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Numa Pompilio su consiglio di Egeria e delle Muse (ninfe Camene) riprodusse l’ancile in undici copie e consacrò la zona
in cui il re incontrava le Muse e i prati circostanti (la valle Egeria in cui vi era sicuramente anche il tempio di Marte). La
sacralità dell’area sin dall’epoca antica fece inoltrare la vestale Rea Silvia alla ricerca di acqua oltre la fonte delle Camene
fino a giungere al bosco sacro di Ares (dove si sarebbe consumata la sua unione con Marte). Il lucus Martis era il luogo in
cui erano soliti recitare i poeti (collegando l’area del dio a quella delle Camene). Nelle rappresentazioni di Rea e Marte vi
è un albero ad indicare il bosco sacro al dio e la personificazione del fiume Almone che osserva la scena (altre varianti
sono la presenza di Venere, oppure la presenza di un sacello con altare acceso e lancia ad indicare il santuario dei Salii
palatini). Il rapporto amoroso tra Marte e Rea Silvia introduce il carattere del dio della guerra come giovane in armi atto al
matrimonio, aspetto ancestrale legato ad antichi riti di formazione dei giovani cittadini e delle loro compagne (basata
sull’opposizione tra un Marte impetuoso e la vergine Minerva, celebrata dalle feste di Anna Perenna che si conclude con
l’unione matrimoniale del dio con Nerio (dea locale), alla quale le sabine si rivolsero per ottenere la pace tra i Romani e
Sabini).
Nel santuario di Marte Gradivo esiste un culto minore dedicato a Venere placida (ma lì vicino c’è un culto di Minerva). La
posizione di santuari legati alla formazione di giovani è giustificata considerando i riti iniziatici giovanili secondo la quale
gli spazi per la formazione fisica e militare sono posti in una zona critica tra centro cittadino e territori selvaggi. Nell’area
del tempio di Marte Gradivo vi era una zona pianeggiante destinata alle manovre dell’esercito e allo svolgimento di
cerimonie a carattere marziale, quindi un campus (uno spazio aperto) per i giovani e per le riunioni della popolazione atta
a portare le armi (secondo Dionigi di Alicarnasso dopo l’apparizione dei Castori durante la battaglia del lago Regillo del
499 a.C. ai gemelli fu dedicato un tempio presso il Foro Romano e una cerimonia che partiva dal santuario di Marte
sull’Appia per passare di fronte al tempio dei Castori e giungere sul colle capitolino, da qui si comprende che il tempio di
Marte doveva esistere dagli inizi dell’epoca repubblicana).
Nel 350 a.C. M. Popilio Lenate riunisce la classe militare degli juniores presso il tempio di Marte fuori Porta Capena
presso il campo di Marte, quindi il campo di Marte era abbastanza ampio da contenere 4 legioni (trova conferma nel 44
a.C. col giovane Ottaviano che accampa il suo esercito proprio lì per poi entrare in città raggiungendo il tempio dei
Castori).
Altro aspetto ancestrale della divinità era presente nella preghiera recitata dai Fratres Arvales per garantire la fertilità dei
campi, quindi Marte come propiziatore delle coltivazioni solo se il dio bellicoso rimane “sazio” oltre i confini, quindi si
invoca la divinità femminile (Nerio o Venere) per placare l’animo del dio e garantire la pace delle nozze sicure e felici e del
sostentamento.
Il paesaggio sacro dell’Almone al primo miglio della via Appia Antica -> la valle dell’Almone è frutto dell’erosione dei
depositi tufacei legati al primo ciclo del vulcanesimo albano da parte di un corso d’acqua con una grande portata. Per la
creazione delle 14 regioni l’alveo del fiume venne scelto per i confini della Regio I (così come il Tevere o l’Aniene), prima
dei lavori di sbancamento del Monte d’Oro quest’altura doveva essere una prima difficoltà naturale tra centro urbano e
monti Albani. Il fiume e i suoi meandri costituiva un’area difficile per chi attaccava ma preziosa per i romani. Grazie alle
fonti ed acquitrini la zona aveva una valenza religiosa, ma data l’umidità era una zona instabile e critica, di
attraversamento più che di stanziamento. L’area doveva essere sacralizzata per assicurare confini stabili contro il rischio
di alterazione da parte di uomini e di entità extra-umane, cioè per renderli indiscutibili. Il referente divino per questa zona
è Marte, ma vi sono anche altri riti ancestrali che ne rispecchiano la natura acquitrinosa.
Presso il campo di Marte si conservava una pietra (lapis manalis) che portata in processione in città nei momenti di siccità
aveva il potere di provocare la pioggia e prendeva il nome “manale” (manaret) acqua (anche se potrebbe essere
l’ingresso all’oltretomba attraverso il quale le anime dei Mani si diffonderebbero tra i viventi).
Al secondo miglio dell’Appia si trovava il campo di Rediculo, divinità del ritorno in città dei viaggiatori e dei militari ma
anche della ricomparsa delle anime dei defunti.
Santuari di confine al primo miglio -> i dati tra primo e secondo miglio dell’Appia comprovano l’esistenza del tempio di
Marte Gradivo e della sua caratteristica di santuario di confine. Un riferimento di tipo greco (anche se bisogna essere
attenti ad applicarlo) per quanto riguarda il santuario di Marte come spazio sacro tra spazi culturali e coltivati a terre
ancora selvatiche e incolte.
Si può concludere che finora la collocazione dei santuari di confine è fallimentare.
Nuovi dati sulla topografia del settore extramuraneo fra via Appia e via Latina. M. Marcelli
L’area in esame va dalla valle dell’Almone tra I e III miglio dell’Appia e Latina, ossia la valle della Caffarella (oggi Parco
Regionale dell’Appia Antica). Territorio che con la destinazione agricola nel corso dei secoli ha conservato il paesaggio
antico.
La valle è stata oggetto di numerosi studi, con particolare attenzione sull’insediamento del Pago Triopio di Erode Attico a
sud della valle, portando alla creazione del presidio imperiale con il monumentale complesso della villa e del circo di
Massenzio.
Negli ultimi 15anni il GIS della Carta dell’Agro Romano riguardante la Caffarella si è arricchito.
Il paesaggio della valle dell’Almone -> il territorio ad est di Roma è il risultato dell’attività del Vulcano Laziale, modellato
da erosione fluviale e agenti atmosferici e antropici. Le attività dei vulcani dei colli Albani hanno determinato la formazione
di piroclastici e solcato da un fitto reticolo idrografico ad andamento radiale e centrifugo, la parte periferica è
rappresentata da un pendio con spianate sommitali separate da valli fluviali incise. Data l’intensiva antropizzazione
l’assetto morfologico non è distinguibile, ma è conservato nella valle dell’Almone col profilo a V tipico delle valli fluviali
formate dall’accumulo di vari strati di materiali vulcanici su sedimenti fluviali e marini. Elemento morfologico dominante è
la colata lavica detta Capo di Bove: una sommità pianeggiate bordata da ripide scarpate sfruttata in età storica per la
costruzione dell’Appia. Il fiume erodendo il terreno crea dolci pendii di origine alluvionale e banchi di tufo, caratterizzando
la valle con un cospicuo reticolo idrografico. Il corso d’acqua principale è l’Almone, noto anche come marrana della
Caffarella, affiancato da due fossi minori alimentati da sorgive che scaturiscono ai piedi dei rilievi collinari. Il fiume in
antico era noto per il suo regime incostante e torrenzioso, venne intubato nel tratto finale per l’urbanizzazione del
quartiere Ostiense e poi per la realizzazione della via Imperiale (sparisce in prossimità della Cartiera Latina sull’Appia
Antica).
La valle venne sfruttata in antico per fini agricoli, il paesaggio non doveva essere molto diverso da oggi, almeno per la
riva sinistra dell’Almone invece sul versante della via Latina nel secondo dopoguerra vi fu un’intensa urbanizzazione per
realizzare i quartieri di Appio-Latino-Tuscolano. Ulteriore attività antropica fu l’estrazione di pozzolana per l’edilizia (segno
gli avvallamenti circolari dovuti al crollo delle volte ipogee documentati dagli inizi del novecento).
La viabilità antica -> le vie Appia e Latina che circondano l’Almone si impostano nel corso del IV a.C. su viabilità
preesistenti.
L’Appia è un percorso di crinale regolarizzato da Appio Claudio Ceco nel 312 a.C., inizia da porta Capena, percorre la
valle Murcia tra Aventino e Celio, risale le alture della riva dx dell’Almone, scende a sud sull’attuale percorso
attraversando il corso d’acqua, poi deviando sud-est risale le scarpate della colata lavica di Capo di Bove.
La Latina divenne via publica dopo il 338 a.C. ha in comune con l’Appia il primo tratto, da cui si separa poco prima del
primo miglio dirigendosi a sud-est, tra secondo e terzo miglio il tracciato coincide con la moderna via e percorre la dorsale
dei rialzi tufacei incisi a sud dell’Almone per poi distaccarsi seguendo il pianoro vulcanico del c.d. Tavolato e tagliando
alcune vallecole fluviali.
In antico vi era un percorso di fondovalle (i resti sono vicino il tempio di Redicolo) che costeggiava la sx dell’Almone.
La via Asinaria era la viabilità di raccordo tra Latina e Appia in uso nel II secolo (secondo Festo) che uscendo
dall’omonima porta tagliava entrambe le vie raccordandosi con l’Ardeatina; la via seguiva il tracciato poi ripercorso
dall’Appia Nuova girando verso ponte Lungo (i resti di basolato erano visibili ancora nell’ottocento), poi seguiva il vicolo
della Caffarella e risaliva verso l’Appia sfruttando un piccolo avvallamento lungo il percorso dell’attuale Basilica (ad ovest
del complesso di Massenzio); secondo altri studiosi la via Asinaria era il tracciato che provenendo dalla porta procedeva
sull’asse del futuro vicolo delle Tre Madonne, incrociando la Latina all’altezza di via Numazia e attraversava l’Almone
all’altezza del dio Redicolo (dove vi è traccia del basolato).
Entrambe le ipotesi della via Asinaria sono possibili, a testimonianza alcuni ritrovamenti: nel 2003 gli scavi per il collettore
della Caffarelletta riportano alla luce tre settori di un tratto di strada NO/SE realizzato sfruttando un antico fosso; un
secondo tratto di strada fu rinvenuto negli scavi del 2005 per la realizzazione del nuovo collettore fognario della
Caffarella, alla strada si sovrapposero sette successivi livelli con continuità di frequentazione dal VI a.C. al V d.C., alcuni
tagli presenti potrebbero essere per lo scolo delle acque o fosse per la coltivazione e forse questa strada rispetto all’altra
era l’asse stradale primario poi ripercorso dalla via della Caffarella. Tuttavia entrambe le vie dell’Asinaria confluivano
nell’unica via subito a sud dell’Almone.
Le acque della Caffarella -> un elemento determinante della valle sono le numerose acque, ultimamente evidenziate dalla
Carta Idrogeologica di Roma. Fra