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DELL’ALTRO.!
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L’uso del terapeuta!
l’inizio del 2 anno di terapia fu per Sara anche l’inizio di una nuova fase di crescita della
relazione tra il terapeuta e Sara.!
Sara parlò delle sue amicizie,delle liti con i suoi genitori e del rapporto con i ragazzi.a volte
sembrava aperta ,a volte chiusa nel suo giubbotto di jeans.!
così come non piaceva mostrare l’interno del suo giubbotto perché non le piaceva il
colore, a Sara non piaceva neanche mostrare il suo vero sé,La parte di lei più autentica.!
Sara iniziò a domandarsi fino a quando si sarebbe dovuta recare ai nostri incontri,quando
il nostro lavoro si sarebbe concluso.!
Sara percepì che il terapeuta non era più un oggetto sé ma bensì una persona altra da
sé ,un Non - me.!
Sara chiese quando partì per una gita scolastica di essere tenuta a mente anche quando
non c’era.!
In quel periodo riportò in seduta le insoddisfazioni e le incomprensioni che viveva in
famiglia.!
Diceva che era stanca le continue richieste ,che aveva altro a cui pensare.!
Espresse sentimenti di rabbia verso i suoi genitori ma anche verso il terapeuta; sentimenti
che furono riconosciuti dallo stesso terapeuta senza mostrarsi risentito.!
Di seduta in seduta Sara manifestò la sua aggressività in modo sempre più diretto ,anche
se mai in modo eclatante,attraverso lamentele perché trovava in disordine ,il pensiero che
un’altro bambino fosse stato in quel luogo che sentiva appartenerle sempre di più.!
Tali manifestazioni avveniva quasi sempre nel periodo prima che lei sarebbe dovuta partire
per le vacanze ; iniziava ad esprimere il desiderio di voler interrompere i nostri incontri
anticipando così la separazione dove era lei ad abbandonare il terapeuta per non subire
lei stessa l’abbandono.!
Nel rapporto terapeutico si era concessa di rivelare la parte più autentica di Sé ,quella più
scomoda perché incrementava il rischio che l’altro non la volesse.!
una volta Sara arrivò in forte anticipo ed incontro il paziente che la precedeva.manifestò
tutta la sua rabbia affermando che non voleva più venire perché era stanca .!
“ poi hai l’altro bambino”!
come se volesse far sentire al terapeuta il dolore che l’abbandono comporta.!
era molto arrabbiata e questo incontro ci permise di affrontare il tema dell’aggressività ,di
come la percepiva e di come vive questo sentimento ,di come a volte sentiva di essere
molto cattiva quando si arrabbiava temendo di distruggere tutto.!
ma ,il terapeuta era sopravvissuto ai suoi attacchi e continuava ad aspettarla .Sara ebbe
modo di ripetere la sua aggressività molte e molte volte per esserne davvero sicura.!
Sempre più la funzione del terapeuta fu quella di funge da Io ausiliario,un Io esterno.!
Al compimento del suo 16esimo anno iniziammo a parlare di lei,di quando era nata,della
sua famigia,dei suoi affetti anche se non ne amava parlarne.!
Sentii che il lavoro terapeutico aveva contribuito ad una crescita della ragazzina ,crescita
avvenuta all’interno di una relazione con il terapeuta.!
Sara aumentò la consapevolezza di sé e la possibilità di fidarsi e affidarsi.!
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Obbiettivi terapeutici!
L’obbiettivo era muoversi verso la capacità di ricostruire legami connotati da una sana
ambivalenza e dalla capacità di essere in relazione senza confondersi con l’altro.!
Negli incontri con Sara il primo obbiettivo è stato quello di creare un confino tra Lei e l’altro
riconoscendo la sua collocazione nella realtà esterna per acquisire una maggior
consapevolezza di sé e l’altro ,dei suoi limiti ,dei propri bisogni .!
Un’ulteriore obbiettivo fu quello di acquisire un pensiero critico di sé e nei confronti della
realtà esterna.!
Occorreva aiutarla anche a far crescere in Lei un senso di dignità personale,valore di
sé ,di stima,di amor proprio recuperando un narcisismo perduto.!
In certi momenti sentii la necessità di assumere una funzione di Io ausiliario proponendomi
come persona esterna che l’accompagnava nella lettura della realtà.!
Il setting le consentì di vivere un’esperienza di continuità nel tempo in cui le sofferenze ,i
suoi dolori ,le sue rabbie potessero essere vissute senza che la figura del terapeuta
sparisse .!
In sintesi il lavoro terapeutico con Sara fu quello di aiutarla ad isolarsi meno nel mondo
che lei stessa creava e che gestiva a modo suo.!
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Vi fu l’intento di aiutarla a raggiungere una maggiore consapevolezza di sé CERCANDO
DI RECUPERARE IL Sé AUTENTICO ,ACCRESCERE LA FIDUCIA IN Sé STESSA ,LA
SUA CAPACITà CRITICA .!
Cercai di proporgli una realtà si setting in cui aveva la possibilità di sentirsi anche “diversa
“.!
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Riflessioni conclusive !
il mio intento in questo lavoro era quello di condividere una mia scoperta,in senso
Winnicottiano,come se avessi scoperto ora una cosa molto importante: !
l’importanza del setting,dell’ambiente ,nel lavoro con bambini fortemente deprivati ,ma soprattutto
l’importanza della relazione con essi.!
La stanza d’analisi potrebbe essere intesa come un’area transizionale tra realtà e mono interno in
cui il paziente può recuperare tappe dello sviluppo importanti e non completamente risolte.!
L’analista può divenire colui che fornisca per la prima volta al soggetto le condizioni ambientali
primarie che le sono mancate .Può fungere da madre-ambiente ,da madre-oggetto,svolgere
funzioni di holding,handling,presentazione dell’oggetto.!
Può inoltre fungere da Io ausiliario ,da filtro protettivo senza però essere la madre.!
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Nella psicoterapia il paziente potrà sentirsi vero e completo solo se avrà la possibilità di ricostruire
la continuità interrotta e quindi di entrare in rapporto con gli oggetti in modo reale.!
Sara mi ha insegnato che si può fare psicoterapia solo se si è disposti di concedersi
completamente; far sì che l’altro possa usarci.!
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Capitolo 2!
Sulla disprassia . Note psico-dinamiche da un caso clinico!
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Disprassia: problema dell’organizzazione del movimento che può anche influenzare
l’andamento di un bambino a scuola.!
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E’ un percorso arduo quello che ci spinge a cercare di capire le esperienze precoci
avvenute nel rapporto bambino \ coppia-madre.!
Sono esperienze quasi informulabili perché situate fuori dalla parola,in epoche in cui il
linguaggio non è ancora accessibile e solo corpo comunica e se stessi il suo messaggio.!
Nelle fasi iniziali della vita è il corpo che con le sue espressioni e movimenti comunica
(Crocetti,2004).!
Il caso che descrivo è quello di un ragazzo a cui è stato diagnosticato attorno ai 5 anni Un
disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria.!
A livello eziologico ( Terapia eziologica, mirata a combattere la causa della malattia
(contrapposta a terapia sintomatica) i ricercatori che si sono occupati di tale disturbo
ritengono che alla base ci sia un deficit originario di tipo neurofisiologico ,di cui però non si
hanno al momento attuale elementi scientifici precisi.!
Come scrive Colette Audry :!
“ il dramma del bambino si è svolto talvolta 20,40 anni prima che egli nascesse. E i
protagonisti sono stati i genitori e forse addirittura i nonni…; quali frustrazioni,quali
rimpianti di un paradiso perduto,quale disperazione,formano già in precedenza il
sentimento che fin dalla gravidanza lega la madre all’essere che uscirà da Lei.”!
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Guido Crocetti parla dell’importanza della preistoria del bambino e di quanto questa possa
coincidere sulla sua storia.!
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Nella prima parte del racconto verranno descritti elementi che caratterizzano la disprassia;!
Nella parte centrale si trova la descrizione dei primi incontri diagnostici con i genitori e
delle esperienze del ragazzo;!
Nella parte conclusiva saranno approfonditi gli aspetti teorico - clinici e psico-dinamici ;!
Nell’appendice sono riportate le descrizioni che il DSM-IV e l’ICD-10 danno del disturbo in
esame.!
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1.La disprassia evolutiva: i disturbi dello sviluppo pratico!
1.1 Descrizione nosologica e fenomenologia della disprassia!
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Quando la neuropsicologia cominciò ad occuparsi di bambini con sviluppo alterato
delle abilità motorie,sembrò inevitabile che vennero descritti come bambini goffi e
scordinati che non sembravano sindromi neuromotorie maggiori dunque :!
bambini disprattici.!
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Attualmente la nosografia ufficiale ha segnato la categoria dei disprattici l’etichetta
di disturbo di sviluppo della coordinazione inserendolo tra i disturbi delle capacità
motorie,che con disprassia evolutiva e disprattognosia si ritrovano alternativamente
in letteratura per riferirsi alla stessa categoria nosografica.!
La disprassia può anche influenzare il modo di apprendere a scuola.!
Il bambino può scrivere lentamente e non chiaramente, avere difficoltà nel seguire
o ricordare le istruzioni, essere incapace di parlare chiaramente, avere problemi
con la lettura e la matematica.!
Rimane ancora irrisolto il quesito : “ da quale tipo di lesione è determinata e in
quale struttura del cervello si trova l’anomalia “!
Il tentativo di risposta proveniente dal concetto di danno cerebrale minimo è
considerato dagli ambienti scientifici insoddisfacente.!
L’unica definizione che ci rimane è che la disprassia è il risultato del fatto che
alcune parti del cervello non si sviluppano in modo corretto.!
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1.2 Descrizione Psico-dinamica delle patologia nell’area della conoscenza e
della coscienza del proprio corpo!
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Il rapporto che abbiamo del nostro corpo è di conoscenza e coscienza.!
In tal senso si distinguono 2 aree di indagine: !
I disturbi dovuti ad una inadeguata organizzazione della conoscenza e i disturbi
dovuti ad una alterazione della coscienza e del vissuto del proprio corpo.!
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Disturbi dovuti ad una inadeguata organizzazione della conoscenza del
proprio corpo:!
per avere una adeguata organizzazione è necessario che il bambino abbia : !
- capacità di percezione propriocettiva ed eterocettiva !
- capacità di sintetizzare le diverse percezioni, cioè collocarle in un’insieme che
abbia un significato!
- capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo!
- capacità di apprendere,elaborare,integrare parole e concetti che riguardano il