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Per rispondere a questa sfida oggi i musei tendono ad utilizzare
soluzioni espositive fortemente interattive che influiscono sulle
relazioni fra OGGETTI, SOGGETTI, ISTITUZIONE.
Si è passati quindi da una fruizione contemplativa ad una +
diretta e dinamica degli oggetti.
L’adozione di soluzioni espositive ad altro coefficiente
tecnologico è una scelta che ha molteplici ragioni. Una ragione
particolarmente rilevante è che ci troviamo di fronte alla
necessità di far conoscere ed apprezzare il nostro patrimonio
culturale alle nuove generazioni, i cosiddetti “nativi digitali” che
hanno un’approccio al mondo ludico, multitasking, multimodale.
Si parte dal presupposto neuropsicologico fondamentale: tipi di
esperienze diverse conducono a strutture celebrali diverse.
L’esposizione prolungata delle nuove generazioni ad ambienti
ed esperienze digitali sarebbe quindi responsabile dei
cambiamenti cognitivi e sociali di cui sono protagonisti.
In altre parole poichè le nuove generazioni sono madrelingua
digitali dovremmo sforzarci di comunicare parlando nella loro
stessa lingua.
Nonostante questo gli investimenti in questa direzione delle
istituzioni museali del nostro Paese risultano modesti. Da un
lato si è puntato su dispositivi + inclini al intrattenimento che
all’educazione, dall’altro si sono riscontrati problemi legati al
veloce superamento della tecnologia utilizzata, alla difficoltà di
mantenerla efficiente e alla ripetitività delle esperienze.
Gli investimenti devono quindi basarsi su una progettazione
pedagogica-didattica che renda questi dispositivi in grado di
generale la massima efficienza in termini di formazione umana.
Contesti di fruizione ed apprendimento
Dal punto di vista formativo gli oggetti culturali ( beni culturali )
sono saperi cristallizzati in una certa forma “da e per”
conoscere, fine e mezzo dell’esperienza. Ogni oggetto culturale
ha in sé un contenuto spirituale ( esempio opera pittorica )
strumentale ( macchina leonardesca ) o antropologico-culturale
( reperto storico ).
Questo contenuto è quello che l’esperienza museale dovrebbe
svelare. Ogni esperienza è necessariamente rivolta non solo
all’educazione intellettuale ma anche a quella affettiva perché
alla base del processo di apprendimento vi è il coinvolgimento
sia dell’elemento cognitivo che di quello affettivo (sfera
emotiva= devo poter sperimentare un senso di gratificazione,
devo ritenerlo importante x me…).
Da un punto di vista formativo l’opera si realizza
completamente solo quando raggiunge con successo i suoi
destinatari.
L’opera ha sempre qualcosa da comunicare ai suoi fruitori ed è
il messaggio che l’autore intendeva trasmettere.
L’istituzione museale ha però un ruolo decisivo in questa
comunicazione. La logica espositiva ( contesto, vicinanza ad
altre opere… ) è la mediazione che il museo fornisce risultano
fondamentali nella fruizione dell’opera e nella sua
comprensione.
Interventi di mediazione che prevedono ITC di prima e seconda
generazione.
La scelta di mileau semiotici e materiali diversi permettono
interazioni soggetto-oggetto differenti.
Diverso infatti è esporre l’opera come puro oggetto ( lasciando
che il soggetto ne fruisca liberamente ), scegliere il supporto di
dispositivi informazioni o ancora porre un “problema” o
interrogativo su certe caratteristiche dell’opera su cui il soggetto
è chiamato a dare risposta attraverso simulazioni o
sperimentazioni.
Mileau adeguati, in modo particolare quegli digitali, sono
fondamentali nella mediazione didattica del museo.
L’impiego delle tecnologie può avvenire a livello di “forma”
dell’oggetto ( per esempio la riproduzione virtuale dell’opera ) o
sulle conoscenze associate ad esso ( es: realtà aumentata )
modificando la percezione sia da un punto di vista percettivo
che intellettivo.
All’istituzione museale spetta quindi trasposizione didattica
istituzionale cioè il compito di rendere l’oggetto culturale
accessibile in funzione dei destinatari, dei contesti o delle
finalità.
Questo comporta x il museo un lavoro di adattamento per il
quale si individuano alcuni criteri metodologici:
- strutturazione in campi di attività e di esperienza degli oggetti
culturali e delle conoscenze ad esso associabili
I setting di fruizione ( l’ambientazione e lo scenario ) devono
comprendere esperienze percettive, intellettuali e sensoriali
che sollecitino una partecipazione attiva e consapevole
dell’utente ( maggiore per esempio alla semplice didascalia
che accompagna l’oggetto ). Se ne ricavano 2 criteri
metodologici. Il primo è “learning by doing” (trasposizioni del
sapere in forme operazionali). Il secondo consiste
nell’individuazione di elementi conoscitivi che abbiano una
relativa compiutezza ( autonomia ).
- depersonalizzazione e ri-personalizzazione
degli oggetti culturali
L’oggetto all’interno del museo è separato sia dal contesto
nel quale ha avuto origine sia dai soggetti che lo hanno
prodotto. Occorre quindi valutare il grado di incidenza che
questa separazione ( depersonalizzazione ) comporta e
ricostruire, per quanto possibile, il contesto originario.
- strutturazione del sapere legato all’oggetto
Il sapere connesso ad un certo oggetto può essere
potenzialmente molto esteso. Occorre quindi individuare gli
elementi del sapere ( storici, linguistico, narrativi…)
associabili all’opera e organizzare gli elementi secondo
logiche epistemiche ( dal semplice al complesso, dal
generale al particolare…)
- adattamento del sapere rispetto al soggetto
Le caratteristiche del soggetto influiscono sull’efficacia
dell’esperienza di fruizione. Non tutti i soggetti hanno lo
stesso ritmo di apprendimento che può dipendere per
esempio dal livello di conoscenza pregressa. Occorre quindi
individuare le variabili di apprendimento individuali e le
esperienze di fruizione che le prendono in considerazione e il
profilo utente.
Abbiamo già detto che l’efficacia della fruizione è raggiungibile
a patto che il mezzo tenga conto delle condizioni percettive,
motivazionali e affettive sulle quali costruire la relazione fra
soggetto e oggetto.
E’ necessario che si possa accedere alle informazioni a livelli
diversi ( diversi livelli di specializzazione, linguistici, tempi…) e
che gli ICT siano modificabili e implementabili nel tempo per
evitare una rapida obsolescenza dell’esperienza di fruizione. I
mileau digitali seguendo queste indicazioni dovranno quindi
essere di tipo esperienziale, focalizzato, contestualizzato,
sensibile alle variazioni del soggetto fruitore e a quelle
epistemiche dell’oggetto culturale.
Profili utente diversi per età, professione, livello culturale
risponderanno diversamente alle variabili di apprendimento
( es. per età è più probabile registrare utenti digitalizzati in
soggetti giovani che in età avanzata ).
Oltre che del profilo utente ( user customitation ) anche
dell’organizzazione della conoscenza ( knowledge
organization )
Mileau, ICT based a semiotic domains
James Paul Gee ha coniato la nozione di campo semiotico
attraverso un’indagine empirica sui videogiochi e ha individuato
36 principi su cui, a suo giudizio, si basa l’imparare a
videogiocare. La nozione di semiotic demain è stata introdotta
per descrivere il videogioco come sistema di apprendimento
partendo dalla consapevolezza che quando le persone
imparano a videogiocare stanno vivendo una nuova
alfabetizzazione, di tipo multimodale ( parole, simboli, immagini,
suoni, musica, movimento ).
I mileau digitali per la fruizione di opere, analogamente
costituiscono contesti di alfabetizzazione multimodale o, nel
senso inteso da Gee, campi semiotici.
Il campo semiotico dei mileau digitali è costituito da 3 elementi:
1) le grammatiche interne -> regole di gioco, linguaggio
utilizzati, modalità d’uso del dispositivo ( vengono scoperte
dall’utente durante la fruizione )
2) le grammatiche esterne -> sistema di relazioni sociali fra
membri della comunità che condividono i medesimi interessi
culturali e l’attitudine alla condivisione delle esperienze
3) l’identità del giocatore -> è l’aspetto più specificatamente
legato al videogioco. In questo ambito la intendiamo nn
tanto come identità virtuale ma come soggettività del fruitore
in quanto a percezioni, emozioni, convinzioni.
Dei 36 principi se ne segnalano 11:
1) principio dell’apprendimento critico = ambiente progettato
per stimolare una costruzione personale e partecipe della
conoscenza
2) principio della semiotica = apprendimento delle relazioni fra
sistemi di segni in un sistema complesso
3) principio dell’amplificazione dello stimolo = piccolo stimolo,
grandi effetti
4) principio del regime di competenza = le sfide devono essere
percepite come alla nostra portata
5) principio dell’esplorazione = l’apprendimento è il risultato di
esplorazione, ipotesi, accettazione o rifiuto delle ipotesi
6) principio del significato situato = i significati dei segni
emergono dall’espirazione dello specifico contesto di
apprendimento
7) principio del testo
8) principio della multimodalità = più linguaggi utilizzati
9) principio dell’informazione on demand e just in time
10) principio distribuito = la conoscenza nn è solo nella mente
dei soggetti ma è anche negli strumenti, nelle tecnologie,
negli oggetti degli ambienti
11) principio diffusivo = conoscenze e significati sono condivisi
anche al di fuori
In chiave museale i mileau di ICT permettono un
apprendimento che risponde a tutti i principi sopracitati. In
modo particolare:
multimodale
contestualizzato ( learning to doing )
distribuito ( associa conoscenza e realtà )
diffusivo ( principio di interazione utenti-oggetti e utenti-utenti )
personalizzato ( implicazione personale del soggetto che
partecipa in prima persona all’esperienza di fruizione ).
Mileau ICT based e organizzazione della conoscenza
L’organizzazione delle conoscenze in un mileau digitale deve
tener conto sia dei principi epistemologici sia di quelli didattici.
Un sistema di classificazione più naturale ossia più vicino a
quello della mente umana, permetterà di favorire la capacità di
percezione e di utilizzo del sistema di classificazione.
Citando Norman minore è