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Questa ricerca ha analizzato la storia dell’infanzia attraverso testimonianze orali di anziani per il
periodo che va dalla fine dell’Ottocento al 1940. E’ in tale periodo che insorgono significativi
cambiamenti nella relazionalità bambini/adulti sia per il passaggio da una famiglia patriarcale ad
una nucleare, sia per le differenze negli stili di vita tra famiglie borghesi e famiglie di ceto contadino
o operaio. Queste differenze più recentemente sono andate sempre più riducendosi e orientandosi
verso un comune modello di relazionalità educativa: si tratta di un nuovo modello educativo che è
più attento alla specificità infantile.
Capitolo9: Piccoli eroi e grandi destini. L’educazione dei bambini e delle bambine nei
quaderni dell’Italia fascista di Gabriella Seveso
Ogni epoca storica ha associato la differenza fra maschio e femmina a precisi ed espliciti codici
comunicativi e comportamentali, elaborando veri e propri modelli di ruolo per donne e per uomini. I
modelli erano trasmessi da una generazione all’altra, anche e soprattutto attraverso le pratiche
educative, di socializzazione e d’inculturazione. In alcune epoche storiche, i messaggi di ruolo
inviati a bambine e bambini sono stati particolarmente evidenti e insistiti. Durante il periodo
fascista i bambini e le bambine furono coinvolti in prima persona come interlocutori di un’opera di
propaganda di regime assai capillare. Negli anni immediatamente successivi alla riforma scolastica
promossa da Giovanni Gentile, il governo fascista mise in atto una vera e propria irregimentazione
della vita delle giovani generazioni, attuata attraverso provvedimenti tesi ad organizzare la prassi
scolastica e il tempo libero di bambini/e e ragazzi/e in maniera sempre più controllata e
“militaresca”. Contrariamente a quanto accaduto nei secoli passati, le bambine venivano chiamate
ad indossare divise, a partecipare a manifestazioni e tornei, e a sfilare, esattamente quanto i loro
coetanei maschi, acquisendo per la prima volta una visibilità evidente. Fu soprattutto “l’interesse
per l’aspetto salutistico ed igienico” ad indurre il governo a coinvolgere ledono nella campagna di
sportivizzazione, allo scopo di farne madri più robuste e più sane. Paradossalmente, le bambine
provarono l’illusione della parità, immediatamente sfumata nella consapevolezza di un’inferiorità 8
molto lampante. Le famiglie attribuivano maggiore importanza alla militanza dei figli nelle
organizzazioni giovanili e la dimostravano nei comportamenti più quotidiani, quali il mancato
acquisto di alcune parti della divisa femminile o l’esclusione delle bambine dai cortei. L’identità
femminile era identificata con la “missione” della maternità e della procreazione e cura dei futuri
valorosi soldati. Invece, la missione di salvezza della Patria era affidata ai futuri uomini. L’identità
militare era la massima identificazione maschile, mentre l’identità materna e casalinga quella
femminile.
I modelli di ruolo che ciascuna cultura elabora e invia ai bambini e alle bambine sono veicolati da
messaggi tanto pervasivi quanto sottili. Grazie ad alcuni quaderni di bambini, possiamo capire
come l’attività scolastica quotidiana costruiva inesorabilmente un percorso formativo anche delle
identità di genere. La scrittura bambina, pur essendo un documento di grande ricchezza storica,
rappresenta sempre un prodotto ambiguo e opaco perché frutto della contrattazione con la figura
adulta e perché in passato era concesso solo ad un élite di bambini. Gli anni dal 1929 al 1939
videro il fascismo interferire nella vita quotidiana del sistema scolastico in maniera sempre più
vistosa e pesante, attraverso un processo di progressivo allineamento alle direttive pedagogiche
del governo. I provvedimenti attraverso i quali tale processo si realizzò furono portarono la vita
scolastica quotidiana a divenire momento di celebrazione di ricorrenze militari e leggendarie o di
provvedimenti ed opere del regime stesso. La finalità del regime era quella di creare un vero e
proprio “uomo nuovo” accanto al quale l’unico destino femminile poteva essere quello di angelo del
focolare. La celebrazione di un’identità maschile forte, granitica, priva di debolezze e di sentimenti
procedeva parallelamente alla proposizione di un’identità femminile sempre più materna e
casalinga.
Capitolo10: I bambini e le persecuzioni antiebraiche: ricordi ed immagini di Annalisa Pinter
L’uscita delle leggi razziali in Italia (1938) si abbatté sugli ebrei con un grande drammaticità. Molti
persero il lavoro e fu dura cercare il modo di mantenersi, altri persero la loro abituale immagine
sociale, caddero in depressione e si tolsero la vita. Tuttavia le famiglie in generale decisero di
mettere immediatamente al centro della propria attenzione i figli e cercarono di mantenere
un’atmosfera di normalità. Tutte le comunità cercarono di creare o rafforzare le scuole ebraiche per
accogliere gli studenti ebrei poiché tutti erano stati cacciati dalle scuole del Regno. In alcune
scuole pubbliche furono istituite delle selezioni speciali per bambini ebrei, che non potevano più
mescolarsi agli altri compagni nelle classi. Ben pochi genitori credettero opportuno sottoporre i figli
alla difficile prova di vivere in una situazione di continua e palpabile emarginazione e preferirono
mandarli alle scuole ebraiche. A causa delle leggi razziali, la maggior parte delle amicizie tra
bambini ariani ed ebrei furono interrotte. Le famiglie cercarono di mantenere al loro interno una
parvenza di normalità perché il figli non risentissero troppo del dramma che si stava vivendo. In
generale, l’impatto delle leggi razziali fu diverso a seconda delle età, perché il tentativo delle
famiglie di mantenere una sia pure falsa atmosfera di normalità ebbe successo più che altro con i
bambini più piccoli, che avevano fino allora avuto poche relazioni esterne e che comunque
vivevano in queste ancora pilotati dai genitori. I ragazzi per lo più reagirono male, ebbero lunghi
episodi depressivi, si sentirono feriti e non accettarono l’abbandono da parte della maggioranza dei
precedenti amici. Tutti hanno dovuto cambiare vita repentinamente, essere sottratti al proprio
ambiente e hanno perso i legami più stretti con la famiglia allargata. Nasceva un bisogno di
dimostrare, prima di tutto a se stessi, di avere comunque una dignità e delle capacità che gli altri
volevano negare con le leggi. La maggior parte degli studenti si dedicò allo studio con grande
impegno e gli insegnanti vollero dimostrare a se stessi di non aver perso la propria funzione
professionale e si dedicarono con grande serietà a seguire i propri allievi, che non dovevano ridere
assolutamente niente di meno di chi non aveva dovuto soggiacere a queste leggi soffocanti. Agli
esami di fine anno, che gli studenti ebrei dovevano sostenere da privatisti, si ebbero spesso
risultati ottimi. Con l’occupazione dell’Italia da parte dell’esercito tedesco, le preoccupazioni per
l’istruzione e per l’educazione dei figli passarono in secondo piano, perché l’unico problema era
come cercare di scappare e trovare un luogo sicuro. Ormai era impossibile nascondere ai bambini
la tensione che regnava nelle case, la difficoltà di procurarsi il cibo e il terrore quotidiano degli
arresti. Mentre nella parte d’Italia che era stata liberata dagli Alleati s’iniziava a ricostruire
faticosamente la propria vita e si riaprivano le scuole ebraiche, nel Nord la situazione per gli ebrei
raggiungeva il suo livello peggiore. Ma la sconfitta dell’alleanza nazifascista e la fine della seconda
9
guerra mondiale portarono per gli ebrei italiani la gioia di poter nuovamente vivere senza essere
perseguiti e la possibilità di essere considerati cittadini uguali a tutti gli altri. Gli ebrei decisero di
tentare di ritornare al più presto possibile alla normalità e non si fecero parte attiva nella ricerca dei
responsabili, ma lavorarono ad un processo di normalizzazione all’interno delle singole famiglie e
nelle Comunità ebraiche. Ciò lo fecero per sé, ma soprattutto per i figli, che dovevano tornare a
vivere con ottimismo la propria infanzia e giovinezza, che dovevano studiare serenamente e che
dovevano costruire rapporti con i propri coetanei ebrei e non. Bisogna considerare che tra i
sopravvissuti dai campi di sterminio fu impossibile per molti anni raccontare finché non ci si rese
conto che i più giovani rischiavano di non saperne quasi nulla ed allora cominciò una letteratura di
resoconto e di ricordi e si iniziò a far sentire nelle scuole le testimonianze dei reduci.
Le fotografie che riproducono persone nel periodo delle discriminazioni razziali sono delle precise
analisi della realtà di cui si vuole dare conto e con esse si vuole chiedere se sia giusto che delle
persone per bene, che non hanno colpe evidenti, debbano subire violenza e morte. Nella
documentazione fotografia i bambini appaiono come protagonisti di drammi vissuti in diverso
modo. La morte precoce ha colto tutti loro dopo poco tempo, accomunandoli nelle sofferenze del
ghetto.
Capitolo11: Ragazzi selvaggi: storie di bambini abbandonati e cresciuti in isolamento nel
corso del Novecento di Maria Crugliano
In passato i bambini imparavano le regole del vivere sociale principalmente all’interno delle proprie
famiglie. Attualmente l’evoluzione dell’istruzione scolastica ci porta a considerare la formazione del
bambino come il risultato ottenuto dalla collaborazione tra agenzie educative differenti. Un
bambino non è un elemento isolato, ma in lui si riflettono l’influenza della famiglia e della società in
cui vive.
La storia è costellata di vicende in cui bambini abbandonati crescono nel bosco completamente
soli e con le loro forze si adattano all’ambiente lottando per la propria sopravvivenza. Vi sono due
tipi di isolamento che sono stati analizzati dalla pedagogia:
1. l’isolamento esterno alla società civilizzata, come nel caso del ragazzo selvaggio dell’Avevron,
Victor, sul quale è stato scritto molto grazie al dottor Itard che se ne occupò personalmente;
2. l’isolamento interno alla società civilizzata, come nel caso di Kaspar Hauser, un individuo
costretto a vivere in isolamento in un seminterrato per oltre 16 anni. Al ritrovamento
quest’ultimo destò l’interesse di un famoso giurista che scrisse un rapporto sul ragazzo.
Questi due soggetti, privati entrambi della famiglia e dell’affetto dei genitori nei primi anni di età,
subirono danni psicologici considerevoli, sia dal punto di vista dell’intelligenza che riguardo i loro