EDUCARE CON GLI SPAZI:
Lo spazio è variabile determinante nell'ambito di una pedagogia dell'adolescenza. Educare con gli
spazi rinvia alla necessità di non fermarsi alla constatazione delle forme esistenti dei luoghi dati, ma
di interrogarne la valenza formativa in relazione al contesto ambientale, sociale, antropologico e
psicologico. La connotazione simbolica di ciò che accade all'interno di un determinato spazio,
produce effetti educativi che rendono lo spazio variabile fondamentale del processo formativo. La
crisi in cui versano le grandi istituzioni pedagogiche è anche una crisi di abitabilità degli spazi da
parte degli adolescenti; Luoghi ostinatamente concepiti come spazi della "permanenza", in un'epoca
segnata dal "valore" della "transitorietà". Educare CON gli spazi significa andare anche oltre l'idea
dell'educare NEGLI spazi (come se fosse sufficiente istituire luoghi di significato formativo perché
si dia l'educazione). Educare con gli spazi significa rendere conto di dimensioni e RELAZIONI
DIALETTICHE inserite nel contesto materiale e sociale di una trasformazione che investe le
modalità di vita degli adolescenti, a partire dal rapporto tra:
1 "LUOGHI" e "NON-LUOGHI".
2 tra PERMANENZE e TRANSIZIONI (con cui interrogare lo scarto tra una rappresentazione
tradizionale dello spazio educativo e le modalità di fruizione degli spazi sempre più indotta dalla
logica della movimentazione delle merci e della rapidità).
3 e infine riflettere sullo SPAZIO SOCIALE, in particolare lo spazio del C.A.G. Per riflettere su
AGGREGAZIONI e DISPERSIONI.
"Luoghi e Non-luoghi":
↓ ↓
(circoscritto (provvisorio)
stanziale)
Il luogo si può definire come uno spazio di tipo geometrico cui corrispondono concetti come
itinerario e centro. Per contrappunto, il non-luogo delinea uno spazio segnato dalla condizione del
passaggio, del provvisorio, effimero. La contrapposizione tra luoghi e nonluoghi rivela tutta
l'ambivalenza che la dimensione dello spazio assume in rapporto alla vicenda formativa. È facile
intendere il luogo educativo a partire dalla sua struttura di spazio chiuso, circoscritto da muri,
suddiviso in stanze e geometrico. Lo spazio delle istituzioni educative si rivela nella sua funzione
disciplinare e di controllo a partire dalla sua struttura architettonica. Nella nostra percezione, ma
anche nella riflessione pedagogica più in generale, il luogo educativo per antonomasia corrisponde
all'internato. Risulta difficile pensare al luogo educativo senza fargli corrispondere uno spazio
strutturalmente determinato. Il non-luogo ci appare come la negazione di qualsiasi istanza
educativa. Oggi siamo di fronte a una trasformazione che ha modificato le abitudini sociali degli
adolescenti i quali presentano Una tendenza nomade. Siamo di fronte Oggi a una crisi pedagogica
dei tradizionali luoghi forti della Formazione che va Letta nella debolezza del mandato sociale entro
cui agiscono. La crisi di efficacia formativa che rende labili i legami degli adolescenti con la scuola
e le diverse istituzioni educative e la crisi di coinvolgimento che attraversa i cag dipende anche da
una ridefinizione del rapporto degli adolescenti con lo spazio e col valore della transitorietà dei non-
luoghi. Oggi per lavorare con gli adolescenti non funziona più la logica del portarli via dalla strada
(tipica di una stagione votata alla prevenzione), indirizzandoli verso i centri che svolgerebbero quel
compito formativo. Intercettare gli adolescenti dovrebbe significare per i progetti educativi essere
capaci di dislocazione.
Lo spazio istituzionale: adolescenti tra "permanenze e transizioni":
Nonostante tutto, la scuola continua a essere lo spazio formativo più consistente (dal punto di vista
del tempo di vita che i ragazzi e le ragazze vi trascorrono) nell'esperienza adolescenziale. C'è
grande consapevolezza della crisi che attraversa questo spazio di formazione, malgrado ciò rimane
uguale a se stessa. Lo spazio scolare divide dallo spazio sociale. La soglia della scuola separa dal
mondo esterno chi lo oltrepassa. Non c'è transizione tra dentro e fuori ma separatezza e dicotomia.
Superando la soglia della scuola entriamo nell'atrio che raramente assume la funzione che dovrebbe
di accoglienza e predisposizione. Lo spazio poi impersonale e disciplinare del corridoio fa
assomigliare la scuola alla caserma, all'ospedale e prigione. Si attesta la sensazione labirintica e
spersonalizzante delle geometrie identiche di corridoi spezzati da fugaci incontri di sguardi. Lo
spazio del corridoio è spesso uno spazio sprecato perché la sua funzione è soltanto quella anonima
dell'attraversamento, è poco denso di funzioni abitative. Se il corridoio assume il significato della
transitorietà con funzione di collegamento, al termine dell'attraversamento raggiungiamo la zona
che, per contrappunto, esprime permanenza e fissità: l'aula, con la sua struttura sempre identica che
garantisce riproducibilità assoluta degli elementi disciplinari che ancora oggi ne costellano il
disegno interno. L'aula nasce come spazio per differenziare e rendere controllabili i soggetti. È uno
spazio per fermare e fissare il soggetto e svolge Innanzitutto funzione di normalizzazione. È chiaro
Dunque che solo una ridefinizione del setting esperienziale può costituire uno spazio di esperienza
potenzialmente formativa. Senza una riconfigurazione intenzionalmente pedagogica del setting, lo
spazio dell'aula riproduce solo uno spazio che vincola il soggetto a stare seduto, fermo e passivo. Se
lo spazio della scuola continua a restare fedele alla sua struttura originaria, continuerà anche a
reiterare gli stessi principi disciplinari. C'è una necessità sociale che chiede di usare i luoghi per
transitare. Bisogna avere il coraggio di ripensare lo spazio della scuola con un serio confronto con
le trasformazioni sociali che hanno ricodificato il valore di spazio e tempo nell'esperienza
adolescenziale. Eludere la questione della forma-scuola significa celebrarne la scomparsa come
istituzione formativa pubblica.
"Spazio sociale": adolescenti tra "aggregazioni e dispersioni":
Il tema dello spazio sociale in rapporto all'adolescenza riporta al tema dell'aggregazione giovanile.
Il concetto di aggregazione sembra assumere il valore e significato del riunire sotto uno stesso tetto
o ideale un certo numero di adolescenti che si riconoscono in base a una certa finalità sottesa allo
stare assieme. Dunque, l'elemento più significativo è dato dalla socializzazione. Quando si parla di
aggregazione giovanile il pensiero va ai centri di aggregazione giovanile, cag. Ma è effettivamente
l'aggregazione a definire lo specifico di questi centri? La dimensione aggregativa non sembra
sufficiente a spiegare l'identità di questi luoghi che hanno svolto un ruolo fortemente caratterizzato
da una significativa progettualità pedagogica con finalità educative intenzionali. Dunque l'attributo
che si propone di identificare questi spazi con il termine aggregare, costituisce solo una cornice che
non ne qualifica adeguatamente la funzione e il mandato. Non è possibile riconoscere Tra i
principali luoghi dell' aggregazione giovanile il cag oggi. Oggi è come se gli autentici luoghi in cui
ancora è possibile consumare aggregazione tra i giovani siano stadi, discoteche, piazze (quando si
trasformano in luoghi dove vanno in scena grandi eventi musicali). Insomma, l'aggregazione come
possibilità di socializzazione estesa, è rappresentata principalmente da i luoghi del tempo libero
improvvisato in cui c'è bassa intensità relazionale, alta densità emotiva, nessuna necessità di
rielaborazione dell'esperienza. Il cag rischia di non essere adeguato al compito di creare
aggregazione. È sotto gli occhi di molti la crisi di partecipazione che investe La maggior parte dei
luoghi che da sempre hanno giocato un ruolo nella socializzazione dei ragazzi (non solo i cag, ma
oratori, circoli di associazioni, bar, pacchetti e strade). Questo è dovuto a trasformazioni che stanno
modificando le forme della socialità contemporanea. Occorre Dunque lavorare sulle "dispersioni",
sulle traiettorie e sulla capacità di uno spazio sociale di funzionare da possibile connettore. la
capacità di agire sulla dispersione degli adolescenti è direttamente legata alla capacità degli spazi
sociali esistenti (in quel perimetro urbano) di funzionare reciprocamente da connettori, cioè di
rispondere a bisogni, desideri degli adolescenti su cui delineare percorsi di costruzione di
autonomia. La dialettica tra "aggregazioni e dispersioni" che distingue questo passaggio d'epoca,
interroga Soprattutto uno spazio sociale come il cag. Ma a cosa serve oggi il cag? Esso può
assumere il carattere del luogo "altro" nel quale sperimentare esperienze inconsuete o diverse,
capace di innescare un processo volto all'auto-riconoscimento, alla scoperta, sperimentazione,
elaborazione delle dimensioni che gravitano intorno alla costruzione di sé. Si tratterebbe di pensare
allo spazio sociale del centro di aggregazione come "contro-spazio" (=eterotopia=spazio altro,
separato in cui Si originano stimoli funzionali→ Foucault), caratterizzato da una temporalità propria
e da regole di accesso specifiche. Uno spazio altro in cui si produce una sospensione della
temporalità sociale diffusa. Cag come possibile luogo eterotopico quindi, capace di determinare una
discontinuità materiale con gli altri luoghi della quotidianità. In questo modo il cag può avere tra le
sue finalità implicite la costituzione di un'esperienza caratterizzata da finzionalità, per fare
esperienza dell'esperienza. In questo Orizzonte assumono significato autentico le pratiche educative
di un cag. EDUCARE CON I TEMPI:
Il tempo è (assieme al corpo e agli spazi) la terza variabile dialettica attraverso la quale tematizzare
l'adolescenza. Una opposizione è venuta affermandosi nella rappresentazione del tempo,
opposizione che Si delinea sull'asse della relazione tra individuo, natura e società e che declina il
tempo in diverse dimensioni: tempo interno, tempo naturale, tempo sociale. Tuttavia, tra tempo
personale ee strutture temporali sociali esiste una relazione. Livello soggettivo e oggettivo non sono
distinguibili, esattamente come l'universo della natura e quello della cultura che il tempo racchiude.
La peculiarità del "tempo della formazione" è data dalla possibilità della temporalità formativa di
abitare la relazione dialettica e di cercare di connettere tempo soggettivo con tempo i
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