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2.1- IL CONCETTO DI MARCA
Kotler definisce la marca come “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o
una loro combinazione che identifica un prodotto o servizio di un venditore e che lo
differenzia da quello del concorrente”.
La marca rappresenta “la memoria” di un’impresa, capace di racchiudere tutti gli investimenti,
le attività di ricerca, le tecnologie di processo e le innovazioni realizzate dall’impresa nel corso del
tempo, riassumendo cosi la sua storia.
Secondo Zara la marca si struttura su 3 componenti di base:
la componente identificativa (segni di riconoscimento): attiene a tutto ciò che può agevolare il
consumatore nell’identificazione della marca e nella distinzione della stessa dalle alternative
esistenti (nome, logo). Da essa discende la consapevolezza di marca (brand awarness), cioè la
capacità di marca di essere correttamente individuata dai consumatori.
la componente percettiva (associazioni cognitive e percezioni): riguarda la rete di significati
costruita dall’impresa intorno al brand name e concerne l’insieme di associazioni evocate nel
sistema cognitivo dei consumatori della marca come:
- gli attributi del prodotto,
- i benefici offerti dal prodotto (funzionali, esperienziali e simbolici),
- i valori individuali correlati al prodotto (considerazione sociale, autostime, gratificazione).
la componente fiduciaria (conferma aspettative): attiene al ruolo svolto dalla marca nel
processo di acquisto e scaturisce dalla conferma delle aspettative, maturate dal consumatore.
La marca dunque, sia in un’ottica generale che in ciascuna delle componenti nella quale può
essere scomposta, impatta in modo rilevante sulle percezioni e sulle decisioni di acquisto
dei clienti.
Kapferer, Thoenig e Lambin classificano una serie di funzioni di utilità assunte dalla marca sia a
favore del cliente che del produttore.
In termini di benefici offerti ai clienti, si riconoscono alla marca le funzioni:
- di orientamento: la marca comunica la presenza di un dato insieme di attributi orientando le
scelte del cliente.
- di garanzia: la marca essendo una “firma” fa assumere una responsabilità all’impresa,
impiegandola a garantire un livello di qualità specifica e costante.
- di personalizzazione: la marca consente ai clienti di esprimere la loro originalità e personalità
attraverso le scelte di acquisto.
- di praticità: la marca permette al cliente di memorizzare facilmente le caratteristiche di un
prodotto ad un nome specifico.
- ludiche: la marca soddisfa anche le esigenze di novità, di sorpresa, di rischio, di complessità.
In termini di benefici offerti al produttore, la marca assume le funzioni di:
- protezione: la marca protegge l’impresa da imitazioni e contraffazioni.
- posizionamento: l’impresa attraverso la marca mette in evidenza i suoi caratteri distintivi e di
differenziazione.
- capitalizzazione: la marca è come un serbatoio che raccoglie il valore degli investimenti di
comunicazione effettuati nell’arco degli anni e il valore del capitale di soddisfazione e
relazione accumulato dall’impresa con i suoi clienti.
2.2- BRAND EQUITY
In linea generale, il valore di una marca (o brand equity) si basa “su una serie di ‘attività’ e
‘passività’ ad essa associate che aggiungono o sottraggono valore al prodotto o servizio
venduto da un’azienda e acquistato dai consumatori” (Aaker,1997).
Le attività e le passività su cui è fondato il valore della marca possono mutare da un contesto
all’altro; comunque è possibile raggrupparle in 5 categorie:
- fedeltà della marca,
- notorietà del nome,
- qualità percepita,
- altri valori associati alla marca,
- altre risorse esclusive della marca (brevetti, marchi registrati, canali distributivi in esclusiva,
ecc..).
Non è facile né rapido costruire la brand equity; secondo Keller questa si sviluppa mediante un
processo sequenziale suddiviso in 4 fasi, denominato customer based “brand equity pyramid”.
1° fase: consiste nello sviluppo di una positiva brand awareness (notorietà di marca) e
associazione di marca nell’ambito di una specifica classe di prodotti.
2° fase (performance e immaginario di marca): l’impresa deve cercare di sviluppare dei
“significati” di marca nella mente degli acquirenti, ricondotti a due macro-ambiti:
-la dimensione funzionale basata sulle “performance” tecniche,
- la dimensione più astratta di “immaginario” legato alla marca (es. immaginario connesso alla
eleganza ed allo stile).
3° fase: implica lo sviluppo delle opportune risposte da parte dei consumatori-acquirenti in termini
di giudizi cognitivi (giudizi dei clienti) e di risposte affettive (feelings dei clienti).
4° fase: ed anche la più complessa è volta a creare un legame tra marca e cliente (relazione
Marca-cliente) che sfoci in una dinamica relazionale di medio-lungo termine capace di generare
fiducia, fedeltà, lealtà tra le parti.
2.3- LA PERSONALITA’ E LA DIMENSIONE RELAZIONALE DELLA MARCA
Le relazioni tra marca e il cliente:
Cook (1992) afferma che il rapporto tra marca e cliente presenti caratteri similari a quelli di
una relazione affettiva tra individui, attribuendo così una vera e propria personalità alla marca.
Grandi (1987) sottolinea come la percezione di un consumatore riguardo alla marca è di
un’immagine personificata, costruita in modo simbolico anche in virtù degli sforzi comunicativi
posti in essere dalle imprese; ciò che il consumatore desidera e acquista è infatti la personalità
globale del prodotto.
In modo molto chiaro Aaker (1997) definisce la personalità di marca (brand personality) come
il “set di caratteristiche umane associate alla marca”; al contempo Aaker propone una scala
utile per la misurazione della personalità di marca basata su 5 dimensioni a loro volta articolate
specifici tratti elementari:
1- la Sincerità: si lega ad una personalità con tratti “onesti”, “realistici”, “amichevoli”, “morali”
(come Toyota, Kodak, ecc..)
2- l’Eccitazione: è basata su elementi di carattere quali i tratti: “sfidante”, “brioso”, “immaginifico” e
“contemporaneo” (es. Mazda e Apple).
3- la Competenza: qualifica una personalità “affidabile”, “sicura”, “intelligente”, “di successo” (es.
FedEx, Ford, Sony).
4- la Sofisticatezza: si abbina ai tratti di “affascinante”, “di alta classe” (es. Mercedes).
5- la Durezza: si caratterizza per tratti di personalità “ruvidi-mascolini” e di soggetti “amanti
dell’outdoor” (Nike, Marlboro).
Pur essendo criticata, questa scala di misurazione della personalità della marca è stata
ampiamento utilizzata nell’ambito delle ricerche sul consumer behavior e nella definizione del
posizionamento di marca.
Tuttavia la complessità delle relazioni tra marca e cliente vanno oltre l’immagine o la personalità
della marca. Secondo Blackstone (1992-93) non si devono raccogliere solo le informazioni su ciò
che il consumatore pensa della marca, ma anche su ciò che il consumatore pensa che la
marca pensa di lui, cioè gli “atteggiamenti della marca” nei confronti del consumatore.
Manaresi (1999) sviluppa la teoria delle basi relazionali. Secondo questa prospettiva le
fondamenta su cui è costituita la relazione tra cliente e marca possono essere ricondotte ad alcune
categorie (basi di relazione) che riguardano la possibilità della marca di:
- essere percepita come una marca in grado di fornire premi-incentivi (reward base), es. le carte
fedeltà.
- essere percepita come marca ad alto contenuto di know-how ed esperta (expert base).
- esercitare una forma di coercizione nei confronti del consumatore (coercive base); la marca
“costringe” il cliente ad essere acquistata.
- essere percepita come legittimata in virtù di tradizione e cultura (legitimate base); es. Antinori e
Frescobaldi quali produttori di vino plurisecolari.
- essere percepita come vicina ai valori del consumatore (referent base); es. il Coop che fonda la
sua ragione d’essere nell’identificazione con il cliente-socio.
La teoria delle basi relazionali, sottolinea come accanto al fenomeno di personalizzazione
della marca sia necessario considerare gli specifici comportamenti di acquisto e di consumo
che concorrono alla costruzione della personalità stessa, quale quella di dare significato ai rapporti
sociali degli individui.
In altre parole, le relazioni interpersonali sono utilizzate da chi consuma non solo per avere degli
stimoli riguardo a cosa e come consumare, ma anche per dar senso a ciò che si consuma
soggettivamente; si consuma per dare senso alle interazioni con altri individui.
2.4- BRAND EXPERIENCE
La rilevanza della dimensione relazionale determina una estensione delle valenze simboliche
della marca verso la frontiera del branding esperienzale; l’esperienza assume il ruolo di un nuovo
strumento per la creazione di valore, di cui la marca è appunto il contenitore.
Secondo questa prospettiva creare una esperienza, “metterla in scena”, significa adoperarsi
per coinvolgere emotivamente il consumatore, fino a rendere l’esperienza vissuta
memorabile, e quindi attribuendole un valore per il consumatore duraturo.
La rilevanza delle esperienze per le imprese si rivela nella disponibilità degli individui di pagare un
prezzo aggiuntivo pur di vivere una data esperienza. Per riuscire a creare un’esperienza
memorabile nella percezione dei consumatori, l’unica strada percorribile secondo Pine e Gilmore è
la sua tematizzazione.
Nelle strategie di branding, accanto all’esperienza d’uso del prodotto viene aggiunta anche
un’esperienza complessiva di marca (brand experience) con lo scopo di rafforzare il legame tra
quest’ultima ed il cliente.
L’adozione di questa prospettiva influisce in modo radicale sugli stessi caratteri dell’identità di
marca; in questa prospettiva, le marche si stanno trasformando in veri e propri fornitori di
esperienze (experience provider), che ambiscono ad incidere in modo esteso su una moltitudine
di aspetti della vita dei propri clienti.
Il marketing esperienziale si basa quindi sulla tendenza dei consumatori ad acquistare prodotti e
servizi non tanto per le loro caratteristiche ma per le esperienze emozionali legato all’atto di
acquisto e di funzione.
L’obiettivo del marketing esperienziale è quello di instaurare una sor