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EMOZIONI E RELAZIONI EDUCATIVE
1. 1
Ciò che aiuta gli alunni a studiare e apprendere, è lo star bene in classe, essere a proprio agio con
i compagni e avere buoni rapporti con l’insegnante. In questa parte del libro verranno trattati gli
elementi che aiutano a rendere fruttuoso il lavoro di classe: le caratteristiche di una buona
relazione educativa, metodi di insegnamento, il clima di classe, la capacità dell’insegnante di
leggere e lavorare con e sulle emozioni, sue e degli alunni.
La relazione di classe. Il ruolo del maestro. Ogni relazione in cui delle due persone o più
implicate una ricopra il ruolo di maestro e una di allievo, si può definire relazione educativo-
didattica: il processo di insegnamento-apprendimento può avvenire in una scuola come nella
famiglia. Nella scuola i ruoli sono stabili: sono gli allievi ad imparare, mentre il maestro ha il sapere
e deve aiutare ad apprenderlo. Ciò che influisce nel processo di apprendimento è il rapporto
maestro-allievo, infatti se la relazione è buona gli studenti dicono di amare la materia e trovarla
facile, e riescono a rimanere in pari, se la relazione è meno buona capita che la materia venga
rifiutata e che si arrivi alla bocciatura. Questo influisce molto anche sulle scelte future, come
abbandonare gli studi o indirizzarli a materie precise, dipende quindi da quanto gli insegnanti siano
in sintonia con gli allievi e siano anche “persone”. I buoni rapporti portano quindi a migliori
rendimenti, ma è comunque necessario che l’insegnante sappia qual è il suo ruolo e sappia
ricoprirlo in modo sereno ma fermo, e che il ruolo di insegnante è diverso da quello del genitore.
All’inizio, nella scuola d’infanzia o nei primi anni di elementari, si richiede agli insegnanti una
maggiore comprensione, invece più avanti viene apprezzata di più la sua competenza. L’essere
insegnante-persona dipende da come si conducono le lezioni in classe e non da quanto si
interessa della vita degli allievi. Se ne deve interessare nel momento in cui la qualità del
rendimento del bambino non sia ottimale e può essere dovuta alla vita privata, ma non bisogna
mai essere troppo invadenti.
Maestro e allievi: immagini di ruolo. Prima di incontrarsi, maestro e allievi hanno già un’idea di
come dovrebbe essere un buon maestro e un buon allievo. Alcuni elementi che possono
influenzare l’idea di buon insegnante, sono: la sua età (giovane= meno capace; più anziana= più
abile), il sesso (maestro= tiene più a bada i bambini, spiega meglio ma viene meno incontro alle
necessità dei bambini) e lo stato civile (maestro sposato= calmo, poco nervoso, più
comprensivo). Anche gli insegnanti si fanno le loro idee sugli alunni, già dal primo giorno di scuola,
sulla base del loro modo di stare in classe e di rispondere alle sollecitazioni: ritengono quindi di
essere in grado di dire chi sarà bravo e chi meno. Avranno le loro preferenze che gli studenti
noteranno (sanno chi è il cocco) e quelli meno voluti si giustificheranno con un “ce l’ha con me”.
Tutto questo incide sull’immagine che ogni studente ha di sé e sull’apprendimento. La ricerca
“Pigmalione in classe” (di Rosenthal e Jacobson) ha dimostrato che gli studenti tendono a
soddisfare le aspettative dell’insegnante, sia positive che negative. I maestri spesso non
ammettono di avere preferenze perché questo non rientra nell’idea di insegnante giusto che non fa
differenze, comunque una soluzione è osservare tutti gli studenti facendogli notare gli aspetti
positivi e negativi, quindi che nessuno è perfetto. A volte si guardano le persone con pregiudizi e
non si vede com’è realmente la persona, quindi un’osservazione a tutto tondo ci leverà le lenti
deformate.
Relazione educativa e motivazione ad apprendere. Lo scopo dell’attività educativa è spingere
l’allievo a desiderare di apprendere. La motivazione che ognuno ha, non dipende solo
dall’insegnante ma anche dalla famiglia, dai compagni di classe, e dall’ambiente sociale in cui i
ragazzi vivono. Gli studi psicopedagogici sulla motivazione all’apprendimento hanno notato come
questa dote sia innata ma può essere deviata da modelli relazionali sbagliati. Apprendere è
motivante in sé: si impara a fare o sapere qualcosa di nuovo, è gratificante e da una buona
immagine di sé. Per non far calare la motivazione è necessario rafforzare l’immagine di sé 2
dell’alunno. Nella letteratura psicopedagogica si è insistito sulla distinzione tra motivazioni
intrinseche (naturale desiderio di conoscere) e motivazioni estrinseche (motivazioni legate al
giudizio degli altri, al sistema di ricompense e punizioni). Capiterà che l’alunno studierà non per
avere conoscenza ma per avere un bel voto. Secondo alcune teorie per mantenere alta la
motivazioni in coloro che è estrinseca, sono necessarie lodi esterne a differenza di coloro in cui è
intrinseca: l’insegnante dovrà dosare bene lodi e punizioni, dovranno essere sempre veritiere
perché i bambini si rendono conto ad esempio se una lode è falsa (quindi non crederanno più al
maestro). Le finalità dell’educazione sono quelle di rendere gli allievi autonomi, autonomia
raggiunta se l’insegnante lavorerà anche sui loro interessi, facendo leva sulle motivazioni
intrinseche.
Stile di insegnamento e clima di classe. La relazione educativa è determinata anche dalle
modalità con cui l’insegnante conduce il suo lavoro. È l’insegnante a decidere i metodi di
insegnamento e le modalità di verifica del lavoro, se utilizza il metodo “tradizionale” (formale) gli
alunni sono recettori passivi, se utilizza uno stile informale gli alunni saranno attivi. È stato
effettuato un esperimento da Lewin, Lippit e White che hanno osservato come il metodo di
insegnamento influenzi sia le modalità di apprendimento che le relazioni tra i compagni: i bambini
inseriti nel gruppo “autoritario” si dimostrarono competitivi e individualisti, nel gruppo democratico i
bambino collaborarono e nel gruppo laissez faire ci furono difficoltà. Ciò dimostra l’influenza
dell’insegnante nel determinare il clima di classe. Lo stile adottato dalla maggior parte delle
insegnanti è un compromesso tra quello formale e quello informale (definito da Bennet “misto”), e
la scelta su uno dei due può essere influenzata dalle finalità della scuola. Bennet ha studiato i
metodi delle insegnanti scozzesi notando che quelle che adottavano un metodo formale vedevano
la scuola elementare come una preparazione alla scuola successiva, mentre quelle con metodo
informale la vedevano come un percorso a sé stante. La scelta del metodo dipende molto dalla
personalità: se un insegnante è estroverso ed esuberante tenderà a creare un clima caldo e a
utilizzare uno stile informale che promuove il lavoro di gruppo; se è introverso tenderà a utilizzare
un metodo formale e quindi più freddo. Il tipo di insegnamento genererà apprezzamenti e risultati
diversi, solitamente le famiglie e gli alunni preferiscono il metodo formale. Spesso però gli alunni in
particolare quelli meno bravi, preferiscono il metodo informale con lavori di gruppo, in modo che
possano sentirsi responsabili della cooperazione, e diventano più attivi nella ricerca del sapere.
La disciplina in classe. L’insegnamento efficace dipende molto dal mantenimento dell’ordine in
classe, dal far rispettare le regole, ovvero dalla disciplina. L’insegnante deve gestire un gruppo
molto eterogeneo, può tentare di imporre a tutti di stare zitti e fermi (impossibile anche per un
adulto, come dice Fontana), ma il risultato è che la scuola diventi una prigione in cui i bambini non
possono né parlare né muoversi. Il rumore di sotto fondo che viene a crearsi irrita l’insegnante, e
può essere dovuto spesso dalla noia o da studenti ritenutisi perdenti che voglio boicottare chi li fa
sentire così. Un’alternativa è organizzare il lavoro in modo tale che tutti si tengano impegnati. La
ricerca di Rutter e collaboratori, ha notato che le classi più brillanti sono quelle in cui le lezioni non
vengono interrotte di continuo per ristabilire l’ordine e quelle in cui gli insegnanti non si dilungano
nei preparativi della lezione. Il mantenimento della disciplina è legata anche al tipo di stile di
insegnamento prescelto, ad esempio in una classe condotta con uno stile formale la disciplina sarà
più rigida, mentre in una con stile informale anche le regole verranno negoziate con gli alunni. La
disciplina dipende anche dalla personalità dell’insegnante, che magari ogni tanto cambia metodo e
gli alunni lo avvertono e agiscono di conseguenza (es “oggi ha la luna storta”, “oggi ha dormito
bene”). Quindi l’insegnante prima di agire deve osservare anche se stesso mantenendo calma e
serenità, prenderà poi delle decisioni e se i risultati non saranno quelli sperati, non dovrà sentirsi in
colpa. 3
2. Emozioni a scuola
Le emozioni sono presenti sulla scena scolastica e rappresentano un aspetto non eliminabile della
vita degli studenti. Anche la gestione delle emozioni è parte integrante del ruolo dell’insegnante.
Le emozioni nel sistema persona. Le emozioni sono processi sempre attivi nel soggetto
(bambino e adulto), infatti essa è considerata un sistema, un’organizzazione in cui corpo,
comportamenti, comunicazione, funzioni cognitive, emozioni, interagiscono tra di loro. Un bambino
che appare concentrato su un compito in classe utilizza oltre le funzioni cognitive, tutto se stesso:
sono coinvolti aspetti metacognitivi (i giudizi che da sul compito e sulle proprie capacità), funzioni
motorie (muovere il piede, cambiare espressione del viso) e le emozioni (es regolare il livello
d’ansia). Tutto ciò è attivo anche quando il bambino sembra che abbia la testa per aria e guardi nel
vuoto. Si è provato così a considerare separate l’area emotiva da quella cognitiva, il corpo dalla
mente, la razionalità dall’affettività: molti studi appoggiano questa teoria, ma dicono comunque che
interagiscono tra di loro. Un bambino che entra in un contesto scolastico porta con sé schemi di
relazione propri o degli altri che si sono formati in diverse occasioni e relazioni vissute fino a quel
momento: questi schemi sono numerosi e vengono attivati a seconda dell’ambiente e della
relazione in cui i soggetti sono inseriti. Ad esempio il sistema scolastico attiva sistemi di relazione
con i pari (bambini con bambini) che con g