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Per l’educatore è indispensabile lavorare per sottolineare le interconnessioni tra i diversi
contesti, pena il grave errore di perdere di vista l’unità della persona.
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L’educatore deve anche essere in grado di tenere insieme il contributo dei diversi
professionisti che spesso si trovano a lavorare sullo stesso soggetto.
In questo senso, è fondamentale che l’educatore sia anche pedagogista .
La pedagogia , infatti, è per sua natura interdisciplinare perché cerca costantemente di
effettuare una sintesi critica tra i contributi all’educazione che provengono da discipline quali
la psicologia, la psichiatria, la sociologia, l’antropologia, le neuroscienze, ecc., nella piena
consapevolezza che la pedagogia è l’unica disciplina a configurarsi come scienza
dell’educazione, mentre le altre discipline si occupano dell’educazione solo considerandone
alcuni aspetti.
2) Capacità di gestire la complessità del lavoro educativo
L’educatore deve saper riflettere sulla base del paradigma della complessità , perché
l’educazione è sempre complessa e richiede sempre di tenere insieme i molteplici fattori che
influenzano le situazioni.
L’educatore deve imparare a stare nell’incertezza, evitando di cedere alla tentazione del
riduzionismo, cioè alla semplificazione della realtà e all’improvvisazione.
L’imprevidibilità cessa di far paura quando l’educatore ha chiari quali siano gli obitettivi da
raggiungere e gli strumenti a sua disposizione per raggiungerli.
3) Capacità di curare l’intero, cioè la progettualità complessiva delle persone
L’educatore deve adottare uno sguardo fenomenologico-esistenziale , riferendosi al
paradigma della progettazione esistenziale :
L’obiettivo deve essere quello di aiutare la persona ad assumere la forma che è iscritta
dentro di lei, non quella che deriva dal conformarsi a ciò che viene prescritto dall’esterno.
Dewey acutamente osserva che al di là degli apprendimenti più immediati e basici, ad
esempio la capacità di leggere e di scrivere, occorre prestare attenzione e dedicare cura agli
apprendimenti di aspetti apparentemente più collaterali.
Ad esempio, se è fondamentale apprendere a leggere, altrettanto importante è
un’educazione attenta a disvelare desideri e gusti collegati a tale apprendimento, in modo
che possa svilupparsi il gusto della lettura, la capacità di cogliere liberamente quali siano per
sé le “buone letture”.
L’educatore che lavora riferendosi alla progettazione esistenziale non può dimenticare che
l’uomo esprime sempre una domanda di senso, una domanda circa il significato di tutto ciò
che accade a se stesso e intorno a lui. 10
Capitolo 4 - Oltre il senso comune: il sapere pedagogico come strumento
professionale - di Luigi Pietrocarlo
Contrapposizione tra opinione (doxa) e scienza (epistéme)
Si tratta di una questione antica, considerata anche da Platone e da Aristotele.
Il problema del rapporto tra opinione e scienza è sempre stato affrontato solo dai sostenitori
della scienza, perché i sostenitori del primato dell’opinione non riconoscono nemmeno il
problema, consapevoli peraltro che l’opinione continuerà ad esistere, indipendentemente dal
giudizio che su di essa viene formulato dai cultori della scienza.
In passato, l’opinione veniva considerata come una forma volgare di conoscenza a cui si
contrapponeva la scienza. come sapere nobile.
Nella contemporaneità invece l’opinionista, anche grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie
e di Internet, riveste spesso un ruolo riconosciuto socialmente. Ne è testimonianza la
diffusione del termine “opinion leader” .
E’ possibile tuttavia distinguere tra:
1) opinion leader “nobilis” - Si tratta di professionisti, professori e scienziati riconosciuti
dalle rispettive comunità scientifiche, che diffondono le loro opinioni avvalendosi dei
new-media;
2) opinion leader “vulgaris” - Si tratta di personaggi che godono di una certa popolarità
(politici, cantanti, attori, ecc.) e che si ritengono legittimati a diffondere la propria opinione su
qualsiasi tema, anche quando non posseggono alcun titolo o esperienza al riguardo. La loro
ignoranza relativamente a certe questioni non compromette la loro capacità di fare presa
sull’opinione pubblica.
La questione diventa allora quella di difendere il principio di autorità che caratterizza il
sapere autorevole o ufficiale e lo distingue dal sapere (o senso) comune .
La finalità di questo saggio è quella di stabilire la posizione della pedagogia rispetto a
queste due forme di sapere .
Sebbene il conflitto tra sapere autorevole e sapere comune sia antico, il momento in cui
esso si è evidenziato in maniera inequivocabile risale alla rivoluzione scientifica (metà del
1500).
Il riferimento è alla contrapposizione tra geocentrismo tolemaico e eliocentrismo
copernicano, fatto proprio da Galileo Galilei, che fu costretto, per essersi opposto alla
autorità religiosa e a quella culturale del tempo, all’abiura.
In seguito, l’Illuminismo diede un enorme contributo all’affermazione della scienza e, di
conseguenza, all’affermarsi di un nuovo senso comune, per cui, ad esempio, tutti
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considerano noto che la Terra gira attorno al Sole, sebbene nessuno abbia mai potuto
controllare di persona.
Breve percorso nella storia del senso comune
Aristotele - senso comune = sensazione comune che deriva dalla sintesi dei segnali
provenienti dai vari organi di senso, provocati da un certo fenomeno.
Cicerone - senso comune = insieme di nozioni e credenze comunemente accettate.
Vico - senso comune = giudizio formulato senza alcuna riflessione e accettato da un
insieme di persone.
Thomas Reid - senso comune = istinto attraverso il quale si riesce a realizzare una
conoscenza intuitiva dei principi fondamentali della conoscenza, della morale o della
religione, senza che sia necessaria alcuna dimostrazione.
Kant e Hegel - senso comune = forma di sapere immediato, che ha utilità pratica, privo della
riflessione propria della filosofia.
George Moore (autore di “In difesa del senso comune”) - Attribuisce al senso comune il
ruolo centrale di conoscenza immediata che sta a fondamento della certezza circa
l’esistenza del mondo esterno.
Wittgenstein - Il senso comune costituisce la base di alcune certezze assolute, ma non si
può parlare di sapere vero e proprio.
In sintesi, possiamo distinguere due visioni sul senso comune:
1) riduzione del senso comune a opinione (doxa), contrapposto alla conoscenza scientifica
(epistéme);
2) il senso comune costituisce una conoscenza preriflessiva (urdoxa) necessaria alla
conoscenza scientifica.
Prescindendo dalla riflessione astratta, calandoci nella realtà quotidiana, possiamo
affermare che il senso comune è:
● sistema di certezze primarie, fondate su una conoscenza immediata, non
necessariamente irrazionale;
● insieme di ciò che tutti avvertono come vero e giusto, senza che nessuno possa
motivare e argomentare sul perché;
● è una “terra di nessuno”, perché tutti fanno i conti con esso, ma nessuno lo considera
come proprio;
● è folklore, cioè è un vero sistema culturale che spesso varia da un popolo a un altro.
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● da esso deriva la nostra identità, il nostro insieme di valori di riferimento e le nostre
rappresentazioni sociali;
● senso comune e buon senso non coincidono. Il buon senso riguarda la saggezza
istintiva di ciascun individuo.
Il sapere autorevole
E’ opportuno parlare di saperi autorevoli per rimarcare la pluralità di saperi che riguardano i
diversi ambiti della ricerca e diverse teorie convivono spesso anche in uno stesso settore.
I saperi che possono definirsi autorevoli devono:
1) appartenere a una stessa comunità di ricerca;
2) essere divulgati attraverso pubblicazioni che consentano la condivisione e diffusione di
idee e teorie
Essi:
● non sono saperi autoritari né univoci, ma in grado di lasciare spazio a saperi “più
autorevoli” che potranno affermarsi;
● non sono necessariamente dei saperi esatti.
Volendo indagare sul rapporto tra sapere autorevole e sapere comune, possiamo
considerare la loro stabilità nel tempo.
Mentre il sapere comune è soggetto alle mode e si adatta continuamente alle trasformazioni
sociali, il sapere autorevole è più stabile nel tempo. Anche quando una teoria viene sostituita
da una nuova, essa viene ricordata perché resta scritta sui testi della materia.
Il sapere pedagogico
La pedagogia si delinea nel momento in cui, abbandonando il senso comune, si comincia a
riflettere e la spontaneità si trasforma in domanda di senso.
Questa domanda col tempo si stratifica, genera riflessioni, nasce la pedagogia e si connota
come sapere autorevole.
In quanto sapere autorevole, la pedagogia non formula verità assolute, ma stabili e
altamente probabili, ma non certe.
Il professionista dell’educazione (professionista della cura) si distingue dai divulgatori di
opinioni per le seguenti caratteristiche:
1) deve conoscere quanto formulato dalla propria comunità di ricerca relativamente ad un
certo oggetto;
2) deve operare liberamente, affinché il sapere fino a quel momento considerato autorevole
non comprometta la sua capacità di giudizio e la sua possibilità di andare oltre;
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3) deve essere un custode della parola, del linguaggio pedagogico perché le parole che
entrano nel linguaggio comune corrono il rischio di acquisire significati ideologici, frutto di
pregiudizi, perdendo il loro significato vero ed originario;
4) deve configurarsi come mediatore tra il sapere autorevole e il senso comune. Poiché il
professionista dell’educazione lavora a strettissimo contatto con le persone e col mondo del
senso comune, è fondamentale che egli sia in grado di declinare il linguaggio del sapere
autorevole trasformandolo in progetti di vita e in gesti di cura che riconducano il senso
comune al buon senso. Il professionista dell’educazione deve fare della semplicità un
obiettivo della propria attività, frutto della propria professionalità, non indicatore della sua
assenza;
5) deve configurarsi come figura di connessione tra professionalità diverse, perché
consapevole della complessità del fenome