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CAPITOLO IV
EDUCAZIONE, SCUOLA, STATO
La questione sociale e l’educazione
L’opera più importante di A. è “ la pedagogia, lo stato e la famiglia” pubblicata nel 1876.
Angiulli riconosceva come la questione politica, economica, sociale, morale e intellettuale
costituivano un tutt’uno e come questo tutt’uno evolveva all’interno del corso del
processo storico.
L’esempio che A. faceva era la permanenza della conflittualità tra l’ortodossia cattolica,
espressione del passato, prona al dogma e ostile alla società industriale e la scienza,
espressione del futuro che lasciava la religione alla libera manifestazione del sentimento
individuale e sosteneva la logica del benessere collettivo mediante il lavoro. Ciò spingeva
a sostenere che:
- i popoli rimasti legati alla religione cattolica avevano avuto un progresso
intellettuale, morale, materiale e civile meno evidente rispetto a quelli in cui il peso
della religione era minore, tra cui i paesi protestanti più liberi da forme ortodosse.
Era una forte semplificazione perché riconduceva la debolezza delle nazioni latine
alla presenza del cattolicesimo (che se pur vero che un’impostazione religiosa
fortemente sentita poteva influenzare la mentalità ma è comunque chiaro che si
esprimeva qui lo spirito dei tempi di quella parte culturale che riteneva la chiesa
un pericoloso retaggio del passato).
Angiulli non esitava a lamentarsi della situazione italiana dove, elementi cattolici,
convivevano, nella cultura, nella politica, nel quotidiano, con elementi laici. Ciò
rendeva difficile la risoluzione, occorreva riformare alla base l’incerto organismo
sociale, la costruzione della comunità italiana. Secondo A. non esisteva la società
italiana come corpo organico, la ricostruzione dell’organismo sociale dipendeva dalla
ricostruzione mentale di tutti gli individui che la compongono. Occorreva un’opera
graduale che agisse sulle giovani e future generazioni. Il compito dell’educazione per
A. era socio-politico. Tornava a ribadire che il progredire di diverse civiltà dipendeva
dalla differenza di culto, credendo che la decadenza delle nazioni latine dipendeva
dall’incidenza del cattolicesimo, cosa contraria invece aveva portato le nazioni come
Germania e USA al successo economico, era questo anche un modo per riprendere la
polemica contro il Vaticano ancora dichiaratamente ostile allo Stato Italiano.
Per A. il segreto del problema educativo consiste nel cogliere in mezzo al progresso
della storia i principi che costituiscono l’evoluzione della cultura e applicarli nella vita
di un popolo per l’attuazione dei più alti svolgimenti. Sapeva bene che nel mondo
pedagogico regnavano gli stessi contrasti e le stesse contraddizioni che aveva
registrato nella realtà sociale. Riprendendo la distinzione comtiana constatava che
dalle scuole italiane uscivano 3 parti politiche:
1. la prima corrisponde alla fase teologica dell’educazione mentale della razza,
nega il progresso e la libertà e santifica la reazione
2. la seconda corrisponde alla fase dell’educazione letteraria e metafisica,
proclama i diritti dell’uomo e della coscienza ed è rivoluzionaria.
3. La terza corrisponde alla fase dell’educazione scientifica e sostituisce alle
entità del potere divino le leggi dello sviluppo necessario dei fatti naturali e storici.
Su questa base di impostazione comtiana, A. intendeva edificare la pedagogia scientifica.
La pedagogia scientifica e lo Stato
Angiulli temeva una politica, quindi un’educazione, sia reazionaria sia che favorisse il
libero mercato e che si traducesse nel successo di una ristretta oligarchia. Vivevano in lui
le esigenze di un generale riscatto civile per cui si potrebbe definire il suo liberalismo
sociale, rivolto a favorire, pur nelle distinzioni dei compiti, un complesso miglioramento
delle qualità di vita.
Per raggiungere ciò bisognava risolvere il problema educativo e questo si poteva avere
attraverso la fondazione della pedagogia scientifica e nella sua successiva attuazione
nella scuola e nella vita. La pedagogia scientifica non doveva basarsi su alcun a priori, la
sua costituzione scientifica dipendeva dai progressi recenti della biologia e della
sociologia. La biologia, infatti, spiegava il collegamento tra funzioni mentali e condizioni
organiche, mentre la sociologia comprendeva le leggi della cultura e indicava i percorsi
da seguire. Angiulli sosteneva che la teoria della scienza educativa doveva realizzarsi in
uno stato libero: stato libero significava libero da ingerenze esterne e capace di essere un
completo organismo. Ciò implicava la necessità che lo Stato avesse la completa gestione
dell’educazione della nazione. Per A. l’educazione, che attua la condizione indispensabile
alla libertà e al benessere, non poteva essere abbandonata al libero arbitrio dell’individuo
o di una classe.
Lo stato educatore si opponeva alle scuole religiose sparse in tutta l’Italia e al diffuso
analfabetismo ancora presente dopo qualche anno dall’unità d’italia e, all’obbligatorietà
della scuola elementare voluta dalla Legge Casati.
Angiulli insisteva che l’insegnamento dovesse essere organizzato dallo Stato e
riconosceva che le famiglie potessero provvedere liberamente alla scelta delle scuole
purchè fosse assicurato l’obbligo.
Istituire scuole non era però ancora sufficiente, occorreva determinarne il contenuto, la
natura e il grado di istruzione. Particolarmente i contenuti dovevano essere ben delineati
nelle elementari, mentre man mano che si andava avanti nei gradi scolastici si poteva
svolgere l’insegnamento con maggiore libertà. Angiulli non era per una scuola neutra,
come gli venne poi criticato dai critici del positivismo, ma la sua impostazione della
scuola di Stato era espressione di una concezione di vita che si traduceva in una scuola
essenzialmente laica che rifiutasse nelle elementari la presenza di ogni catechismo.
Da qui sorgeva un problema che sarebbe poi rimasto in tutta l’età del positivismo: se
l’insegnamento della religione era da escludere perché dogmatico, quindi condizionante
la libera scelta individuale, come si sarebbe fatto poi ad accettare come compresenti una
scuola orientata in senso scientifico positivista, la libertà di opinioni e il principio
dell’utilità comune? Il liberalismo moderato di A. non escludeva la libertà di opinione ma
finché vi erano le opinioni non vi era posto per la scienza. Ciò che premeva ad A. era la
fine della presenza dell’istruzione religiosa. Il suo laicismo raggiungeva punte estreme,
anche perché in quegli anni si lasciava libertà ai comuni di impartire nelle scuole il
catechismo. Solo nel 1877 con i programmi Coppino venne meno l’insegnamento della
religione nella scuola elementare.
Angiulli sosteneva che non contasse il parere della maggioranza numerica di italiani ma
dei pochi uomini di scienza che avevano il diritto e dovere di indirizzare la scuola su
questo egli aveva un impostazione scolastica totalitaria nel senso del primato
dell’aristocrazia della cultura positivista.
Angiulli non era di per sé contrario alla religione quanto all’ortodossia cattolica del tempo,
per sue ragioni avversa allo Stato che considerava invasore e allo scientismo a cui
attribuiva l’ateismo.
Scienza e religione
La religione secondo A. poteva esistere senza miti, senza dommi, senza soprannaturale e
senza miracoli. Scaturisce da un sentimento della dipendenza dell’uomo verso una forza
naturale, e quando la scienza ne eliminava gli elementi fantastici e i concetti di spirito
ecc. , ne rimaneva la forma più pura. Quella di A. era una religiosità scientistica, l’unica
religione possibile era quella che riconosceva le leggi naturali.
Angiulli continuava la sua analisi affermando che non era mancato chi avesse ritenuto
che l’educazione della razza fosse nata dal dogma della rivelazione religiosa, sicchè
l’educazione individuale ricapitolava l’evoluzione filogenetica. L’uomo primitivo, privo di
ogni scienza, aveva attribuito i fenomeni naturali ad energie personali.
Ciò non vuol dire che nella scuola si sarebbe dovuto ripercorrere tutti gli stadi compiuti
dalle forme di religione, Angiulli non aveva perplessità, non doveva esserci spazio nelle
scuole per l’insegnamento della religione, nelle scuole pubbliche doveva apparire solo
sotto la forma storica, mera esposizione oggettiva e scientifica dei diversi sistemi religiosi
in vigore tra gli uomini.
La contrapposizione della classe operaia ai capitalisti, con l’avvento della realtà
industriale, poteva essere ora risolta con il graduale miglioramento intellettivo, morale e
materiale della classe operaia. Da buon liberale, A. era convinto che ognuno avrebbe
dovuto ottenere secondo le proprie capacità, ma non era socialmente giusto che vi
fossero persone che godevano del lavoro altrui e altrettanto che ci fosse una divisione tra
lavoro cerebrale e muscolare; inoltre non era da ignorare che spesso l’indigente pensasse
prima alla sopravvivenza materiale che alla frequenza scolastica.
L’istruzione doveva accrescere i guadagni e la dignità dell’uomo. Angiulli si rivelava cosi
un pensatore moderato.
La scolarizzazione
Si trattava di capire quali potessero essere le parti fondamentali della scienza da
introdurre nelle scuole. Obiettivo della scolarizzazione doveva essere l’integrazione
sociale. le discipline che proponeva erano quelle scientifiche che sarebbero state comuni
in altri positivisti del tempo: matematica ( dava conoscenza del sistema cosmico, era
necessaria per conoscere il mondo ), fisica e chimica ( trovavano applicazione
nell’industria) biologia (giovava all’agricoltura e alla vita personale e familiare) sociologia
( dava la chiave per comprendere la vita civile culturale ed estetica, letteraria).
Angiulli proponeva che il tempo della frequenza scolastica fosse esteso dai 7 ai 13 anni e
più: ci si trovava difronte ad una riforma della scuola, anche se appena abbozzata. Dopo
le elementari dovevano essere istituite le scuole di complemento ce oggi diremmo scuole
professionali (esistevano ma non nei piccoli comuni).
Angiulli insisteva sul fatto che l’educazione scientifica potesse giovare allo sviluppo della
memoria, del giudizio, del rispetto morale. La scienza aveva la capacità di rendere umili e
veritieri, ma lo Stato doveva fare la sua parte, ovvero fornire degli insegnanti capaci. Qui
veniva toccato un altro tema di attualità: la scarsa preparazione degli insegnanti e la
carenza di organico.
Bisognava riqualificare la professione dell’insegnante e conseguentemente la sua
retribuzione. Per fare ci&o