuovo termine è come aprire una finestra sul mondo limitato
dell’handicappato;
2. la maturazione sociale del bambino handicappato. Lo sviluppo sociale del disabile motorio
“copre” alcune deficienze. L’interazione sociale si basa più su abitudini acquisite e
comportamenti piuttosto che su apprendimenti: ciò vuol dire che l’inserimento sociale richiede
meno aspettative di quelle che vengono richieste dalla scuola, premiando l’aspetto del rapporto
personale nella comunità, senza aspettarsi continuamente nuovi apprendimenti;
3. la motricità e la sua importanza nella formazione dello sviluppo del pensiero. Se la base del
pensiero è l’immagine mentale, allora la formazione di quest’ultima è strettamente collegata
allo sviluppo della motricità.
Non sempre e non per tutti il linguaggio riesce a cogliere quella conoscenza della realtà che viene
data dalla motricità e dall’esperienza. Questo è il motivo per cui è necessario intensificare la
riabilitazione psicomotoria. Una serie d