Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
USI E CONSUETUDINI
Sono contemplati come una fonte del diritto: Fonte del diritto, cioè quel punto da cui sgorga il diritto, da cui il diritto
nasce. Sono azioni che si ripetono, comportamenti reiterati, cioè la consuetudine è qualcosa del tipo “qui da noi si fa così”,
“questi sono i nostri usi”. Se si va in un paese non nostro e vediamo qualcosa che non capiamo e chiediamo spiegazioni,
la risposta sarà “Qui da noi si fa così”.
“Qui da noi la cerimonia del matrimonio si fa cosi”: è soggetta cioè da una serie di regole implicite non scritte ma che
tuttavia hanno la loro efficacia in quanto tutti le seguono, è il modo in cui si fanno certe cose. Questi modi sono nati
storicamente e quindi sono contingenti nel loro contenuto: presso una certa comunità è nato un certo modo di condurre
la cerimonia del matrimonio, in un’altra comunità invece gli usi che preparano questa cerimonia sono di tipo diverso.
Questi elementi non sono di per sé codificati dal punto di vista legislativo, ma sono taciti, sono impliciti: per chi fa parte
di quel gruppo è una conoscenza implicita, si sa che le cose si fanno in quel modo.
Ogni cultura ha un intero patrimonio di usi e consuetudini che non sono codificate dal punto di vista legislativo, sono
quelle che possiamo definire come le abitudini di una comunità (modo in cui si è abituati a fare le cose).
La dottrina del diritto individua tuttavia, nella consuetudine una delle fonti. Cioè, quando non ho elementi che nella
gerarchia delle fonti del diritto sono prevalenti, determinate consuetudini possono essere codificate giuridicamente e
quindi possono diventare norme/disposizioni.
Questo è il punto chiave del trapasso dalla consuetudine, dal costume al diritto: a volte determinate abitudini,
determinati modi di fare non vengono soltanto rimessi alla spontaneità degli usi sociali, ma la comunità riconosce il
bisogno di fissare da prima, in forma orale poi in forma scritta.
Per la dottrina del diritto il rapporto tra il diritto e il costume è che il costume può essere una fonte del diritto. Forse
storicamente, all’inizio, i costumi sono stati la fonte più importante del diritto, mentre oggi non è più così, ma è solo una
delle fonti del diritto.
__________________________________________________________________________________________________
La questione di fondo è che Gramsci non circoscrive l’educazione alla scuola ma l’allarga all’intera società. Concepisce
così il rapporto pedagogico in stretta connessione col rapporto egemonico. Dirigere e educare, per Gramsci, sono due lati
della stessa questione. All’interno di questo quadro dobbiamo collocare la questione del rapporto tra pedagogia e diritto
tra l’educazione come elemento emblematico per comprendere il tenore dell’allargamento praticato da Gramsci che è
inaudito. Quasi nessun’altro pensatore ha dato una descrizione così ampia di educazione come ha fatto Gramsci.
La questione parte dal rapporto tra diritto e costume, usi, senso comune. Una società, una cultura è caratterizzata da un
proprio sistema di costumi, di usanze, di modi di fare e da un proprio sistema di credenze, di pregiudizi. Questo fondo,
nelle società semplici o in società che possiamo immaginare semplici potrebbe esser sufficiente per regolare la vita sociale,
cioè riferirsi semplicemente alla tradizione.
Vi sono culture studiate dagli antropologi, come per esempio gli studi di Cavalli Sforza, che non hanno una legge nel senso
vero e proprio, hanno una tradizione, un insieme di usanze e di credenze che sono sufficienti per regolare la società. La
dottrina del diritto ci dice però, che a partire da certi momenti storici, questi patrimoni di usanze, questo senso comune
diventa una fonte del diritto e quindi conosce un’elaborazione in disposizioni e in norme prima tramandate per via orale,
poi codificate per scritto. Quindi per la scienza del diritto il rapporto tra costume e diritto è che il costume è una fonte del
diritto.
Gramsci in una nota del quaderno 6, rovescia a sorpresa questo ragionamento. Egli dice che ordinariamente si ritiene che
il costume preceda il diritto e in qualche modo lo fondi. In realtà le cose stanno in parte così, c’è del vero, ma stanno
anche diversamente. Se ci si limita a questo, si trascura che lo stesso diritto, concepito nei termini di leggi normative,
disposizioni, crea il costume, crea il senso comune, o meglio, modifica il senso comune. Quindi, il diritto in quanto tale è
una forza educativa.
Il dottor Nenna ha detto che norma è composta dal precetto e dalla sanzione. Una norma include la previsione (ossia che
cosa accadrà e se la norma viene violata): questo rimanda, da questo punto di vista, alla capacità da parte del legislatore
di far valere la norma, ossia di combinare effettivamente la sanzione. Ovviamente, la sanzione è un motivo potente per
influenzare il comportamento. La norma esercita una funzione di modellamento sul comportamento. È in sé forza
educativa. Ma Gramsci va al di là, la norma, la legge, il diritto non regola soltanto il comportamento. Se fosse così, la
prospettiva dell’impunità (il fatto che alla violazione della norma non segua effettivamente la sanzione) dovrebbe bastare
→
sempre a rendere inefficace la norma. Cioè se io so che anche se guido a velocità molto elevate non vi sono dispositivi
per rilevare la velocità della mia auto né è presente la polizia stradale potrebbe bastare a dire: “Bene, qui posso guidare
alla velocità che voglio”.
Gramsci invece contempla un secondo livello di efficacia della norma: la norma non regola soltanto il comportamento
per il timore della sanzione, la norma modifica il modo di pensare, modifica il modo di vedere le cose, modifica il costume,
la mentalità ed è quindi forza educativa nel senso più ampio e profondo del termine.
Ma qual è la condizione affinché la norma possa agire così in profondità?
Richiama l’elemento del consenso. Prospettiva del diritto è che vi sia consenso verso la norma, che sia accetta
spontaneamente.
E’ possibile questo?
→
Esempio fino a non molti anni fa, il costume diffuso era quello di fumare nei luoghi pubblici (30 anni fa in una qualsiasi
sala cinematografica si fumava). Le ricerche mediche hanno poi stabilito che il fumo passivo è altrettanto nocivo alla
salute dell’individuo e quindi verso questo costume, verso questa abitudine, si è creato un atteggiamento negativo, fino
a che il diritto, per mano del ministro Secchia, non ha sancito normativamente il divieto di fumare nei luoghi pubblici,
prevedendo la sanzione.
Vi era stato all’inizio ironia su quello che sarebbe stato l’atteggiamento degli italiani nei confronti di questa norma: un
vecchio detto dice che gli italiani sono refrattari alle norme giuridiche. Sorpresa invece, vi fu un adeguamento piuttosto
rapido e con un uso residuale di sanzioni rispetto all’osservanza di questo tipo di norma: gli italiani in modo rapido smisero
di fumare nei luoghi pubblici. Perché?
Gramsci l’avrebbe spiegato in termini di consenso. In realtà questa legge fu accompagnata da un vasto consenso popolare.
Proprio perché la medicina aveva riconosciuto che il fumo passivo era nocivo per la salute, si era già creato un
atteggiamento popolare negativo verso questa usanza di fumare nei luoghi pubblici, quindi la legge intervenne a sancire
quello che era un processo di mutamento già in atto nel senso comune, ma accelerò questo processo.
Se avessimo dovuto aspettare un’evoluzione spontanea del senso comune probabilmente sarebbero corsi una ventina di
anni prima che i fumatori incalliti spontaneamente cambiassero le loro idee. L’intervento della legge ha avuto una
funzione pedagogica fondamentale, ha accelerato in modo incredibile questo tipo di processo e nel giro di pochi mesi,
nelle sale cinematografiche, si poteva stare senza vedere un filo di fumo.
Quindi Il diritto, secondo Gramsci, non è soltanto preparato dal costume. C’è un rapporto dialettico, reciproco tra il diritto
e il costume, è vero che il costume è una fonte del diritto, entro certi limiti, ma il diritto a sua volta ha una funzione
pedagogica nei confronti del costume: è capace di indurre modificazioni nelle abitudini, nei modi di vedere, nei modi di
→
pensare.
Esempio: La legge sul divorzio: prima in Italia non era previsto l’istituto del divorzio, per cui, verso le coppie separate
sussisteva un pregiudizio negativo, in qualche modo veniva vista come una condizione indesiderabile. La legge sul divorzio
in pochi anni ha modificato profondamente il modo di vedere la separazione tra due persone. Se prima veniva ritenuto
un evento innaturale, la separazione e il divorzio sono rientrati nell’ottica naturale delle cose, in ciò che è comunemente
accettato. La dimostrazione è stata alcuni anni dopo, quando il divorzio è stato sottoposto ad un referendum popolare.
Mentre prima, sull’avvento della legge sul divorzio, c’erano state molte resistenze, il referendum sul divorzio sancì la
conferma di questa legge e quindi sancì che la mentalità degli italiani si era modificata: non si era modificato soltanto
l’istituto giuridico, la modifica dell’istituto giuridico aveva favorito un mutamento di mentalità, un mutamento dei
costumi, aveva portato a vedere diversamente un evento.
Gramsci aveva compreso che fare le leggi è anche il modo per educare una popolazione. D’altra parte, c’è già accaduto di
citare Rousseau nel discorso sull’economia politica: “è certo che a lungo andare sono i governi che decidono che cosa
diventa un popolo, se il cittadino è galantuomo o se è plebe”. Quindi il livello di civiltà, dei costumi di un popolo dipendono
anche dal tipo di leggi che il suo ordinamento giuridico prevede.
Hegel nei Lineamenti Di Filosofia Del Diritto riporta un episodio particolare (Gramsci era un grandissimo lettore di filosofia
del diritto): riporta un passaggio in cui egli parla di educazione e dice “un uomo chiede ad un altro uomo consigli su come
educare i propri figli”.
La risposta che dovrebbe dare l’uomo, secondo Hegel, è la seguente: “ Lo vuoi educare bene? Portalo a vivere in un paese
che abbia buone leggi e buoni costumi.” L’educazione è funzione dell’ordinamento giuridico dei costumi di una comunità.
Gramsci coglie che il diritto è forza pedagogica, è elemento educativo. Ma a questo aggiunge altri due punti che è
indispensabile citare: uno politico e uno di tipo più pedagogico.
• Quello pol