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IL PREDICATO

Vero nucleo della frase;

esprime la parte nuova della comunicazione, è “ciò che si afferma a proposito del soggetto” (dal

latino PRAEDICATUM= ciò che è affermato, detto spesso”

NOMINALE= essere + sostantivo o aggettivo (essere ha funzione di copula); indica cos’è, com’è il

soggetto

Esempio: Laura è una fotografa

Laura era molto corteggiata

VERBALE= verbo predicativo, che definisce relazione tra oggetto e soggetto all’interno della frase;

indica cosa fa il soggetto. NOME

Indica persone, animali, cose, concetti, fenomeni;

Detto anche sostantivo;

flessione grammaticale = singolare/plurale, maschile/femminile -> questo nel caso del lessico

patrimoniale, ovvero quello che deriva da latino; i prestiti da altre lingue possono non avere tale

adattamento ma mantenere la propria struttura flessiva;

ci sono dei nomi che formano il plurale in modo particolare, in quanto relitti del neutro latino: per es

braccio- braccia, uovo-uova 49

Parti in rosso: aggiunte dal libro “Storia della lingua italiana” Migliorini.

possono essere:

-propri-> identificano uno specifico individuo in una categoria o in una specie; sono divisi in

*antroponimi (o appellativi personali)= nome degli uomini, Giovanni, Paola

*toponimi = nomi di luogo

*idronimi = nomi di fiumi, laghi, mari, torrenti ecce cc

*fitonimi = nomi delle piante

*coronimi = nomi delle regioni

E altri……

-comuni -> si riferiscono a tutti i membri di una categoria/specie; comprendono la categoria

particolare dei collettivi, che indicano gruppi di individui (clientela, pubblico, sciame, gregge

ecc…..)

- concreti = descrivono cose concrete

-astratti = si riferiscono ad idee

Alcuni astratti possono diventare concreti, per es “personalità” (astratto) può indicare le personalità

dello spettacolo e diventare quindi concreto.

L’opposizione morfologica tra nome e verbo è tipica delle lingue indoeuropee, ma ci sono lingue

che non la possiedono, come il cinese.

Come mai il nome è morfologicamente diverso dal verbo? Perché ha delle desinenze diverse.

Mentre il nome assegna rilevanza al genere, il verbo non lo considera; mentre il verbo ha modo e

tempo, il nome non li ha.

GENERE DEL NOME: il genere è una categoria grammaticale che appartiene alla morfologia e si

applica sulle categorie grammaticali del sostantivo, all’aggettivo, all’articolo, al pronome personale.

uno dei primi elementi che posso distinguere nel nome, in italiano, sono maschile e femminile, ma

non è così in tutte le lingue;

vanno distinti genere naturale e genere grammaticale= alcuni termini seguono il genere

effettivamente posseduto in natura (il leone=maschio, la leonessa= femmina);

ad altri nomi viene associato un genere grammaticale che può non avere alcuna relazione con il

genere naturale (l’agenda= genere grammaticale femminile, ma nulla, in “natura”, dice che

l’agenda sia femminile, il motivo che rende l’agenda femminile è puramente grammaticale perché

la parola termina in “a”).

storia del genere-> nell’Indoeuropeo, antenato di tutte le lingue neolatine, germaniche, slave,

celtiche c’erano due generi soli: uno che si riferiva al genere animato (persone e animali) e uno

che si riferiva al genere inanimato. In molte lingue indoeuropee si è sviluppata poi una struttura a

tre generi perché il genere animato si è diviso in maschile e femminile-> questa tripartizione esiste

ancora in tedesco, inglese (vedo il genere solo nel pronome personale perché nome, articolo,

aggettivo non ho marca di genere), in tutte le lingue slave, nelle lingue celtiche, scandinave.

Le lingue romanze invece riducono il genere da tre a due-> questo vale per tutte le lingue romanze

tranne il rumeno (perché il rumeno si è sviluppato in mezzo alle lingue slave); questa riduzione si

ha per fattori di tipo fonetico + perché in latino la maggior parte dei nomi maschili e dei nomi neutri

si trovava nella prima declinazione e differivano solo nel nominativo, mentre la maggior parte dei

nomi femminili si trovava nella seconda declinazione; quando cadono la “s” e la “m” del nominativo

maschili e neutri risultano uguali.

Come si manifesta la differenza di genere? Quali sono le marche di genere?

Possono essere marche morfologiche interne alla parola, possono essere parole uguali cui si

applica però un articolo diverso, possono essere terminazioni della parola che la rendono maschile

o femminile, possono essere dei suffissi, possono esserci degli specificatori, come degli

accrescitivi o dei diminutivi, ci può essere l’aggiunta di una parola che dice se si tratta di maschile

o femminile.

La distinzione tra femminile e maschile può dipendere anche dalla cultura: oggi si tende molti di più

a specificare sia il maschile che il femminile (vedi nei nomi di mestieri, molti dei quali, tipicamente

maschili, vengono volti al femminile). 50

Parti in rosso: aggiunte dal libro “Storia della lingua italiana” Migliorini.

ci sono delle categorie di nomi che sono tendenzialmente maschili o tendenzialmente femminili:

femminili -> nomi di frutta, ma non tutti

città

isole

regioni (anche se non tutte, vedi il Piemonte)

squadre di calcio (anche qui non tutte, vedi il Milan)

nomi di mansioni militari (la guardia, la ronda, la pattuglia)

nomi di scienze e nozioni astratte (fiducia, virtù ….)

ci sono però sinonimi in cui uno è femminile e l’altro è maschile. ( la giustizia/il diritto)

Maschili-> giorni della settimana (ma “la domenica”)

Mesi

Nomi di piante

Nomi di metalli

Nomi di elementi chimici

Punti cardinali

Mari

Fiumi (anche se non tutti, vedi la Livenza, la Piave)

Laghi

Preghiere (anche se non tutte)

Nomi di vini

EPISODIO 19, data sconosciuta

Marche morfologiche di genere:

femminile-> nomi in “a”, “i”, nomi in –tà/ - tù

maschile-> nomi in “o”

nomi in “e” possono essere sia maschili che femminili.

Tra sostantivi posso avere alternanza grammaticale di genere che si accompagna ad alternanza di

significato:

arca- arco,

busto- busta

maglio-maglia

tappo- tappa

alternanza di genere, ma partendo dalla stessa radice:

balzo/balza

berretto/berretta. Berretta->quella sacerdotale o quella da notte

cassetto/cassetta

coppo/coppa

regolo/regola

Alternanza per estensione (rapporto grande-piccolo)

buca- buco, quella più grande è la buca;

banca- banco;

fossa- fosso

fiasca- fiasco

massa – masso

pentola – pentolo (pentolo è come pentolino, è più piccolo)

Alternanza di genere che si manifesta in diminutivi e accrescitivi

f> m camera- camerino, camerino è tipo particolare di camera, per es quello degli attori;

finestra- finestrino

stanza- stanzino

aquila – aquilotto 51

Parti in rosso: aggiunte dal libro “Storia della lingua italiana” Migliorini.

capra > caprone

m > f velo- veletta

carbone – carbonella

eroe > eroina

gallo> gallina

zar >zarina (generalmente aggiungo un accrescitivo al maschile e un diminutivo al femminile)

Alternanze libere di genere: anche se cambio genere non cambia il significato della parola->

la figura/ il figuro

il brodo – la broda

il coso – la cosa (una delle due parti porta significato dispregiativo, può essere sia il maschile che

il femminile)

Il cambio di genere può denotare un’azione e lo strumento che si usa per compierla:

bilancia/bilancio,

lancia/lancio (oggetto è la lancia, operazione fatta con la lancia e il lancio

Possessore/posseduto

chierico/chierica

gobbo/gobba

Parte per il tutto (sineddoche):

pendola/pendolo

famiglia /famiglio (famiglio=servo della famiglia)

Stessa forma delle parole, ma significato diverso al cambio di genere, se non avessimo l’articolo

non potremmo distinguere se la parola è maschile o femminile

il finale/la finale,

il fine/la fine,

il capitale/la capitale,

il fonte/la fonte,

il fronte/la fronte

Nomi che alternano una desinenza per il maschile e il femminile ( - a per il femminile e –o per il

maschile)

Amico/ amica

Maestro/maestra

Asino/Asina

Uso di suffissi per marcare l’appartenenza al genere:

dottore/dottoressa,

avvocato/avvocatessa,

barone/baronessa,

professore/professoressa - essa è suffisso di origine greca

Alternanza del maschile in –e e femminili in –a

Signore/signora

Padrone/padrona

Professore/professoressa

Esempi di nomi femminili particolari che indicano professione e funzione:

antichi: pastora, tintora, ostessa

moderni: studentessa, deputata, presidentessa

Nomi che hanno maschile in –tore e femminile in –trice

Attore/attrice 52

Parti in rosso: aggiunte dal libro “Storia della lingua italiana” Migliorini.

Scultore/ scultrice

Pittore/pittrice

Nomi che, per fare il femminile, usano il determinatore “donna”

Donna magistrato

Donna poliziotto (o poliziotta)

Donna soldato (o soldatessa)

Donna giudice si tratta di mestieri che sono tradizionalmente maschili

Nomi propri, tendenzialmente maschili, che assumono però valenza femminile (sono tra gli

elementi della lingua che cambiano di più, per motivazioni culturali, di moda

Andrea/Andreina

Antonio/Antonia

Giuseppe/Giuseppina

Alternanze marcate dovute alla grammatica storica, derivano direttamente dal latino:

abate /badessa

cane/ cagna

dio /dea (dio da “Deus” e dea da “dea”)

re /regina

Nomi in cui il femminile e il maschile sono completamente diversi:

frate /suora

fratello /sorella

genero/ nuora

marito /moglie

maschio/femmina

padre /madre

papà/mamma

uomo/donna

Nomi che utilizzano un determinatore maschio- femmina

Pantera maschio/pantera femmina

Tortora maschio/tortora femmina

Oca /oco (ocone)

Nomi che hanno genere comune, ma non cambiano di significato tra maschile e femminile. Serve

però l’articolo per capire qual è il genere della parola, vale che per il plurale :

il /la bracciante

il /la birbante

il /la cantante sono participi presenti, per quello non hanno al loro interno marca di f/m

il/la negoziante

il /la mandante

il /la consorte

il /la nipote

il /la preside

il /la fisiatra

il /la pediatra terminano in –a, ma possono essere comunque sia maschili che

femminili

il/la stratega

NUMERO DEL NOME

È universale, in tutte le lingue c’è un m

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
105 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alegea di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Vicario Federico.