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CAPITOLO 3 – LE TECNICHE DELLO SCAVO
Distinzione tra i due aspetti dello scavo; la prima è la strategia, o piano di conduzione
dello scavo. Secondo Petrie il miglior metodo di esame è offerto dalle trincee parallele
perché danno una buona immagine del suolo. Barker invece è un assertore dello scavo
per grandi aree e adotta il sistema per quadranti. La strategia di scavo è separata dal
procedimento, mediante il quale viene effettuato lo scavo pero e proprio. Ci sono due
metodi di scavo, quello arbitrario (consistente in una rimozione sommaria del terreno
effettuata con un mezzo qualsiasi o nel suo scavo per tagli o livelli di spessore
predeterminato) e quello stratigrafico (mediante il quale i depositi archeologici vengono
rimossi seguendo le loro stesse forme, con i loro contorni o rilievi individuali).
Negli ultimi due secoli sono state sperimentate varie strategie ma solo due metodi di
scavo. La prima strategia consisteva nel semplice buco attraverso il quale il terreno
veniva asportato per poter ottenere velocemente gli oggetti di raro valore che erano
sepolti li.
Nel 1916 Giffen inventò il metodo per quadranti (fig. 3, pag. 65): un sito veniva diviso in
segmenti poi scavati alternativamente, che permettevano di ottenere profili o sezioni del
suolo attraverso la stratificazione del sito. I profili venivano presi nei muri o nei testimoni
di terreno non scavati tra i vari segmenti del quadrante. (scavo arbitrario).
Wheeler scavava tumuli secondo il metodo a strisce (metodo arbitrario): due linee
parallele di picchetti venivano poste ad angolo retto alle estremità di uno degli assi del
tumulo. I picchetti di ciascuna linea recavano un numero corrispondente. Lavorando tra
queste linee di riferimento, gli scavatori procedevano rimuovendo il terreno striscia a
striscia facendo in modo che ciascuna striscia coincidesse con l’intervallo tra due paia di
picchetti.
(fig. 4a, pag. 67). Strategia per quadrati di Wheeler, secondo la quale un sito veniva
scavato in una serie di piccoli buchi quadrati.
CAPITOLO 4 – PRIMI METODI DI DOCUMENTAZIONE SULLO SCAVO
Petrie notò che gli scopi di uno scavo erano ottenere piante e informazioni topografiche
e reperti mobili antichi. Le prime documentazioni miravano quindi al recupero di
informazioni relative alla posizione di strutture fondamentali e ai luoghi di ritrovamento
dei manufatti.
Dal momento che l’importanza maggiore era data alle strutture che alla stratificazione, le
sezioni documentavano raramente i dettagli del terreno ma erano usate per mostrare
l’insieme degli aspetti strutturali di un sito. Per quanto riguarda i reperti mobili era
sufficiente indicare che ciascuno di essi proveniva da un livello assoluto più alto o più
bassi di altri trovati nello stesso sito.
Pitt-Rivers, prima di dare inizio allo scavo vero e proprio, disegnava una pianta del sito
con le curve di livello, il cui scopo era di mostrare il sistema di drenaggio del sito e la
conformazione generale del terreno.
In alcuni dei siti di Rivers il terreno veniva rimosso per livelli arbitrari così che i materiali
non potevano cadere ad es. dalla parete di un testimone ad una profondità maggiore di
quella alla quale giacevano nel momento della scoperta. Gli oggetti non venivano
documentati in relazione ai tagli o a uno strato archeologico numerato, ma secondo una
misurazione tridimensionale: una quota dava l’altezza assoluta del luogo di ritrovamento
e altre due posizionavano l’oggetto su un piano orizzontale.
Le piante di Giffen e Grimes si prefiggono di documentare l’intera superficie esposta
durante lo scavo.
CAPITOLO 5 – STRATI, STRATI GEOLOGICI E STRATIFICAZIONE
Processo di stratificazione. Tutte le forme di stratificazione sono risultato di simili cicli
di erosione e deposito. Ad es. le rocce sedimentarie si accumulano sul fondo del mare
per il deposito di particelle provenienti da altre formazioni in corso di erosione e altri
detriti. Questi strati fangosi alla fine si tramutano in pietra solida e possono essere poi
sollevati e a loro volta soggetti a erosioni. Il processo di stratificazione è quindi un ciclo
di erosione e accumulo, e si riscontra anche sui siti archeologici, dove oltre alle forze
naturali ci sono anche le attività umane. Il processo di stratificazione archeologica è
duplice: la creazione di uno strato equivale alla creazione di una nuova interfaccia e
spesso più di una. Ad es. le foglie cadute da un albero nel formare un nuovo deposito
costituiscono anche una nuova superficie o interfaccia. La stratificazione archeologica è
composta di depositi e interfacce e spesso le seconde sono più numerose: questo
avviene perché tutti i depositi avranno superfici o superfici di strato, ma molte superfici in
sé come le fosse non prevedono alcun deposito complementare di cui formare la
superficie.
Questi depositi e interfacce archeologiche possono essere alterati o distrutti nel
processo di stratificazione. Una volta che una us si è formata è soggetta solo ad
alterazione e deperimento, non può essere ricostruita.
Tre fattori determinano l’accumulo involontario di resti culturali mediante il processo di
stratificazione archeologica: le superfici di terreno già esistenti, le forze della natura e le
attività umane.
Differenza tra strati formati dalla natura e quelli di origine antropica: nella formazione dei
suoi strati la natura cerca la via di minore resistenza e per questo la roccia più morbida è
la prima ad essere erosa, mentre i secondi derivano da scelte di natura culturale e la
terra viene modellata per volontà dell’uomo.
Depositi di circostanze archeologiche. Hirst ha individuato tre classi di us
archeologiche: 1) gli strati di materiali depositati gli uni sugli altri orizzontalmente, 2)
elementi che tagliano gli strati (elementi negativi), come le fosse, 3) elementi costituiti da
costruzioni intorno alle quali si siano formati strati (elementi positivi), come muri. La terza
classe è chiamata strato verticale.
Pur essendo posti spesso in piano gli strati antropici possono essere anche innalzati
verticalmente: esistono quindi due tipi di strati artificiali, quelli distesi su una determinata
area e quelli innalzati sopra una superficie già esistente. Il primo tipo è detto strato
artificiale e tende ad accumularsi secondo un normale modello di sovrapposizione.
Gli strati naturali, artificiali e verticali hanno in comune:
1) faccia, o superficie originaria, termine usato per distinguere la superficie superiore originaria di uno strato dalla sua
superficie inferiore.
2) contorni della superficie di strato, linee o contorni che definiscono l’estensione nello spazio di ogni us in orizzontale e
verticale.
3) rilievi della superficie di strato (fig. 11, pag. 88), linee che indicano il rilievo topografico della superficie di uno strato o
gruppo di us.
4) volume e massa, possono essere determinati combinando le dimensioni dei contorni con quelli dei rilievi della sua
superficie.
5) posizione stratigrafica; tutte le us avranno una posizione nella sequenza stratigrafica di un sito.
6) cronologia; tutte le us sono state create in una determinata epoca.
CAPITOLO 6 – L’INTERFACCIA NELLA STRATIFICAZIONE ARCHEOLOGICA
La stratificazione archeologica è costituita da una combinazione di strati e interfacce.
Esistono due tipi di interfacce: quelle che costituiscono le superfici di strati e quelle che
sono superfici in sé perché si sono formate in seguito alla rimozione di masse si
stratificazione preesistenti. In geologia sono definiti come letti di posa (superfici di strato,
indicano posizioni successive della superficie) e discordanze (superfici in sé, segnano i
livelli ai quali la stratificazione preesistente è stata distrutta dall’erosione).
Superficie di strato. Esistono due forme, quella orizzontale (documentate su piante che
dovrebbero indicare i contorni delle superfici degli strati e perciò i limiti delle interfacce) e
quella verticale (documentata mediante un disegno o prospetto).
Superficie in sé. Due tipi, orizzontale e verticale. Sono formate dalla distruzione della
stratificazione preesistente. In questo processo di formazione le superfici in sé creano le
loro proprie aree e superfici e perciò possiedono rapporti stratigrafici che sono loro
propri. Sono perciò us valide per sé: dovrebbero ricevere un numero di strato e avere il
proprio insieme di rapporti stratigrafici con altre unità della stratificazione e i propri
contorni e rilievi di superficie.
Possono presentarsi quando un muro va in rovina e crolla per cause naturali. Vengono
spesso documentate come se fossero piante del muro originario.
Superfici in sé verticali risultano dallo scavo di fosse mentre quelle orizzontali si
presentano solo su siti con edifici in muratura o dove sopravvivono costruzioni in legno.
L’interfaccia di periodo. Quando un certo numero di strati e interfacce si accumula
formando una massa, viene a costruirsi un corpo di stratificazione che, se profondo e
complesso, può essere diviso in formazioni che sono qualsiasi insieme di rocce che
abbiano una caratteristica in comune, per origine, età o composizione. In archeologia le
formazioni possono essere individuate secondo criteri culturali, cronologici o funzionali.
L’interfaccia di periodo equivale alla somma totale delle superfici che sono state livelli di
terreno in uno in uno stesso e unico momento. Se un sito è semplice, l’interfaccia può
essere individuata nel corso dello stesso scavo. Su siti complessi può essere
impossibile definire le interfacce composite fino a che non siano stati analizzati i
ritrovamenti.
Su ogni sito che contiene superfici in sé verticali, parti delle superfici di alcune interfacce
di periodo saranno state distrutte. Queste aree possono essere definite come interfacce
di distruzione.
CAPITOLO 7 – GLI ARCHIVI STRATIGRAFICI: LA SEZIONE ARCHEOLOGICA
Una sezione archeologica è un disegno di profilo verticale di terreno, come appare
effettuando un taglio attraverso una massa di stratificazione. Appaiono in sezione
un’immagine degli strati sul piano verticale e le diverse interfacce tra i volumi degli strati.
Le sezioni offrono un esempio del tipo di sovrapposizione esistente su un sito e da
questa immagine può essere estrapolata parte della sequenza stratigrafica del sito.
Le prime sezioni archeologiche. Molte delle prime sezioni erano schizzi di tumuli
funerari e non erano documentazioni di stratificazioni ma grafici che indicavano la
conformazione del tumulo e delle camere sepolcrali: erano illustrazioni topografiche e
non documentazioni stratigrafiche.
Influenze della geologia sulle sezioni archeologiche si trovavano nelle sezioni a pozzo, il
cui proposito è quello di mostrare la sovrapposizione e relativo spessore degli st