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FINALITA’ DEL MODELLO NORMATIVO

• La seconda consiste nella CREDENZA in una relazione fine-mezzi  RELAZIONE

CAUSALE DEL MODELLO DESCRITTIVO

• La conclusione si può esprimere come una DISPOSIZIONE ad agire in un certo

modo  PRINCIPIO METODOLOGICO (che appartiene al modello normativo)

La struttura dell’inferenza pratica evidenzia che la proiezione di un modello descrittivo (del

suo schema causale) in un modello normativo (nei suoi principi metodologici) è mediata

dalla FINALITA’ del modello normativo stesso, senza la quale mancherebbe il CRITERIO

per selezionare le relazioni pertinenti entro il modello descrittivo e per decidere come

manipolare le VARIABILI.

Quindi è confermata l’IMPOSSIBILITA’ di configurare la proiezione del modello descrittivo

a modello normativo nei termini di una MERA APPLICAZIONE. Tale impossibilità si può

mostrare anche in base a un principio enunciato da DEWEY, secondo il quale NESSUN

ESITO DI UNA RICERCA SCIENTIFICA SI PUO’ TRASFORMARE DIRETTAMENTE IN

UNA REGOLA NORMATIVA PER LA PRATICA EDUCATIVA, questo per via della

COMPLESSITA’ della reale situazione educativa. Questa posizione di Dewey trova un

corrispettivo nella SELETTIVITA’ del modello DESCRITTIVO rispetto alla realtà educativa:

le variabili da esso selezionate sono solo alcune di quelle presenti nella situazione reale,

sono esclusivamente quelle pertinenti al problema da modellizzare, ma la dinamica della

situazione reale è più complessa. Questo rende parziale, e LIMITATA, la portata

descrittiva del modello, che perciò non può essere tradotto direttamente in un MODELLO

APPLICATIVO.

Secondo Dewey, la parzialità dei risultati della ricerca scientifica rispetto alla complessità

della realtà educativa, comporta che l’utilità di tali risultati per la pratica sia solo

INDIRETTA. Tale utilità consisterebbe in un MUTAMENTO DI ATTEGGIAMENTO

MENTALE dell’insegnante: in una sua maggore attenzione verso certi aspetti della pratica

e in una maggiore INTELLIGENZA del suo agire. Dewey sostiene che NON si possono

trasformare le asserzioni teoriche in ricette pratiche; questo però non significa che tali

asserzioni siano prive di valenza pratica.

Noi riteniamo, però, che i modelli descrittivi della realtà educativa possano inferire

implicazioni pratiche maggiormente rilevanti rispetto a quello che afferma Dewey. Questo,

però, può avvenire solamente seguendo delle specifiche precauzioni:

La proiezione di un modello descrittivo in un modello normativo NON ci può dare

- norme SPECIFICHE di RIGIDA procedura (non può specificare una procedura

educativa passo per passo che ci assicuri che, seguendo tali istruzioni, si

raggiungerò sicuramente un risultato). Tale proiezione ci può fornire solo dei

PRINCIPI PROCEDURALI, delle MASSIME GENERALI, che come tali necessitano

del GIUDIZIO INTELLIGENTE dell’insegnante per essere utilizzati in una specifica

situazione educativa.

- Seguire tali massime non garantisce mai il raggiungimento di un dato risultato in una

specifica situazione educativa. La relazione tra variabili e nessi causali previsti dal

modello teorico hanno un carattere di TENDENZA: indica che se le variabili variano in un

certo modo allora si avrà la tendenza al verificarsi di certi effetti (ceteris pari bus), sempre

che altri fattori non intervengano a impedirlo. Questo carattere tendenziale vale anche per il

MODELLO NORMATIVO.

- La portata normativa del modello fornisce un ORIENTAMENTO alla pratica, suggerisce un

certo approccio metodologico, seguendo il quale si ha la tendenza ad ottenere certi risultati,

che a causa della complessità dei processi educativi restano soltanto probabili. Questo

carattere conferisce una NATURA STATISTICA a questi effetti: se si seguirà il principio

procedurale x, si avrà la tendenza a ottenere l’effetto y, in una certa PERCENTUALE di

casi. L’effettiva portata normativa del modello è, perciò, di tipo DEBOLE.

In sintesi:

La proiezione del modello descrittivo in un modello normativo non consiste in una

- mera applicazione per due ragioni: 1) la specifica FINALITA’ del modello normativo

condiziona la forma della proiezione; 2) la realtà educativa è troppo COMPLESSA

rispetto alla selettività del modello.

Un possibile modello della relazione tra componente normativa-teleologica e

- descrittiva-casuale è ravvisabile nello schema dell’INFERENZA PRATICA

La proiezione del modello descrittivo in modello normativo non fornisce un

- algoritmo ma solo PRINCIPI PROCEDURALI

Modello descrittivo e normativo individuano tendenze, a parità delle altre condizioni

- La validità dei principi di tendenza riguarda insiemi di individui e non singoli

- soggetti

Considerati questi limiti è preferibile accogliere il criterio problematicista di ricercare

- APPROCCI INTEGRATI

MODELLI DELL’APPRENDIMENTO SCOLASTICO:

CARROL, AUSUBEL, GARDNER

Obiettivo che ci poniamo: dare struttura di modello ad alcune intuizioni sull’insegnamento.

 UN ESEMPIO DI MODELLO DESCRITTIVO: IL MODELLO DI CARROL

• Intuizione di senso comune: per imparare occorrono TEMPO E SFORZO.

Il modello di Carrol è un primo esempio di modello descrittivo in ambito pedagogico-

didattico. Si tratta di un modello dell’apprendimento concepito sulla base delle variabili che

risultano significative in una situazione di lavoro scolastico.

Pregi: VALIDITA’ ECOLOGICA  si riferisce a fattori che caratterizzano l’insegnamento in

classe, non prendendo in considerazione situazioni artificiose.

Limite: SEMPLIFICAZIONE E IDEALIZZAZIONE, anche se queste sono inevitabili in ogni

modello.

Il nucleo è il seguente:

grado di apprendimento  dipende dal rapporto tra tempo dedicato/ tempo

necessario.

Per questo motivo quanto più tempo l’allievo dedica effettivamente all’apprendimento

rispetto al tempo di cui avrebbe bisogno, tanto maggiore sarà il suo grado di

apprendimento. L’intuizione di partenza diventa l’assunto fondamentale a cui il modello dà

espressione FORMALE.

Le uniche variabili prese in considerazione per spiegare l’apprendimento sono legate ai

TEMPI dell’alunno. Questo può apparire molto riduttivo rispetto alla complessità di una

reale situazione di apprendimento scolastico, nonostante sappiamo che una

semplificazione deve sempre avvenire, questa può sembrare eccessiva. Il modello, però,

ha una forma più articolata in cui vengono presi in considerazione anche altri fattori che

condizionano le variabili nucleari:

− ATTITUDINE: il tempo necessario viene considerato come una funzione di

attitudine dell’alunno, come i PREREQUISITI COGNITIVI che padroneggia; si

collega al tempo necessario (diverso in ogni allievo)

− QUALITA’ DELL’ISTRUZIONE: quindi l’adeguatezza della proposta didattica,

anch’essa si collega al tempo necessario

− TEMPO CONCESSO DALL’INSEGNANTE: il tempo dedicato viene fatto dipendere

da questo fattore (numero lezioni, numero settimane ecc.)

− PERSEVERANZA DELL’ALUNNO: anche questa incide sul tempo dedicato

Grazie a questa articolazione il modello acquisisce una struttura interpretativa meno

grossolana. Ma anche una struttura semplice come questa può fornire un contributo utile

ai problemi della didattica. Le domande che ci poniamo sono:

“L’idealizzazione operata nel modello evidenzia qualche aspetto rilevante della reale

dinamica di insegnamento-apprendimento?

Lo descrive con un’approssimazione sufficiente per trarre indicazioni realmente utili?”

A questo punto analizziamo la proiezione del modello di Carrol in un MODELLO

NORMATIVO, o metodologico, dell’insegnamento. Prendiamo in esame un modello

normativo il cui scopo fondamentale sia quello di assicurare alla grande MAGGIORANZA

degli alunni la padronanza dei contenuti fondamentali del curricolo  MODELLO DI

APPRENDIMENTO PER PADRONANZA (o mastery learning).

Come si realizza la proiezione del modello di Carrol in questo schema teleologico? Se

l’alunno ha necessità di una certa quantità di tempo per apprendere, allora una

CONDIZIONE NECESSARIA per l’apprendimento è che il docente conceda all’alunno il

tempo di cui ha bisogno, ossia:

grado pieno di apprendimento  tempo concesso ≥ tempo necessario

Se questo tempo è DIVERSO per ciascun alunno, allora se si vuol permettere alla

maggioranza di raggiungere una certa padronanza, bisognerà concedere più tempo agli

alunni che apprendono con maggiore lentezza. Il modello di Carrol evidenzia, perciò, un

aspetto rilevante della dinamica dell’apprendimento: il fatto che gli alunni hanno TEMPI

DIVERSI DI APPRENDIMENTO, fa nascere l’esigenza di tener conto dei RITMI di

apprendimento degli alunni e di adattare i tempi di svolgimento degli argomenti previsti nel

curricolo a tali ritmi. La FINALITA’ del modello normativo ne GIUSTIFICA la sua struttura

metodologica, mentre il modello di Carrol (teorico) spiega tale struttura alla luce del

proprio schema causale. Quindi, nel loro insieme, la finalità e lo schema causale

giustificano e spiegano la struttura di una data PRASSI EDUCATIVA. Inoltre si deve

precisare che la struttura normativa muterebbe sia se cambiasse la finalità, al permanere

dello stesso schema causale, che viceversa.

Il secondo esempio che facciamo riguarda l’uso di modelli descrittivi per SIMULAZIONI.

Usiamo quindi il modello di Carrol per chiarire alcuni aspetti del DISAGIO SCOLASTICO,

che è lo stato di malessere che affligge l’alunno e che interferisce in maniera significativa

con la sua esperienza e la sua condotta a scuola. Le forme del disagio scolastico sono

molteplici, ma si ritiene che esso abbia la propria fonte nell’ESPERIENZA PERSONALE

dell’alunno. Tutto questo è probabilmente valido, ma al tempo stesso rappresenta una

interpretazione parziale del disagio. Esistono infatti tre tipi di malessere:

− DISAGIO DI TIPO ZERO: fattore di malessere di fondo che investe tutti, un

malessere la cui matrice è STORICO-SOCIALE, che evidenzia l’ansia e il senso di

impotenza che regna nella nostra società. In questo caso tutto quello che

l’insegnante potrebbe fare è di aiutare i ragazzi a diventare consapevoli di queste

contraddizioni sociali e di testimoniare la propria passione per la cultura.

− DISAGIO DI PRIMO TIPO: che è, appunto, il malessere psico-esistenziale. Non

riteniamo che l’intervento debba assumere una forma specialistica, o fruire spazi

orari dedicati, bensì che si tratti di problematiche da affrontare nel corso

dell’ordinario insegnamento, gestendole con intelligenza

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
32 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher EllyGiova92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia dei saperi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Martini Berta.