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LA MORALE DEI POSITIVISTI
La fondazione di un’etica laica
La “morale dei positivisti” pubblicata nella “rivista repubblicana” di Milano nel 1879
è composta da 2 sezioni:
- la cognizione in ordine al volere, il volere e la moralità per la prima sezione
- l’egoismo, l’impulsività dell’idealità sociale, le possibilità della moralità senza la
religione, la responsabilità e la sanzione sociale
Introduzione mostra le finalità dell’opera. L’ideale si impone al volere dell’uomo e
ne domina le tendenze egoistiche: affermazione della moralità. L’egoismo regola le
sue azioni: la negazione.
Prima parte è dedicata alla teoria generale.
volere
Il è visto come una riserva di forza, una somma di voleri che coordina le serie
psichiche superiori.
libertà
La è data dalla somma degli istinti e si esplica in ragione della molteplicità dei
sistemi impulsivo-motori della psiche. È una somma di istinti che non preclude
l’autonomia perché l’uomo, un grado elevato rispetto agli altri esseri, gode di
autonomia superiore a chiunque altro, quindi di libero arbitrio, di libertà.
Seconda parte si esamina la moralità come ideale che si impone in maniera assoluta
al volere dell’uomo, dominandone le tendenze egoistiche. Le idealità morali come
anche le virtù si formano proprio nell’ambiente sociale e si determinano in questo che
interagisce nella creazione dell’abitudine alla moralità oltre che alla persistenza delle
idealità morali, persistenza dettata dal principio della convivenza sociale. la genesi e il
perfezionamento della morale dipendono dalla natura e non dalla religione.
L’etica è una formazione naturale che trova la sua spiegazione e la sua ragione nella
ricostruzione genetica; se eticità è storia, la formazione è educazione.
Egli, considerando che la pedagogia è scienza dell’educazione, ritiene che il fine
dell’educazione sia lo sviluppo di attitudini concretamente definite e valutabili. Il
risultato dell’educazione e il processo stesso sono formazione naturale quindi la
pedagogia mira a creare autonomie, automatismi.
Ardigò riconduce l’educazione, quindi la morale, all’acquisizione di abitudini positive.
La natura e lo sviluppo spontaneo produrranno automatismi generici e comuni, mentre
il processo di educazione e lo sviluppo volontario ne producono di particolari e
individuali. Educazione processo formativo di abitudini “buone” cioè quelle in grado
di formare un essere compiuto.
Si propone di istituire un’etica laica basata sulle scienze naturali, non prescrittiva, che
pone l’uomo dinanzi alle proprie responsabilità fornendogli un bagaglio per poter fare
scelte razionali.
Nel neonato regno d’Italia, vi era una necessità di un’etica che promuovesse
formazione civile e sociale tra i cittadini; doveva essere un’etica laica considerando la
frattura con la chiesa cattolica, e nell’ideazione di questa etica ritroviamo Ardigò: egli
dava vita all’ideologia della nuova Italia progressista.
Sostiene che la morale e il diritto non possano essere perenni. La morale è una
formazione naturale come qualunque altra, è una risposta al bisogno umano di una
vita sociale. i condizionamenti sociali, le istituzioni, sono il substrato della moralità,
formata dalle buone abitudini; morale che si contraddistingue per fini anti-egoistici.
Perciò educare non è indurre abitudini tramite l’indicazione delle cose da fare ma
esercizio che produce l’abito intellettuale e pratico.
La sua etica non è prescrittiva e limitante, perché nell’essere vivente vi è anche
volontà cosciente (psiche) che è un autonomia superiore che riesce a governare e
indirizzare le potenzialità delle attività non intellegibili dell’organismo.
Libero arbitrio il libero arbitrio coincide con l’autonomia umana, l’uomo grazie a
questo è Dio della natura. Il suo pensiero concepisce disegni inconcepibili al mondo
naturale e li impone alla natura, per via negativa (impedendo che le cose gli possano
nuocere) per via positiva (forgiando la natura a seconda delle proprie disposizioni e
facendo delle cose le sue creazioni) l’uomo regola se stesso, vince le passioni e
controlla le malattie, oltre a difendersi dalla natura ostile. Questo dominio è diritto
perche ragione assoluta, ed è dovere, nel rapporto con se stesso.
L’ordinamento sociale
L’ordinamento sociale di una civiltà è un fatto storico, una formazione naturale,
risultato della somma delle azioni messe in atto dalle diverse volontà individuali che si
succedono nel tempo; è soggetto in divenire. La vita sociale permette la spiegazione
delle attitudini particolari di ogni individuo, le abilità personali. Allontanarsi dal mondo
è per A. il risultato di un’offesa ricevuta al sentimento della socialità, cui consegue una
protesta.
La vita sociale è un fatto naturale, quindi non sempre perfetta, ma che procede col
progredire dei tempi. La moralità dell’uomo si sviluppa a seguito degli aggregamenti
sociali fino a raggiungere piena consapevolezza del proprio essere e della propria
individualità con la società universale. (evoluzionismo spenceriano).
Convivenza sociale : fatto naturale è sempre in costante progredire e progredisce
diventando, in un divenire prestabilito. L’ideale assoluto della società, per A. , è la
democrazia, intesa come momento in cui la ricchezza, la cultura, il potere, l’agiatezza,
siano di chi emerge per merito e capacità e non di pochi privilegiati.
Per Ardigò, oltre alla evoluzione fisica delle specie ce n’è un’altra psichica che si
accompagna alla prima e che nell’uomo è evidente nella misura in cui in esso si
riscontrano idealità non presenti nelle altre specie animali. Una delle idealità
famiglia.
fondamentali è la
Nel mondo animale si interrompe quando si interrompono le necessità di allevamento
della prole, nell’uomo è durevole e dimostra come l’idealità sociale non sia un
elemento semplice ma complesso in quanto formato da un sistema in cui si
armonizzano le individualità personali di diversi soggetti.
Sentimento pio una qualità o disposizione psicoaffettiva per cui l’uomo si distingue
con l’animale. Pio è quindi sinonimo di umano, poiché la pietà si trova in tutte le
manifestazioni umane; si appropria di un termine cristiano per trasferirlo in una morale
laica.
Le moralità sono in continua mutazione secondo un processo indefinito che può essere
indagato da una scienza osservativa e non deduttiva, che lui chiama storia naturale
delle idealità umane.
= il principio di tutte le azioni umane è l’idealità sociale, principio antiegoistico.
La morale sociale
Nella seconda parte del libro Ardigò sostiene come le idealità sociali si formino nello
stesso ambiente sociale e da queste sono quindi determinate. Il vivere sociale è
l’effetto di un movimento naturale quindi anche gli usi e i costumi dipendono da questi
e diventeranno quasi leggi implicite della natura umana. Da ciò si deduce che non è la
pena stabilita dalle leggi a mantenere l’ordine sociale, ma la predisposizione dovuta
all’uso, al costume, all’abitudine comune. Tuttavia non tutti i membri della società
possiedono l’idealità sociale allo stesso modo, solo un numero ristretto di individui
possiede una conformazione morale più perfetta, perché si distinguono dal resto
dell’umanità per le diverse condizioni favorevoli in cui hanno vissuto, come l’eredità
fisiologica, l’educazione, la posizione sociale oltre che anatomicamente. Alcuni nella
società quindi sono per nascita e luogo destinati a eccellere sugli altri e molti per gli
stessi motivi non potranno mai ambire a posizioni di rilievo e non ne sono consapevoli.
Ma il virtuoso una volta formato non riesce a mantenere stabile il possesso delle virtù,
deve quindi mantenersi in esercizio costante. Così l’uomo virtuoso può mantenere in
sé i tratti della società in cui appartiene influenzandola con la sua virtù. Per Ardigò
dovrebbero essere gli ottimi a dover governare la cosa pubblica e a contenere le
anormalità e le ingiustizie.
Teorizza, consapevolmente o meno, una visione socio-politica di stampo più
assolutistico di quella delle monarchie a diritto divino. Alcuni sentimenti o pulsioni che
si ritengono innate sono invece la conseguenza dell’imitazione delle idealità sociali.
Poiché ogni abitudine inclusa quella al bene può essere generata nell’individuo per
mezzo dell’esercizio di specifiche attività, oltre che per imitazione di atti sociali, è
evidente che la scienza pedagogica dovrà trattare costantemente di attività, esercizio
e abitudine.
Ardigò delinea un impianto ideale di stato fondato su un ordinamento sociale che
sappia insieme coniugare e mediare le diverse esigenze dei cittadini. Ardigò sente la
necessità di fondare una coscienza civile del nuovo regno di cui l’artefice è
l’educazione, in un’etica laica scientificamente.
= Ardigò tenta di fondare una morale che non ha nessun rapporto con la fede ma che
conserva il rispetto di quella “perduta”, che Marchesini definì “ingenua”. Rimane
l’esigenza cristiana dei costumi integerrimi che egli reputa possibile, anche grazie alla
scienza, far acquisire nella cultura della società italiana del tempo.
CAPITOLO 3
UNA MORALE SENZA LA RELIGIONE
Lo sradicamento della religione e la morale evoluzionista
Ardigò, dopo aver dimostrato come il divenire sociale sia un processo evolutivo e
storico, passa ad esaminare se la morale sociale che si evolve e sviluppa storicamente
di pari passo con la società, sia possibile al di fuori della religione: la scienza, nel suo
constante progresso, può superare la religione? E se così fosse, la società potrà
continuare ad avere ancora una morale?
Effettua due dimostrazioni:
- pregiudiziale se la scienza non può superare la religione, allora una questione
morale a-religiosa non può nemmeno considerarsi, perché la religione sarebbe
necessaria per la moralità sociale.
- pratica spiega come, eliminato l’elemento religioso, si possa sviluppare<