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ROSANNA BENZI E << GLI ALTRI>>

Note di redazione

Lavinia D’Errico

0. Ci vorrebbe una rivista

Nel 1975, a Genova, vi era un gruppo che faceva parte di un Comitato unitario per gli handicappati che

aveva intenzione di ideare l’ipotesi di una rivista. Tale gruppo lavorava sulla percezione sociale della

disabilità, nel 1972 aveva iniziato un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, aveva partecipato

alla creazione di un movimento di lotta all’emarginazione e aveva incamerato esperienza e consapevolezza

dei pregiudizi e comprendeva l’urgenza di un vero organo d’informazione in grado di dare parola agli

esclusi. La redazione aveva sede nell’ospedale San Martino, precisamente nella stanza del direttore della

rivista, Rosanna Benzi: una donna dall’intensità di pensiero, la potenza delle parole trasformate in lotta per

i diritti delle persone con disabilità. Prima che venissi colpita da poliomielite nel marzo 1962, Rosanna

Benzi era una ragazzina, una studentessa allegra di Morbello. All’insorgere dei primi sintomi, Rosanna fu

trasportata all’ospedale di Genova e le fu comunicato che la poliomielite bulbospinale aveva paralizzato

arti e diaframma e che doveva vivere per sempre in un polmone d’acciaio in ospedale. Al San Martino,

dopo quattordici anni vissuti al paese, Rosanna incontrò la cultura dei medici, dei professori di straordinaria

umanità che la curarono e le parlavano di letteratura, di musica classica e del mondo, trasmettendole

curiosità ed interessi. Secondo la testimonianza di don Gallo, l’incontro di Rosanna con i medici fu molto

importante a farle comprendere che non era necessario avere gambe per camminare, braccia e mani per

afferrare. Poco tempo dopo, la storia di Rosanna diventò storia di tutti: a qualsiasi ora del giorno

giungevano, nella sua stanza al san Martino, gruppi di studenti della scuola dove il padre era bidello con

chitarre e allegria insieme alle discussioni e ai fermenti della rivoluzione culturale degli anni che

precedevano il Sessantotto. Il professor Franco Henriquet, lo specialista che seguiva il decorso di Rosanna

quotidianamente, paragonò la crescita della sua personalità con quella dei rami di una pianta generosissima.

In quegli anni infatti iniziò a riflettere sul tema della disabilità come realtà prevalentemente vissuta dalle

famiglie all’interno della loro dimensioone più intima, come una circostanza in cui solo occasionalmente

sembrano rompersi agli argini della sfera privata e comprese che il problema fosse collettivo. Come affermò

Hentiquet “crescendo nel polmone d’aciaio Rosanna aveva focalizzato la sua attenzione contro ogni

Da lì nacque l’impegno nel Comitato unitario per gli handicappati e

barriera, architettonica e mentale”.

l’ipotesi della rivista, nel 1975, a coronamento di un percorso che evidenziava la volontà di Rosanna di

progettarsi nonostante quel corpo “immobile e testardo”. La redazione iniziò i suoi incontri e passò un anno

dall’ideazione all’uscita del primo numero, tirato in tremila copie. In quell’anno, da un lato Genova, era la

città in cui ferimenti, omicidi aggressioni, rapine erano all’ordine del giorno, e dall’altro lato era la città che

sembrava essere pronta all’inclusione sociale degli emarginati: vi era la battaglia per la pubblicizzazione

del Centro spastici. 1

1. Gennaio 1976, numero 1, lire 500

Il primo numero uscì a gennaio del 1976, la redazione era composta da Camillo Arcuri (noto giornalista de

“Il Secolo XIX”), Tonino Bettanini, Mario Calbi (assessore ai servii sociali del comune di Genova), dal

fotografo Giorgio Bergami, dall’architetto Aristo Ciruzzi che si battette per l’abolizione delle barriere

architettoniche; tra i collaboratori invece vi erano Giancarla Repetto, Erminia Murchio, il professore Franco

Henriquet, e tanti altri nomi, noti e meno noti. Nel primo editoriale fu messo in evidenza che la spinta per

la nascita della rivista provenisse dalla volontà espressa da un gruppo di handicappati fisici, di essere

protagonisti di qualcosa che li coinvolgesse, di autodeterminarsi; l’intento era quello di trattare la

problematica dell’emarginazione nei suoi aspetti più ampi poiché non vi era nessuna rivista che

precedentemente avesse trattato quegli argomenti. I titoli in sommario, tra cui La città che emargina, I

mostri della cronaca, È un handicap anche essere donna, invitavano a ribaltare lo sguardo, a lottare per la

conquista del diritto di avere diritti, a guardare alla dignità delle persone. Il primo articolo firmato da

Rosanna Benzi si intitolava “Le brigate rosse e <<gli altri>>: un tema scottante nella città che veniva

definita “la città delle Brigate Rosse”, un tema preceduto nei fatti dalla rivendicazione delle BR di una

rapina alla banca dell’ospedale San Martino con l’intento di espropriare gli stipendi dei medici. Con

l’articolo, il movimento degli handicappati prendeva le distanze dai fatti e si evinceva che in qualche modo

il movimento fu coinvolto dai brigadisti nella loro rivendicazione;

Parole d’acciaio

2.

Il primo numero della rivista fece scalpore, la gente ringraziò, si complimentò e raccontò la propria

esperienza di esclusione nelle “lettere a Rosanna”, la rubrica che partì dal n. 2 attraverso cui la direttrice

stabilì un dialogo con i suoi lettori. Con il secondo numero aumentò il numero dei collaboratori, vennero

affrontati temi che portarono alle battaglie con partiti e sindacati come l’inserimento delle persone con

il diritto alla vita sessuale. La questione dell’inserimento

disabilità nel mondo lavorativo e scolastico,

lavorativo impegnò moltissimo Rosanna e la redazione de <<gli altri>> ed ebbe come sfondo la legge

482/1968 sul collocamento obbligatorio degli invalidi civili nelle aziende pubbliche e private, legge che in

molte realtà non venne applicata. In seguito alla proposta di aprire un dibattito, sulla rivista venne

pubblicato l’articolo “Gli handicappati nel contratto di lavoro” che invitò le forze sindacali, i partiti

democratici e i datori di lavoro al confronto nel momento in cui il sindacato dei metalmeccanici poneva

concretamente il problema dell’inserimento richiedendo, nella piattaforma per il rinnovo dei contratti,

informazioni periodiche sulle assunzioni degli invalidi in azienda e la possibilità di intervenire sulle

modalità di inserimento: in questo modo le persone con disabilità ebbero la possibilità di lottare su un piano

di parità, a fianco dei lavoratori, per l’occupazione, gli investimenti, la garanzia del posto di lavoro. La

rivista seguì passo dopo passo la lunga marcia verso il lavoro fino al 1979 quando si formò la Lega

Nazionale per il Diritto al Lavoro degli Handicappati per presentare una proposta di legge per l’abrogazione

della legge 482/68. Gli elementi che caratterizzarono la proposta di legge della Lega furono il rifiuto

dell’assistenzialismo, l’ingresso nel lavoro anche dei disabili psichici; le richieste di modifiche alle strutture

aziendali, in modo da rendere agibile l’edificio ed eseguibile la mansione richiesta; il controllo da parte

delle persone con disabilità delle Commissioni locali per il Collocamento speciale. La Lega Nazionale,

inoltre, fu promotrice della raccolta di 50.000 firme per poter portare la proposta di legge al Parlamento.

Come scrisse Rosanna: “La gravità e l’urgenza dei problemi che affrontiamo pubblicamente da anni non

permetterà a nessuno di far finta di nulla […] con questa proposta entreremo nelle case e negli istituti, fino

a quei “diversi” per i quali il lavoro e la vita del “mondo esterno” sono sogni. Se la legge andrà in

Parlamento, dovremo combattere perché non sia strumentalizzata o stravolta e, se verrà approvata,

comincerà il lavoro più grosso, la sua applicazione. L’equivoco più grosso sarebbe quello di vederci come

nuovi concorrenti ai posti di lavoro già ridotti. Noi vogliamo prima di tutto farci riconoscere come

disoccupati, una qualifica che ci è sempre negata; e se c’è da combattere per poter lavorare vogliamo farlo

insieme con tutti gli altri”. Nell’editoriale del n. 2/1980 venne annunciato che il 26 aprile la Lega Nazionale

consegnò 100.000 firme, nei loro confronti vi era ammirazione e solidarietà ma anche dissenso e durezza,

in particolare verso Rosanna Benzi, una ragazza che, nonostante le sue condizioni, aveva sempre trovato la

lucidità per allargare lo sguardo su tutte le persone con disabilità. ne è un esempio una lettera pubblicata

nel n. 4/1976, inviata da una donna: “Se lo desideri non continuare a leggere questa mia lettera perché ciò

sto per dirti sono parole crudeli. Leggo a pag. 30: <<Sono protetta, amata, non mi manca nulla>>. Ora mi

domando come solo puoi pensare una cosa del genere. Ma ti rendi conto che per te si sacrificano molte

persone e prima di tutte tua madre? […] non hai mai pensato che ci potrebbe essere dell’egoismo da parte

tua? Poi leggo: <<a dispetto di tutto non mi considero un’ammalata>>. Ma perché a dispetto? Ma se lo sei!

Se lo siamo”. Rosanna rispose: “Ho detto e ripeto che se rinascessi vorrei rifare tutti i dodici anni di

vorrei fare questa vita per sempre. L’esperienza di questi anni mi ha

polmone; non ho detto però che

arricchito, mi ha aperto orizzonti e mi ha messo in contatto con cose e persone che forse non avrei mai

avuto modi di conoscere in condizioni normali. Per quanto riguarda mia madre, ti dirò che ha sofferto molto

ma ormai questa situazione è un dato di fatto e l’ha accettata. E veniamo al secondo punto: certo che non

mi considero un’ammalata. Rimanere passivi, subire il ruolo imposto dala malattia e dal mondo che la

circonda, non significa altro che dichiarare partita vinta, non reagire più e assumere un atteggiamento

vittimista sterile e antipatico, per quanto possa essere grave l’handicap”. Nel febbraio del 1991 terminarono

i progetti di Rosanna, colpita da un cancro ovarico. Furono le note de Il Silenzio ad accompagnare il

funerale: Genova pianse una persona che aveva contribuito al tentativo di sradicare dal costume italiano il

vizio del patetismo, una persona che invitava a convivere con il dolore per quanto potesse essere

L’Italia riconobbe che “la sua è stata anche una grande lezione di democrazia”.

umanamente possibile. JOHN F. NASH JR.

Traiettorie e campi

Alfredo Givigliano

0. La parola e il prendere la parola dell’espressione

1

In queste riflessi

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
30 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rioanna di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Modelli sociali della disabilità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Pizzo Ciro.