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La pedagogia degli oppressi
La pedagogia degli oppressi, che implica un compito di radicalizzazione, non è impegno pergente settaria. Gli uomini si collocano di fronte a se stessi come un problema e sono inquieti perché vogliono sapere di più. Umanizzazione e disumanizzazione sono possibilità degli uomini e la seconda non è un destino ineluttabile, ma il risultato di un ordine ingiusto che genera un essere di meno.
L'essere porta gli oppressi a lottare, prima o poi, contro coloro che li hanno resi tali e questa lotta ha senso solo quando gli oppressi non si rendono oppressori degli oppressori, ma restauratori dell'umanità degli uni e degli altri → liberare se stessi e i loro oppressori.
L'ordine sociale ingiusto è una fonte da cui sgorga falsa generosità. La pedagogia dell'oppresso deve essere forgiata con l'oppresso e non per l'oppresso e permette che l'oppresso si riconosca in quanto essere dominato, oggetto di un.
processo didisumanizzazione
In una prima fase gli oppressi tendono ad essere anche loro oppressori, non riescono ancora a superare la contraddizione oppressori/oppressi e gli oppressori sono per loro l'unico modello di umanità → vogliono la riforma agraria non per liberarsi, ma per diventare proprietari hanno paura della libertà perché essa, comportando l'espulsione dell'ombra degli oppressori, esigerebbe che il vuoto lasciato fosse riempito con un altro contenuto, quello della loro autonomia o responsabilità
Gli oppressi temono la libertà perché non si sentono capaci di correre il rischio di assumerla ed è una minaccia, non solo per gli oppressori, ma anche per i compagni oppressi, che temono maggiori repressioni
Il nocciolo della questione non è illuminare le masse, ma dialogare con loro sui motivi e le modalità della loro azione
La pedagogia dell'oppresso cerca la restaurazione dell'intersoggettività
si presenta come pedagogia dell'uomo, mentre la pedagogia che fa degli oppressi gli oggetti del suo umanitarismo mantiene e incarna l'oppressione → avrà 2 momenti distinti: il primo in cui gli oppressi scoprono il mondo dell'oppressione e si impegnano a trasformarlo e il secondo in cui, la realtà, questa pedagogia non è dell'oppresso, ma diventa pedagogia degli uomini trasformati che sono in processo di permanente liberazione. L'oppressione nasce da un atto di violenza perpetrato da coloro che sono al potere e questa violenza si tramanda di generazione in generazione tra gli oppressori, questo clima crea una coscienza fortemente possessiva in loro → tutto possono trasformare perché tutto possono comprare, il denaro è la misura di tutte le cose e il lucro è l'obiettivo principale, la loro generosità è falsa, secondo la loro mentalità se gli altri non possiedono è perché sono.La tendenza degli oppressori a rendere tutto senza vita si identifica con la tendenza sadica.
L'oppresso assume spesso atteggiamenti fatalistici di fronte alla situazione in cui si trova e quindi può dare l'impressione di docilità; spesso sono portati ad esercitare un tipo di violenza orizzontale con cui aggrediscono i loro stessi compagni.
A un certo punto dell'esperienza esistenziale degli oppressi si verifica un'attrazione irresistibile verso l'oppressore per cui vogliono somigliare a loro, inoltre loro si auto-svalutano introiettando la visione che l'oppressore ha di loro.
L'azione non deve limitarsi ad essere puro attivismo, ma deve essere associata a un serio impegno di riflessione per divenire prassi.
Il dialogo con gli oppressi è la prima azione liberatrice da realizzare, a qualunque livello si trovi la lotta di liberazione, poi deve variare il contenuto del dialogo a seconda delle condizioni di percezione della realtà.
pensare autentico e non elargire sapereL’oppressione, come controllo che schiaccia, è necrofilaL’educazione problematizzante è intenzionalità, rifiuta i comunicati e rende vera lacomunicazione, è una situazione gnoseologica in cui l’oggetto conoscibile, invece che essere iltermine dell’atto di conoscenza, è il mediatore dei soggetti che conoscono →educatore/educando con educando/educatore, è colui che mentre educa è educato, gli uominisi educano in comunioneLa pratica problematizzante degli uomini li riconosce come esseri in divenire, inconclusi nellarealtà e come la realtà che, essendo storica, è anch’essa incompleta; a differenza degli animali,che sono incompleti, ma non storici, gli uomini hanno coscienza della loro inconclusione; laconcezione problematizzante dà forza al cambiamento, è rivoluzionaria→ se alla parola manca l’azione èNon esiste
parola autentica che non sia prassi una parolavuota, se invece si pone l'accento solo su di essa diventa attivismo che minimizza la riflessione
Parlare non è privilegio di alcuni uomini, ma diritto di tutti gli uomini
Non esiste dialogo se non esiste un amore profondo per il mondo e gli uomini, quando manca umiltà, una fede negli uomini, se non esiste nei soggetti un pensiero vero, un pensare critico
Il contenuto di un programma di educazione è nella realtà, che è nostra mediatrice, e nella coscienza che ne abbiamo la percezione critica, nell'azione stessa, si sviluppa un clima di
Nel momento in cui comincia →speranza e fiducia che porta gli uomini a impegnarsi nel superamento delle situazioni-limite
bisogna scorgere delle possibilità inedite di azione in queste situazioni-limite
l'insegnamento deve avvenire attraverso l'utilizzo di quadri-situazione, della scrittura ossia immagini, disegni, fotografie che raccontano momenti
di vita quotidiana da cui dopo può scaturire un dibattito; per la lettura suggerisce che può partire da parole-generatrici, parole che hanno un forte significato sociale o politico, sempre legate a situazioni vissute quotidianamente dall'educando. Dall'immersione in cui si trovano gli uomini emergono rendendosi capaci di inserimento nella realtà che si va rilevando → l'inserimento è una fase più avanzata dell'emersione e risulta dalla presa di coscienza della situazione. Nessuno può elargire il suo programma, ma deve cercarlo in dialogo con il popolo. Gli uomini sono esseri del che-fare, emergono dal mondo e lo oggettivizzano per conoscerlo e trasformarlo. È indispensabile un dialogo tra la leadership e le masse oppresse affinché esse riconoscano nella rivoluzione il cammino del vero superamento della contraddizione in cui si trovano. Il dialogo è un'esigenza radicale di ogni rivoluzione autentica e inciò si distingue dal colpo distato militare. La leadership rivoluzionaria non può assolutizzare l'ignoranza delle masse, non può credere a questo mito, anzi ha il compito di presentare questo mito e gli altri di cui si serve l'elite agli oppressi. Il dialogo è una condizione fondamentale per il processo di umanizzazione delle masse. Caratteri dell'azione antidialogica: - il dominatore vuole conquistare il suo contrario con mille forme; reifica gli uomini, quindi è un'azione necrofila; ruba all'oppresso la parola. - per dominare, unione, organizzazione, lotta sono concetti pericolosi per gli oppressori. - più sono immature più le masse si lasceranno manovrare. - manipolazione: penetrazione culturale degli invasori nel contesto culturale degli invasi; da una parte è dominazione, dall'altra è tattica; l'azione culturale dialogica.Invece, porta alla rivoluzione culturale con la presa del potere e in funzione della sua realizzazione sono necessari un movimento di ricerca, di creatività e un movimento che si verifichi non solo nello spazio, ma anche nel tempo dell'essere, di cui il soggetto abbia coscienza.