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CAPITOLO SECONDO: SAPERE PEDAGOGICO E PROCESSI LAVORATIVI

1. Il lavoro per la persona: la centralità dell'uomo e le RSII

Il lavoro oggi è una realizzazione personale e attività significativa per sé e la società. Quindi il lavoro soddisfa sia i bisogni primari, ma anche quelli che nella scala di Maslow stanno ai livelli superiori. Si valora quindi la dimensione relazionale del lavoro, il suo valore sociale ed umano. Come abbiamo già detto, il lavoro favorisce anche lo sviluppo del Sé. Il lavoro dà quindi significato all'esistenza umana. Nei casi di disoccupazione quindi tutto questo non c'è: viene meno la stima della persona e la possibilità di affermarsi nel mondo. Il lavoratore è quindi il protagonista della società, ed è al centro della scena (al centro non c'è quindi il prodotto del lavoro, ma il lavoratore stesso). Il tema del lavoro viene analizzato anche dalla Dottrina Sociale.

della Chiesa: questa è arrivata a sostenere che la crescita economica deve servire anche per avvalorare l'uomo e la sua dignità sacra. Ad esempio Giovanni Paolo II fa emergere chiaramente il valore del lavoro come attività che esprime la persona. Sempre Giovanni Paolo II sostiene anche che l'impresa deve delinearsi in termini di comunità di uomini, e che ha un valore immateriale, relazionale e sociale. "il lavoro è per l'uomo, e non l'uomo per il lavoro": Benedetto XVI sostiene infatti che il lavoro non va assolutizzato. Possiamo quindi dire che questa nuova concezione del lavoro porta a cambiare l'idea dell'intera economia e anche a una diversa organizzazione dell'impresa.

1.1 La responsabilità sociale di impresa

La matrice morale su cui si basa l'economia è l'etica. L'etica offre criteri in vista del bene della persona, ed aiuta l'azienda a ispirarsi ai principi di

responsabilità e umanità. I modi per applicare questa RSI (responsabilità sociale di impresa) sono due: - Corporate social responsibility: l'impresa ha un obbligo sociale nei confronti della collettività e quindi lavora in vista di un miglioramento. - Corporate social responsiveness: in questo caso l'azienda deve rendere conto delle proprie azioni e preoccuparsi delle ripercussioni che le sue scelte hanno sugli individui direttamente legati ad essa. L'impresa cambia a seconda dei cambiamenti flessibili della società e la RSI la aiuta a farlo. Per esempio, le aziende tendono sempre a massimizzare i profitti e quindi il capitale, ma questo non è sulla stessa linea d'onda della responsabilità verso i propri dipendenti (che non possono fare orari massacranti a poco salario per massimizzare il profitto); l'etica in pratica non può essere subordinata a finalità come il profitto. Si auspica quindi.l’avvento dell’economia civile, che ha come una delle sue molte caratteristiche quella di perseguire lo sviluppo umano in tutte le sue direzioni. Questo non significa che le imprese debbano abbandonare la finalità del guadagno, ma che debbano farlo in un’ottica di responsabilità. La RSI inoltre favorisce anche quelle imprese che hanno un occhio di riguardo verso la salvaguardia ambientale e delle risorse naturali e quindi vengono favoriti anche gli utenti di queste imprese. Importante è il Global Compact del 2000, un contratto che riunisce varie imprese organizzazioni che ha lo scopo di promuovere la cultura della cittadinanza d’impresa, contenete 10 principi guida. È il primo forum globale che affronta i problemi più critici della globalizzazione. Anche lo scenario italiano sta sempre più andando verso i parametri della RSI. In sintesi, bisogna cercare di ispirarsi a una nuova concezione del lavoro e del lavoratore.ricerca di categorie pedagogiche per leggere il lavoro Dato che il lavoro è un'azione puramente umana, l'educazione non può ignorare questo aspetto. Inoltre il lavoro è caratterizzato anche da una rete relazionale con altri individui. Si può dire quindi che il lavoro è un educatore implicito. La pedagogia del lavoro quindi mette al centro la persona. Secondo Agazzi il lavoro è fatica, un dispendio di energia, ma anche processo creativo. Secondo Dewey inoltre la felicità sta nel fatto che ad una persona viene data l'opportunità di fare ciò che sa fare meglio e che gli piace. È necessario quindi formare l'uomo affinché comprenda l'essenza del lavoro, ma è necessario anche perché la formazione in sé è diventata un ambito essenziale alle imprese. Dewey stesso parla di educazione durante lungo tutto il corso della vita (una formazione continua quindi). Il compito

Il compito della pedagogia è quello di elaborare una cultura della formazione, perché le imprese tante volte la vedono solo come un obbligo o come un investimento. Bisogna quindi passare ad un tipo di formazione progressiva, affinché l'azienda possa essere modificata anche dagli attori sociali stessi. Ma questo è ancora lontano dall'accadere, perché quasi mai al centro del sistema lavorativo viene messa la persona con le sue capacità e caratteristiche.

I pensieri di alcuni autori:

Pestalozzi. Per lui il lavoro è una dimensione importante dell'uomo, per cui l'educazione professionale deve mirare all'elevazione della natura umana.

Froebel. Assegna al lavoro una sostanza spirituale e divina, perché solo attraverso il fare conosciamo veramente. Secondo lui quindi all'interno delle scuole bisogna inserire il lavoro.

Dewey. Stabilisce una relazione tra esperienza ed educazione.

Hessen. Per lui è necessaria

un'educazione polivalente e politecnica per far in modo che le persone si adattino ai cambiamenti, e delinea anche l'idea di scuola unica.

L'esperienza come formazione continua. Froebel sostiene che l'attività più nobile sia quella del creare (perché è l'attività svolta da Dio); pertanto bisogna tendere ad un'attività autonoma. L'esperienza (quindi l'attività) diventa perciò essenziale nel processo di formazione, anche per Dewey, il quale sostiene che il lavoro è un valore in sé indipendente dal risultato che da. È importante precisare che non tutte le esperienze sono educative: sono educative solo quelle che contribuiscono alla crescita individuale del soggetto. Secondo Froebel solo attraverso il fare le cose si può conoscerle, ne deriva che si impara dall'esperienza (quindi è importante inserire il lavoro nelle scuole). Anche Pestalozzi sosteneva

la stessa cosa, altrimenti si incorre nel richio di unapreparazione poco efficace.

3.1 apprendere dall’esperienzaessendo la pratica la base dalla quale avviene la conoscenza, una buona pratica prevede un contributisoggettivo. Secondo Schon infatti, a volte per risolvere problemi non basta solo applicare delle teorie,ma bisogna ricorrere al proprio patrimonio esperienziale. Quindi anche lui considera l’esperienzalavorativa come fonte di conoscenza, centrale risulta il fare e sperimentare. Le esperienze (soprattuttoper quanto riguarda gli adulti) condizionano enormemente il processo di apprendimento. Inoltre c’è unorientamento verso il problem solving, ovvero imparare cose utili per il proprio contesto. Ne consegueanche che il ruolo del formatore cambia, il quale diventa un facilitatore.

3.2 comunità di praticac’è inoltre un altro tipo di apprendimento che è quello tramite l’interazione, quindi come processosociale. Le

organizzazioni quindi sono il contesto ideale per l'apprendimento. È stato elaborato il concetto di comunità di pratica, ovvero gruppi che condividono un interesse comune. Le caratteristiche di questa strutture sono 3:

  • struttura: è l'insieme del campo tematico (il terreno comune condiviso), la comunità (un gruppo di persone che interagisce riguardo al campo tematico) e la pratica (insieme di modi di fare le cose all'interno del gruppo). Inoltre nella struttura troviamo anche l'impegno reciproco, l'impresa comune, la prassi condivisa.
  • Tipologie: le comunità assumono diverse forme a seconda della distanza, della dimensione, dell'affiliazione e delle differenze culturali.
  • Le fasi di sviluppo: le comunità hanno un ciclo di nascita e morte. In particolare, ci sono 5 fasi di sviluppo ovvero la potenziale, la coalescenza, la maturità, la gestione e trasformazione.

Queste comunità permettono di collegare

Diversi professionisti e le loro diverse esperienze, affrontare problemi, fare rete, apprendere tramite un processo di compartecipazione. La comunità ha anche un valore relazionale: quindi queste devono essere coltivate, cioè bisogna favorirne lo sviluppo. Bisogna quindi esaminare la situazione di partenza (Wenger) e poi partire con il lancio della comunità di cui bisogna favorire il consolidamento.

4. Il lavoratore come persona riflessiva

Accanto all'importanza dell'esperienza c'è anche la riflessività, di cui Dewey analizza tutte le componenti e caratteristiche. Per lui la riflessione si manifesta quando c'è uno stato di incertezza. Anche secondo Agazzi nel lavoro vi è pensiero e riflessione. L'educazione deve cercare di aiutare il soggetto a svolgere un'esecuzione consapevole, ovvero un lavoro guidato da un senso e scopo ben preciso di cui il soggetto stesso capisce il significato.

4.1 la riflessività

E la formazione secondo Schon l'uomo riflette quando la sua conoscenza non è in grado di dare una risposta ad un problema o eventualità. Ci sono 2 tipi di riflessioni: riflection in action, che implica l'elaborazione di ipotesi e reflection on action, che avviene ad azione conclusa. Tutte e due richiedono una riflessione meta cognitiva, sul modo in cui pensiamo. C'è un'ulteriore modalità che è la anticipatory thinking, per le azioni future. L'azione pedagogica nei contesti formativi quindi deve essere facilitatrice di un pensiero riflessivo, deve aiutare i soggetti a sviluppare una consapevolezza circa la loro identità professionale. I modi per favorire la riflessività sono molti, tra i quali il metodo narrativo che permette di descrivere la realtà.

4.2 learning organization oggi la chiave del successo delle imprese è lo sviluppo di conoscenza: gli economisti infatti sostengono che siamo

do le persone all'interno di un'organizzazione condividono e utilizzano la conoscenza in modo collaborativo. La conoscenza tacita si riferisce a quella conoscenza che è difficile da esprimere o trasferire verbalmente, come le competenze personali, le intuizioni e le esperienze individuali. La conoscenza esplicita, invece, è quella conoscenza che può essere facilmente codificata e comunicata, come documenti, procedure e manuali. La conoscenza individuale si riferisce alla conoscenza posseduta da singoli individui all'interno dell'organizzazione, mentre la conoscenza dinamica è quella conoscenza che viene creata e condivisa attraverso l'interazione e la collaborazione tra le persone. L'utilizzo della conoscenza all'interno di un'organizzazione può portare a numerosi vantaggi, come l'innovazione, l'efficienza operativa e la creazione di valore per i clienti. Pertanto, è fondamentale per le aziende creare un ambiente che favorisca la condivisione e l'utilizzo della conoscenza tra i propri membri. In conclusione, la conoscenza è diventata un fattore critico per il successo delle aziende nell'economia della conoscenza. La capacità di acquisire, condividere e utilizzare la conoscenza in modo efficace può fare la differenza tra il successo e il fallimento di un'organizzazione.
Dettagli
A.A. 2021-2022
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nobody_scuola_1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Altese Maria Paola.