Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Molte imprese si devono occupare della definizione dei prezzi dei prodotti op-
zionali, vendendo anche accessori. Per questi prodotti occorre prima di tutto sta-
bilire le caratteristiche da includere nel pacchetto base e quelle da offrire come
optional.
Le imprese che realizzano prodotti da utilizzare necessariamente insieme al pro-
dotto principale devono occuparsi anche della definizione dei prezzi dei prodotti
ausiliari, facendo però attenzione perché i consumatori costretti ad acquistare ri-
cambi costosi potrebbero prendersela con il produttore che li ha obbligati a com-
piere questo acquisto. Questo tipo di tariffa viene definita a 2 scaglioni: un
prezzo è di base, variabile dal grado di fruizione del servizio.
Definendo il prezzo dei sottoprodotti, il produttore cerca un mercato per i pro-
dotti di scarto che aiuti a compensare i costi di smaltimento e rendere migliore il
prezzo del prodotto principale.
Con la definizione dei prezzi di un pacchetto di prodotti, i venditori associano
più prodotti in un’unica offerta e associano a ciò un prezzo ridotto, promuovendo
le vendite di prodotti secondari che magari non sarebbero acquistati.
Ci sono 7 strategie di modifica del prezzo:
1. Sconti e abbonamenti -> ci sono vari tipi di sconti: sconto di cassa, ridu-
zione per chi paga tempestivamente, sconto quantità, sconto finale (per chi
svolge vendita, deposito, amministrazione), sconto stagionale (per chi compra
fuori stagione). Gli abbuoni sono un’altra tipologia di riduzione: abbuoni di
permuta (riduzioni per cessione, all’atto dell’acquisto, del vecchio modello del
prodotto), abbuoni promozionali (ricompense per aver aderito a programmi
pubblicitari o di promozione delle vendite).
2. Discriminazione dei prezzi -> lo stesso prodotto o servizio viene venduto a
due o più prezzi diversi a seconda della clientela (sconto studenti), della ver-
sione di prodotto, dell’ubicazione, del tempo (stagione, mese, giorno).
3. Prezzi psicologici -> il venditore considera non solo i fattori economici ma
anche quelli psicologici, per cui in genere maggiore costo vuol dire maggiore
qualità, oppure i prezzi di riferimento per cui l’acquirente ha in mente un
prezzo quando pensa ad un determinato prezzo.
4. Prezzi promozionali -> utilizzo temporaneo di prezzi inferiori a quelli di li-
stino (o a volte sottocosto) per suscitare nel cliente entusiasmo e senso di ur-
genza per l’acquisto. Anche per smaltire scorte, eventi speciali, attirare clien-
tela.
5. Prezzi geografici -> ci sono 5 tipologie di prezzi geografici. Prezzo d’origine
FOB, il cliente prende carico del prezzo di spedizione dalla fabbrica; prezzo di
consegna uniforme, il medesimo prezzo di spedizione per tutti; prezzo per
zona, uguale per tutti all’interno delle zone; prezzo del punto base, città come
punto base e prezzo di spostamento da lì a carico del cliente; prezzo di assor-
bimento del trasporto, il venditore si fa carico delle spese di spedizione per
ogni località, con più commesse il prezzo medio della spedizione calerà.
6. Prezzi dinamici -> adeguamento continuo dei prezzi per rispondere alle ca-
ratteristiche e alle necessità dei singoli clienti e delle situazioni.
7. Prezzi a livello internazionale -> in alcuni casi si può fissare un prezzo
standard nei vari paesi, in altri bisogna modificare il prezzo a seconda del mer-
cato locale e considerando i costi.
I clienti non interpretano sempre le variazioni di prezzo nel modo più diretto: un
aumento può essere positivo per gli acquirenti (es. Rolex), ma anche creare l’im-
magine di un’azienda avida di profitto. Allo stesso modo una riduzione può essere
vista in vari modi: se Rolex decidesse di abbassare i prezzi, il pubblico potrebbe
pensare ad una riduzione della qualità, ma anche di potersi permettere un pro-
dotto sino a quel momento inarrivabile.
Anche i concorrenti possono interpretare in vari modi la riduzione di prezzo: pen-
sare che l’impresa stia cercando di accaparrarsi una maggiore quota di mercato,
oppure che sia in crisi, o miri ad una riduzione globale dei prezzi per arrivare ad
un aumento complesso di domanda.
Capitolo 12
La realizzazione di un prodotto e la sua disponibilità non richiede solo la creazione
di un rapporto con i clienti, ma anche con fornitori e rivenditori all’interno della
catena di fornitura dell’impresa: canali di marketing o di distribuzione la cui atti-
vità è diretta al cliente. Pochi vendono direttamente agli utilizzatori finali, molti
raggiungono il mercato con intermediari perciò cercano di creare un canale di
marketing, cioè organizzazioni interdipendenti che aiutano a rendere un pro-
dotto o servizio disponibile peri suo uso da parte di privati o industriali.
Affidando la distribuzione a terzi, i produttori cedono parte del controllo sul pro-
dotto su vendita e contatto con la clientela. Gli intermediari però generano mag-
giore efficienza nel rendere disponibile il bene sul mercato, riducendo il lavoro a
carico dei produttori e dei clienti.
Gli intermediari, dunque, trasformano l’assortimento dei prodotti realizzati dalle
aziende in quello dei prodotti desiderati dai clienti; acquistano beni in grandi
quantità da molti produttori e suddividono i produttori in quantità più piccole per
creare l’assortimento desiderato dagli acquirenti. Gli intermediari hanno funzione
di:
- Informazione: raccolta e distribuzione di informazioni su forze e attori nell’am-
biente di mercato
- Promozione: formulazione e diffusione di messaggi accattivanti
- Contatto: individuazione dei potenziali acquirenti e comunicazione con loro
- Adattamento: definizione e adeguamento dell’offerta in base alle esigenze
dell’acquirente
- Negoziazione: accordo su prezzo e altri termini dell’offerta
- Distribuzione fisica
- Finanziamento: acquisizione e impiego delle risorse finanziare necessarie a co-
prire i costi del canale distributivo
- Gestione del rischio: assunzione dei rischi dell’attività del canale distributivo.
Ogni livello di intermediazione viene definito stadio di canale. Il numero di stadi
indica la lunghezza del canale, in canale diretto non implica nessun passaggio,
mentre i canali indiretti prevedono uno o più intermediari. Quando qualcuno non
agisce per il bene del canale i membri si possono trovare in disaccordo generando
un conflitto di canale (orizzontale, es. tra Conad della stessa città, o verticale, es
tra Conad e trasporti del latte). Per evitare questi conflitti sono stati creati si-
stemi di marketing verticale (SMV) per definire il ruolo di ciascun membro e la
gestione di eventuali conflitti. Ci sono tre tipi di SMV:
1. SMV aziendale -> riduzione ad una sola impresa di stadi successivi di produ-
zione e distribuzione (un solo committente, es. Zara).
2. SMV contrattuale -> imprese indipendenti a diversi livelli della produzione e
della distribuzione, legate da contratti finalizzati a consentire maggiori econo-
mie di scala rispetto a quelli che ogni singola azienda avrebbe da sola. Il più
utilizzato tra i SMV è il franchising, dove un affiliante collega diversi stadi del
processo di produzione e distribuzione.
3. SMV amministrativo -> posizione dominante dettata dalle dimensioni e dal po-
tere di uno o alcuni dei membri del canale. I produttori di una marca domi-
nante, per esempio, ottengono da parte dei rivenditori una solida coopera-
zione o maggiore sostegno commerciale.
Nel sistema di marketing orizzontale, due o più aziende dello stesso livello
possono unire le forze per ottenere risultati non conseguibili singolarmente (es.
McDonald’s all’interno di Wal Mart).
Sempre più aziende usano sistemi di distribuzione multicanale, con due o più
canali per raggiungere due o più segmenti di consumatori. Con ogni nuovo canale
si raggiunge più pubblico, si incrementano le vendite. Ma questi sistemi sono più
difficili da controllare.
Molto interessante anche la diffusione della disintermediazione, che si ha
quando si vogliono escludere gli intermediari per rivolgersi direttamente all’acqui-
rente finale. Questo è però un problema per gli intermediari, che a loro volta de-
vono evolversi per non essere messi da parte.
La progettazione del canale di marketing necessita di un’analisi dei bisogni
del consumatore, definizione degli obiettivi di canale, individuazione delle princi-
pali alternative di canale, valutazione di tali alternative. Ogni membro e livello del
canale aggiunge valore per il cliente, pertanto la progettazione del canale non
può che aprirsi con l’analisi dei bisogni, che devono poi essere rapportati alla fat-
tibilità, ai costi che ne derivano, alle preferenze del cliente in termini di prezzo.
È generalmente possibile identificare diversi segmenti di mercato orientati a di-
versi livelli di servizio, e l’impresa dovrebbe decidere quali di questi segmenti ser-
vire e con quali canali.
Gli obiettivi di canale (minimizzare i costi senza mettere in secondo piano l’esi-
genza del cliente) sono influenzati da natura dell’impresa, tipo di prodotto, inter-
mediari, concorrenti, ecc.
Definiti gli obiettivi è il momento di individuare le tipologie di membri del canale
adatti a svolgere le mansioni necessarie, poi stabilire quanti intermediari ser-
vono per ogni livello. Gli intermediari sono decisi con 3 strategie:
1. Distribuzione intensiva -> distribuire al più alto numero di punti vendita possi-
bile
2. Distribuzione esclusiva -> solo un numero limitato di venditori ha il diritto di
distribuire il bene
3. Distribuzione selettiva -> più distributori, ma non tutti quelli disposti a trattare
il bene
Una volta individuate le possibili alternative di canale, l’impresa deve valutare tra
queste in base a criteri economici (possibili livelli di vendite, costi, profittabilità),
criteri di controllo (cessione di parte del controllo agli intermediari), criteri di
adattamento (chi offre all’azienda più flessibilità).
A livello internazionale sorgono ulteriori difficoltà, infatti ogni paese può presen-
tare norme quali regolamenti doganali o governativi ostici.
Capitolo 13
La distribuzione al dettaglio include tutte le attività relative alla vendita di pro-
dotti o servizi direttamente al consumatore finale, per uso privato e non commer-
ciale. Questa attività è svolta dai dettaglianti, organizzazioni le cui vendite deri-
vano principalmente dalla distribuzione al dettaglio, che collegano le marche ai
consumatori, raggiungono i consumatori nel momento della verità, influenzando
le loro decisioni nel punto vendita. Lo stesso punto vendita, quindi, è un impor-