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ISTAT.
La codifica dei dati si realizza associando un valore a una risposta (segnandolo
nel libro codice, che contiene anche i commenti). Possono esserci casi di missing
(mancanza di risposta dovuta a una formulazione scorretta della domanda) o
errori come una croce ambigua o doppia.
La matrice grezza viene quindi inserita in una tabella con come variabili, per
- quanto riguarda l’analisi monovariata, intervistati e domande. Successivamente
si procede alla standardizzazione, che consente di confrontare valori di
distribuzioni diverse, magari con unità di misura diverse. Nella matrice, schema
di classificazione comune, ogni riga rappresenta il profilo del caso, mentre in
colonna abbiamo le variabili nelle celle i dati, ovvero i valori assunti dalla
variabile sul caso. Essa descrive quindi come la variabile si distribuisce fra i casi,
codificando i dati.
Per la bivariata si evidenzia, invece, la relazione (verificabile solo se le variabili
- sono cardinali, affinché le percentuali possano mostrare come le differenze di
distribuiscano nel sottocampione, non in modo uniforme). I rapporti tra
fenomeni che si riferiscono a realtà diverse che presentano variazione
concomitante (o possono essere: di composizione (se una parte
“covariazione”),
del fenomeno rapportata alla sua totalità), coesistenza (il rapporto tra la
è
frequenza di due modalità), la derivazione (se un fenomeno presupposto
è
necessario dell’altro) o rapporti medi (in casi diversi da questi). la relazione tra
due variabili nominali calcolabile mediante la tavola di contingenza, in cui le
è
variabili sono poste in riga e colonna e nelle celle vediamo il numero di casi in
cui esse si manifestano nelle modalità corrispondenti. Il test del chi-quadrato si
basa infatti sulla falsificazione della non esistenza del legame, verificata
confrontando i valori con la talvolta ipotetica di assenza di relazione. Si ha una
relazione positiva o diretta quando ad alti valori di una variabile troviamo una
corrispondenza anche nell’altra, e una correlazione negativa (o inversa) quando
a valori alti di una corrispondono valori bassi dell’altra (o viceversa).
La distribuzione di frequenza quindi una rappresentazione in cui ad ogni
è
variabile associata la frequenza con cui si presenta nei dati (assoluta, se frutto
è
del conto dei casi con un valore; relativa, se rapportata a un totale comune;
cumulata, se comprende le frequenze di un valore e tutte quelle inferiori). La
proporzione utile a effettuare, dividendo la singola frequenza per il numero dei
è
casi, un confronto tra popolazioni di diversa numerosità.
Laddove le variabili siano ordinali, si può inoltre scegliere di raggruppare classi di
valori adiacenti, di cui si prende come riferimento il valore centrale. La
concentrazione serve invece a valutare il concetto inverso di equidistribuzione,
mentre la probabilità calcola il rapporto tra la probabilità di appartenere o non
appartenere a una categoria. Due sono tuttavia i tipi di misure fondamentali:
le misure di tendenza centrale, ossia il valore che esprime e sintetizza la
- distribuzione, e che corrisponde, per le variabili nominali, alla moda (cioè la
modalità con più frequenza), per le ordinali, la mediana (la modalità del caso
collocato al centro della distribuzione) e, per le variabili cardinali, la media
aritmetica (data dalla somma dei valori divisa per il numero dei casi).
Le misure di variabilità sono invece: per le variabili nominali, l’indice di
- omogeneità ed eterogeneità (che oscillano tra un’unica modalità per tutti i casi
fino ad ogni caso associato a una sua modalità differente), per le variabili
ordinali, la differenza interquantilica (dove per quartini si intendono i confini che
dividono in 4/4 la distribuzione), e per le variabili cardinali, la deviazione
standard o scarto quadratico medio (calcolato mettendo sotto radice la somma
degli scarti dalla media dei singoli valori, elevati al quadrato) e la varianza (che
si ottiene eliminando la radice).
Per verificare l’esistenza di una relazione tra due variabili ed eventualmente
eliminare i componenti non aggregabili, si utilizza il test di significatività.
La tabella di indipendenza valuta la forza della relazione per ogni tipo di
- variabile, testimoniando come per ogni valore di A i valori di B siano equamente
distribuiti.
La retta di regressione rivela invece il coefficiente di proporzionalità, tanto più
- alto quanto più la retta inclinata.
è
La relazione tra le variabili può essere:
spuria, se x influenza y, ma una terza variabile indipendente z legata ad
è
- entrambi. In questo caso, nell’analisi trivariata, il campione viene diviso in 3
sottocampioni per valutare se e quanto z varia o annulla la relazione.
Si ha invece relazione indiretta con variabile interveniente quando x causa z,
- che a sua volta causa y (es.: x=maschi, z=km, y=incidenti).
Per valutare la relazione tra due o più variabili, quindi, si parte da un’ipotesi
specifica, sulla base di cui si progetta l’analisi per variabili con dati strutturati
inseriti nella matrice x variabili”. Fondamentali sono la spersonalizzazione
“casi
del ricercatore e la rilevazione dei dati in maniera standardizzata.
Il paradigma interpretativista si basa su tre fondamenti:
la ricerca orientata ai soggetti (e non alle variabili), poiché il fenomeno può
è
- essere compreso solo considerando il significato attribuito dai soggetti alle loro
azioni, in base alle loro caratteristiche. Essa dipende quindi dalla disponibilità a
cooperare degli intervistati nella ricerca, preferibilmente intensiva (basata cioè
su pochi casi, in modo da analizzare il fenomeno nel dettaglio a scapito della
generalizzazione dei risultati).
Esperienze e valori dei ricercatori sono importanti per comprendere il fenomeno
- investigato.
Ed infine, la ricerca viene condotta con metodi induttivi, poiché la definizione di
- categorie concettuali non può avvenire a priori (come nei paradigmi positivista e
postpositivista), ma a partire dal materiale empirico raccolto sul campo.
Fasi della ricerca
definizione della domanda cognitiva che guida la ricerca (con un concetto che
1. qui solo orientativo e predispone alla percezione),
è
individuazione degli intervistati e del contesto (tenendo conto che la profondità
2. dell’analisi inversamente proporzionale all’ampiezza del campione),
è
conduzione delle interviste (rilevazione) con metodi intrusivi (che impegnano
3. gli intervistati, ossia interviste e focus group) o non (osservazione e analisi dei
documenti), ovvero seguendo un approccio naturalistico),
analisi e costruzione della documentazione empirica (materiale grezzo
4. rilevato), prevalentemente di tipo interpretativo (ma in cui si usano anche
strumenti standardizzati), a testimonianza della relazione aperta e interattiva
tra teoria e ricerca,
e comunicazione dei risultati, ossia delle argomentazioni del ricercatore.
5.
Se con l’approccio quantitativo la realtà intesa come realtà costituita oggettiva e
è
l’obiettivo quello di validare empiricamente le ipotesi, nell’analisi qualitativa (per
è
soggetti) possiamo trovare interpretazioni diverse dello stesso evento, tentando
di comprendere il punto di vista dell’attore sociale, aprendoci all’imprevisto. E’
necessario quindi documentarsi sulla cultura e il background dei soggetti.
Si utilizza il questionario quando la conoscenza della realtà sufficiente a
è
costruire le variabili e ho un campione sufficiente a rilevarle e quantificarle. Le
interviste servono invece per conoscere e comprendere il tema su cui bisogna
documentarsi prima di incontrare il privilegiato”, inserito nei contesti
“testimone
su cui stiamo indagando o con una conoscenza diretta dell’argomento. Molto
importante il punto di vista del ricercatore nella comprensione del contesto,
è
ponderata tramite il confronto.
Strumento principe dell’etnografo il taccuino, su cui trascrive (possibilmente
è
subito) una descrizione densa con dettagli ed espressioni gergali da inserire in
categorie la cui intensità cambia da t0 a tn. Per entrare nel campo si usa la
strategia cover (infiltrandosi nel campo) o over (entrando in contatto con
qualcuno interno al campo e dichiarando l’obiettivo cognitivo di realizzare una
ricerca, negoziando l’accesso, sebbene la desiderabilità possa poi spingere a un
comportamento verbale poco attendibile). Se invece possediamo già abbastanza
informazioni da poter creare un questionario, si cerca di osservare come si
distribuiscono le proprietà nel campione.
L’osservazione si distingue in:
partecipante (inaugurata da Malinowsky), quando il ricercatore si inserisce
- direttamente e a lungo in un gruppo sociale, instaurando un rapporto di
interazione personale con i membri del gruppo per descriverne comportamenti
e comprenderne le motivazioni (aiutandosi con strumenti che la amplificano).
Essa nasce in ambito etnografico a inizio 900 e viene ripresa negli anni 20 dalla
Scuola di Chicago per lo studio delle culture urbane. L’osservazione
partecipante si realizza in 5 fasi: individuazione del fenomeno e del gruppo da
studiare (non troppo vasto, ma che agisce in uno spazio limitato ma abbastanza
grande da sviluppare una subcultura diversa da quella dominante), scelta del
ruolo osservativo da cui dipende il tipo di osservazione occulta (se l’accesso al
gruppo avviene in incognito) o palese (se il lavoro sul campo viene preceduto
dalla presentazione del ricercatore), analisi della documentazione e
classificazione in tipi ideali e categorie e comunicazione dei risultati. I problemi
dell’osservazione partecipante sono, quindi: la difficoltà di accesso al gruppo
(risolvibile grazie alla mediazione culturale di un membro prestigioso che
legittimi l’intervistato), il grande investimento di tempo e risorse psicologiche e
la difficoltà di conservare l’oggettività nella valutazione dei risultati.
Quella non partecipante, invece, si realizza raccogliendo dati sul
- comportamento di un gruppo di individui in laboratorio o nell’ambiente naturale,
ma senza coinvolgimento diretto (ricoprendo così un ruolo passivo).
L’osservazione deve quindi concentrarsi e riportare note etnografiche su:
contesto fisico, ossia la conformazione strutturale degli spazi in cui si sviluppa
- l’azione sociale studiata;
contesto storico, gli eventi che coinvolgono i membri del gruppo;
- contesto sociale, la strutturazione del gruppo in sottogruppi, dimensioni, profili
- socioculturali