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Riassunto esame Pedagogia dell'infanzia, prof.ssa Simonetta Ulivieri, libro consigliato "Itinerari nella storia dell infanzia. Bambine e bambini, modelli pedagogici e stili educativi", Carmela Covato, Simonetta Ulivieri Pag. 1 Riassunto esame Pedagogia dell'infanzia, prof.ssa Simonetta Ulivieri, libro consigliato "Itinerari nella storia dell infanzia. Bambine e bambini, modelli pedagogici e stili educativi", Carmela Covato, Simonetta Ulivieri Pag. 2
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Questa ricerca ha analizzato la storia dell’infanzia attraverso testimonianze orali di anziani per il

periodo che va dalla fine dell’Ottocento al 1940. E’ in tale periodo che insorgono significativi

cambiamenti nella relazionalità bambini/adulti sia per il passaggio da una famiglia patriarcale ad

una nucleare, sia per le differenze negli stili di vita tra famiglie borghesi e famiglie di ceto contadino

o operaio. Queste differenze più recentemente sono andate sempre più riducendosi e orientandosi

verso un comune modello di relazionalità educativa: si tratta di un nuovo modello educativo che è

più attento alla specificità infantile.

Capitolo9: Piccoli eroi e grandi destini. L’educazione dei bambini e delle bambine nei

quaderni dell’Italia fascista di Gabriella Seveso

Ogni epoca storica ha associato la differenza fra maschio e femmina a precisi ed espliciti codici

comunicativi e comportamentali, elaborando veri e propri modelli di ruolo per donne e per uomini. I

modelli erano trasmessi da una generazione all’altra, anche e soprattutto attraverso le pratiche

educative, di socializzazione e d’inculturazione. In alcune epoche storiche, i messaggi di ruolo

inviati a bambine e bambini sono stati particolarmente evidenti e insistiti. Durante il periodo

fascista i bambini e le bambine furono coinvolti in prima persona come interlocutori di un’opera di

propaganda di regime assai capillare. Negli anni immediatamente successivi alla riforma scolastica

promossa da Giovanni Gentile, il governo fascista mise in atto una vera e propria irregimentazione

della vita delle giovani generazioni, attuata attraverso provvedimenti tesi ad organizzare la prassi

scolastica e il tempo libero di bambini/e e ragazzi/e in maniera sempre più controllata e

“militaresca”. Contrariamente a quanto accaduto nei secoli passati, le bambine venivano chiamate

ad indossare divise, a partecipare a manifestazioni e tornei, e a sfilare, esattamente quanto i loro

coetanei maschi, acquisendo per la prima volta una visibilità evidente. Fu soprattutto “l’interesse

per l’aspetto salutistico ed igienico” ad indurre il governo a coinvolgere ledono nella campagna di

sportivizzazione, allo scopo di farne madri più robuste e più sane. Paradossalmente, le bambine

provarono l’illusione della parità, immediatamente sfumata nella consapevolezza di un’inferiorità 8

molto lampante. Le famiglie attribuivano maggiore importanza alla militanza dei figli nelle

organizzazioni giovanili e la dimostravano nei comportamenti più quotidiani, quali il mancato

acquisto di alcune parti della divisa femminile o l’esclusione delle bambine dai cortei. L’identità

femminile era identificata con la “missione” della maternità e della procreazione e cura dei futuri

valorosi soldati. Invece, la missione di salvezza della Patria era affidata ai futuri uomini. L’identità

militare era la massima identificazione maschile, mentre l’identità materna e casalinga quella

femminile.

I modelli di ruolo che ciascuna cultura elabora e invia ai bambini e alle bambine sono veicolati da

messaggi tanto pervasivi quanto sottili. Grazie ad alcuni quaderni di bambini, possiamo capire

come l’attività scolastica quotidiana costruiva inesorabilmente un percorso formativo anche delle

identità di genere. La scrittura bambina, pur essendo un documento di grande ricchezza storica,

rappresenta sempre un prodotto ambiguo e opaco perché frutto della contrattazione con la figura

adulta e perché in passato era concesso solo ad un élite di bambini. Gli anni dal 1929 al 1939

videro il fascismo interferire nella vita quotidiana del sistema scolastico in maniera sempre più

vistosa e pesante, attraverso un processo di progressivo allineamento alle direttive pedagogiche

del governo. I provvedimenti attraverso i quali tale processo si realizzò furono portarono la vita

scolastica quotidiana a divenire momento di celebrazione di ricorrenze militari e leggendarie o di

provvedimenti ed opere del regime stesso. La finalità del regime era quella di creare un vero e

proprio “uomo nuovo” accanto al quale l’unico destino femminile poteva essere quello di angelo del

focolare. La celebrazione di un’identità maschile forte, granitica, priva di debolezze e di sentimenti

procedeva parallelamente alla proposizione di un’identità femminile sempre più materna e

casalinga.

Capitolo10: I bambini e le persecuzioni antiebraiche: ricordi ed immagini di Annalisa Pinter

L’uscita delle leggi razziali in Italia (1938) si abbatté sugli ebrei con un grande drammaticità. Molti

persero il lavoro e fu dura cercare il modo di mantenersi, altri persero la loro abituale immagine

sociale, caddero in depressione e si tolsero la vita. Tuttavia le famiglie in generale decisero di

mettere immediatamente al centro della propria attenzione i figli e cercarono di mantenere

un’atmosfera di normalità. Tutte le comunità cercarono di creare o rafforzare le scuole ebraiche per

accogliere gli studenti ebrei poiché tutti erano stati cacciati dalle scuole del Regno. In alcune

scuole pubbliche furono istituite delle selezioni speciali per bambini ebrei, che non potevano più

mescolarsi agli altri compagni nelle classi. Ben pochi genitori credettero opportuno sottoporre i figli

alla difficile prova di vivere in una situazione di continua e palpabile emarginazione e preferirono

mandarli alle scuole ebraiche. A causa delle leggi razziali, la maggior parte delle amicizie tra

bambini ariani ed ebrei furono interrotte. Le famiglie cercarono di mantenere al loro interno una

parvenza di normalità perché il figli non risentissero troppo del dramma che si stava vivendo. In

generale, l’impatto delle leggi razziali fu diverso a seconda delle età, perché il tentativo delle

famiglie di mantenere una sia pure falsa atmosfera di normalità ebbe successo più che altro con i

bambini più piccoli, che avevano fino allora avuto poche relazioni esterne e che comunque

vivevano in queste ancora pilotati dai genitori. I ragazzi per lo più reagirono male, ebbero lunghi

episodi depressivi, si sentirono feriti e non accettarono l’abbandono da parte della maggioranza dei

precedenti amici. Tutti hanno dovuto cambiare vita repentinamente, essere sottratti al proprio

ambiente e hanno perso i legami più stretti con la famiglia allargata. Nasceva un bisogno di

dimostrare, prima di tutto a se stessi, di avere comunque una dignità e delle capacità che gli altri

volevano negare con le leggi. La maggior parte degli studenti si dedicò allo studio con grande

impegno e gli insegnanti vollero dimostrare a se stessi di non aver perso la propria funzione

professionale e si dedicarono con grande serietà a seguire i propri allievi, che non dovevano ridere

assolutamente niente di meno di chi non aveva dovuto soggiacere a queste leggi soffocanti. Agli

esami di fine anno, che gli studenti ebrei dovevano sostenere da privatisti, si ebbero spesso

risultati ottimi. Con l’occupazione dell’Italia da parte dell’esercito tedesco, le preoccupazioni per

l’istruzione e per l’educazione dei figli passarono in secondo piano, perché l’unico problema era

come cercare di scappare e trovare un luogo sicuro. Ormai era impossibile nascondere ai bambini

la tensione che regnava nelle case, la difficoltà di procurarsi il cibo e il terrore quotidiano degli

arresti. Mentre nella parte d’Italia che era stata liberata dagli Alleati s’iniziava a ricostruire

faticosamente la propria vita e si riaprivano le scuole ebraiche, nel Nord la situazione per gli ebrei

raggiungeva il suo livello peggiore. Ma la sconfitta dell’alleanza nazifascista e la fine della seconda

9

guerra mondiale portarono per gli ebrei italiani la gioia di poter nuovamente vivere senza essere

perseguiti e la possibilità di essere considerati cittadini uguali a tutti gli altri. Gli ebrei decisero di

tentare di ritornare al più presto possibile alla normalità e non si fecero parte attiva nella ricerca dei

responsabili, ma lavorarono ad un processo di normalizzazione all’interno delle singole famiglie e

nelle Comunità ebraiche. Ciò lo fecero per sé, ma soprattutto per i figli, che dovevano tornare a

vivere con ottimismo la propria infanzia e giovinezza, che dovevano studiare serenamente e che

dovevano costruire rapporti con i propri coetanei ebrei e non. Bisogna considerare che tra i

sopravvissuti dai campi di sterminio fu impossibile per molti anni raccontare finché non ci si rese

conto che i più giovani rischiavano di non saperne quasi nulla ed allora cominciò una letteratura di

resoconto e di ricordi e si iniziò a far sentire nelle scuole le testimonianze dei reduci.

Le fotografie che riproducono persone nel periodo delle discriminazioni razziali sono delle precise

analisi della realtà di cui si vuole dare conto e con esse si vuole chiedere se sia giusto che delle

persone per bene, che non hanno colpe evidenti, debbano subire violenza e morte. Nella

documentazione fotografia i bambini appaiono come protagonisti di drammi vissuti in diverso

modo. La morte precoce ha colto tutti loro dopo poco tempo, accomunandoli nelle sofferenze del

ghetto.

Capitolo11: Ragazzi selvaggi: storie di bambini abbandonati e cresciuti in isolamento nel

corso del Novecento di Maria Crugliano

In passato i bambini imparavano le regole del vivere sociale principalmente all’interno delle proprie

famiglie. Attualmente l’evoluzione dell’istruzione scolastica ci porta a considerare la formazione del

bambino come il risultato ottenuto dalla collaborazione tra agenzie educative differenti. Un

bambino non è un elemento isolato, ma in lui si riflettono l’influenza della famiglia e della società in

cui vive.

La storia è costellata di vicende in cui bambini abbandonati crescono nel bosco completamente

soli e con le loro forze si adattano all’ambiente lottando per la propria sopravvivenza. Vi sono due

tipi di isolamento che sono stati analizzati dalla pedagogia:

1. l’isolamento esterno alla società civilizzata, come nel caso del ragazzo selvaggio dell’Avevron,

Victor, sul quale è stato scritto molto grazie al dottor Itard che se ne occupò personalmente;

2. l’isolamento interno alla società civilizzata, come nel caso di Kaspar Hauser, un individuo

costretto a vivere in isolamento in un seminterrato per oltre 16 anni. Al ritrovamento

quest’ultimo destò l’interesse di un famoso giurista che scrisse un rapporto sul ragazzo.

Questi due soggetti, privati entrambi della famiglia e dell’affetto dei genitori nei primi anni di età,

subirono danni psicologici considerevoli, sia dal punto di vista dell’intelligenza che riguardo i loro

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
12 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia dell'infanzia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Ulivieri Simonetta.