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MODELLO TEORICO E METODOLOGICO DI MARIA MONTESSORI

PROBLEMA DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

La scuola dell’infanzia non è semplicemente un preliminare dell’infanzia, volto solo ad abituare il bambino

all’allontanamento della famiglia o una forma ricreativa. Anch’essa deve promuovere il sapere e garantire

lo sviluppo e sono questi che fanno la differenza nella scuola dell’infanzia. Un’insegnante della primaria è

spesso in difficoltà a causa della disomogeneità con cui si confrontano: se tutti i bambini fossero sullo

stesso livello, l’insegnante della primaria potrebbe partire da quel punto e accompagnare i bambini nella

crescita e nel programma. Ma i bambini fanno ingresso nella scuola elementare con livelli linguistici diversi

(diversi canoni); livelli cognitivi diversi; …, quindi si ha una situazione molto complessa. Pretendere di avere

un’utenza in ingresso omogenea, sotto il profilo cognitivo e degli affetti, sarebbe un’utopia, ma quando

sono troppo marcate le difficoltà l’insegnante:

• Privilegia i bambini che hanno livelli di sviluppo più avanzati; oppure

• Più arretrati; oppure

• Si basa su uno sviluppo medio con il rischio di perdere quelli più sviluppati a causa della noia, o

quelli meno bravi

Si può ipotizzare di contenere questi divari con la scuola dell’infanzia: essa è necessaria per dotare il

bambino di quello SVILUPPO NECESSARIO per intraprendere il curricolo formativo delle elementari.

Quindi è il segmento strategico del sistema formativo: una scuola dell’infanzia che riesce a portare tutti i

bambi o quasi tutti, a un buon livello di sviluppo crea le basi per un sistema formativo che possa essere

portato avanti con successo. La scuola dell’infanzia è fondamentale per favorire la formazione di futuri

cittadini. La scuola italiana gode di buona immagine in Europa: è proprio la scuola dell’infanzia che da tutta

Europa e America vengono a osservare e studiare. Il risultato più eclatante fu nel 1990 la scuola di Loris

Malaguzzi che si aggiudicò il premio di scuola dell’infanzia più bella del mondo (Scuola di Reggio Emilia).

Ma questo esito va collocato in una vicenda difficile: la scuola dell’infanzia non ha sempre avuto questo

riconoscimento come scuola. Essa ha cominciato a prendere corpo negli anni ‘60-‘70, ha conosciuto i suoi

momenti più brillanti tra gli ‘80-‘90, finché, nel 1991, non è stata nominata scuola dell’infanzia

riconoscendo, a tutti gli effetti, come scuola. Ma il compimento di questo livello avrebbe dovuto portare

l’obbligo nella scuola dell’infanzia, ma è rimasta facoltativa. Quindi ciò che dovrebbe essere la base del

sistema scolastico non è coperto dall’obbligo di frequenza, ma spetta ai genitori la scelta di portare il figlio

a scuola o no.

Il secondo elemento che fa si che non sia pieno il riconoscimento dello statuto di scuola dell’infanzia è i il

fatto che la scuola statale non offre una copertura sufficiente. La scuola italiana è sia pubblica e privata,

tuttavia, allo Stato, spetterebbe il compito di coprire totalmente la domanda, ma il numero delle sezioni

dell’infanzia non è tale da coprire il numero di domande e, quindi, sono in lista d’attesa o si rivolgono alla

scuola privata, ma non per libera scelta, ma per necessità. Quindi, quella della scuola dell’infanzia, è stata

una strada difficile, conclusa negli anni 80, ma non è stata un’affermazione piena.

Tra gli anni ‘60-‘70 ci fu una grande attenzione dall’amministrazione pubblica da parte della pedagogia, un

movimento che portò determinate modifica. Dopo gli anni ’90, entra in un cono d’ombra: ciò si spiega con

un mutamento della domanda. Cioè, a partire dagli anni ’90, il modello della scuola diventa quello intitolato

al capitale umano, ovvero si punta a conoscenze e competenze sul sistema economico, puntando

L’ATTENZIONE DELLA SCUOLA SECONDARIA E POST-TERZIARIO, cioè quei segmenti formativi più vicini al

lavoro.

Così oggi la scuola dell’infanzia corre dei rischi:

• Rischia di ritornare alle sue MOTIVAZIONI ORIGINARIE: all’inizio, la scuola dell’infanzia, era di tipo

CUSTODIALISTICO, cioè utilizzato per accudire i bambini perché entrambi i genitori lavoravano. Ora

è che la dinamica del lavoro si basa sulla flessibilità: il lavoratore deve essere disponibile, quindi

dov’è necessario allungare l’orario, gli orari si possono prolungare, dove non è necessario ci

possono essere giornate di riposo. Ciò comporta a una modificazione dei tempi di vita: il lavoro

moderno è stato fatto su un orario standardizzato e, quindi, tutto l’orario della società poteva

essere pensato secondo l’orario della macchina produttiva. La scuola dell’infanzia ha faticato a

slegarsi da questi orari. Le famiglie stressate da orari mutevoli e che non hanno appoggi, non

possono far altro che richiedere un’estensione dell’orario della scuola a discapito della pedagogia.

Alcune scuole private già stanno praticando un’estensione dell’apertura giornaliera per i genitori.

• Un altro rischio è che la teoria del capitale umano subisca UN’ESTREMIZZAZIONE che porti ad

estendere anche alla scuola dell’infanzia la filosofia della formazione in vista di elevate prestazioni

professionali e, quindi, che la scuola dell’infanzia si trasformi in un INCUBATORE DI TALENTI che

venga contaminata da una visione meritocratica, cioè la scuola deve favorire lo sviluppo del talento

in chi ha queste potenzialità. Negli USA è una tendenza già in atto: viene vista come primo

segmento formativa, ma è la famiglia che vuole dare grandi opportunità di CRESCITA SELEZIONARE

LA SCUOLA che forniscano massima sollecitazione dello sviluppo intellettuale del bambino. Molte

di queste scuole americane usano il metodo Montessori come garanzia per lo sviluppo intellettuale.

La scuola deve essere vista come SCUOLA DEI FUTURI CITTADINI.

RAPPORTO TRA MONTESSORI E CIARI

La dimensione intellettuale dell’educazione può essere piegata ai fini del capitale umano, ma là dove

vengono scelte delle conoscenze capacità e abiti che devono rappresentare il cittadino, rappresentano il

sistema formativo, quindi la scuola ha un compito specifico che le altre agenzie non hanno. Il compito

specifico DELL’EDUCAZIONE INTELLETTUALE È DELLA SCUOLA, quindi importante è formare nuovi cittadini.

Da un lato, bisogna evitare che la scuola venga considerata solo uno spazio di custodia, dall’altro che venga

piegata a esigenze di tipo produttivo a discapito della coltivazione della persona. Si vuole, quindi,

individuare nella LINEA DELLA MONTESSORI-CIARI una certa continuità per disegnare il nuovo sistema

formativo della nuova scuola.

STORIA DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

Un sentimento dell’infanzia era praticamente assente nel Medioevo. non è

SENTIMENTO DELL’INFANZIA

l’affetto verso l’infanzia, intesa come i primi anni di vita del bambino, esso, più o meno, è sempre esistito,

anche se l’alta mortalità infantile spingeva a non attaccarsi troppo ai neonati, però un certo sentimento

d’affetto è stato sempre presente. Ariès intende il MODO DI SENTIRE IL BAMBINO, il modo di vederlo

come un essere che ha una sua specificità differente dall’adulto. Per Ariès quest’idea, nel Medioevo, era

assente: erano considerati uomini in miniatura, quindi, a partire dai 6-7 anni, iniziavano a lavorare. È solo

con l’Età Moderna che si sviluppa un sentimento differenziale, cioè L’INFANZIA HA CARATTERISTICHE

PROPRIE rispetto all’età adulta. Questo fa si che un sentimento morale-affettivo dovesse essere più

precoce (evidente solo nei ceti più sviluppati). È nel Seicento che la scuola inizia ad acquisire queste idee

soprattutto grazie ai moralisti con l’arrivo di determinati condizioni materiali e ideologiche, soprattutto

legate a una diversa idea. Il primo fra tutti è Rousseau, che con comincia a fare un DISCORSO

l’Emile,

EDUCATIVO che parte dal bambino piccolo, identificato come educando, ma l’idea non basta.

La differenza si ha nella RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. Con la rivoluzione industriale si ha un doppio

mutamento nei confronti dell’infanzia:

• Con l’uso delle macchine determinate operazioni possono essere svolte meglio da piccole dita,

quindi i bambini vengono utilizzati negli opifici così da provocare disoccupazione nell’età adulta;

• Prima, in questi distretti, quando entrambi i coniugi erano impegnati negli opifici, i bambini

venivano abbandonati a se stessi nelle strade. Rapidamente, la carità pubblica pensò che ciò non

fosse possibile e comparvero le prime sale di custodia, dove si pensava solo a badare ai bambini, si

organizzavano attività ricreative... Quindi non c’è un progetto pedagogico, ma solo un bisogno

sociale (‘800).

Con Owen si hanno i primi esperimenti pedagogici. Egli non nega l’uso dei bambini al lavoro, ma lo mette

all’interno di un PROGETTO DI LAVORO che prevede ore di lavoro e ore di attività educative. La società

borghese illuminista non poteva accettare un semplice uso lavorativo del bambino, quindi Owen tenta di

superare l’esigenza di educare il bambino e di adoperarlo per fini educativi. Ma il modello più interessante

si ha nei primi dell’800 da Fröebel, influenzato da Pestalozzi, influenzato da Rousseau, è il primo a

formulare un MODELLO PEDAGOGICO: il GIARDINO D’INFANZIA. Questo è un modello piuttosto

complesso: esso si fonda sul fatto che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, per cui deve

rispecchiare l’essenza divina che è l’essenza creativa poiché Dio è l’ente della Creazione. Per cui, ciò che

caratteristico l’uomo come essere umano è l’essenza creativa che si manifesta a un livello maturo nel

lavoro e a livello infantile nel GIOCO. Si ha, così, un mutamento culturale fondamentale rispetto al gioco.

Esso era da sempre ritenuto come un’attività puerile, fine a se stessa, inutile; con Fröebel, invece, il gioco

diventa l’esperienza attraverso il quale il bambino manifesta la propria attività e utilizza appositi strumenti

creativi ideati secondo la metafisica di Schelling. I materiali utilizzati sono: sfera, cubo, parallelepipedo, a

cui attribuisce significati metafisici. Ma il vero passo in avanti è aver concepito un’istituzione educativa,

ossia il giardino dei bambini: la maestra è v

Dettagli
A.A. 2016-2017
8 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giorgia_Caponi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Baldacci Massimo.