Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Saussere propose di conservare la parole segno per designare il totale e di rimpiazzare concetto e
immagine acustica rispettivamente con significato e significante.
2. Primo principio: l’arbitrarietà del segno
Il legame che unisce il significante al significato è arbitrario o ancora poiché intendiamo con segno
il totale risultante dall’associazione di un significante a un significato, possiamo dire più
semplicemente: il segno linguistico è arbitrario.
Le lettere che costituiscono la parola sorella non hanno nulla che richiami ciò a cui noi associamo
la parola stessa, infatti molte lingue utilizzano altre combinazioni.
Il simbolo invece non è mai arbitrario e richiama il significante. Non si può sostituire ad esempio il
simbolo della giustizia che è la bilancia con altro.
Non dobbiamo certo pensare che la parola arbitrarietà voglia dire che il significante dipenda dalla
libera del soggetto parlante. Arbitrario vuol dire immotivato, arbitrario cioè in rapporto al significato,
col quale non ha nella realtà alcun aggancio naturale.
3. Secondo principio: carattere lineare del significante
Il significante essendo di natura uditiva si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal
tempo: rappresenta un’estensione che è misurabile in una sola dimensione che è la linea.
Questo principio è evidente ma sembra che ci si sia sempre dimenticati di enunciarlo senza dubbio
perché lo si è trovato troppo semplice, anche se è fondamentale e le sue conseguenze sono
incalcolabili. Tutto il meccanismo della lingua ne dipende.
In opposizione ai significati visivi, i significati acustici non dispongono che della linea del tempo: i
loro elementi si rappresentano l’uno dopo l’altro formando una catena. Tale carattere appare
immediatamente non appena li si rappresenti con la scrittura e si sostituisca la linea spaziale dei
segni grafici alla successione del tempo.
In alcuni casi ciò non appare con evidenza.
Capitolo 2: Immutabilità e mutabilità del segno
1.Immutabilità
Se in rapporto all’idea che rappresenta il significante appare scelto liberamente per contro in
rapporto alla comunità linguistica che l’impiega non è libero ma è imposto. La massa sociale non
viene affatto consultata ed il significante scelto dalla lingua non potrebbe essere sostituito da un
altro. Questo fatto sembra implicare una contraddizione: non solo un individuo sarebbe incapace di
modificare in qualche cosa la scelta che è stata fatta ma la massa stessa non può esercitare la sua
sovranità neppure su una sola parola: essa è legata alla lingua quale è.
La lingua non può dunque essere assimilata a un contratto puro e semplice. Il segno linguistico
sfugge alla nostra volontà.
La lingua poi viene ereditata generazione dopo generazione e nessuno si chiede il perché delle
parole; certo la lingua si modifica ma i suoi cambiamenti non sono collegati al susseguirsi delle
generazioni.
E’ proprio l’arbitrarietà del segno che mette al riparo la lingua da ogni cambiamento
paradossalmente in quanto per modificare una cosa o semplicemente per discuterne bisogna che
questa si regga su una norma ragionevole, cosa che l’arbitrarietà non è. Inoltre la lingua tende a
conservarsi per quello che è perché è costituita da una moltitudine di segni, ingenti. Ancora ha un
carattere troppo complesso il sistema linguistico. Le masse non conoscono tutto di tale sistema per
cui non possono avere competenza tale per modificarlo. Per finire bisogna dire che la lingua è una
faccenda di tutti e quindi subisce continue influenze. La lingua è l’istituzione più sociale di tutte e
quindi tende alla conservazione.
2.Mutabilità
Il tempo che assicura la continuità della lingua ha un altro effetto in apparenza contraddicente al
primo: quello di alternare più o meno rapidamente i segni linguistici e in un certo senso si può
parlare insieme dell’immutabilità e della mutabilità del segno. Ciò che domina in ogni alterazione è
la persistenza della materia antica. Ecco perché il principio di alterazione si basa sul principio di
continuità.
L’alterazione nel tempo prende diverse forme ma bisogna certo dire che con tale termine si intende
uno spostamento del rapporto tra significato e significante nel tempo.
Capitolo 3: La linguistica statica e la linguistica evolutiva
1. Dualità interna di tutte le scienze operanti sui valori
Molti linguisti non ritengono ancora importante considerare il fattore tempo. Invece in linguistica
come in altre scienze è molto importante considerare due varianti: l’asse della simultaneità,
concernente i rapporti tra cose coesistenti dove è escluso ogni intervento di tempo; l’asse delle
successioni su cui è possibile considerare solo una cosa alla volta, dove però sono situate tutte le
cose del primo asse con i loro cambiamenti. Il sistema linguistico è un sistema così complesso che
ha necessità di essere studiato seguendo entrambi gli assi.
Bisogna distinguere a tal punto due tipi di linguistica: quella evolutiva e quella statica. No per
meglio dire, per usare termini più appropriati, la linguistica diacronica e la linguistica sincronica.
2. La dualità interna e la storia della linguistica
La prima cosa che colpisce quando si studiano i fatti di lingua è che per il soggetto parlante la loro
successione nel tempo è insistente: il parlante si trova dinanzi a uno stato. E’ così il linguista che
vuol comprendere tale stato deve fare tabula rasa di tutto ciò che l’ha prodotto e ignorare la
diacronia. Egli può entrare nella coscienza dei soggetti parlanti solo sopprimendo il passato.
L’intervento della storia non può che falsare il suo giudizio. Ma da quando esiste la linguistica
moderna può dirsi interamente assorbita nella diacronia. La diversità tra diacronico e sincronico è
assoluta e non ammette compromessi.
3. La dualità interna illustrata con esempi
I fatti diacronici non hanno assolutamente il fine di contrassegnare un valore con un altro, i fatti
diacronici neppure tentano di modificare il sistema. Il sistema non è mai modificato
direttamente, in se stesso è immutabile solo certi elementi vengono cambiati. Il carattere di
una stato è sempre fortuito: la lingua non è un meccanismo creato e ordinato in vista dei
concetti che deve esprimere.
4. La differenza dei due ordini illustrata con paragoni
Per mostrare allo stesso tempo l’autonomia e l’indipendenza della sincronia e della diacronia
possiamo fare degli esempi. Possiamo rappresentare la sincronia come la proiezione di un corpo
su un piano. In effetti ogni proiezione dipende direttamente dal corpo proiettato ed allo stesso
tempo ne differisce. In linguistica è lo stesso tra la realtà storica e uno stato di lingua che ne è
come la proiezione in dato. Studiando i corpi, cioè come vuole l’esempio gli avvenimenti diacronici,
non si conosceranno gli stati sincronici.
Ma di tutti i paragoni che possono essere fatti quello del gioco degli scacchi è il più dimostrativo.
Una partita di scacchi è come una reazione artificiale di ciò che la lingua ci presenta in forma
naturale. Il valore rispettivo dei pezzi dipende sempre dalla posizione sulla scacchiera, allo stesso
modo che nella lingua ogni termine ha il suo valore per l’opposizione con tutti gli altri termini.
In secondo luogo il sistema non è che momentaneo: varia da una posizione all’altra. E’ vero che i
valori dipendono però anche da una convenzione immutabile, la regola del gioco, che esiste prima
dell’inizio ella partita e persiste dopo ogni mossa. Questa regola ammessa una volta per tutte
esiste anche in materia di lingua: sono i principi costanti della semiologia.
Infine per passare da un equilibrio ad un altro, o secondo la nostra terminologia da una sincronia
all’altra, basta solo lo spostamento di un solo pezzo, non vi è un cambiamento generale.
Noi abbiamo in ciò il corrispondente del fatto diacronico con tutte le sue particolarità. In effetti:
a) Ciascuna mossa di scacchi non mette in movimento che un solo pezzo, analogamente
nella lingua i cambiamenti riguardano solo elementi isolati;
b) Malgrado ciò la mossa ha incidenza su tutto il sistema, per il giocatore è impossibile
prevedere tutti gli effetti possibili;
c) Lo spostamento di un pezzo è un fatto assolutamente distinto dall’equilibrio precedente e
dall’equilibrio seguente. Il cambiamento avvenuto non appartiene a nessuno di questi due
stati: ora i soli stati sono importanti.
In una partita a scacchi una qualsiasi posizione ha il singolare carattere d’essere indipendente
dalle precedenti. Tutto ciò si applica ugualmente alla linguistica e consacra la distinzione tra
diacronia e sincronia.
L’unica differenza col gioco degli scacchi e che in quest’ultimo il giocatore ha la volontà di
cambiare posizione dei pezzi, ciò non equivale alla linguistica.
5. Le due linguistiche opposte nei loro metodi e nei loro principi
L’opposizione tra diacronia e sincronia risalta in tutti i punti.
Per esempio esse non hanno uguale importanza. A tal riguardo è chiaro che l’aspetto sincronico
domina sull’altro, poiché per la massa parlante è la vera ed unica realtà. Accade lo stesso per il
linguista.
La sincronia non conosce che una prospettiva quella dei soggetti parlanti e tutto il suo metodo
consiste nel raccogliere le loro testimonianze. La linguistica diacronica al contrario deve
distinguere due prospettive: l’una prospettica, che segue il corso del tempo, l’altro retrospettiva,
che risale lo stesso corso.
Una seconda differenza deriva dai limiti del campo abbracciato da ciascuna delle due discipline. Lo
studio sincronico non ha per oggetto tutto ciò che è simultaneo, ma solo l’insieme dei fatti
corrispondenti a ciascuna lingua. Al contrario la linguistica diacronica non solo non richiede ma
rifiuta una simile specializzazione, i termini che essa considera non appartengono
necessariamente ad una stessa lingua.
6. Legge sincronica e legge diacronica
Le leggi della linguistica sono imperative e generali come tutte le leggi che reggono le altre scienze
sociali?
La legge sincronica è generale ma non imperativa. Si impone certo agli individui con la costrizione
dell’uso collettivo ma noi non scorgiamo qui una obbligazione relativa ai soggetti parlanti. La legge
sincronica constata uno stato di cose e l’ordine che essa definisce è precario proprio perché non è
imperativo.
Se si parla