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Capitolo 1: Modelli di Intervento nelle Comunità per Minori
- Contesti e Processi di Socializzazione –
MINORE “FUORI FAMIGLIA”: minorenne oggetto di allontanamento (consensuale
o coatto) dal contesto famigliare.
COMUNITA’ PER MINORI: contesti residenziali che
- Ospitano ragazzi/e fino al raggiungimento della maggiore età
- Ospitano minori fuori dalla famiglia per un periodo limitato di tempo
- Hanno come obiettivi la cura e lo sviluppo del bambino
- Sono gestite da personale adulto
- Non offrono servizi scolastici né specificatamente terapeutici; non hanno
caratteristiche psichiatriche, sanitarie, penitenziarie o riabilitative.
Gruppi primari, la cui funzione centrale è la socializzazione dei membri
(processo biunivoco) perseguita attraverso i canali delle routine, del lessico
familiare, degli oggetti e delle attività.
- Le Comunità per Minori in Italia –
Anni 60: rinnovamento anti-istituzionale=> prime mosse legislative e nuove
soluzioni d’accoglienza
Legge 149/2001 stabilito il superamento degli istituti (avvenuto anni dopo) e si
stabiliscono delle distinzioni in base a diversi criteri come utenza, variabili
organizzative … per AZIONE EDUCATIVA:
- Comunità educative: dove l’azione ed. è svolta da un’equipe di operatori
professionali che la esercitano come professione (fino a 12/10 bambini)
- Comunità di Pronta Accoglienza: accolgono in caso di emergenza senza un
preventivo piano di intervento. La permanenza è breve
- Comunità di tipo familiare o Case Famiglia: attività educative svolte da
adulti che vivono insieme ai minori affidati, anche coi propri figli,
assumendo funzioni genitoriali (max 8)
- Gruppi appartamento giovani o Comunità Alloggio: presidi residenziali che
accolgono persone avviate verso l’autonomia con un’azione di supporto
non continuativa
2 le dimensioni chiave dell’intervento:
la TEMPORANEITA’ (accoglienza in un tempo definito)
1.
2. la FAMILIARITA’ (gestione e scansione familiare dei tempi e degli spazi di
vita): offrire un clima di protezione e cura
offrire sostentamento materiale
migliorare le competenze sociali e comportamentali
relazione con famiglia d’origine
fine il reinserimento in società con iniziali supporti economici,
emozionali, sociali
Le comunità per minori regolano le fasi:
- VALUTATIVA (supplenza del genitore e protezione del minore nella
relazione con questo)
- di AFFIANCAMENTO (relazione orientata a far riassumere al genitore ruolo
e competenze)
Criteri di Valutazione per comunità per minori (vaghi):
esistenza di vita comunitaria e rapporti significativi coi caregivers
1. rapporti reali quotidiani col territorio
2. Piani educativi personalizzati
3. Adeguate forme di coinvolgimento della famiglia d’origine
4. Adeguata formazione degli operatori
5. Metodologia di lavoro definita
6.
7. Positivi e corretti rapporti di collaborazione coi servizi ed enti locali
competenti
Alcuni requisiti minimi (più chiari) adottati a livello nazionale:
1. Vicinanza a mezzi pubblici di trasporto
2. Dotazione di spazi per la socializzazione diversi dalle camere
3. Presenza figure professionali sociali e sanitarie qualificate
4. Coordinatore responsabile
5. Registro degli ospiti
6. Per ogni ragazzo viene predisposto un PEI con obiettivi, contenuti,
modalità di intervento e metodi di verifica
7. Attività organizzate nel rispetto dei normali ritmi di vita
8. Carta del servizio (esporre il proprio servizio alla collettività)
Adeguatezza dal punto di vista amministrativo:
1. Autorizzazione al funzionamento
2. Accreditamento, ingresso nel mercato pubblico
Verifica dell’operato delle comunità (ottenuti dai criteri per l’affido di Martin):
1. Stabilità
2. Clima emotivo intenso
3. Massima espressione del potenziale di sviluppo del bambino
4. Recupero, da parte del minore, di eventuali carenze
5. Mantenimento legami con famiglia
6. Sostegno ai genitori per il recupero delle loro capacità di parenting
… e a lungo termine …
7. Autosufficienza in età adulta
8. Capacità di buone relazioni
9. Socialmente adattivo
Nuovi fenomeni:
- Ritorno in comunità per affidi/adozioni falliti
- > minori stranieri non accompagnati
- > neomaggiorenni fuori famiglia (quanto deve durare l’intervento
sociale?)
- Accoglienza di nuclei madri-bambino
- Fare Famiglia in Comunità –
Fare famiglia senza pur essere famiglia significa attuare negli scambi di vita
quotidiani i diversi modi di costruirsi come partecipanti a un sistema di relazioni
affettivamente rilevanti.
Le case famiglia sono impegnate nella costruzione, riproduzione e
decostruzione di attività familiari e al contempo spezzano il dato per scontato
su cosa significhi essere famiglia.
- Comunità come spazio di pensiero –
Pensare alle comunità come thinking spaces significa capire se sono in grado di
permettere di creare e negoziare appartenenze, identità, ruoli, imparando a
pensare insieme (per lo sviluppo).
Capitolo 2: Organizzare le Comunità
organizzazione
- Vedi alla voce –
Famiglia: sistema sociale informale ; Casa Famiglia: struttura organizzativa
caratterizzata da impresa comune, impegno reciproco e repertorio condiviso
degli educatori. In essa centrale è la dimensione sistemica e la rete con le
agenzie di finanziamento e le istituzioni.
Parlare di comunità come organizzazioni non significa parlare di istituzioni e
istituzionalizzazioni e tantomeno di aziende o servizi business-oriented senza
attività educativa
La questione organizzativa è centrale. Tuttavia le comunità per minori mostrano
alcune fragilità:
- Inadeguata distribuzione del lavoro (troppo lavoro, basse paghe…)
turn over
- Alto tasso di degli operatori con costi enormi e ricadute negative
sul progetto di affidamento del minore
burn out
- Rischio di
- Scarsità di documentazione organizzativa prodotta
- Chi fa cosa? -
Distribuzione dei compiti: Molto spesso “tutti fanno tutto” quando invece
un’adeguata gestione delle attività e dei ruoli può essere la chiave per
spendere meglio tempo e competenze. Quindi prima capire “che cosa si fa” e
poi “chi è meglio che faccia cosa”.
La funzione di coordinamento: Mito della gestione democratica o su leadership
carismatica che porta a una gestione personalistica scorretta. La realtà invece:
il coordinatore ha un compito complesso e non scontato. Deve tenere le fila di
ciò che succede dentro il servizio e costruire produttivi rapporti con l’ambiente
esterno; deve essere flessibile, deve accreditarsi come figura in grado di creare
strategie, tradurre teoria in pratica, interpretare e dirigere i contesti
problematici, promuovere il linguaggio organizzativo e le pratiche di
socializzazione dei novizi.
Il volontario: Figura a cui si deve dedicare tempo (training specifici tenuti da
educatori esperti, monitoraggio…) e dar spazi specifici, “pensati”, di
partecipazione per socializzarlo lavorativamente.
- Gli strumenti di lavoro “ripensati”-
Appr. Psicologia storico-culturale => gli artefatti o strumenti:
- Incorporano obiettivi e teorie sul funzionamento organizzativo ed
interattivo dei contesti
- Producono e riproducono le conoscenze in un’organizzazione e
consentono di documentarle
- Strutturano le pratiche dell’organizzazione
PEI = Piano Educativo Individualizzato contenente dati anagrafici, obiettivi del
piano educativo, data e motivazione dell’inserimento nella struttura,
composizione familiare, situazione sanitaria, scolastica e/o lavorativa.
Esso non è solo educativo in quanto rispecchia anche valenze
organizzative e sociali e riflette le teorie di riferimento e la storia comune
degli operatori che la scrivono.
Artefatti che non sostengono le pratiche sociali ma sovrappongono funzioni
diverse frammentando i ritmi di lavoro => vuoti (es. agenda delle operatrici).
- Gli spazi della comunità: fra vecchi istituti e nuove case famiglia -
Anche gli spazi della comunità e i loro nomi (es. refettorio/cucina) riflettono
idee e modellano le attività che si svolgono. Si possono distinguere: Spazi per
educatori (privati e organizzativi), Spazi comuni, Spazi privati riservati ai
minori. Manca uno spazio organizzativo: manca un pensiero organizzativo.
Indicazioni delle principali associazioni di comunità per minori:
- Spazi distinti per equipe educativa, comunità e ragazzi
- Locale adeguato come cucina
- Limite massimo di 3 posti letto per stanza
- Locale comune accessibile a tutti
- Almeno 2 bagni (1 accessibile ai disabili)
- Attrezzature accessibili ai disabili
- I tempi delle comunità: dalla parte dei bambini? -
Percezione e strutturazione del tempo non neutra ma plasmata (e che plasma)
da dimensioni d’ordine sociale, educative, di controllo, di esercizio del potere, di
creatività, di esclusione sociale…
Le comunità: funzionano tutti i giorni dell’anno, costantemente accessibili,
accolgono il minore per un periodo limitato, espongono il “tempo privato” di
adulti residenti (vacanze, serate di babysitting) e bambini a numerosi sguardi.
continuum
Gestione tempi su un che va dalla rigidità e fissità temporale (com.
religiosa) a maggior flessibilità (sveglie differenziate). Dipende da: sistemi di
interpretazione della gestione del tempo (funzionale ai bambini o
all’organizzazione?), del progetto educativo e del minore.
+ Conseguenze sociali di turnistica degli operatori (C. staff “lunga/corta”)
Capitolo 3: Comunità e Famiglia d’Origine in pratica
Letteratura psicosociale: