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-LA LINGUISTICA MODERNA-

Cap.1 La vigilia dell’epoca moderna.

1. PENSIERO SCIENTIFICO E LINGUISTICA

Nel campo della linguistica l’Europa settecentesca ha conosciuto alcuni sviluppi

realmente significativi. Nel Settecento continuarono a svilupparsi alcune tendenza già

manifestatesi nel Rinascimento e nel periodo post-rinascimentale. Fu durante i secoli

XVII e XVIII che il corso della linguistica fu interessato da due influssi, uno proveniente

dall’Europa L’altro dal mondo esterno al vecchio continente, in particolare dall’India;

quest’ultimo ebbe un impatto forte e immediato e causò cambiamenti irreversibili

nell’intera materia, soprattutto nella linguistica storica. In Europa, la scienza generale si

stava allontanando dall’inclusione della nostra conoscenza del mondo, e del posto

dell’uomo in esso, all’intero di una interpretazione acritica della storia della creazione

proposta dall’Antico Testamento. Il problema non era ora “ qual è la lingua più antica? “

o “ in quale lingua Dio parlò ad Adamo? “ ma si manifestava con una domanda di natura

più antropologica sulle condizioni e gli stadi di evoluzione del linguaggio umano nel

sistema fondamentalmente flessibile e potente della comunicazione orale, nel mondo

della storia recente e del tempo presente. I tentativi di fornire spiegazioni seriamente

elaborate sull’origine e sullo sviluppo del linguaggio del genere umano, considerato come

un’unica specie, unirono i filosofi del Settecento e i loro predecessori, seguaci

dell’empirismo e del razionalismo, a coloro che operarono all’interno del movimento

romantico antirazionalista degli ultimi anni del secolo e dei primi dell’Ottocento. Ciò non

sorprende perché è proprio mediante il linguaggio che gli uomini comunicano il sapere

accumulato collettivamente

2. CONDILLAC, ROUSSEAUS E LA “ FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO “

Verso la metà del Settecento, due filosofi francesi discusserò l’origine e il primo sviluppo

del linguaggio umano. Nel 1746 de Condillac dedicò al linguaggio la seconda parte del

suo SAGGIO SULL’ORIGINE DELLE CONOSCENZE UMANE; nel 1755 Rousseau

trattò più brevemente lo stesso argomento in una parte del suo DISCORSO

SULL’ORIGINE DELL?INEGUAGLIANZA, menzionando con favore le vedute di

Condillac. Opera più tarda, apparsa postuma nel 1782,fu il suo SAGGIO

SULL’ORIGINE DELLE LINGUE. Condillac scrisse nell’ambito della tradizione

intellettualista empirico-razionalista, basandosi molto sulla teoria della conoscenza di

Locke, mentre Rousseau guardò innanzi, al movimento romantico che stava per

sopraggiungere; anzi, per molti riguardi, può dirsi uno dei suoi araldi. Le loro concezioni

sulla genesi del linguaggio sono molto simili. Il linguaggio ebbe la sua origine in gesti

indicativi e imitativi e in grida naturali ma, poiché i gesti erano meno efficaci come segni

di comunicazione, nel linguaggio umano prevalse l’elemento fonico, via via che sequenze

di suoni specifici venivano semanticamente associate a entità e fenomeni, il potere del

pensiero umano aumentava. Condillac prospettò uno stadio misto nel quale le forme

parlate del verbo erano accompagnate da gesti indicanti il riferimento al tempo; questi

ultimi furono poi sostituiti da simboli vocalici pronunciati dopo il verbo e, alla fine,

agglutinati ad esso. Rousseau ha suggerito che ci sia stato un accordo quasi deliberato per

la sostituzione del discorso al gesto nello schema del contratto sociale. Il diffuso

interesse, nella seconda metà del secolo, per la soluzione dei problemi attinenti all’origine

del linguaggio ha un esempio nel premio offerto nel 1769 dall’Accademia di Prussia per

un saggio su questo tema: se l’uomo avesse potuto senza aiuti far evolvere il linguaggio

sino alla forma in cui si trovava allora e, in caso affermativo, come avesse proceduto. La

risposta fornita da Herder alle domande poste dall’Accademia gli assicurò il premio, e fu

pubblicata nel 1772 col titolo “ Abhandlung uber den Urprung der Sprache ”. Herder

affermò l’inseparabilità del linguaggio e del pensiero; il linguaggio e lo strumento, il

contenuto e la forma del pensare umano. Egli fu, infatti, uno tra i numerosi pensatori del

suo tempo a cercare una risposta a questa domanda. La stratta connessione fra pensiero e

linguaggio era stata un luogo comune della filosofia dell’antichità in poi, ma gli scrittori

antichi, da Aristotele ai Modisti, avevano dato per scontata la dipendenza gerarchica della

lingua fa un precedente pensare e astrarre. Herder innovò alquanto supponendo la

comune origine e il parallelo sviluppo di entrambi attraverso stadi successivi di crescita e

di maturità; affermò inoltre che, data l’interdipendenza fra il linguaggio e il pensare, le

forme del pensiero e la letteratura popolare dei vari popoli potevano essere capite e

studiate a dovere soltanto attraverso le loro lingue. Tali opinioni erano state espresse

anche prima. Ma all’inizio del Romanticismo europeo e specialmente di quello tedesco, e

con la forza dei nazionalismi europei che stavano per diventare un tema dominante nella

politica dell’Ottocento, fu prontamente apprezzata l’affermazione dell’individualità della

lingua di una nazione e dei suoi intimi legami col pensiero, con la letteratura e con la

comunità nazionale, e fu data vita a una corrente continua di teoria linguistica. Herder

rispose alla domanda sulla priorità tra linguaggio e pensiero affermando che, poiché

l’esistenza dell’uno dipendeva da quella dell’altro, entrambi avevano un’origine comune,

e che l’umanità aveva progredito sia nel pensiero per stadi uguali, sviluppando una

facoltà posseduta unicamente, dall’uomo, in quanto differenziato rispetto a tutto il resto

del regno animale. Dalla simbolizzazione vocale delle cose riconosciute mediate le loro

caratteristica auditive l’umanità mosse verso l’esterno, passando ai dati forniti dagli altri

sensi. Herder conservò la teoria tradizionale dalla monogenesi di tutte le lingue, come di

tutte le culture. Herder si trovò tra il movimento razionalista e quello romantico, e subì

l’influenza di entrambi.. Nel Settecento, in Inghilterra, un eminente rappresentante della

teoria filosofica della grammatica universale fu James Harris. Il pensiero di Harris si può

ricollegare ai cosiddetti platonici di Cambridge, mentre i tratti di grammatica universale

di tendenza razionalista composti sul continente si erano basati in gran parte su Cartesio.

Harris, che era di formazione aristotelica, guardò ad Aristotele per i fondamentali

filosofici della grammatica. Come tutti gli universalisti, dovette distinguere fra le

differenze strutturali caratteristiche di singole lingue e “ quei principi che sono essenziali

a tutte “. Trattando del significato della parola seguì da vicino aristotele; le parole hanno

un rapporto convenzionale con ciò che designano, e la lingua è “ un sistema di suoni

articolati che significano in virtù di un accordo “. La frase e la parola in quanto universali

sono definite con terminologia aristotelica. Il sistema grammaticale di Harris postula due

“principali” : i nomi o “sostantivi”, che significano sostanze; i verbi o “attributi”, che

significano attributi. I verbi comprendono ciò che formalmente si può distinguere in:

verbi veri e propri, participi e aggettivi, e questo è in accordo con quanto dicono Platone

e Aristotele sul RHEMA. Gli avverbi sono un tipo speciale di attributi, essendovi attributi

di attributi, o attributi di secondo ordine. Prescindendo dai “principali”, le lingue

distinguono due “accessori” che sono privi di significato indipendente. Tali accessori si

ripartiscono in “definitivi” (articoli o alcune parole pronominali) che si costruiscono con

una sola parola e congiunzioni. Pur avendo fondato la sua teoria della grammatica

universale sulla dottrina aristotelica, Harris, a differenza di Aristotele, fu ben consapevole

delle differenze che si osservano in superficie fra le varie lingue e si interessò ad esse.

Nella sua teoria del significato, Harris considerò le parole “principali” che avevano un

significato indipendente, come simboli generali ,e soltanto in secondo luogo e per il

tramite di tali idee generali, simboli di idee particolari. Difese il concetto di idee innate

contro il predominante empirismo inglese e ,insistendo sulla grammatica universale,

reputò che la capacità umana di concepire idee universali o generali, delle quali le parole

sono i segni, è certamente un dono di Dio. Come filosofo, fece maggiore attenzione al

linguaggio in quanto mezzo per esprimere proposizioni logiche ma, collegando la sua

teoria del linguaggio ad Aristotele e all’universalismo filosofico anticipò, in vari modi,

alcuni sviluppi caratteristici del pensiero del tardo Settecento. Il lavoro di Harris fu

altamente apprezzato da un altro linguista inglese del Settecento, James Burnett, che

scrisse il trattato in sei volumi Of the Origins and Progress of Language. Come Harris,

Monboddo non volle negare l’intervento divino nella creazione di una facoltà cosi

mirabile e complessa come il linguaggio, ma si interessò al suo sviluppo storico che non

alla formulazione di universali linguistici. Riconobbe l’intima connessione fra la società

umana e il linguaggio umano, ma prospettò fra essi soltanto una dipendenza unilaterale,

in quanto la società poteva essere esistita molto tempo prima della formulazione del

linguaggio, linguaggio che poteva dipendere dall’anteriore esistenza della società. Fu

favorevole ad ammettere la poligenesi delle lingue. Monobbo appartenne alla schiera

purtroppo ampia di quei linguisti che pensarono che si potesse in parte far luce

sull’origine del linguaggio studiando certe lingue esistenti, cercando le prove della

primitività e della permanenza di caratteristiche antiche nelle lingue di popoli

culturalmente primitivi e analfabeti.

3. W.VON HUMBOLDT E LA TRIPARTIZIONE DEI TEMPI DI LINGUE

Affrontiamo ora il contributo di Humboldt, un uomo che visse a cavallo dei due secoli

(1767-1835 ) e il cui pensiero sul linguaggio e sulla sua importanza nella vita umana

appartiene decisamente al XVIII secolo. Per un lungo periodo della sua vita professionale

scrisse molto su vari argomenti di linguistica e su varie lingue. Il tema generale che

attraversa i suoi scritti sembrerebbe essere l’interesse a spiegare la creatività infinita del

linguaggio, sia dal punto di vista grammaticale che lessicale, grazie alla quale le risorse

necessariamente finite che ogni parl

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Publisher
A.A. 2015-2016
19 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher SODESI di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Assenza Elvira.