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Aβ
neuroni di placche di e dalla formazione nelle cellule neuronali di grovigli neurofibrillari (NFT) formati
dalla proteina tau, che nella condizione patologica viene iperfosforilata e si aggrega fino a formare dei grovigli
particolarmente presenti nel soma del neurone, che perde la sua funzionalità.
Le placche senili sono distinte in tre tipi: Aβ,
1. Classiche: sono accumuli extracellulari, costituiti da un nucleo centrale di circondato da un anello
di neuroni distrofici, microglia ed astrociti
2. Diffuse: sono una forma preliminare rispetto alle placche classiche e localizzate in aree celebrali non
sintomatiche dell’AD Aβ
3. Bruciate: sono un nucleo isolato di
cause dell’accumulo delle
Le placche. Forme dominanti della malattia associate alla disfunzione dei geni
α, β, γ
che controllano il metabolismo della proteina amiloide, e secretasi e le preseniline. Questo gruppo è
correlato al metabolismo della proteina APP e mutazioni a carico di queste proteine determina una serie di
porta all’accumulo
tagli non fisiologici che delle placche. Esistono inoltre forme non dominanti che invece
riguardano i meccanismi della rimozione dell’Aβ, ovvero quelle legate alle APO-E.
L’APP viene normalmente degradata per l’azione dalle secretasi che tagliano la proteina in sequenze
specifiche. Queste proteasi sono sotto il controllo di due altre proteasi, le PSI e II. Le PSI e II controllano le
α, β, e γ secretasi, determinano accumulo dell’Aβ.
quindi mutazioni delle PS, e delle secretasi, Le preseniline e la neurotossicità: le
PSI e II fanno parte del complesso
γ
enzimatico secretasi (sono esse stesse
quindi le secretasi) e mutazioni di queste
proteine fanno aumentare la produzione
Aβ.
di Le preseniline presentano siti per
il taglio delle proteasi e delle caspasi, che
vengono attivate durante l’apoptosi.
Quindi un errato procedimento
biochimico di taglio si ripercuote anche
con meccanismi che portano alla morte
cellulare programmata. Quando il taglio
dell’APP non è idoneo, il risultato è la
formazione delle placche che si
depositano all’esterno dei neuroni. Un
è costituito dalla mancata rimozione dell’Aβ –E.
altro tipo di problema da parte della APO Questa è una
proteina plasmatica implicata nel trasporto del colesterolo, e nel SNC interviene nei meccanismi di crescita e
Aβ
riparazione dopo un danno. APO-E inibisce la formazione di fibrille di ma perde efficacia se associata a
c’è
lipidi. Quindi quando sono presenti alterazioni a carico delle APO-E un problema di smaltimento delle
Aβ. l’Aβ
placche di Quando si è scoperto che è una causa finale della patologia, perché ovviamente il
problema inizia molto più a monte, sono stati fatti diversi studi sull’Aβ.
L’amiloide agisce attraverso recettori della membrana cellulare, stimolando cambiamenti nella cellula: è in
grado di alterare il normale processo di fosforilazione delle proteine tau, che formano poi gli aggregati
neurofibrillari, determina un aumento dello stress ossidativo (ci sono degli studi stanno evidenziando come
l’amiloide stessa sia in grado di produrre radicali liberi, che provocano danni alle membrane, con conseguente
Sono noti effetti dell’Aβ
degenerazione). anche a livello mitocondriale, che si traducono anche qui in un
aumento della produzione di ROS. L’amiloide può causare danni al DNA e dare origine all’apoptosi.
Patologia neurofibrillare. Gli NFT sono anormali strutture filamentose che includono filamenti a doppia
elica e filamenti lineari che contribuiscono alla formazione di matasse nei corpi cellulari. Questi filamenti
sono altamente insolubili e permangono nello spazio extracellulare anche dopo la morte del neurone. Quando
muore il neurone questi aggregati escono e si depositano nella matrice. Gli NFT sono dovuti a fasci di filamenti
insolubili che derivano dall’alterata fosforilazione delle proteine Tau, delle proteine associate al citoscheletro
L’iperfosforilazione riduce l’affinità delle
dei neuroni, che si accumulano nel corpo neuronale. Tau per i
microtubili causando una perdità di stabilità. Gli ammassi neurofibrillari si ritrovano nelle cellule piramidali
dell’ippocampo o nei piccoli neuroni piramidali della corteccia fronto-temporale, quindi contribuiscono alla
perdita della memoria recente. dell’AD,
Un altro soggetto che si sta delineando molto importante della patologia ma anche in altre malattie
neurodegenerative, sono le cellule della Microglia. Queste cellule rappresentano il 5-10% della componente
del SNC, sono macrofagi modificati ed hanno un ruolo molto importante, perché possono cambiare il loro
fenotipo da una forma chiamata M1 (che è una forma molto aggressiva e pro-infiammatoria) ad una forma
M2 (che è invece un fenotipo antinfiammatorio), quando cambiano fenotipo dalla forma pro- a quella anti-
infiammatoria, contribuiscono alla rigenerazione dei neuroni. Quello che sta emergendo dalla letteratura è che
durante il diabete di tipo II e durante l’AD, le microglia vanno in tilt e non sono più capaci di operare questo
ruolo fisiologico. È interessante notare che uno dei principali ormoni, di cui è documentata la capacità di far
modificare il fenotipo dalla forma M1 alla M2, faccia parte della famiglia degli ormoni tiroidei, quindi è lecito
pensare che ciò che porta ad una malattia neurodegenerativa potrebbe nascere da problemi subclinici che
possono riguardare la tiroide, forse il pancreas, ecc.
Diabete E Alzheimer
I dati epidemiologici mostrano che il diabete di tipo II è in forte aumento e questa tendenza è più spiccata
negli uomini che nelle donne. L’AD ricopre il 50-60% dei casi di demenza, e tra le altre cause sono presenti
quelle cardiovascolari, i corpi di Lewy ecc. Una diagnosi sicura di AD non è semplice perché si brancola
anche in altri tipi di demenze. Questa malattia comporta la perdita della capacità di ragionamento, della
memoria, problemi del linguaggio, di apprendimento, perdita di conoscenza e progressiva perdita
dell’indipendenza. Quindi un paziente con demenza può essere un rischio per sé e per gli altri.
Il rischio di sviluppare AD aumenta del 50% in persone con il diabete di tipo II. La relazione che sembra
emergere è la resistenza all’insulina. La condizione di insulino-resistenza è al centro di tanti tipi di problemi
(diabete di tipo II, obesità, malattie cardiovascolari, AD, ecc) e consiste in una diminuita capacità delle cellule
a rispondere all’insulina. L’insulina agisce in modo diverso nel cervello, e la resistenza all’insulina nel cervello
si verifica indipendentemente dalla presenza del diabete. Quindi questa condizione di insulino-resistenza non
è solo sistemica negli organi bersaglio classici dell’insulina ma anche a nel SNC.
Le prime evidenze dell’azione dell’insulina nel cervello risalgono a una trentina di anni fa. Furono eseguiti
esperimenti sui babbuini attraverso infusione intracerebroventricolare di insulina e si notò una diminuzione
dell’appetito. recettori per l’insulina nelle cellule dell’ipotalamo e in altre
Successivamente sono stati trovati
tra cui l’ippocampo, e in regioni cerebrali che sono legate all’acquisizione e al consolidamento della
regioni,
memoria. L’insulina attiva dei segnali che sono associati con l’apprendimento e la memoria a lungo termine.
L’insulina risulta essere un neuroprotettore e svolge un ruolo nella plasticità sinaptica. È interessante notare
i recettori per l’insulina
che le microglia hanno sia che la capacità di produrre insulina.
L’insulina prima era considerata solo ipoglicemizzante, ma, in realtà, focalizzandosi sul rapporto tra insulina
e sistema immunitario, ci sono numerosi lavori che parlano dell’azione antiinfiammatoria dell’insulina, quindi
è in grado di modulare anche alcune risposte dell’immunità innata Nell’ambito
questo ormone ed adattativa.
uno dei secondi messaggeri dell’insulina è l’H
dello uno stress ossidativo O , tuttavia ci sono dei lavori che
2 2
che l’insulina possa avere anche un’azione antiossidante.
tendono ad evidenziare l’AD
Una ricercatrice nel 2005 ha proposto come un diabete di tipo III, questa definizione nasce da questi due
ragionamenti: 1) nei cervelli di pazienti con AD si riscontra un basso livello di insulina (caratteristica del
una resistenza all’insulina (come nel diabete
diabete di tipo I) 2) di tipo II). Dopo questa definizione si sono
Aβ
sviluppati varie linee di ricerca. In una di questi è emerso che gli oligomeri di sono in grado di esercitare
un effetto sul numero dei recettori dell’insulina presenti sulle cellule nervose, diminuendone il numero. Inoltre
la somministrazione di insulina tende ad aumentare il numero dei recettori.
signaling dell’insulina ed è emersa l’importanza
Il è stato intensivamente studiato di uno dei suoi target: il
sistema AKT/PKB. Questo signaling porta a una serie di eventi, espressione genica, sintesi proteica,
che degrada l’insulina ma anche la
proliferazione, ecc. È emerso anche il ruolo di un enzima, chiamato IDE
Aβ nello spazio extracellulare e previene la formazione delle placche. Si è notato che in condizioni di
nell’insulino-resistenza), l’enzima
iperinsulinemia (frequente viene sequestrato IDE, con conseguente
riduzione della degradazione del’Aβ. Altri filoni di ricerca hanno invece analizzato lo stress ossidativo, ed è
emerso come l’Aβ possa determinare perossidazioni, mutazioni del DNA,
ossidazione delle proteine, che si traducono nell’apoptosi. Quindi la somma
di questi eventi porta alla conclusione che una condizione di insulino-
resistenza porta ad un aumento dello stress ossidativo e della produzione di
radicali liberi, i quali contribuiscono alla neurodegenerazione. Una delle linee
di pensiero afferma che contrastaando lo stress ossidativo si potrebbe
contrastare la neurodegenerazione. Per quanto concerne il discorso dello stress
ossidativo, ci sono gruppi di ricerca che portano avanti una filosofia legata
all’utilizzo di nanoparticelle lipidiche a cui è associato come antiossidante
l’acido ferulico. Altre riguardano l’identificazione di molecole
linee di ricerca
che possono agire in modo mirato sulla Akt che è una sorta di interruttore tra
sopravvivenza e morte cellulare. Tuttavia il rimedio più perseguito è la
somministrazione di spray nasali di insulina.
Neuroni Specchio negli anni ’90,
Questi