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Il problema della metafora della rete è che lascia fuori quegli aspetti del capitale sociale che non
rappresentano un beneficio “utile” per i singoli. Quando si parla di collaborazione disinteressata
(sollecitudine per i figli degli altri o il soccorso ai vicini in difficoltà) ci si riferisce alla sfera dei valori: una
dimensione irriducibile a considerazioni di vantaggio personale.
Cap. 3 Un’antropologia non parsimoniosa: razionalità e valori
L’esito aggregato negativo di una somma di decisioni opportunistiche (individuali) viene scongiurato dal
capitale sociale (perché pagare il biglietto del bus se comunque mi porta a destinazione? Se tutti non
pagassero la linea chiuderebbe). Il capitale sociale rende possibile la collaborazione tra individui senza la
necessità di coercizione. Il capitale sociale facilita la cooperazione volontaria, e si presenta sotto forma di
norme di reciprocità e reti di impegno civico come le associazioni di quartiere, i cori, i circoli sportivi.
Putnam e collaboratori riconoscono l’esistenza di risorse morali che deperiscono se non usate, che tendono
ad accumularsi dove già ci sono. Ma come si formano queste reti? L’esistenza di persone che non si
comportano da opportunisti resta un mistero secondo il principio economico della razionalità strumentale,
ma diventa comprensibile se si considera la partecipazione stessa come uno scopo e una gratificazione per
l’individuo. Significa tener conto dei valori.
I valori permettono di dare senso al mondo che ci circonda attraverso l’esperienza simbolica. Non fa parte
del processo di oggettivizzazione che avviene con l’esperienza razionale e che permette di dare senso al
mondo tramite il proprio patrimonio concettuale.
Il simbolico si pone fuori da qualsiasi considerazione legata alla strumentalità e all’utilità.
Cap. 4 La banalità dei valori e il capitale sociale
Nella sua ricerca, Putnam pone in relazione tra di loro il capitale sociale, il rendimento istituzionale e il peso
dell’eredità storica grazie alla rilevazione, a livello delle venti regioni italiane, della “comunità civica”. Le
caratteristiche della comunità civica sono:
- L’impegno civico che consiste nell’interesse e partecipazione a questioni pubbliche;
- Solidarietà, fiducia reciproca e tolleranza per le opinioni altrui; Pag. 3 di 7
- Libere associazioni.
Sebbene Putnam riconosca esplicitamente “un interesse personale non miope, aperto al bene comune”,
Cartocci scrive invece che non si tratta di trovare un’unica chiave esplicativa alle azioni umane ma di
accettare la coesistenza tra due componenti, razionalità e valori, che orientano in modo differente l’azione
degli esseri umani. Riportare i valori entro il costrutto del capitale sociale è l’unico modo per uscire dal
paradosso dell’azione collettiva.
Dal punto di vista dei singoli individui, il senso civico comporta una obbligazione morale, libera di essere
accettata e vissuta. Non si tratta né di un vincolo giuridico né di un criterio di scelta di mercato.
La relazione quindi tra capitale sociale e reti può essere osservata con 2 punti di vista.
1) Il senso di obbligazione verso gli altri non ha bisogno di una rete sociale per esprimersi, anzi molto
spesso resta nascosto dal concetto di rete. Rispettare la fila alle poste tra perfetti sconosciuti, rispettare
il decoro e la pulizia dei luoghi pubblici, etc… non c’è bisogno di ricorrere al concetto di rete.
2) Si deve distinguere i tipi di collegamento tra individui: legami ascrittivi/elettivi e formalizzati/informali.
Due dicotomie: ascrittivi sono i legami familiari, che vengono ereditati. Elettivi sono i legami scelti.
Formalizzati sono ad esempio le quote di associazione, informali sono i vicini di casa.
L’indagine di Putnam è stata ripresa da Cartocci come orientamento sulla scelta degli indicatori. La scelta di
tali indicatori si è basata sulla riconducibilità al concetto di capitale sociale (delineato da Cartocci) e anche
sulla disponibilità di dati disaggregati a livello delle singole province. Gli indicatori utilizzati da Putnam
furono:
- Il voto di preferenza;
- L’affluenza ai referendum;
- Il numero di lettori dei giornali;
- La diffusione di associazioni sportive e culturali.
Cartocci invece:
- Diffusione della stampa quotidiana;
- Livello di partecipazione elettorale;
- Diffusione delle associazioni dello sport di base;
- Diffusione delle donazioni di sangue.
I primi due rilevano aspetti della relazione tra cittadini e comunità politica (partecipazione visibile per il
voto, invisibile per la lettura dei quotidiani). Gli altri due mirano a rilevare la diffusione di network elettivi e
formalizzati, attraverso una dimensione oblativa (donare sé stessi agli altri).
Nessuno di questi indicatori si riferisce ai comportamenti informali e dimessi, perché non esistono approcci
standard per la rilevazione di questi fenomeni. Il trade-off si è basato sostanzialmente sulla disponibilità di
dati concreti e comparabili tra le varie province.
Cap. 5 Il grado zero del sentirsi parte: leggere giornali e andare a votare
Le modalità di partecipazione poco impegnative come leggere i quotidiani e partecipare al voto sono
rilevate perché dettate dalla banalità delle fattispecie riconducibili alla nozione di capitale sociale. La lettura
dei quotidiani permette di cogliere l’apertura dei singoli all’ambiente circostante, la ricerca di informazioni
non direttamente attingibili. Cartocci fa notare che purtroppo la stampa quotidiana è in minoranza rispetto
alla tv come fonte di informazione, nel periodo del 2001 (durante la stesura del libro) solo il 6,6% delle
persone hanno ricevuto informazioni sulla politica grazie ai giornali (oltre i ¾ invece dalla tv). Pag. 4 di 7
Inoltre, si evidenzia come la società stia mutando il modo in cui attingere informazioni grazie alla free press
e ad internet (quotidiani online). Quindi l’indicatore della lettura dei quotidiani, collegato al concetto di
capitale sociale, potrebbe essere al termine della sua vita. Cartocci dice però che nel 2000-2001 queste
dinamiche ancora non avrebbero scalfito questo indicatore.
I dati sulla lettura dei quotidiani vengono considerati su 2 anni e sono esclusi i quotidiani sportivi (perché
lettura di evasione). Inoltre Cartocci ha pulito i dati eliminando le letture operate da turisti e l’aggiunta di
testate locali non accertate.
Si evince una netta polarizzazione tra nord e sud Italia, con il nord Trentino-Alto Adige, Liguria, Friuli-V.G.
che occupano le prime 3 posizioni con circa 140 copie ogni 1.000 abitanti. Ultime Balicata, Molise,
Campania con circa 25-35 copie. A livello provinciale la massima distanza è tra Trieste (175) e Crotone (18).
Guardando le provincie di Roma e di Sassari si può notare una polarizzazione a livello regionale (piu’ alta
rispetto al resto della regione).
Per quanto riguarda la partecipazione elettorale, Cartocci parte evidenziando come il voto non sia una
scelta razionale da parte del singolo individuo perché il singolo voto non è in grado di influire sull’esito della
votazione, quindi comporta un costo senza alcun beneficio. Per risolvere il paradosso, richiama la massima
di Hirschman: ciò che dovrebbe stare nella colonna dei costi, lo troviamo invece nella colonna dei benefici.
Andare a votare significa manifestare un orientamento di valore.
I dati analizzati da Cartocci prendono in esame Referendum, Politiche ed Europee tra il 1993 e il 2001. Il
referendum del 1993 che sancì la fine della prima repubblica ebbe una partecipazione del 77% ma per i
successivi la partecipazione non superò il 58,1% del 1995. Le elezioni politiche hanno avuto sempre un
tasso superiore al 80%. Le europee 71-75% circa. Un aspetto da considerare è il costante declino della
partecipazione al voto. Per escludere il disturbo all’analisi causato dal “voto di scambio”, Cartocci ha scelto
di analizzare appunto diversi anni e diversi tipi di consultazione elettorale.
A livello regionale, la partecipazione risulta elevata nelle regioni del centro-nord: Emilia-Romagna, Toscana,
Umbria nei primi 3 posti (59-65%). Ultimi 3 posti occupati da Calabria, Sicilia e Campania (42-46%). A livello
provinciale, l’affluenza supera il 60% in 18 provincie tra centro e nord Italia e risulta inferiore al 45% a
Nuoro, in 5 provincie della Sicilia e 2 in Campania.
Cap.6 Il dono di sé e l’azione volontaria
Il senso di obbligazione verso gli altri, come elemento caratterizzante il capitale sociale, trova la sua piu’
chiara manifestazione nella donazione del proprio tempo e del proprio denaro a favore degli altri. Il terzo
settore è alimentato appunto da motivazioni altruistiche, creando reti di relazioni disinteressate attraverso
cui circola la donazione. Cartocci mette in guardia da idealizzare il terzo settore, perché anche qua dentro si
possono trovare motivazioni incongrue con il suo spirito (voglia di protagonismo, opportunismo,
ambizione). Comunque è in questo ambito che occorre individuare gli indicatori per rilevare lo stock di
capitale sociale. I dati Istat sulle organizzazioni del terzo settore si fermano a livello regionale, quindi
Cartocci ha preferito cercare indicatori in un’altra direzione pur mantenendo la natura oblativa delle attività
implicate. Ha quindi preferito analizzare le donazioni di sangue e le associazioni sportive.
La donazione di sangue costituisce una particolarità di dono, perché unilaterale. Non rientra nella logica dei
doni normali in quanto il destinatario è sconosciuto e non può rifiutarsi (per motivi religiosi o altro). Il dono
del sangue non presuppone neanche che sia corrisposto in futuro. E’ quindi il piu’ evidente esempio di
manifestazione di obbligazione morale verso gli altri.
Nei dati, la differenza tra il numero di donatori registrati e il numero di donazioni è piccola ma presente, i
dati non sono sovrapponibili. Anche in questo indicatore vediamo il centro-nord occupare le prime
posizioni della classifica. Con le dovute differenze provinciali, il quadro è affine ai precedenti indicatori. Al
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sud, le provincie di Palermo, Matera e Ragusa fanno eccezione in senso positivo rispetto alle altre provincie
del sud.
L’associazionismo sportivo può essere considerato un indicatore del capitale sociale perché rappresenta un
aspetto della libera volontà e capacità di associazione tra i cittadini. In questa sede la rilevanza delle
organizzazioni risiede in due aspetti: a) nel ruolo svolto dai volontari che dedicato tempo e denaro per
l’associazione; b) il contributo dell’associazione all’inclusione sociale (numero dei tesserati, domanda di
sport che incrocia l’offerta).
I dati recupe