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LE PROFESSIONI EDUCATIVE PER PROGETTARE TERRITORI NELLA COMPLESSITA’
Il formatore è un professionista riflessivo e razionale. Alcuni passaggi sociali e politici avvenuti nel
nostro paese negli ultimi decenni hanno favorito l’evoluzione delle professionalità verso la
situazione odierna:
- La contestazione studentesca delle istituzioni deputate alla formazione
- L’inserimento scolastico negli anni 70 degli alunni portatori di handicap nelle classi
ordinarie come premessa del pieno inserimento sociale dei soggetti svantaggiati
- L’espansione negli anni 80 di un sistema di welfare
- La nascita del terzo settore
- L’affermarsi progressivo di un sistema evoluto di formazione professionale, come
uno dei componenti di un sistema formativo ben articolato e integrato.
- La nascita di un’stanza volta a rinnovare la dimensione esistenziale dell’intervento
pubblico nel sociale a favore della nascita di un nuovo welfare più attento alle
esigenze di autonomia dei soggetti
Le professionalità educative sono oggi maggiormente consapevoli della natura politica di ogni
intervento formativo; vanno sempre più configurandosi come figure mediative. Oggi le figure
educative non sono ben delineate. Allo stato sono 3 le figure che nell’universo educativo:
- Docente
- Educatore professionale
- Esperto della formazione
Educatore professionale nei recenti anni si è avuta una sua risemantizzazione, sulla spinta del
nuovo welfare. È chiamato a esprimere un’ampia gamma di interventi, volti a promuovere lo
sviluppo delle persone nell’ambito del loro ambiente naturale di vita. In passato era impegata solo
negli istituti residenziali educativo-assistenziali, di rieducazione, per portatori di handicap. La loro
formazione non era individuata e formalizzata. In Francia negli anni 50 grazie al movimento volto
ad individuare un nuovo curriculum per la formazione di un formatore con specifiche competenze
d’intervento la situazione è cambiata. In Italia si aprì un dibattito per consentire che anche il nostro
paese concedesse una formazione specifica per l’educatore in ambito extrascolastico. Il percorso
formativo che nacque durava un anno ed era riservato al personale già in servizio.
L’esperto della formazione capace di attivare e gestire processi cognitivi e comportamentali
connessi alle dinamiche tipiche dei contesti organizzativi. Ha competenze nell’ambito della
progettazione, gestione e valutazione degli interventi formativi. È in grado di analizzare bisogni,
progettare e programmare interventi formativi anche di tipo sistematico. Conosce i metodi e le
tecniche deli interventi formativi, di tutorship, di monitoraggio dei processi. È un progettista di
formazione ma anche un gestore ed un formatore. Si interfaccia col management e con chi
nell’organizzazione è deputato a gestire le risorse umane. L’attività di progettazione formativa di
fonda sull’analisi dei bisogni formativi. È in grado di mantenere in equilibrio le micro-culture che
convivono nel contesto. Il setting formativo che deriva dall’attività di progettazione si qualifica come
un’area di confluenza di almeno tre committenze:
- Committenza ufficiale ed esplicita dell’organizzazione;
- Committenza dei partecipanti;
- Autocommittenza del progettista, strettamente legata ai modelli teorici di riferimento
e alla professionalità
L’esperto della formazione deve valorizzare le potenzialità formative che l’organizzazione possiede
per far si che si instaurino dei processi di apprendimento organizzativo che consentono
all’organizzazione di accrescere il suo capitale conoscitivo. Consente ai soggetti di prendere
confidenza con le tattiche e le strategie messe in atto per realizzare apprendimento, di riflettere e
assumere un maggior controllo delle dimensioni formative in cui sono coinvolti. I processi di
formazione di carattere intenzionale hanno maggior probabilità di successo quanto più attingono
agli apprendimenti taciti e non intenzionali che avvengono nei membri dell’organizzazione nel
corso del tempo. La clinica della formazione è finalizzata a rendere consapevoli i soggetti che in
ogni organizzazione si realizzano processi di apprendimento; che la formazione è leva di
cambiamento. La clinica della formazione vuole sviluppare competenze idonee a riconoscere ed
esplorare le esperienze operative, le strategie comunicative degli attori nel contesto organizzativo.
La clinica della formazione prevede l’esercizio delle seguenti attività:
- Animazione e conduzione di gruppi di apprendimento per supportarli nella
comprensione delle dinamiche educative, comunicative, relazionali
- Ascolto attivo per consentire a soggetti e gruppi di narrare e riscostruire vicende
personali e professionali
- Rielaborazione affettiva e cognitiva dei processi formativi
- Valutazione qualitativa dei processi formativi
- Riconoscimento e decostruzione dei dispositivi pedagogici latenti nelle
organizzazioni CAPITOLO 5
LE REFERENZE OGGETTUALI E SOGGETTIVE
Una fase fondamentale del processo formativo è la valutazione. Essa fornisce informazioni
indispensabili per comprendere come procede il percorso intrapreso e come adeguare (nel caso) il
setting formativo in relazione agli obiettivi definiti in precedenza. Occupa un posto rilevante già
nella fase della progettazione: in stretta relazione con i risultati della valutazione ex-ante, verrà
progettato l’itinerario didattico. Possiamo identificare 3 nodi fondamentali che danno referenza alla
valutazione e alla progettazione:
- I prodotti
- I processi (di progettazione, attuazione e rendicontazione degli interventi formativi)
- Il sistema (auto-valutazione, accertamento; qualità per il miglioramento,
comparazione) SESTA PARTE
RICERCA EDUCATIVA
CAPITOLO 1
Baldacci ha affrontato la questione del rapporto teoria-prassi, egli sostiene che questo è un nodo
cruciale della epistemologia pedagogica. Secondo Dewey l’unità teoria-prassi implica la transizione
dal paradigma della conoscenza contemplativa a quello della conoscenza attiva. Ovvero si passa
da una forma di sapere tipico di uno spettatore disinteressato ad una forma di sapere propria
dell’attore, di colui che è impegnato a far fronte ai problemi educativi. Oggi l’educazione e
l’istruzione si presentano nel linguaggio comune e nell’ambito della comunicazione epistemologica,
come un paradosso, un paradosso dell’esperienza. Ciò non è nuovo perché anche Kant l’aveva
definito nell’Antropologia prammatica, l’esperienza educativa come antinomica, considerava
impossibile l’educazione del genere umano.
Dewey l’esperienza umana riflette il mondo, la natura stessa dell’esperienza; si fonda sulla
percezione delle cose reali e genera il flusso delle idee tramite l’acquisizione e riflessione.
Attraverso questo circolo essa produce un movimento di raffinamento e schiarimento delle
esperienze stesse. Sia il facchino che il filosofo vivono nell’esperienza, la differenza è che il
filosofo fa della sua riflessione un a propri, considera la dimensione sovrastrutturata
dell’esperienza l’unico e il solo punto di contatto della teoria con la realtà. Oggi il processo prevede
un altro attore (secondo Serres) ovvero un “terzo istruito” un mediatore che consente la
comunicazione tra i due piani (teoria-prassi).
Una teoria educativa è una struttura complessa e logicamente valutabile in tanti modi diversi.
- Se contiene affermazioni empiriche può essere controllata da riferimenti a fatti
empirici.
- Essendo un argomento può essere testata sulla sua coerenza interna
- In quanto tratta giudizi di valore può essere vulnerabile alle argomentazioni
filosofiche
Se fallisce in questi aspetti può essere respinta. Ma e altrettanto possibile che possa essere difesa
e le sue conclusioni considerate meritevoli di essere accolte nella pratica. Questo concorda con la
metodologia popperiana : una teoria educativa valida è quella che può resistere ai tentativi di
respingerla sulla base del fatto che i suoi presupposti, argomenti o conclusioni sono in qualche
modo inaccettabili.
La ricerca educativa ha per fine ultimo la definizione delle fondamenta teoriche, procedurali,
empiriche sulle quali dar corpo ad azioni di natura pedagogica, educativa, formativa che abbiano al
centro il soggetto-persona nella sua relazione col mondo. La ricerca educativa, se da un lato è
orientata alla definizione delle vie teoretiche, dall’altro deve sempre tener presente che la propria
stessa identità deve essere sottoposta al vaglio critico del nucleo pedagogico: l’orizzonte
dell’essere umano in direzione emancipativa. La ricerca educativa presenta un andamento
ricorsivo che comporta la reciproca rimodulazione teoria-prassi-teoria per pianificare l’approccio
esplorativo dei contesti segnati da intenzioni formative. Sul piano metodologico è possibile
rintracciare una antinomia analoga a quella tra teoria e prassi, identificata per il piano
epistemologico.
- Distinzione tra metodologie descrittive e metodologie trasformative: pone l’accento
sulla intenzionalità con cui la ricerca educativa può essere condotta.
Le metodologie descrittive sono organizzate in modo da poter operare la
ricognizione del contesto che le ospita. Tale ricerca permette di comprendere le
modalità attraverso le quali determinate progettualità e intenzioni educative si
realizzano in campo formativo e permette di raccogliere informazioni su come
vengono percepite ed elaborate le azioni realizzate in tale campo e come vengono
vissute dai soggetti in formazione. Un luogo quindi segnato dalla interrelazione di
soggetto e oggetto, di io e mondo.
La metodologia di ricerca trasformative permette di mettere qualunque ipotesi
teorica alla prova dell’esperienza con lo scopo ultimo di confermare o falsificare,
rinforzare o trasformare teorie e pratiche: andare cioè oltre la descrizione di un
campo, monitorare in che direzione si sviluppi l’azione educativa. Tale forma di
ricerca consente di ricavare indicazioni indispensabili per ridefinire le teorie e le
procedure per la progettazione e programmazione delle prassi educative.
Esiste però una falsa dicotomia tra qualitativo e quantitativo e che per comprendere la vera natura
della realtà dei fenomeni educativi e sociali siano necessari entrambi i punti di vista (oggettivo e
soggettivo) ed entrambi i paradigmi (quantitativo e qualitativo).
CAPITOLO 2
IL VALORE DELL’UMANO DA RICERCARE, SCOPRIRE, COMUNICARE
L’etica e la morale hanno un ruolo importante sia nella ricerca didattica che scientifica.
- Etica: è importante nelle scienze fisiche ma ancora di più