vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Sul piano formativo, la cura accompagna il percorso
formativo/riabilitativo/educativo e necessita di un riconoscimento dell’altro sia di
primo grado (essere umano) sia di secondo (conoscere la sua specificità,
potenzialità, desideri, bisogni e limiti).
Apporti letterari alla tesi:
1. Mayerof
- Il fine dell’agire con cura è la crescita dell’altro secondo la sua forma. Ciò
implica il riconoscere non solo l’altro (1° grado) ma anche la forma dell’altro,
la sua unicità (2°), le sue capacità e i suoi bisogni (3°) e quale modo sia il
migliore per rispondere ad essi.
- Tra gli aspetti fondamentali dell’aver cura c’è l’onestà di saper cogliere l’altro
nella sua forma effettiva, non come si vorrebbe egli fosse.
2. Gilligan: Fa un’analisi sulle forme morali del giudizio umano in cui coglie due
rappresentazioni simboliche del mondo, maschile, basata sulla separazione e il
diritto, e femminile, radicata nell’amore e connessione. Queste danno vita
all’etica del diritto e l’etica della cura responsabile che richiamano due delle
forme della teoria del riconoscimento (diritto e amore).
3. Noddings “caring for”,
- Distingue tra un la cura nella relazione in presenza, ed un
“caring about”, la cura del mondo che assume forme indirette.
- La cura implica il riconoscere l’altro, l’assumere la sua prospettiva, il sentire-
(engrossment).
con l’altro Assonanza col riconoscimento-comprensione-
empatia.
- Ruolo originario e fondativo delle esperienze nell’infanzia per la cura (
̴riconoscimento).
4. Ruddick: Parla di agire materno (anche nell’uomo) come pensiero sensibile che
coglie l’altro e il suo divenire e si impegna in un processo trasformativo per poter
rispondere ai cambiamenti del nuovo nato. La relazione materna implica il
riconoscimento perché se non vi è tale vi è invece simbiosi, agire che non è agire
educativo e non è cura autentica. Il riconoscimento è centrale: proprio il
riconoscimento dell’altro nel suo specifico bisogno, nelle sue fragilità porta alle
pratiche di cura.
5. Mortari: La responsabilità di cura nasce quando si coglie l’altro attraverso
un’attenzione sensibile sia come valore, sia come soggetto in condizione di
bisogno. Il bisogno dell’altro ci invoca e si risponde quando il sentire della
responsabilità è più forte di ogni altra voce.
6. Palmieri: La cura è incontro pedagogico solo se guidata dal desiderio di
comprendere l’altro, chiedersi chi è nella consapevolezza dell’impossibilità di
rinchiuderlo in una definizione.
L’accettare l’altro per ciò che è genera mutuo riconoscimento; amore, rispetto,
stima, solidarietà.
7. Fadda: Il riconoscimento non è solo conferma dell’altro ma anche delle sue
possibilità d’esistere. La cura è incondizionata, slegata dalle condizioni
dell’oggetto di cura (anzi in condizioni di disagio è proprio essa che può sollevare
e aprire spiragli).
2. Diniego del riconoscimento e cura inautentica
Diniego del riconoscimento
La possibilità del riconoscere implica intrinsecamente quella della sua mancanza.
Honneth fa corrispondere alle tre forme di riconoscimento, tre figure del diniego
del riconoscimento. Queste inficiano la possibilità del riconoscimento di sé come
soggetto degno d’amore, di rispetto e stima e compromettono l’esistenza, lo
sviluppo e l’affermazione di sé. Provocano rabbia e senso di giustizia che possono
riversarsi all’esterno (lotte sociali) o verso di sé.
1. La negazione del sé dell’altro: l’altro non approva il nostro modo di essere
persone, la nostra unicità per lui è priva di valore (violenza fisica, relazioni
disfunzionali).
2. La negazione dei diritti dell’altro: con conseguenze giuridico-politiche ma
anche ripercussioni nella percezione di sé, non sentito parte della comunità, non
uguale, non capace (autostima).
3. La negazione della stima sociale: la svalutazione sociale può colpire forme di
vita considerate inferiori, barbare o le capacità dell’individuo, le sue doti che non
vengono considerate stimabili perché non significative in quel contesto. È negata
l’approvazione sociale, l’autorealizzazione, la stima di sé. Le ragioni che
sorreggono il disprezzo riguardano anche giochi per l’accesso e la distribuzione
del potere. Cura incurante
[Heidegger] Anche l’aver cura può declinarsi in forme della non curanza o della
trascuratezza (forme negative) o del sostituirsi dominando, della manipolazione
(forme della cura inautentica). La cura inautentica porta alla perdita di noi stessi,
dell’impossibilità di poterci riconoscere come unici e capaci di azioni, mancando
così la propria esistenza.
Cosa rende incapace un soggetto di riconoscimento (eziologia del diniego):
1. Protezione del sé per fragilità dell’io. Si vede l’altro come minaccioso e non
ci si espone al riconoscimento ma ci si chiude nell’Io, impossibilitando il
riconoscimento dell’altro e di sé.
2. Adorazione di sé: egoismo e narcisismo che non consentono di vedere l’altro
se non come uno specchio su cui proiettare propri bisogni e idealizzazioni.
3. Reificazione dell’altro: rapportarsi all’altro come oggetto, nel perseguimento
dei propri obiettivi. Non vuol dire non individuare le capacità dell’altro, anzi a
volte è sfruttarle (Cortés di Todorov).
4. Rappresentazioni stereotipate ed etnocentriche dell’altro; che non
permettono di riconoscerlo come proprio simile.
L’inadeguato riconoscimento (misconoscimento)
Forma inadeguata di riconoscimento. Si riconosce il valore dell’altro ma non la sua
particolarità. A causare l’inadeguato riconoscimento possono essere la radicale
alterità dell’altro, la sua inafferrabilità, il suo mutare, il proprio livello di attenzione,
e nella relazione educativa anche l’eccessiva sicurezza rispetto alle proprie
competenze.
4. Dall’essere riconosciuti al riconoscimento di sé e 5. La lotta per il
riconoscimento in educazione: la relazione contrastante.
Si accede alla possibilità della propria esistenza, al riconoscimento di sé grazie a
una rel-azione, essa è la via per l’individu-azione dell’uomo. Il riconoscimento
implica l’essere riconosciuti dall’altro. Esso abita il paradosso: per poter attingere la
nostra indipendenza e la nostra pienezza, dobbiamo dipendere dall’altro che ci
riconosca; guardati ci guardiamo e guardiamo riconoscenti il volto di chi ha saputo
riconoscerci (madre-neonato come figura archetipica). La pienezza dell’auto-
riconoscimento si raggiunge nel riconoscimento dell’altro.
Il bisogno di essere riconosciuti implica una dimensione conflittuale, la lotta per il
riconoscimento e per l’autonomia (che non è in-dipendenza ma equilibrio tra
consonanza e dipendenza, vicinanza e distanza). Ogni conflitto ha un ruolo
centrale: è frutto di un processo di individuazione che implica la separazione e la
distinzione dall’altro. Una distinzione che ha luogo nella relazione. Noi siamo i nostri
conflitti. auctoritas,
Il tema della lotta per il riconoscimento si intreccia col tema della del
confronto con il limite, con un’alterità capace di favorire l’affermazione individuale
nel rispetto delle norme di convivenza.
Capitolo Terzo. Il riconoscimento nei contesti educativi
Se educare significa aiutare l’uomo a costituirsi come tale, educare è sempre anche
riconoscere l’altro nel suo “poter essere autentico”. L’educazione si fonda sul
rispetto, si nutre di attenzione, punta alla costruzione di spazi di azione e trova
massima espressione nel mutuo riconoscimento (impegno comune in un rapporto
autentico).
La responsabilità educativa è sempre un cammino a due: anche l’adulto ha la
possibilità di crescere su di sé. Non si può educare senza impegnarsi in un percorso
di autoformazione.
1. Il riconoscimento-attestazione
Nella teoria di P. Ricoeur sul ruolo svolto dalle capacità nel riconoscimento di sé; le
l’energheia,
capacità testimoniano il potere di essere e agire di un soggetto. Sono
le figure dell’<Io posso> e del <Io credo che posso>. L’attestazione genera il
credere in sé, la fiducia, la confidenza e la sicurezza.
È data dall’auto-designazione del sé (che si coglie come soggetto capace) e
dalla Testimonianza dell’altro che lo conferma come soggetto capace (dimensione
anche qui relazionale).
Essa ricopre un ruolo essenziale nel processo formativo: si basa sulla conoscenza
delle proprie capacità, è generata dalla sicurezza di sé, prende forma solo
nell’incontro-confronto con l’altro; ha quindi a che fare col riconoscimento di sé
come soggetto che ha il potere di agire nel mondo, che ha fiducia in sé, che si
conosce, che si assume responsabilità… tutte dimensioni perseguite nella relazione
educativa.
2. Riconoscere nella relazione educativa
L’educatore è chiamato a giocare il riconoscimento nei suoi diversi gradi:
1. Riconoscimento-identificazione-conferma: atteggiamento improntato alla
conferma dell’altro valore così come è e al rispetto che il suo valore esige. Ciò
si traduce in atteggiamenti basati sulla salvaguardia degli spazi dell’altro, dei
suoi tempi, della sua alterità.
2. Il riconoscimento-comprensione empatia. M. Buber parla di “contenimento”
come possibilità di cogliere, sentire l’altro, sperimentare la relazione anche
dalla parte dell’altro quando si è in un rapporto dove i soggetti sono coinvolti
in un processo comune. Nella relazione educativa è centrale intravedere
l’essenza dell’altro e presentire ciò che ancora l’altro non è. Bisogna
conoscere le sue peculiarità, le sue forze e debolezze, le inclinazioni…
(Guardini).
3. Il riconoscimento-attestazione: l’adulto deve intravedere le potenzialità e il
loro possibile sviluppo, le riconosce e attesta sostenendo l’altro nel percorso
che lo porta a credere ed aver fiducia in sé. P. Freire: valenza formativa dei
piccoli gesti.
3. Il riconoscimento nei contesti educativi
La relazione educativa si dà in quei luoghi in cui trascorriamo la nostra infanzia e
giovinezza, la casa e la scuola, luoghi abitati da volti che svolgono fun