Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LA CAPACITA’ DI ADATTAMENTO DEL CANALE
Si esplicita così la necessità di orientare le scelte distributive nella direzione della flessibilità. Questo criterio
permette di focalizzare l’attenzione su dimensioni più interne ma anche sulla componente esogena
rappresentata dai fattori di riferimento esterni e specificatamente dal mercato. La necessità per le imprese è
sempre più quella di sopravvivere in presenza di scenari mutevoli adeguandosi o anticipando il cambiamento
nel rispetto degli obiettivi generali di performance. La scelta distributiva si concentra sull’alternativa di canale
che consente una rapida ed efficace capacità di flessibilità in funzione dei mutamenti mercato.
LA DIMENSIONE ECONOMICA NELLE SCELTE DISTRIBUTIVE
L’entità dei costi di distribuzione è la diretta conseguenza delle scelte prese in merito alla flessibilità
distributiva e alla volontà di controllo del mercato. Quanto maggiore sarà il numero e Articolazione dei canali-
che si utilizzeranno, tanto più numerosi saranno i punti di vendita così come sarà più elevata la consistenza
numerica della forza di vendita e degli apparati logistici: tutti elementi che, è ovvio, incidono sui costi. Il livello
di controllo del mercato desiderato agisce sull’ammontare complessivo dei costi ma anche sulla loro
variabilità. Un maggiore controllo comporta una maggiore vicinanza ovvero canali più. brevi, venditori
dipendenti e apparati logistici propri. Di conseguenza, livelli di costi fissi più elevati. La flessibilità distributiva
e il controllo del mercato determinano anche livelli di ricavi di vendita diversi. Il canale diretto presenta un
profilo di rischio più elevato, connesso alle variazioni dei volumi Per volumi di vendita contenuti, infatti; le
perdite saranno maggiori rispetto sia al canale breve sia a quello lungo mentre corrispondentemente per
volumi elevati i profitti saranno superiori. Nel canale indiretto, breve o lungo, aumento del numero degli stadi
si traduce in una riduzione dei costi fissi ma non necessariamente in un incremento dei profitti.
I SISTEMI VERTICALI DI MARKETING
Nel tempo Si è passati infatti da una concezione che vedeva i soggetti coinvolti nel processo di distribuzione
come realtà operanti in modo isolato a una prospettiva che attribuisce rilevanza, alle dinamiche relazionali e
di interazione tra i soggetti della filiera distributiva. Si è così assistito all’evoluzione dai canali convenzionali
di marketing ai Sistemi Verticali di Marketing (di cui è possibile distinguere tre tipologie fondamentali):
-SVM aziendali, l’impresa svolge direttamente tutte le fasi successive alla produzione e crea reti distributive
di proprietà’ (integrazione a valle);
-SVM amministrati, caratterizzati dalla presenza di un soggetto del canale che accentra su di sé il controllo
della filiera distributiva…un controllo che deriva dal riconoscimento da parte degli altri attori di una posizione
dominante connessa all’esercizio di un potere strategico di indirizzo del canale stesso;
-SVM contrattuali, risultato di operazioni di aggregazione associativa tra imprese indipendenti. Le imprese
che fanno parte del canale attivano una strategia di collaborazione all’intero della filiera distributiva al fine dì
fronteggiare le pressioni competitive del mercato.
LA GESTIONE DELLA CONFLITTUALITA’ TRA GLI ATTORI DEL SISTEMA DISTRIBUTIVO
L’esistenza di così tante alternative nelle politiche distributivi può generare conflittualità tra gli attori del
canale che se degenerano, possono compromettere le buone relazioni tra imprese e attori della distribuzione
e quindi con il mercato finale.
I conflitti che possono manifestarsi sono di tre tipi:
-orizzontali, tra imprese distributrici appartenenti alla stessa forma distributiva;
-verticali, lungo il canale distributivo;
-trasversali, cioè tra diversi canali e/o diverse forme distributive; per esempio, tra punti di vendita tradizionali
e supermercati.
Quest’ultima tipologia di conflittualità è pericolosa per l’impresa, se la sua politica distributiva la induce a
collocare il medesimo prodotto in più canali distributivi in conflitto fra loro.
E’ importante che le politiche di vendita e di relazione con i canali siano improntate al massimo equilibrio,
chiarezza e trasparenza per evitare ritorsioni da parte della distribuzione (spostamento dei prodotti in
posizioni di peggiore visibilità e/o traffico nel punto di vendita, il riordino inefficiente e non puntuale degli
stock). Il conflitto rappresenta dunque uno tra i principali elementi in grado di incidere negativamente sulla
performance di canale.
Tra le cause di conflitto più comuni possiamo annoverare:
-incompatibilità degli obiettivi che determina comportamenti tra gli attori del canale potenzialmente dissonanti
con effetti fuorviami nei confronti del cliente finale e con impatto sull’efficacia e l’efficienza delle azioni
predisposte dal produttore;
-non congruenza delle percezioni, determinata da interpretazioni discordanti da parte dei diversi membri del
canale delle dinamiche del contesto ambientale;
-non accordo sulla posizione dominante, che vede accendersi la lotta per la supremazia in termini di potere
da parte dei diversi soggetti della filiera distributiva.
Le logiche che le imprese della produzione stanno perseguendo vanno nella direzione di un approccio volto
a una maggiore collaborativi con i soggetti economici che ne intermediano non solo i prodotti ma anche le
relazioni con i clienti finali. La ricerca di relazioni durature con i distributori in funzione della stabilizzazione
delle dinamiche relazionali diviene allora uno dei temi chiave alla base delle decisioni in tema di
distribuzione.
DALLA SCELTA DEL CANALE AL TRADE MARKETING
La nascita e l’affermarsi del trade marketing è la manifestazione evidente della necessità di gestire i rapporti
con il trade in una logica di sistema. Possiamo dunque definire il trade marketing come l’insieme delle
strategie e degli strumenti di marketing utilizzati dalle imprese industriali nel porsi in relazione con le imprese
commerciali. Il trade marketing rappresenta un’innovazione. La distribuzione da oggetto diviene quindi
soggetto del processo di marketing. Le imprese giungono oggi a formulare politiche di marketing “parallele”:
una parte è indirizzata direttamente al consumatore finale (consumer marketing), mentre l’altra ha come
obiettivo primario le imprese della distribuzione (trade marketing).
Può parlare di:
-marketing al trade, si tende a sottolineare l’esigenza della formulazione di una politica di marketing ad hoc
per gestire i rapporti con la distribuzione;
-marketing attraverso il trade, accezione che enfatizza il fatto che, se non si riesce a “passare attraverso” il
trade, non si raggiungerà mai il consumatore finale.
L’attuazione di una politica di trade marketing si concretizza in una serie di politiche che hanno lo scopo di
gestire le diverse aree su cui si fonda la relazione con la distribuzione. Queste politiche trovano coerenza nel
trade marketing mix i cui fattori costitutivi sono:
-prodotto, la politica di prodotto rivolta al trade può assumere due orientamenti. Essa può comportare un
adattamento del prodotto dell’impresa industriale in termini di confezione e di imballaggio…il nome della
marca rimane dell’impresa industriale. Forme più intense di collaborazione implicano la disponibilità
dell’industria a produrre per conto dell’impresa commerciale. In questo caso alla marca del produttore si
affianca o si sostituisce quella dell’impresa commerciale. L’intensità relazionale tra impresa industriale e
trade è massima;
-assistenza pre e post-vendita e merchandising, l’assistenza tecnica e commerciale che può spingersi fino
alla cooperazione sul piano manageriale e delle decisioni, a volte congiuntamente. Per quanto attiene al
merchandising, l’impresa industriale fornisca attrezzature e know-how che possono consentire all’impresa
commerciale una migliore disposizione dei prodotti sul punto di vendita;
-prezzi e condizioni economiche, si tratta di stabilire una politica di prezzo all’interno del canale che consideri
i diversi servizi prestati dalla distribuzione all’impresa. Alle politiche di prezzo si associano le condizioni di
vendita, di pagamento e di sconto.
Le combinazioni possibili sono quindi assai numerose e consentono un’effettiva personalizzazione delle
condizioni economiche praticate agli intermediari commerciali;
-comunicazione di marketing, spesso l’impresa industriale attua politiche di comunicazione indirizzate in
modo specifico al trade sia sotto forma di trade promotion, sia con la pubblicità tabellare. In altri casi la
comunicazione pubblicitaria ha come target il consumatore finale pur andando indirettamente anche a
beneficio del trade. Si pensi alle campagne pubblicitarie» che accanto alla presentazione del prodotto
propongono l’elenco dei punti di vendita dove può essere acqui stato. In altri casi ancora, il trade beneficia di
contributi in denaro da parte dell’impresa industriale destinati a finanziare l’attività di comunicazione
pubblicitaria e/o promozionale del distributore stesso;
-logistica, l’elemento logistico è determinante sia perché genera costi notevoli, sia perché offre un servizio
molto importante tanto al trade quanto al consuma tre finale, il tutto in termini di velocità e puntualità delle
consegne, pronta disponibilità delle merci e assenza di rotture di stock. Sempre più spesso la logistica viene
gestita in modo integrato.
LA GESTIONE OPERATIVA NEI CANALI DISTRIBUTIVI
Le maggiori difficoltà possono proprio sopraggiungere quando si cerca di mettere pratica le decisioni
assunte: i canali e gli sbocchi distributivi. Sono formate da imprese e da persone che devono essere
analizzate, comprese e gestite. Le politiche di gestione dei canali s’inseriscono naturalmente nelle scelte di
politica distributiva e cercano di tradurle nella pratica. In particolare, ci si occupa di definire puntualmente gli
obiettivi concreti che si cerca di raggiungere, le scelte degli sbocchi e i processi di selezione e controllo degli
intermediari. La politica dei canali deve innanzitutto garantire all’impresa il raggiungimento di adeguati volumi
di vendita. I canali utilizzati dall’impresa dovrebbero consentirle una certa capacità di controllo sulla quota di
mercato. L’impresa, inoltre, deve definire sul piano quantitativo i risultati economici e finanziari derivanti dalla
gestione dei canali. \)n secondo tema fondamentale riguarda le scelte degli sbocchi ovvero dei punti di
vendita nei quali commerciare il prod