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Quando l’attività economica si globalizza rimodella in parte l’esistente e contribuisce alla formazione di nuovi
ordinamenti istituzionali e lo fa mediante le pratiche degli attori economici(come imprese e mercati globali) e lo
sviluppo di determinati regimi di valori. Il regime di valori dominante non è più,come in passato, la tutela della salute
che veniva gestita dallo Stato ma c’è una prevalenza del mercato sullo stato, prevale il ricavo economico di un’azione
rispetto all’agire solo per tutelare i soggetti, e quindi si assiste ad una deregulation,cioè una deregolamentazione
dell’economia, ossia una modifica dei valori.
Studiare questi cambiamenti richiede nuove architetture concettuali, come il modello delle città globali, cioè città in
cui si organizzano le dinamiche di potere globale sul territorio.
Il lavoro sulle città globali concentra la sua attenzione sui luoghi strategici dell'economia globale. Le città globali sono
luoghi subnazionali in cui molteplici circuiti globali si intersecano (quindi, le città globali sono città subnazionali nelle
quali si inserisce man mano il globale).
L'economia globale si è estesa nel corso degli ultimi decenni e abbiamo perciò assistito alla formazione di una
crescente rete di città globali, oggi infatti ne sono circa una quarantina. Questa rete di città globali costituisce uno
spazio di potere che contiene le capacità necessarie affinchè si attuino le operazioni globali di imprese e mercati.
Quanto maggiore è la dispersione geografica delle attività economiche, tanto è maggiore la crescita e l'importanza
delle funzione aziendali centrali, cioè quanto più le attività di un'impresa sono disseminate nei vari paesi, tanto più
complesse e strategiche ne diventano la gestione, il coordinamento e la fornitura di servizi.
Gestione e forniture di servizi del sistema economico mondiale avvengono in questa rete crescente di città globali.
L'economia globale si materializza in territori nazionali e,infatti, le città globali sono luoghi in cui si produce, si finanzia
l'economia globale e le si forniscono i servizi necessari.
Tutto questo,però, non altera i confini geografici territoriali dello stato nazionale, può solo cambiare il significato
dell’autorità dello Stato su questo territorio.
In quanto istituzioni, gli stati nazionali sono profondamente coinvolti nell'attuazione del sistema economico globale e
questo non cambia il ruolo svolto dallo stato ma semplicemente lo trasforma.
Questo cambiamento della condizione del potere dello stato è una diminuzione delle capacità di regolazione derivata
dall’attuazione di politiche economiche globali.
Si assiste ad un riposizionamento dello stato in un più vasto ambito di potere e a un rimodellamento del suo operato.
Questo più vasto ambito di potere è costituito dalla formazione di un nuovo ordinamento istituzionale, che spesso è
privato, collegato all'economia globale.
Il caso della banche centrali può servire a illustrare la mescolanza di istituzioni nazionali e di politiche globali; le
banche centrali sono istituzioni nazionali che si occupano di questioni nazionali ma nel corso dell'ultimo decennio,
sono diventate la sede istituzionale, nell'ambito dello stato nazionale, di elaborazione di politiche monetarie
necessarie allo sviluppo ulteriore del mercato globale dei capitali e del sistema economico globale.
Il requisito necessario affinché un paese possa integrarsi nel mercato globale dei capitali è l’autonomia delle banche
centrali.
L 'economia globale ha 3 caratteristiche: 1)la geografia della globalizzazione economica è strategica più che
onnicomprensiva. Infatti, questa geografia non vede un sistema mondo ma,al contrario, una differenziazione tra
centro e periferia, non in termini di differenziazione tra processi di produzione diversi in base alle località nell'ambito
delle catene di merci ma in termini di differenziazione funzionale che taglia trasversalmente le spazialità presupposte
dal quadro tratteggiato da Wallerstein.
Egli,infatti, definendo l'economia mondo come la relazione fra stati territoriali, esclude la possibilità di
concettualizzare la globalizzazione come qualcosa di diverso dall'espansione dell'economia mondiale per includere
nuovi stati; 2)il centro di gravità di numerose transazioni che noi consideriamo economia globale si trova nell'area
dell'Atlantico del nord. Se la geografia della globalizzazione fosse su scala planetaria e comprendesse,così, paesi
potenti e aree con un ventaglio di differenze assai più ampio di quelle evidenti nell'Atlantico del nord, il problema
della sua regolazione potrebbe essere diverso; 3)la geografia strategica della globalizzazione è parzialmente inserita in
territori nazionali,come le città globali e le silicon valley.
Ci sono siti, in questa geografia strategica, in cui c’è densità delle transazioni economiche e intensità degli sforzi
normativi. Questi 2 siti sono: l'investimento estero diretto, che consiste per lo più in fusioni e acquisizioni
transfrontaliere, e il mercato globale dei capitali,che è indubbiamente la forza dominante dell'odierna economia
globale.
I centri di gravità dell'investimento estero sono ubicati nell'area dell'Atlantico del nord e, in misura minore, in
Giappone e Cina. Il sistema economico transatlantico settentrionale (in particolare, i collegamenti tra Unione Europea,
Stati Uniti e Canada) costituisce la massima concentrazione dei processi di globalizzazione economica nel mondo
odierno. Altre aree di grande importanza nell'economia globale sono Cina, Giappone e America latina.
Il sistema economico transnazionale, che ha il suo centro nel sistema dell'Atlantico del nord, comprende un sistema
emergente di norme, di standard e di articolazioni in una rete mondiale sempre più fitta di siti per l'investimento, il
commercio e le transazioni finanziarie.
Esistono chiaramente tendenze diverse nell'investimento estero e, in generale, nei flussi di capitale, che comprendono
la creazione di fabbriche all’estero, la formazione di mercati finanziari globali.
La dispersione geografica a livello mondiale di fabbriche e di centri di servizi avviene nell'ambito di strutture societarie
che sono integrate con forti tendenze alla concentrazione del controllo e dell'appropriazione del profitto.
Quanto più un'impresa si globalizza, tanto più crescono le sue funzioni centrali; la globalizzazione della gestione di
un’impresa comporta compiti enormi di coordinamento e direzione.
Le funzioni centrali sono disposte in modo strategico per una migliore organizzazione dell’economia globale e se le
funzioni strategiche centrali sono collocate in una rete di grandi centri finanziari e d'affari,la questione di disciplinare
una parte fondamentale dell'economia globale non è la stessa di quella che si porrebbe se le funzioni strategiche di
direzione e coordinamento fossero distribuite geograficamente in maniera altrettanto ampia delle fabbriche, dei
centri di servizi, delle affiliate.
Il sistema dell'Atlantico del nord contiene una quota enorme del mercato globale dei capitali grazie alla sua elevata
concentrazione di centri finanziari d'importanza primaria. Inoltre, il sistema si espande mediante l’incorporazione di
altri centri dell’Europa e dell’America Latina ma le norme prevalenti, riguardo alla regolazione del mercato
globale,sono quelle stabilite dall’economia dell’Atlantico del nord.
L'economia globale necessita di essere prodotta, riprodotta, dotata di servizi,finanziata. Le città globali sono luoghi
strategici per la produzione di queste funzioni specializzate per la guida e il coordinamento dell'economia globale.
Ubicate in territori nazionali, le città globali sono il luogo organizzativo e istituzionale delle principali dinamiche della
denazionalizzazione.
Le analisi di tipo economico e demografico tendono a spiegare la formazione delle migrazioni internazionali in termini
di spinta e di attrazione. Tra i principali fattori di spinta compaiono povertà e disoccupazione; tra i principali fattori di
attrazione, occupazione paga migliore. I fattori di spinta e attrazioni tendono a diventare condizioni sistemiche
dell'intera area o paese. Essi possono, dunque, spiegare perché alcuni si trasferiscono, ma non spiegano perché la
maggior parte delle persone che si trova in condizione analoghe non si trasferisca. Quando la povertà diventa un
fattore di spinta? Gli individui possono ritenere la loro migrazione frutto di una decisione personale, ma nelle
migrazioni su larga scala la possibilità stessa della migrazione è prodotta socialmente.
Molti immigrati provengono certamente da aree e paesi meno sviluppati e hanno livelli di istruzione e di reddito medi,
fattori che hanno ingenerato la concezione secondo cui la povertà e la disoccupazione in generale sarebbero un
propellente all'emigrazione. In molti paesi estremamente poveri e con un alto tasso di disoccupazione non esiste in
pratica una migrazione significativa, in altri l'emigrazione è fenomeno recente indipendente dall'antichità della
povertà. Occorrono numerose altre condizioni per trasformare la povertà in fattore spinta e soltanto una piccola
minoranza di poveri e di classe media sarà disposta a tentare l'emigrazione. Da una parte intervengono motivazioni
soggettive. Dall'altra gli effetti ponte della globalizzazione generano sia condizioni materiali sia nuovi tipi di
immaginario, che trasformano l'emigrazione in una scelta possibile mentre prima lo era. Ciascun paese è unico e
ciascun flusso migratorio è innescato da condizioni di tempo e luogo specifiche. Una condizione che oggi appare
significativa è quelle costituita dai passati coloniali. Tra i fattori che possono trasformare una condizione generalizzata
di povertà e di disoccupazione in una spinta alla migrazione si possono individuare alcuni schemi; 1) la maggior parte
delle migrazioni ha avuto inizio con il reclutamento diretto da parte di imprese, appaltatori di manodopera, trafficanti.
Con la creazione di una comunità di immigranti, la rete tende però a sostituire il reclutamento esterno, e tendono a
instaurarsi catene migratorie 2) il reclutamento da parte di imprese e uffici statali avviene in paesi in cui esistono
vincoli precedenti o insiti nelle globalizzazione economica 3) la globalizzazione economica ha rafforzato
l'interdipendenza di un numero crescente di paesi 4)dagli anni 90 si è registrato un aumento notevole
dell'esportazione organizzata di manodopera, in particolare nel traffico internazionale illegale di migranti.
Le migrazioni in ma