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La è una difficoltà specifica nella riproduzione dei segni alfabetici e numerici, il cui
tracciato appare incerto, irregolare nella forma e nella dimensione e inadeguato ai modelli.
L’alunno disgrafico scrive in modo molto irregolare, la sua mano scopre con fatica sul piano di 7
scrittura e l’impugnatura della penna è spesso scorretta. Ha difficoltà ad utilizzare correttamente
lo spazio sul foglio e la pressione su di esso esercitata non è regolata adeguatamente. Il
disgrafico ha anche difficoltà nella copia e nella riproduzione autonoma di figure geometriche e il
livello di sviluppo del disegno è spesso inadeguato rispetto all’età. Le dimensioni delle lettere
spesso non sono rispettate, la forma è irregolare, il gesto incerto e i legami fra le lettere sono
scorretti. Anche il ritmo della scrittura è inadeguato, risultando, in alcuni casi, troppo veloce, in
altri troppo lento, oppure la scrittura prosegue a scatti.
disortografia
La è un problema che interferisce con il contenuto e consiste nella difficoltà a
tradurre correttamente in forma grafica i suoni che compongono le parole. La scrittura di un testo
implica l’attivazione di processi cognitivi complessi: si deve decidere cosa scrivere, come
scrivere, come costruire le frasi e infine è necessario scrivere le parole una ad una. Si può parlare
di disortografia quando gli errori ortografici sono superiori per numero e caratteristiche rispetto a
quelli che ci si dovrebbe aspettare. I principali errori che caratterizzano la scrittura disortografica
sono la confusione fra suoni alfabetici simili, la confusione fra segni alfabetici che sono simili nella
forma, le omissioni, che consistono nel tralasciare alcune parti della parola, e le inversioni nella
sequenza di suoni all’interno delle parole. Gli errori ortografici possono classificarsi a livello della
parola o a livello della frase. Un’altra tipologia di errori è costituita da quelli nei quali l’alunno si rifà
al significato della parola stessa per decidere come essa deve essere scritta.
discalculia
La è una difficoltà specifica nell’apprendimento del calcolo che si manifesta nel
riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri,
nell’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella numerazione in ordine
crescente e decrescente e nella risoluzione di problemi. I bambini con discalculia possono avere
difficoltà superiori a quelle dei coetanei a scrivere o leggere i numeri. Generalmente il bambino
discalculico sa numerare in senso progressivo, ma non in senso regressivo, e ha difficoltà a
memorizzare le tabellone, cosa che lo porta a non saper eseguire moltiplicazioni e divisioni. Le
principali difficoltà che caratterizzano il soggetto discalculico riguardano la capacità di manipolare
materiale per quantificare e stabilire relazioni, la denominazione, lettura e scrittura di simboli
matematici, lo svolgimento delle operazioni matematiche e una difficoltà a cogliere nessi e
relazioni matematiche. Si possono identificare tre tipi di discalculie:
1. in alcuni bambini le difficoltà motorie provocano ritardi nell’acquisire la nozione di
conservazione delle quantità fisiche e quindi soffrono di carenza nella formazione
dell’immagine mentale in cui si iscrive il concetto di quantità;
2. altri bambini hanno difficoltà nella memorizzazione di cifre e tabellone, nello scrivere e
incolonnare numeri;
3. un terzo gruppo di bambini non è in grado di compiere operazioni di seriazione e
classificazione, a causa di un pensiero prevalentemente intuitivo.
L’alunno dislessico presenta una particolare difficoltà a riconoscere e discriminare i segni
alfabetici contenuti nelle parole, ad analizzarli in sequenza e ad orientarsi sul rigo da leggere. La
dislessia differisce dalle semplici difficoltà di lettura per il fatto che gli ostacoli non sono
superabili attraverso l’esercizio graduato, né attraverso la proposta di attività coinvolgenti e
stimolanti. Le semplici attività di lettura sono dovute ad un ritardo maturazionale, a lievi difficoltà
percettivo-motorie, ad un inadeguato bagaglio di esperienze, a scarsa motivazione o a errori di
tipo pedagogico-didattico. La dislessia è un disordine della decodifica del testo scritto,
caratterizzato da una capacità di una lettura al di sotto di quanto ci si dovrebbe aspettare
considerando l’età anagrafica del soggetto, la valutazione psicometrica dell’intelligenza e una
scolarizzazione adeguata. Le difficoltà di lettura possono essere di due tipi: evolutive o acquisite.
acquisita”
La “dislessia si riferisce ai disturbi di lettura che occorrono in seguito ad un danno
cerebrale in persone le cui abilità di lettura erano, prima del danno subito, normali. La “dislessia
evolutiva” si riferisce al disturbo di lettura di persone che non hanno mai imparato a leggere
correttamente. Entrambe le dislessie possono essere riscontrate sia negli adulti che nei bambini e
la differenza riguarda non solo il tempo della comparsa: nella dislessia acquisita il soggetto ha già
appreso il processo di transcodifica e la sua capacità viene danneggiata da una lesione, mentre
ciò che caratterizza la dislessia evolutiva è proprio la difficoltà nel processo di acquisizione del
codice scritto. Inoltre, se la dislessia acquisita è riconducibile ad una lesione, la dislessia evolutiva
ha cause diverse e di solito non lesionali: la dislessia acquisita ostacola solo la lettura o alcuni dei
suoi aspetti, mentre nel caso di dislessia evolutiva il disturbo è molto più esteso e può interessare
anche tutto il sistema scritto. Anche la possibilità riabilitativa è diversa nelle due condizioni,
poiché nel caso della dislessia acquisita si tratta di recuperare una funzione che il soggetto
possedeva già in modo integro, mentre nel caso della dislessia evolutiva il soggetto deve
acquisire una funzione che ancora non possiede. In genere la dislessia evolutiva è molto più 8
dislessia fonologica evolutiva
frequente di quella acquisita. Il bambino con ha maggior difficoltà
nel leggere le non parole, cioè stringhe di lettere senza senso, rispetto alle parole frequenti e a
dislessia superficiale
quelle che costituiscono eccezioni di pronuncia o accentazione. La
evolutiva è presente sia come disturbo evolutivo sia come disturbo acquisito. I sintomi sono la
sostanziale inefficienza della lettura di parole contenenti eccezioni di pronuncia o accentate in
dislessia mista
modo irregolare, mentre vengono lette bene le non parole. La si può osservare
più frequentemente e in essa sono presenti sintomi tipici di entrambe le categorie precedenti. La
dislessia mista è il frutto di un arresto alle prime fasi dello stadio alfabetico dello sviluppo.
evolutiva
L’iperlessia è una sindrome presente in forma evolutiva e acquisita. I bambini
iperlessici sono precoci nell’imparare a leggere ma hanno significative difficoltà nella
comprensione del linguaggio verbale. Inoltre hanno difficoltà di socializzazione e di interazione
con le persone, ad iniziare la conversazione e a pensare concetti astratti, mentre hanno una forte
necessità di attuare comportamenti abitudinari e ritualistici. L’Organizzazione Mondiale della
Sanità ha individuato 5 condizioni affinché un disturbo di lettura possa essere definito come
dislessia evolutiva:
1. il livello intellettivo del soggetto con disturbo di lettura deve essere nella norma;
2. il livello di lettura del soggetto con disturbo deve essere inferiore alla media;
3. il soggetto non deve presentare disturbi neurologici o sensoriali che possano giustificare la
difficoltà di lettura;
4. il disturbo deve essere persistente;
5. il disturbo di lettura deve presentare conseguenze sulla scolarizzazione o nelle attività sociali.
Secondo gli studi condotti da Glaudé, le fasi iniziali di acquisizione della lettura sarebbero
prevalentemente mediate dall’emisfero destro, mentre la lettura efficiente sarebbe mediata
dislessia di tipo-P
soprattutto dall’emisfero sinistro. La è presente in bambini che, incapaci di
fare lo spostamento delle strategie di lettura dall’emisfero destro al sinistro, continuano a sillabare
dislessia di tipo-P
e leggere lentamente, così come fanno i principianti. La è invece presente in
bambini che, avendo fatto troppo precocemente lo spostamento delle strategie di lettura
dall’emisfero destro al sinistro, leggono rapidamente ma in maniera imprecisa.
“universo disorientato” del dislessico
L’espressione si riferisce al fatto che la dislessia ha come
sintomo fondamentale l’incapacità di accedere alla lettura ma, secondo Mucchielli e Bourcier,
esso è la manifestazione più visibile del bambino dislessico percepire e agire con ambiguità e
incertezza nel mondo che lo circonda. Quest’incertezza di base provoca l’incapacità di
comprendere e controllare lo spazio e il tempo, generando nel soggetto dislessico un
atteggiamento di costante ricerca e l’impossibilità di far ricorso a punti fermi. Sarebbe importante
che il bambino potesse contare su uno spazio non troppo definito da limiti e proibizioni e potesse
contare su una certa stabilità di valori all’interno del nucleo familiare. Creare un ambiente più
stabile significa dare dei punti di riferimento fissi al bambino a cui aggrapparsi in casi di
incertezza, ansia o frustrazione. In Italia si è iniziato a parlare di dislessia a partire dagli alle
Sessanta. Prima di allora il bambino che non imparava a leggere era considerato svogliato, pigro
o con deficit intellettivo. Imparare a leggere in italiano è semplice, grazie all’elevata regolarità delle
corrispondenze segno-suono che difficilmente è presente in altre lingue. Vivere in Italia sarebbe
quindi un fattore positivo per i bambini dislessici, che si troverebbero a dover imparare una lingua
abbastanza semplice e regolare.
Per buona parte del XX secolo la dislessia è stata attribuita a fattori esterni all’individuo. Alcuni
psicanalisti la attribuivano a delle difficoltà nella relazione madre-bambino o ad un blocco
affettivo. Oggi le informazioni che ci derivano dalle tecniche di neuroimmagine hanno poco alla
volta allontanato le ipotesi legate alle turbe emotive e i fattori costituiti dell’individuo e anomalie di
funzionamento cerebrale sono considerate la causa dei DSA. Fin dalle prime riflessioni sulla
dislessia è stato ipotizzato che il disturbo potesse essere causato da difficoltà nel ricordare
visivamente la parola. Inoltre, nei soggetti dislessici lo stimolo visivo viaggia