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Libro: “Sport e adolescenza”
Capitolo 1: “Sport ed educazione in adolescenza”
1.1Sport, agonismo e competizione in chiave educativa
Ancora oggi sembra complesso dare una definizione univoca del termine sport.
Dal punto di vista lessicale, la parola sport è un termine che non presenta traduzione
nelle varie lingue. L’etimologia risale al termine latino deportare, che indicava
spostamenti delle popolazioni da un territorio all’altro per fini politici. La parola trovava
una sua accezione anche nell’uscire fuori porta per dedicarsi a varie attività. In
entrambe le accezioni, la parola mantiene il suo significato legato al movimento.
In linea generica, lo sport è considerato come un insieme di attività finalizzate al
raggiungimento di un risultato attraverso lo spirito agonistico dei contendenti.
Storicamente, lo sport nasce in Grecia e poi a Roma, nelle pratiche di esaltazione della
cultura del corpo. Durante il Medioevo, lo sport coincideva con la caccia e alla guerra,
acquisendo il suo più alto valore nei tornei cavallereschi. Sarà solo nel Rinascimento
che nascerà un’idea di attività sportiva legata alla formazione culturale e spirituale del
soggetto. Toccherà, però, aspettare l’Illuminismo per trovare una lettura dello sport
in termini educativi. Con l’avvento delle società industriali lo sport diventerà un
fenomeno di massa, grazie all’introduzione del Giochi Olimpici nel 1896. Dai primi anni
del Novecento in poi lo sport ha visto una grandissima espansione e diffusione
planetaria che lo caratterizza oggi. In tal senso, lo sport contemporaneo può definirsi
come un sistema aperto, in continua trasformazione.
Secondo la prospettiva antropologica di Malinowski lo sport è il mezzo per
realizzare alcuni bisogni umani per il miglioramento del benessere psico-fisico. È
importante, in tal senso, la relazione tra pedagogia e sport. La pratica quotidiana
diviene educativa se orientata al raggiungimento di alcuni traguardi.
Mauss affronta il tema dell’azione umana come prodotto sociale, sostenendo che le
azioni quotidiane sono atti tradizionali condizionati dalla cultura di appartenenza. Il
corpo è l’unico oggetto tecnico che i soggetti hanno a disposizione e che ogni società
utilizza attraverso l’apprendimento di tecniche.
Leroi-Gourhan ritiene che la motricità umana sia influenzata dal contesto socio-
culturale che l’ha prodotta. In questa prospettiva, l’habitus definisce sia i
comportamenti del corpo sia le percezioni dei soggetti su di esso. Grazie all’habitus è
possibile interiorizzare ciò che è esterno ed esteriorizzare ciò che è interno.
Gli studi etno-antropologici sul corpo degli anni Novanta definiscono
l’incorporazione o embodiment il processo con cui i soggetti acquisiscono elementi
della cultura di appartenenza, agendo su di essa attraverso il corpo. L’incorporazione
è, quindi, l’insieme di modalità con cui le persone abitano i loro corpi.
Dal punto di vista sociologico il gioco sportivo è un elemento fondamentale della
vita sociale: il gioco e la gara sono fenomeni intrinsecamente connessi, anche se tale
posizione è contestata dai contemporanei, secondo cui il gioco non trova spazio nella
pratica agonistica, difficoltà che esiste ancora oggi.
Dal punto di vista pedagogico, invece, bisogna enfatizzare gli aspetti ludici che
legano le attività sportive alla sfera emotivo-affettiva dei soggetti e costituiscono
strumenti educativi per imparare attraverso il corpo.
Secondo Guttmann è possibile individuare quattro modelli di sport contemporaneo:
Il modello competitivo, in cui lo sport mantiene una rigida regolamentazione
per tutti i partecipanti, un’uniformità del sistema dei valori e una struttura
organizzativa capillare. Gli obiettivi sono la vittoria, l’integrazione sociale e i
processi educativi
Il modello espressivo, che include attività sportive basate sulla piacevolezza
della sua pratica e non si legittima tanto per i risultati, ma per la gratificazione
che il soggetto ottiene svolgendolo.
Il modello strumentale, legato al raggiungimento della forma fisica e a forme
di esibizione del corpo, considerato come unico mezzo di espressione
identitaria.
Il modello dello sport spettacolo: che tende all’entertainment e le sue
forme di legittimazione vanno dal guadagno al desiderio di promuovere
l’immagine sociale di una città o una nazione.
Col termine agonismo ci si riferisce all’insieme di dinamiche sociali in cui sono
presenti la contesa, la concorrenza e il concorso. Lo sport ne è un’efficace
rappresentazione sociale. La caratteristica dell’agonismo è che i contendenti si
comportano da avversari, cercando di superarsi secondo i modi stabiliti. In
quest’ottica, la figura centrale del rapporto agonistico è proprio l’avversario.
Differente dall’agonismo è la competizione, che è un fenomeno volto a confrontarsi
con l’altro in un’ottica costruttiva. Lo sport costituisce uno dei contesti sociali in cui la
competizione si manifesta attraverso forme agonistiche. La competizione risalta
bisogni come l’autoaffermazione, il successo, la realizzazione e il possesso. Per una
competizione sportiva educativa bisogna definire codici per salvaguardare l’integrità
dei partecipanti.
1.2Motivazione e disaffezione allo sport in adolescenza
Nell’adolescenza le attività sportive sono un contesto privilegiato in cui i soggetti
sperimentano aspetti identitari per la costruzione e il consolidamento del Sé.
Attraverso l’esperienza sportiva l’adolescente si sperimenta senza preoccuparsi delle
conseguenze. Se da un lato, lo sport è un efficace mezzo per lo sviluppo fisiologico del
soggetto, dall’altro mostra criticità emotivo-affettive legate al modo di intendere le
attività sportive, che potrebbero degenerare in una disaffezione. In ambito agonistico,
la motivazione assume un ruolo di primo piano. Secondo Alderman e Wood le
motivazioni che spingono un soggetto all’attività sportiva sono:
L’affiliazione, intesa come opportunità di stare in gruppo
Il potere, inteso come controllo e influenzamento degli altri
L’indipendenza, intesa come possibilità di essere autonomi
Lo stress, in particolare l’eustress, che è positivo e stimola il soggetto
L’eccellenza, intesa come opportunità di acquisire competenze sportive per
primeggiare
Il successo, per acquistare prestigio e stima
L’aggressività, come possibilità di dominare gli altri
Studi successivi dimostrarono che anche il desiderio di mantenere una buona forma
fisica è una motivazione rilevante. In questi studi furono analizzate anche le variabili
che demotivano il soggetto, spingendolo ad abbandonare la pratica sportiva. Il motivo
principale che spinge ad abbandonare l’attività competitiva in tarda adolescenza è il
desiderio di intraprendere altre attività, tra cui un lavoro. Nella prima e media
adolescenza, invece, i motivi frequenti di abbandono sono relazionali, emotivi o legati
a infortuni.
Da uno studio degli anni ‘80 sono emerse alcune categorie generali della dimensione
motivazionale:
Riuscita/status, riconducibile al desiderio di vittoria e popolarità, migliorando il
proprio status
Fare squadra, riconducibile al desiderio di essere parte riconosciuta di un
gruppo
Forma fisica
Spendere energia, riconducibile al desiderio di scaricare tensioni, muoversi e
stare fuori casa
Rinforzi intrinseci, intesi come forme di sostegno sociale che rinforzano la
motivazione
Sviluppo e miglioramento delle abilità sportive
Amicizia e desiderio di coltivare conoscenze nuove e vecchie
Divertimento
La relazione educativa è un processo che implica continue trasformazioni, in quanto
sono i soggetti stessi a essere in continuo divenire. Nei contesti sportivi costruire la
relazione educativa richiede tempo e impegno. Essa è la volontà di costruire un
rapporto di reciprocità significativo, un legame di cura. Sostenere la motivazione alla
pratica sportiva significa dare ai soggetti gli strumenti per affrontare successi ed
insuccessi. Intendere il prodotto delle attività sportive in termini di performance e
non di prestazione dà allo sport un carattere formativo. Il termine performance
significa realizzare. La performance si differenzia dalla prestazione in quanto è il
risultato del fare e del processo che ha condotto a quel fare. La performance include la
prestazione. La letteratura sulla motivazione alla pratica sportiva afferma che i
soggetti con un orientamento al compito fanno coincidere il successo con la
prestazione, confrontandola con gli standard precedenti e attribuendo ad essa
maggior valore rispetto alla vittoria. I soggetti, invece, che hanno un orientamento al
Sé definiscono il successo o il fallimento in relazione all’esito. Uno studio ha
dimostrato che l’orientamento al compito è positivo nella pratica dell’attività sportiva
grazie alla presenza del divertimento, che favorisce il benessere relazionale e
l’agonismo dei soggetti. Per una relazione efficace nei contesti sportivi si distingue tra
motivazione intrinseca ed estrinseca. La prima è lo stimolo ad attuare
comportamenti che dimostrano competenza e autodeterminazione. La seconda,
invece, è il bisogno dell’individuo di attuare comportamenti in relazione del risultato.
Gli individui intrinsecamente orientati sperimentano uno stato emotivo positivo,
mentre quelli estrinsecamente orientati avranno uno stato emotivo positivo solo
vincendo con maggiore esposizione all’ansia da prestazione. Inoltre, i soggetti orientati
al compito e con forte motivazione intrinseca avranno maggiore longevità agonistica
rispetto ai quelli motivati estrinsecamente, che continueranno la pratica sportiva
agonistica solo se avranno successo. A rafforzare un orientamento piuttosto che l’altro
concorrono fattori individuali, come la maturità cognitiva e fisica, il genere e i dati di
percezione, e fattori contestuali, come lo sport praticato, fattori socio-culturali e la
ricompensa. 1.3Corpo, corporeità ed educazione
La riflessione pedagogica sullo sport è legata alle diverse interpretazioni sul corpo. La
riflessione filosofica che ha maggiormente influenzato il pensiero dell’uomo sul corpo è
quella di Cartesio, secondo cui il corpo non coglie certezze e verità sulla realtà, ma
fornisce conoscenze imprecise. Col termine corpo si intende la struttura fisica, mentre
la corporeità