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Il bambino cieco impara grazie alla percezione corporea, maturando la consapevolezza di come le
sue parti corporee si muovono nell’ambiente circostante. Per i ciechi, la percezione dello schema
corporeo passa unicamente per la via motoria. Nel contesto scolastico, è necessario lavorare
sullo schema corporeo fin da quando è piccolissimo, affinché tutta l’acquisizione dei concetti
spaziali possano passare dall’esperienza corporea. Su questi aspetti, la scuola dell’infanzia è
avvantaggiata perché li troviamo tra i suoi obiettivi. Il corpo è il punto di partenza per ogni
apprendimento. Per la scuola dell’infanzia, il materiale che viene usato per il bambino cieco, può
essere anche usato per il bambino vedente.
Gli obiettivi sono quindi:
l’acquisizione dello schema corporeo;
• l’acquisizione delle fondamentali relazioni spaziali;
• l’orientamento dinamico, cioè l’orientazione non statica ma a partire da un punto preciso;
• la capacità di compiere percorsi in spazi delimitati e
• saperli descrivere graficamente;
• orientamento nello spazio e collocazione di fenomeni ed eventi;
• osservazione di un ambiente per evidenziarne le caratteristiche morfologiche.
•
Il materiale didattico deve rispondere alle esigenze della percezione tipica della persona non
vedente, che è percezione aptica, non ottica. Bisogna che tale materiale sia rapportato alla
grandezza della mano e che offra al dito una rappresentazione chiara, deve essere fedele alla
realtà e resistente al tocco maldestro dei principianti. Inoltre è necessario che renda l’idea della
complessità della realtà e che sia pertanto smontabile, manipolabile e ricomponibile. Questo è
possibile a seconda degli ambiti disciplinari. Ad esempio, i plastici sono delle riproduzioni in scala
del territorio dei rilievi e delle caratteristiche morfogeologiche di un territorio. Per la geometria vi
sono le forme geometriche piane che il bimbo cieco deve imparare a contornare tramite
punteggiatura o disegnando in positivo. Il compasso Cimatti, dotato di una rotellina dentata al
posto della mina che lascia una traccia sul foglio plasticato incavata o in rilievo (in negativo o in
positivo). Per comprendere le espressioni facciali si utilizzano dei busti preformati rappresentanti
dei volti con le espressioni di stati d’animo (paura, ira, felicità, tristezza, pianto…). Vi sono poi
modelli di tutti gli animali.
Le persone sordocieche spesso non hanno la possibilità di utilizzare il linguaggio verbale e
utilizzano così diversi sistemi alternativi di comunicazione che non dipendono dalle capacità
residue di ognuno e che permettono loro di interagire con gli altri, di capire e di farsi capire. Con il
metodo Malossi, i sordociechi possono comunicare tra di loro e con gli altri attraverso la mano,
toccando e pizzicando leggermente le varie parti di essa che corrispondono ad una precisa lettera
dell’alfabeto. Così, la mano di chi riceve il messaggio è considerata come una specie di macchina
da scrivere. colpisce vedere la velocità con cui le persone sordocieche possono comunicare tra
loro con il Malossi. Questo metodo è utilizzato generalmente dalle persone che hanno appreso il
linguaggio verbale prima di diventare sordocieche. Inoltre, si presta bene anche alla
comunicazione con le persone che sentono e vedono normalmente, i quali, anche se non lo
conoscono in dettaglio, lo possono praticare facilmente utilizzando un guanto che riporta le lettere
dell’alfabeto.
Grazie al contribuito delle nuove tecnologie, per la scrittura al computer la persona non vedente
scrive usando la tastiera. Esistono in effetti software per l’apprendimento della scrittura senza
bisogno di guardare i tasti come il software “10dita” che esercita all’uso della tastiera utilizzando
le dieci dita. Gli ipovedenti usano invece tastiere adattate con caratteri più grandi. Oltre al
software “10dita” degno di nota è anche “CO.BRA”, un software di autoapprendimento del
sistema Braille. Esistono anche:
- terminali in Braille che funzionano su computer, consentendo nello stesso tempo una scrittura
alfabetica su video per i vedenti e una in Braille sul terminale per i non vedenti. Tali computer 23
vengono collegati sia ad una stampante tradizionale, sia in scrittura Braille per il cieco. Hanno
una funzione importante nell’ambito di un gruppo di apprendimento, come può essere quello
della classe o un piccolo gruppo all’interno della stessa classe, in quanto consentono di
lavorare su un medesimo materiale;
- screen reader,
lo che è un software indispensabile a ciechi e ipovedenti gravi per utilizzare il
computer. Esso trasferisce i dati che compaiono nel video ad una periferica. Inoltre ad esso è
associata una sintesi vocale il cui uso è facoltativo. Tali dispositivi sono utilizzabili
esclusivamente con il sistema operativo Windows;
- il sistema videoingrandente, che è un software che consente agli ipovedenti di ingrandire i
caratteri sullo schermo del computer e di variare i contrasti cromatici secondo le necessità.
- il videoingranditore, che è un ausilio dotato di telecamera e di video che ingrandisce qualsiasi
supporto cartaceo secondo le necessità del singolo utilizzatore ipovedente. È dotato anche
della possibilità di invertire i colori bianco-nero. Ne esistono anche versioni portatili;
- il sintetizzatore di voce, che, collegato al computer, consente la presentazione a voce o in
sistema Braille di ciò che è scritto sul video. Con tale strumento il non vedente può accedere
direttamente alle informazioni di cui ha bisogno senza intermediari;
- dattilobraille,
la che è una macchina da scrivere con un limitato numero di tasti, a cui
corrisponde la scrittura Braille. È un apparecchio abbastanza rumoroso e che non consente la
correzione di eventuali errori;
- Moon,
il sistema ideato da William Moon in Gran Bretagna nel 1845. Esso è utilizzato dalle
persone che oltre ad avere una forma di disabilità visiva hanno anche ulteriori difficoltà, come
DSA o una debole percezione tattile. Si basa sulla rappresentazione in rilievo delle lettere del
codice alfabetico, ma notevolmente semplificate rispetto al normale: il Moon consta di 9 segni
base formati da segmenti retti o curvi. Ruotando o rendendo speculari questi segni si dà luogo
a tutte le lettere dell’alfabeto;
- il guidamano, di cui oggi non c’è più necessità, che aveva lo scopo di far acquisire al non
vedente la capacità di tracciare la propria firma. Era una tavoletta con incavate una serie di
sottili scanalature che, sentite tattilmente, permettevano di guidare la mano che sta tracciando
la parola nella direzione corretta.
Il tiflopedagogista è un insegnante specializzato nei disturbi derivanti dalla cecità.
La didattica speciale
Secondo una programmazione curricolare e una programmazione individualizzata, c’è l’esigenza
di una programmazione congiunta tra insegnanti curricolari e di sostegno alla ricerca di alcuni
punti di contatto. Se non ci sono punti di contatto, è possibile avvicinarsi agli obiettivi. È anche
possibile partecipare alla cultura del compito: ciò vuol dire che ci possono essere delle attività in
cui il bambino con disabilità può partecipare. Ciò avrà una ricaduta positiva sul suo sentimento di
sentirsi parte della classe. Inoltre è bene svolgere attività personalizzate all’interno o all’esterno
della classe. Può darsi che il bambino faccia tutte le attività in maniera personalizzata e ciò
dipende dalla gravità della disabilità.
Le domande fondamentali da porsi sono «C'è almeno una cosa fra le tante previste per tutta la
classe che può essere svolta anche dall'alunno che segue un PEI?», «C'è almeno una cosa tra
quelle contemplate per l'alunno in difficoltà che può essere proposta anche agli altri compagni di
classe?». Alla scuola secondaria tutto ciò si complica perchè lo studio delle varie discipline si fa
più complesso, pertanto la distanza tra gli obiettivi generali della classe e le potenzialità
dell'alunno con disabilità diventa maggiore. Al fine di evitare ciò è possibile programmare
congiuntamente: alcuni obiettivi pianificati per la classe potrebbero impegnare l'alunno con
disabilità in attività per lui poco funzionali, poco spendibili nella sua esperienza concreta. Tuttavia
questi momenti sono giustificabili in funzione delle finalità dell'inclusione e del potenziamento
dell'autostima connessa al fare le stesse attività dei compagni. In alcuni istituti di scuola
secondaria di secondo grado, come quelli di tipo tecnico e artistico, si possono trovare obiettivi
conciliabili con le potenzialità dell'allievo con disabilità. L'adattamento degli obiettivi non deve
essere inteso a senso unico, cioè come semplice adeguamento della programmazione
individualizzata per farla avvicinare a quella della classe, ma vi possono essere anche delle attività
appositamente pensate per l'allievo con disabilità, alle quali partecipano anche i compagni.
Deficit di attenzione con iperattività (DDAI)
Il DDAI è uno dei disturbi a maggiore incidenza (10-15%); è quindi più frequente dellautismo, e del
RM. Inoltre è molto spesso causa di Disturbi dellApprendimento. Per la sua frequenza e per la
relativa facilità con la quale soggetti con DDAI vengono affidati allinsegnante di sostegno, si 24
delineano quindi le principali caratteristiche e le principali tipologie di intervento nel DDAI. Il DDAI
viene segnalato in genere nelle prime fasi dell'inserimento scolastico, quando il bambino viene
classificato come “eccessivamente vivace”. Secondo il DSM-V:
1. non riesce a prestare attenzione;
2. ha difficoltà di concentrazione;
3. lavora in modo disorganizzato;
4. è impulsivo: corre, salta, non riesce a stare seduto;
5. non è in grado di seguire una sequenza di istruzioni.
Sono inoltre presenti disturbi del sonno legati all’instabilità motoria (difficoltà di
addormentamento) e bassa tolleranza alla frustrazione, associata all’impulsività. Il tipico bambino
DDAI vuole “tutto e subito”, anche per quanto concerne i risultati scolastici. Se non riesce subito,
rifiuta l’impegno.
Non esistono ancora teorie che spiegano in modo esaustivo le cause del deficit. Tuttavia è
possibile individuare numerosi modelli teorici che interpretano il DDAI come un disturbo
dell’attenzione, ed in particolare de