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Capitolo 1. Le radici dell'esistenza.
Dell'avere possiamo fare a meno, ma non possiamo rinunciare al fare
poiché è attraverso l'azione che si esprime il pensiero.
Possiamo distinguere tra due tipi diversi del fare:
Fare espressivo: serve alla persona per manifestare se stessa e per
• realizzare il proprio modo di pensare. È un agire per essere
Fare dimostrativo: è una modalità operativa spostata sugli altri che
• mira a dimostrare, esibire ed ottenere una risposta da parte degli
altri. È un fare per un riconoscimento.
Utile può essere l'analisi di diverse modalità operative:
1. Fare contro e fare per: ambivalenza del dovere: il fare
contro è un fare molto fragile e addirittura pericoloso. Esso sembra
dare soddisfazione, si prova piacere a tenere nel sacco qualcuno,
ma è solo una forma apparente di libertà. Esso comporta un grande
spreco di energia perché si è in lotta continua contro gli altri. Il
danno maggiore è la perdita di significato delle proprie azioni in
quanto la persona sa esattamente cosa vogliono gli altri, ma non sa
cosa vuole lei.
Il fare contro può essere bilanciato dal fare per: il potere può
diventare fonte di azioni meritorie e gratificanti però la
soddisfazione del dovere può diventare una specie di risarcimento
per lo sforzo compiuto. Oltre alla perdita del significato personale vi
è anche una contrapposizione tra piacere e dovere.
Un esempio è il caso di Carla: Carla è una donna
professionalmente affermata, ma che è continuamente tormentata
dal dubbio e non fa che cambiare idea. Dalle sedute con lo
psicologo emerge un'infanzia carica di insegnamenti rigidi dove le
relazioni coniugali venivano presentate come qualcosa da
sopportare per dovere e prive di piacere. Quando Carla inizia
andare valore alla sua vita sessuale, si sente trascurata dal marito e
prova attrazione per un altro uomo. Il sacerdote la definisce poco
seria, ma lei prova piacere perché sfida le leggi e va contro le
regole. La soluzione sta nel permettersi di vivere mettendosi alla
guida dei propri doveri e dei propri piaceri per evitare il loro
continuo contrasto.
2. Fare per gli altri: ambivalenza nel sentire: in alcune situazioni
il fare si presenta come una via di fuga e cioè come un modo per
evitare di entrare in contatto con i propri sentimenti. Il desiderio di
fare per gli altri può avere origine da una grande generosità, ma
può essere anche espressione di un disagio.
Un esempio è il caso di Suor Lucia: Suor Lucia non riesce a
consolare i suoi genitori per il suicidio di uno zio sacerdote. La suora
si sente in colpa per non essere riuscito ad impedirglielo, ma prova
anche molta rabbia verso di lui. Quando prende consapevolezza dei
suoi sentimenti ambivalenti capisce che non sono le sue capacità
ad essere manchevoli, ma il problema è la mancanza dei suoi
parenti di accettare il suo aiuto. La soluzione non sta nel dare aiuto
senza sosta, ma nell'accettare la situazione.
3. Fare per essere credibili: in alcuni casi il fare viene utilizzato per
sostituire un modo di essere della persona o per evitare di
riconoscere una sua connotazione essenziale. La persona che
adotta questa modalità investe tutte le sue energie nelle azioni e
punta al loro continuo miglioramento qualitativo e quantitativo nel
tentativo di raggiungere una quiete emotiva.
Il fare sostitutivo porta ad una frenesia operativa accompagnata da
continue delusioni, senso di impotenza, desiderio di cambiare gli
altri. La persona perde importanza ai propri occhi quando
l'interesse per un proprio miglioramento esistenziale viene spostato
sull'altro. Gli altri sono fondamentali, ma non definiscono il valore
della nostra persona che esiste indipendentemente del suo
riconoscimento sociale.
Caso di Antonio: Antonio è un medico che non sa come dire alla
figlia di 8 anno che sta aspettando un figlio dalla nuova compagna.
La sua paura è che possa perdere la figlia e che la madre possa
influenzarla negativamente. Lui in questa situazione non si sente
credibili e pensa che le parole degli altri possano avere più peso
delle sue. La soluzione è riconoscere che la propria verità ha valore
come quella degli altri.
4. Fare nel dubbio: in alcune situazioni il fare viene imprigionato dal
dubbio. Alcune volte il dubbio è reale mentre altre ha una
connotazione affettiva che richiede di essere identificata e chiarita
per poter mettere in condizione la persona di adottare una
decisione. I segnali di fronte al dubbio sono: attribuzione di
importanza agli altri e la delega a qualcuno della responsabilità del
sentimento che si prova.
Caso di Maria: Maria ha il dubbio sulla chiusura di una relazione.
Ha lasciato il suo ragazzo perché durante l'estate si è ammalata e
lui non ha fatto altro che lamentarsi dell'estate rovinata senza
esserle di aiuto. Da una parte ella ritiene che il suo comportamento
sia inammissibile, dall'altro sente la mancanza del ragazzo. Deve
scegliere in modo autonomo, ma si sente troppo legata ai pensieri
dei genitori. Il suo bisogno è quello di avere qualcuno che si fidi di
lei e che la consideri autonoma di scegliere.
Verifica: è utile sottoporre il fare a verifica per identificare i segnali che
possono farlo riconoscere come sospetto ed ingannevole:
1. Fare in eccesso: esso rivela il rapporto che la persona ha con se
stessa. Se ci si sente inadeguati si tende ad adottare azioni in
eccesso. Possiamo parlare di gioco Occupatissimo: la persona si
getta corpo e anima nelle attività, specie quelle lavorative per
difendersi o addirittura per farsi del male. È impegnato al 100% e si
distoglie da se stesso. Possiamo parlare anche del ruolo di
Salvatore che è un altro modello descritto e usato dall'Analisi
Transazionale per interpretare il lavoro in eccesso delle persone. Il
guadagno affettivo non si limita alla strutturazione di una propria
nobile immagine ma ha come altro effetto quello di aspettarsi la
gratitudine dagli altri.
Questo fare in eccesso può coinvolgere non solo le persone, ma
anche intere istituzioni in casi di bisogno di salvataggio. La
situazione si può trasformare in una a chi aiuta di più.
2. Fare in difetto: è un altro segnale di disagio che indica la crisi
dell'essere della persona. La passività, l'emozione sono infatti un
sintomo di tensione e di motivazione carenti per vivere, per
impegnare a dare senso alla propria esistenza.
La non azione non è mai riposante, anzi, comporta anche un
maggiore sforzo di energia rispetto all'azione. Un ruolo di cui è
necessario parlare è quella della Vittima che è opposto al ruolo del
Salvatore. Il ruolo della Vittima prevede l'uso della passività come
modello di comportamento. La persona sente di non avere potere e
non riesce a riconoscere le proprie capacità. La persona che
assume questo ruolo tende a lamentarsi, ma non a chiedere
direttamente. È in continua posizione di attesa e di pretesa dagli
altri e rimane stupita e offesa quando gli altri non comprendono i
suoi bisogni.
3. Il fare incongruente: alcune azioni possono essere considerate
fuori posto e ingiustificate rispetto all'obiettivo. È un fare che
sbaglia direzione. Esso ha origine in genere da un sé incontentabile
infatti la persona non è mai soddisfatta di sé.
Il concetto di incongruenza introduce quello di significato che può
aiutare le persone a uscire dagli equivoci.
Capitolo 2. Esperienza della gratuità.
Figlio servitore: questa parabola tratta di un uomo che ha 2 figli. Il più
giovane prende la sua parte di eredità e spreca tutte le ricchezze. Torna
dal padre senza un soldo, ma quest'ultimo lo accoglie con amore e
organizza una festa. Il fratello ha sempre vissuto in una posizione di
obbedienza e ha sempre pensato che solo così avrebbe potuto
guadagnarsi l'amore di suo padre e ora non riesce assolutamente a
capire perché il padre abbia questo atteggiamento.
Il figlio non aveva capito una cosa fondamentale: poteva essere amato
gratuitamente e non era un figlio servo, ma semplicemente un figlio.
Gratuità: dalla parabola emerge il concetto di gratuità. Essa dà un
significato diverso diverso agli eventi e per questo è una variabile
sconvolgente. Però bisogna anche tenere presente che la gratuità può
abbassare il livello di importanza delle cose e quindi essa va conquistata
ed accompagnata ad un significato.
Accettazione: l'accettazione si presenta come una possibilità ulteriore
rispetto al vivere attraverso i sentimenti e al giudicare attraverso
categorie e valori. Accettazione, in presenza del sentire e del giudicare,
non significa rassegnazione o rinuncia, ma riconoscere le realtà esistenti
che siano positive o negative.
La resistenza nel decidere di accettare deriva dalla paura di condividere
e di diventare corresponsabili di qualcosa che giudichiamo in modo
negativo.
Accettare non vuol dire esprimere consenso, ma prendere atto di ciò che
è avvenuto. Il non accettare può portare a congelare situazioni anche per
molti anni lasciando così immutate situazioni di sofferenza.
L'accettazione non è un atto semplice della volontà, né un atto di
eroismo, ma è un processo lungo e complesso, è un atto di verità totale.
L'accettazione ne evita alla persona di combattere inutili battaglie contro
determinati ostacoli irresolubili, gli evita di ricorrere al fare ingannevole
ed equivoco, lo salva da forme di autodistruzione e dalla rabbia
permanente.
È importante che la persona impari ad accettare i propri errori e il proprio
passato altrimenti non potrà vivere il suo presente e di conseguenza
aprirsi al futuro.
Gli altri: gli altri sono fondamentali per la nostra esistenza e questo è
innegabile, ma è importante soffermarsi sull'accettazione degli altri.
Gli altri per noi sono un riferimento ambivalente in quanto fonte di
gratificazione e delusione. Accettare gli altri a volte può costare un
prezzo emotivo elevatissimo.
La contrapposizione tra i propri bisogni, i propri desideri, il proprio spazio
vitale, la propria stessa esistenza e tutto ciò che appartiene gli altri pone
le premesse per un conflitto. In questo contesto l'accettazione viene vista
come un rifiuto di sé. La soluzione sta nel separare la propria
identità da quella degli altri.
È importante la salvaguardia personale, da non vedere come un atto di
egoismo, ma come un atto di rispetto verso se stessi.
La