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LA FORMAZIONE DEI DOCENTI DEL TERZO MILLENNIO. IL PUNTO DI VISTA

EPISTEMOLOGICO

I fattori e gli elementi e i referenti esterni/interni al sistema universitario e alla formazione del

docente dove si può articolare la rappresentazione del nuovo volto della complessità, post

modernità, sono:

- Rivoluzione informatica, globalizzazione dei mercati , del lavoro, dell’informazione,

dell’interdipendenza delle nazioni, della complessificazione della società, la caduta della

grandi assiologie, l’omologazione, la relativizzazione, la neutralizzazione dei valori, la crisi

dei concetti di persona, di vero , di bene, bello, la crisi delle grandi ideologie, la

secolarizzazione , la società multi, la conflittualità economiche, la violenza e la giustizia

nelle loro varie forme individuali e sociali, le aggressioni e le offese alla vita….

Si sta manifestando in sintesi il limite della razionalità scientifica fiaccata dagli eccessi perpetrati

nella modernità mentre si estende il paradigma della razionalità tecnologica.

Assumere il punto di vista della razionalità tecnologica significa precostruire un modello

tecnocratico di insegnamento/apprendimento a cui approssimarsi nell’attuazione del processo di

formazione dell’allievo. È un modello che assume il criterio dell’efficacia come regolatore

dell’azione del docente e si converte in un processo di costruzione dell’uomo-allievo. È un modello

che si rifà al paradigma costruttivista-costruzionista, che poco ha a che fare con la realizzazione

della persona secondo le proprietà dell’identità, unicità,….di ogni singolo.

- La formazione è in questa prospettiva “costruzione” atta ad ottenere un prodotto umano il

più vicino possibile al prototipo.

La formazione del docente si dipana secondo un’organizzazione di discipline di tipo

cumulativo e funzionalistico, il cui principio selettore non è la pertinenza pedagogica ma la

loro potenziale efficacia.

Ne deriva un profilo docente inteso come operatore e costruttore di progetti, un sistema

organico di disposizioni che costituiscono un progetto di vita al quale non corrisponde un

progetto pedagogico.

Si può rispondere al NUOVO solo con una mossa sul piano epistemologico capace di riposizionare

la formazione nel quadro delle nuove coordinate epistemiche, culturali, sociali della postmodernità.

Bisgona determinare un nuovo paradigma scientifico di ordine pedagogico, detto paradigma della

formatività grazie al quale si determinano fattori e misura del potenziale formativo rinvenibile nel

contesto temporale o iscritto nelle discipline prescelte in funzione delle concezioni della persona e

dell’educazione. La formatività, educabilità e soggettualità vengono a costituire il nucleo fondativo

per l’elaborazione di una nuova teoria della formazione.

L’insegnamento come formazione si concretizza nell’azione formativa e operazionalizza le teorie

disciplinari in termini di congruenza, pertinenza e coerenza. Ciò avviene perché nell’azione

formativa confluiscono 3 componenti:

- Una componente contenutistica (i saperi)

- Una componente scientifico-umana (lo sviluppo)

- Una componente assiologica (i valori)

Uno specifico dispositivo epistemologico ovvero il modello in pedagogia è essenziale in due sensi:

1. In quanto mediatore indispensabile per il passaggio dal piano della Teoria al piano della

progettazione e dell’azione secondo i criteri di congruenza, pertinenza e coerenza sopra

ricordati

2. In quanto apparato professionale indispensabile per la formazione del docente

Il curriculo formativo del docente va concepito ed organizzato in modo da assicurare la conformità

del percorso teorico-pratico.

Se la specificità è data dall’azione educativa ne consegue che il curriculo è legittimato e costituito

da quelle discipline accademiche che sono armonizzabili per la loro valenza in funzione dell’azione

educativa : vale a dire pertinenti e fruibili nei momenti della progettazione e della realizzazione

dell’insegnamento.

Questa prospettiva implica l’attivazione di un rapporto strutturale tra Università e Scuola, definito

sul piano epistemologico dei loro diversi ruoli e funzioni.

Tirocinio: livello/momento in cui si realizza l’analisi della dimensione pratica dell’identità

professionale

Laboratorio: luogo di sintesi in cui si attua la composizione della dimensione scientifico-

disciplinare e pratico-professionale. Momento di sintesi , modello di apprendimento attuativo a

circuito aperto e progressivo.

CAPITOLO 4

L’EVOLUZIONE DELLA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA

Prima del decreto ministeriale 26.5.1998 i maestri dovevano essere piu che altro persone disponibili

e umane mentre i professori dovevano essere soprattutto persone competenti in una certa disciplina.

Questo ha portato alla divaricazione dei percorsi formativi iniziali, ad una divaricazione dello

stipendio che ancora oggi cresce ad ogni passaggio di grado scolastico.

Grazie al D.M. sopracitato gli insegnanti dovevano essere formati dalle università o con uno

specifico corso di laurea o con un percorso di specializzazione post laurea.

- Maestri: nel corso di laurea ci furono 2 indirizzi ovvero quello di preparazione per la scuola

primaria e quello per la scuola dell’infanzia, con tirocinio per entrambi. Per la prima volta

l’università entrava nella formazione dei docenti di scuola di primo grado

- Professori: c’era una scuola di specializzazione post laurea con tirocinio obbligatorio, con

l’aggiunta di una preparazione didattica generale e didattica delle discipline. Quindi il

docente non doveva più essere preparato solo in una disciplina ma doveva anche avere

competenze didattiche, psicologiche e sociologiche dell’età degli allievi.

L’università si è vista costretta a collaborare con le scuole, cosa non facile perche le due istituzioni

non erano abituate a confrontarsi, e avevano anche reciproche diffidenze. I supervisori di tirocinio

erano docenti delle scuole e perciò i docenti universitari dovevano interagire con loro per

programmare un percorso, e viceversa.

Molte volte i docenti, da questo incontro delle due istituzioni, si sono dovuti adattare alle esigenze

dell’altro.

Il D.M. non precisava però quali dovessero essere i contenuti della formazione; ogni università

poteva articolare il percorso a seconda delle forze a disposizione e delle possibilità. Il risultato è che

ogni università ha prodotto un proprio modello di corso di formazione iniziale degli insegnanti

mettendo cosi in luce pregi e difetti di ciascun modello.

Nello scenario attuale (data del libro), il regolamento prevede:

- Maestri: laurea 5 anni a ciclo unico a numero programmato con doppia abilitazione finale,

- Professori: laurea magistrale specifica a numero chiuso e 1 anno di tirocinio successivo al

termine del quale si consegue l’abilitazione all’insegnamento. All’interno vengono inseriti

cfu relativi alle scienze dell’educazione e l’anno di tirocinio prevede insegnamenti di

didattica e laboratori in classe.

L’inserimento di elementi di pedagogia, psicologia e sociologia e antropologia nelle magistrali

dimostra che ci sia uno stretto legame tra contenuti e modi di trasmissione dei contenuti.

Inoltre, alla fine del percorso di studi, lo studente dovrà avere un numero di cfu definito dalla

tabella ministeriale, per ciascun settore scientifico disciplinare. Solo cosi la LM e il tirocinio

successivo saranno adeguati alle reali richieste delle classi di concorso.

Alcune problematiche evidenziate dal regolamento sono:

- La rigidità del percorso di laurea in SDFP che permette di essere abilitati sono in un ordine

di scuola. Essendoci il numero programmato in base alle necessità dei due ordini di scuola,

gli studenti scelgono si liberamente l’indirizzo ma non hanno la certezza di trovare un

impiego dopo la laurea (per questo molti si orientano al percorso in SDFP).

Il regolamento propone di portare il percorso di 5 anni alla doppia abilitazione in modo tale da

impiegare maestri laddove ci sia il bisogno per non creare carenze o accedenze di personale.

Questo comporta non pochi problemi in quanto ciò che va bene per un bambino di 3 non va

bene per uno di 10 e viceversa, quindi si presentano problemi a livello formativo.

- Per quanto riguarda i corsi di abilitazione, averli portati ad 1 anno con tirocinio, laboratori e

didattica, fa si che vi sia continuità nelle proposte e un avvicinamento progressivo alla

carriera di insegnante.

- Un altro problema sarebbe quello dell’autonomia delle singole università nello scegliere i

contenuti di formazione, che porterebbe ad un divario e non ad una preparazione uniforme

per tutti gli insegnanti. Il regolamento fornisce quindi delle linee guida e indicazioni sulla

formazione in modo tale che i professori alla fine abbiano lo stesso bagaglio culturale. Le

tabelle ministeriali servono proprio a questo = uniformare a livello nazionale la preparazione

iniziale.

- Un altro aspetto a cui il regolamento vuole dare una soluzione è la formazione dei docenti di

sostegno. Prima si prevedeva un semestre aggiuntivo al corso di SDFP o alle SSIS. Un

semestre è sempre sembrato poco per una preparazione specialistica su situazioni complesse

quindi il regolamento prevede che la certificazione per il sostegno venga acquisita con un

anno successivo alla laurea. Per i maestri invece si prevede un numero di cfu destinato alle

discipline che mettono in grado di accogliere nelle classi i bambini diversamente abili.

IL PROTAGONISMO DELLA SCUOLA NELLE PRATICHE FORMATIVE PER LA

PROFESSIONE DOCENTE

Il ministro Gelmini nella giornata del 10 settembre 2010 ha presentato a palazzo Chigi il nuovo

regolamento per chi vuole accedere all’insegnamento che però (data del libro) non ha ancora avuto

dignità normativa.

Il concetto di insegnante di qualità ha animato un ricco dibattito tra pedagogisti che ne hanno

delineato un modello con elementi di competenza e indicatori. Umberto Margiotta ha sintetizzato

gli esiti della ricerca internazionale OCDE-CERI da cui scaturiscono almeno 6 dimensioni:

1. Dimensione del sapere: il docente possiede il sapere esperto, ha conoscenze

psicopedagogiche che gli consentono di leggere, interpretare ed offrire risposte ai bisogni

formativi del discente e del gruppo-classe.

2. Dimensione del metodo e/o del sapere insegnato: il docente ha conoscenze teoriche dei

metodi di insegnamento e li sa applicare per facilitare l’apprendimento, operando un

opportuna programmazione delle variabili che intervengono nei processi di insegnamento-

apprendimento, è flessibile e aperto al cambiamento

3. Dimensione della comunicazion

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
15 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FC_08 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione e politiche scolastiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Binanti Luigino.