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La scuola per i bambini dai tre ai sei anni si chiama scuola materna
Il vecchio termine "materna" non è stato riesumato avventatamente bensì dopo ponderate riflessioni di coloro che hanno steso la legge n. 444 del 18 marzo 1968 che istituiva la nuova scuola statale per i bambini in età prescolare. Questa definizione, scelta rifiutando quella di scuola infantile suggerita dalla ricerca psicopedagogica, è un condensato di idee ottuse, approssimative, ascientifiche, retoriche e melodrammatiche sull'infanzia.
La visione falsa e zuccherosa della maternità si accoppia alla visione altrettanto falsa, sentimentale e sdolcinata dell'infanzia. Si continua a vedere il bambino come un piccolo idiota innocente, continuamente attonito estupefatto per quello che gli accade intorno.
Ma il bambino è una persona seria. È un formidabile, accanito, instancabile, attento, lucido.
le sue esplorazioni […] e poi bisognerebbe rispettarlo e lasciarlo in pace. Bisognerebbe anche dargli la forza di staccarsi dai legami degli affetti familiari per aprirsi a rapporti sociali più vasti; invece rimane spesso in balia dei genitori, che hanno solo timore che si stacchi da loro” 19125“così come la mamma è la dispensatrice d’amore per eccellenza, […] le maestre di scuola materna vengono concepite come le continuatrici del suo compito d’amore.”“l’unica persona ritenuta adatta a occuparsi di bambini di quell’età [3-5 anni],è la donna, proprio per la sua condizione femminile che le darebbe doti “naturali” di dolcezza, pazienza, indulgenza, comprensione, calma e perché la sua reale o potenziale condizione di madre dovrebbe suggerirle “d’istinto” il comportamento più adatto in ogni circostanza.”126“la scuola che le prepara alla
professione è la cosiddetta Magistrale, che dura tre anni e alla quale si accede dopo le medie. Il corso di studi è considerato facilissimo e accessibile anche alle persone più incolte. "La "carriera" dell'insegnante di scuola materna è oltremodo allettante per un certo tipo di ragazze del tutto prive di ambizione, di indipendenza, di desiderio di realizzazione, perché la durata del corso è eccezionalmente breve e scarsa la preparazione culturale richiesta. Il pregiudizio tuttora diffusissimo che chiunque, purché donna, sia adatto a occuparsi di bambini, soprattutto se molto piccoli, le incoraggia a intraprendere una professione esclusivamente tenendo presente il proprio tornaconto personale." "Il termine "vocazione" sottintende una chiamata di natura quasi mistica cui è arduo sottrarsi, desiderio di rendersi utili alla società, disinteresse pressoché totale per illato economico dell'attività intrapresa, altruismo e spirito di sacrificio.""Le motivazioni di carattere psicologico per cui si sceglie di fare l'insegnante andrebbero esaminate a fondo. Spesso si tratta proprio di persone che hanno difficoltà di rapporti con gli adulti, che non riescono a stabilire legami affettivi validi e duraturi con loro e cercano un surrogato meno difficile e frustante."
"Accade infatti che molte persone psichicamente disturbate, con difficoltà sul piano affettivo, sociale e lavorativo, chiedano con grande naturalezza di poter lavorare con i bambini, dichiarando di 'aver bisogno di dare', nient'affatto conscienti di cercare invece soltanto un modo per ricevere."
"L'insegnante che scelga, consciamente o no, la sua professione come rifugio, sarà indotta a riversare tutte le sue energie emotive nel lavoro proprio perché ha scarsi sbocchi altrove. Potrebbe sembrare la"
situazione ideale. In realtà essa vi riverserà anche energie che non hanno niente a che fare con il rapporto educativo e che farebbe meglio a spendere diversamente. Se non le riesce, è evidentemente inibita e repressa, e inibizioni e repressioni sono notoriamente un bagaglio inadatto per occuparsi di bambini. "L'insegnante non dovrebbe essere una persona che vive ai margini della vita, ma averla vissuta e viverla in pieno. Dovrebbe sentirsi sufficientemente realizzata e non fallita, provare amore per i suoi simili, e non ostilità e rancore. L'insegnante di scuola materna è per la maggior parte dei bambini il primo modello adulto, al di fuori dei genitori, da imitare e nel quale identificarsi; sarebbe quindi necessario che fosse un modello positivo." "È evidente dunque che le educatrici di scuola materna dovrebbero essere messe in grado, dalla scuola che le prepara, di capire se stesse e ipropri atteggiamenti di fronte all'oggetto dell'educazione. Le ansietà, le difese, le reazioni alle frustrazioni, il significato della professione scelta, le gelosie, le preferenze, l'aggressività, talvolta il sadismo, dovrebbero essere esaminati e chiariti perché il loro rapporto con i bambini sia il più possibile limpido, non influenzato dai problemi personali né dalle storture prodotte dai metodi con cui esse stesse sono state educate e che tendono a riprodurre. "La pratica pedagogica subisce nel tempo variazioni minime e lentissime non perché non vengano elaborate e proposte nuove tecniche più adatte, ma perché l'educatore, genitore o insegnante che sia, è incapace di liberarsi autonomamente del suo passato e tende a ripetere i modi e gli atteggiamenti della propria educazione. Non è quindi tanto l'informazione sul come andrebbe trattato un bambino a essergli indispensabile, quantoL'analisi di sestesso e la revisione profonda dei suoi atteggiamenti educativi, che sono poigli atteggiamenti fondamentali verso se stessi e verso la vita in generale”131
Perché gli uomini no?132
“il sesso maschile gode di maggior libertà e considerazione sociale e quindisviluppa meno i difetti tipici dell’individuo educato repressivamente. Perchédunque non proporre anche l’uomo come educatore della prima infanzia epermettergli di insegnare nella scuola materna? La legge n. 444 del 18 marzo1968 che istituisce la scuola materna statale parla soltanto di ispettrici,direttrici, insegnanti, assistenti di genere femminile.”
“mentre si riconosce, a torto, “l’istinto materno” a tutte le donne e solo perquesta ragione si affida loro l’educazione della prima infanzia, l’istintopaterno è del tutto negato all’uomo. Il pregiudizio sostiene che l’uomo non èportato
“naturalmente” alla paternità ma conquista lentamente efaticosamente (e neanche sempre) questa sensibilità trovandosi quasi suomalgrado i figli già fatti” 21“a causa della sua natura “forte”, l’uomo non è ritenuto in grado di provarequanto una donna tenerezza, desiderio di protezione, interesse per i figli cheha generato o per i bambini in generale, ma soltanto di provvedere ai lorobisogni materiali. Questo è certamente il frutto di un condizionamentoopposto a quello femminile, in base al quale la paternità non viene maipresentata al maschio come un avvenimento importante della sua vita, macome un fatto”133“secondario e accidentale, e in definitiva come una grossa seccatura.L’educazione dei bambini è comunque una “faccenda da donne”.”“si dovrebbe riconoscere che si sono uomini e donne del tutto inadatti allapaternità e alla maternità,
Così come ci sono uomini e donne del tutto inadatti al ruolo di educatori nella scuola di ogni livello, ma è sbagliato escludere a priori che ci possano essere uomini fatti su misura per la professione di educatori della primissima infanzia. Invece, a causa dei pregiudizi sociali che negano loro qualsiasi ruolo nel processo educativo della prima infanzia, uomini forniti delle qualità adatte per diventare ottimi educatori non riflettono neppure su tale possibilità. Poiché le tradizioni sociali e culturali, il cosiddetto "costume", contano molto, la valutazione sociale di un professione ha un enorme peso quando un adolescente si accinge a scegliere e troppe forze intorno lo trattengono o lo spingono. In questo caso, subentra il timore del ridicolo ("è un "lavoro da donne"), la paura di vedersi messa in dubbio la propria virilità, l'imbarazzo di trovarsi isolati in un gruppo omogeneo appartenente all'altro sesso.
[…]; il rischio di essere giudicati stravaganti o addirittura non “normali” e quindi di dover fornire una giustificazione per tale scelta e, infine, l’esiguità del compenso, giudicato troppo basso per un uomo.”
“Per quanto riguarda l’introduzione della presenza maschile nella scuola materna sta aprendosi qualche spiraglio”134“pedagogisti e psicologi si sono dichiarati vivacemente e calorosamente favorevoli, e già questo fatto contribuisce di per sé a conferire prestigio alla professione di educatore. L’operazione successiva, cioè la rivalutazione economica, arriverà puntualmente quando ci saranno abbastanza uomini interessati.”
Nel 1972 due insegnanti maschi hanno iniziato ad insegnare nelle ore pomeridiane nella scuola dell’infanzia e il “Giornale del genitori” del marzo-aprile 1972 riporta così la notizia: “per la prima volta in Italia, abbiamo ragione