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Significativo per riflettere sull’adolescenza è il romanzo “Niente” di Janne Teller (2012). La

vicenda inizia con la decisione di un ragazzo di 13 anni di ritirarsi e vivere su un albero, nella

convinzione che nulla ha senso.

I suoi amici si attivano per dimostrargli che sbaglia e cominciano a raccogliere oggetti che

rappresentino qualcosa per cui vale la pena di vivere. Quello che inizialmente sembra un

gioco, diventa via, via più impegnativo: la ricerca di senso non si ferma agli oggetti, ma

coinvolge altre dimensioni: quella corporea, la religione, la sessualità, la famiglia, ecc.

Si delinea un rito di ostentazione forzata​ , che permette a ciascun ragazzo di entrare nel

gruppo, di sottomettersi ad esso e di credere che finalmente emergerà il senso delle cose

che rende la vita degna di essere vissuta.

Nel compiere questo rito, il gruppo si autoesilia dagli adulti che non compaiono mai nel

romanzo, anche se talvolta i ragazzi ne parlano, delineandoli come incapaci sia nella

comunicazione che sul piano educativo.

Ciò che emerge dalla ricerca è che il senso della vita non risiede nel mondo del consumo,

ma occorre cercarlo nel proprio intimo, nei ricordi, nelle emozioni, nei valori, nella religione,

nella bellezza e nelle pratiche creative.

Saranno i flussi del mercato, dei media e della finanza a riportare violentemente i ragazzi nel

mondo, strappandoli dalla ritualità del gruppo.

Nel saggio “Modernità in polvere” pubblicato nel 2012 l’antropologo statunitense Arjun

Appadurai afferma che l’​ immaginazione non è più un modo per evadere dalla noia del

quotidiano, ma una pratica sociale necessaria per la costruzione della realtà​ stessa.

L’immaginario si nutre dei flussi culturali globali​ , che, da un lato, interagiscono tra loro

formando un unico sistema, ma che agiscono anche separatamente.

Questi flussi costituiscono l’​ etnorama​ , in cui si riconoscono i flussi di uomini, turisti,

immigrati, ecc. ​

La tecnologia, con i suoi repentini cambiamenti, forma il tecnorama​ .

​ ​

Il finanziorama comprende i flussi relativi al denaro; il mediorama comprende il flusso di

immagini veicolate dai media e l’​ ideorama comprende il flusso delle idee e delle ideologie.

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​ ​

Si delinea poi un flusso dei flussi nel quale ciascuno di noi è inserito, nel quale costruiamo

la realtà e da cui la nostra immaginazione viene continuamente alimentata.

Questo sistema di flussi genera una confusa complessità​ , un pluriverso che annulla

l’omologazione e obbliga a scegliere un’identità tra le molte possibili.

Le conseguenze sull’adolescenza sono molteplici. Il modello del ragazzo occidentale,

bianco, scolarizzato, con una famiglia che ricalca il modello culturale occidentale non è più

l’unico possibile. Occorre cominciare a considerare adolescenti che possono aderire a

modelli culturali diversi, prescindendo dalla loro provenienza familiare.

E’ inoltre fondamentale riflettere circa le modalità di trasmissione della cultura da una

generazione all’altra, all’interno di questo pluriverso.

La scuola e la famiglia, come luoghi privilegiati per il processo di inculturazione primaria,

devono fare i conti con tutte le difficoltà e le contraddizioni che si generano.

Nello scenario multi-pan-oramico che definisce la contemporaneità, il processo di

inculturazione primaria subisce una deformazione e l’adulto, nella sua veste di trasmettitore

tradizionale di saperi e di saper fare, diventa per l’adolescente quasi un pari.

I ruoli di genitore e insegnante sono messi alla prova. ​

I flussi (​ orami​ ) nei quali si sviluppano le relazioni, costituiscono un dispositivo produttore

di differenze​ che, a sua volta, produce conflittualità​ .

Nella scuola, la densità conflittuale genera smarrimento nei docenti e negli alunni, che

devono confrontarsi con la fatica nuova di relazionarsi con un numero crescente di

differenze, immaginando strategie adeguate per gestirle.

I conflitti coinvolgono l’intera sfera socio-culturale: i costumi, gli orientamenti sessuali, politici,

ideologici, le condizioni economiche, il potere d’acquisto, gli stili di consumo e i modelli

familiari. ​

Si delinea una polemosfera che non deve essere considerata soltanto come aggregato di

differenze che genera intolleranze, discriminazioni e scontri, ma piuttosto come insieme di

differenze capace di modellare il nostro comportamento, i nostri bisogni, l’immaginazione

sociale ed educativa.

In ambito sociale, il conflitto continua ad essere ritenuto come qualcosa da evitare e si opera

per far sì che le condizioni del suo nascere non si producano.

I meccanismi per gestire i conflitti funzionano ormai automaticamente, come veri software,

che appiattiscono le differenze, soffocano il conflitto, ma non lo eliminano.

Non si deve dimenticare invece che l’adolescenza rappresenta un ambito naturale di

conflitto e di immaginazione delle modalità più adatte per gestirlo.

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I luoghi tradizionali della formazione dei giovani dovrebbero consentire agli adolescenti di

fare esperienza della multidimensionalità del reale, imparando che ci sono conflitti risolvibili,

ma anche irrisolvibili, che non sono necessariamente distruttivi, ma che possono generare

novità.

Il conflitto può considerarsi come il luogo in cui incontrare gli adolescenti e in cui immaginare

con loro pratiche di gestione delle differenze e di mediazione, caratterizzate dall’assenza di

giudizio e dalla presenza di curiosità verso ciò che le differenze possono permettere di

scoprire e comprendere.

Riconoscere i conflitti senza evitarli rappresenta una nuova prospettiva pedagogica più

faticosa del percorso abituale in cui domina la paura di sostare nel conflitto stesso.

Si tratta, nella pratica, di costruire un laboratorio relazionale diffuso e dislocato nelle diverse

località toccate dai nomadismi degli adolescenti.

Il sociologo Claudio Cippitelli usa l’immagine della tavola, nelle sue varie declinazioni

snowboard, surf, skateboard, ecc., che rimandano a una situazione che richiede movimento,

equilibrio, creatività, rischio e attenzione verso un contesto in continuo movimento.

L’immagine della tavola descrive il movimento degli adolescenti, la loro continua ricerca di

una mediazione tra il bisogno di non cadere, la possibilità di individuare percorsi inediti e la

necessità di tratti, magari brevi, più stabili e lineari.

In questo scenario, il lavoro pedagogico si deve fondare principalmente su:

● l’​ ascolto dell’Altro che impone di ritagliare dentro di sé uno spazio perché l’Altro

trovi posto e ciò comporta inevitabilmente un conflitto dovuto alla rinuncia di uno

spazio che avremmo potuto occupare personalmente.

​ ​

● il dialogo come esercizio che valorizza le differenze e che è tanto più autentico

quanto più si accetta la sua natura conflittuale, perché comporta la messa in gioco

delle nostre certezze per fare posto all’Altro. Esso, grazie all’autentica conflittualità

che lo caratterizza, permette di sperimentare molte emozioni, non tutte

necessariamente positive come l’ansia e la preoccupazione. E’ quindi banalizzante e

sbagliata l’idea del dialogo come rimedio del conflitto.

Durante l’adolescenza, il problema che maggiormente si impone per la sua drammaticità è

quello dell’identità, cioè quello della ricerca della risposta alla domanda “Chi sono io?”.

Il processo di costruzione dell’identità è faticoso perché richiede di agire

contemporaneamente per differenziarsi dagli altri restando se stessi.

Si tratta di imparare a gestire il rapporto tra la propria identità e quella sociale col rischio di

cadere nelle due posizioni estreme, quella del conformismo e quella dell’eccessiva

originalità che puo sconfinare nell’emarginazione.

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L’identità personale è il frutto dei continui incontri con ciò che non siamo e del continuo

confronto dialettico tra sé e altro, nella ricerca di una sintesi.

Possiamo considerare l’immagine dell’adolescente che, a bordo di una tavola, attraversa

paesaggi nei quali non è più immaginabile una piatta armonia.

I flussi della polemosfera si intrecciano intorno e nella vita degli adolescenti, per cui non ha

senso parlare di identità stabile e fissa, ma piuttosto di diventità​ .

Bauman parla di “fare shopping” nel supermercato delle identità, per cui la diventità

rappresenta la capacità di adottare e di dismettere a proprio piacimento l’identità che si è

scelti. ​

Appadurai afferma che il concetto di individuale è oggi soppiantato da quello di dividuale​ ,

considerando che l’identità delle persone è oggi polverizzata e dispersa.

Esemplificativo in questo senso è il rapporto che gli adolescenti instaurano tra reale e

virtuale che, complessivamente, rappresentano una zona integrata del fare esperienza di

adolescenza oggi. Reale e virtuale consentono di moltiplicare illimitatamente le possibili

identità e gli adolescenti individuano una mappa di diventità che sostituisce la vecchia

carta di identità.

6. “Come in una dancefloor: teoria dell’azione sociale in adolescenza e collaborazione

fra generazioni” di Stefano Laffi (sociologo, consulente di vari enti e del Ministero del

Lavoro e delle Politiche Sociali per i progetti destinati agli adolescenti)

L’autore prende spunto dal brano musicale “Ma che ne sanno i 2000” lanciato da Gabri

Ponte (nato nel 1973) e dal rapper Danti (nato nel 1981) nell’estate del 2016.

Nel prologo, gli autori si chiedono in che modo poter parlare della loro adolescenza ai

ragazzi nati negli anni 2000, i cosiddetti millennials.

Il brano inizia con un accostamento casuale delle icone dell’adolescenza dei due autori e il

riferimento è alla musica di Battisti, Mogol, i Nirvana; agli oggetti che l’hanno caratterizzata: il

Walkman e il GameBoy; i programmi televisivi di maggior successo: Bim Bum Bam e il

Festivalbar; i divertimenti di gruppo e citano gli scherzi dalla cabina telefonica.

Viene prodotta una fotografia di un’età considerata felice, quella dai 18 ai 24 anni, che gli

autori vorrebbero “mettere in loop”.

Nel videoclip compaiono alcuni tra i più famosi youtuber adolescenti che, per vincere la noia

della loro estate, chiedono di poter divertirsi anche loro come si faceva negli anni ‘90.

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La constatazione iniziale “m

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A.A. 2017-2018
64 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher assuntarappi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia dell'adolescenza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Barone Pierangelo.