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La morfologia è lo studio della forma delle unità della lingua e delle sue varie modificazioni
a seconda dei vari ambienti sintagmatici; l’ambito d’azione della morfologia è la struttura
della parola. Definiremo parola la minima combinazione di unità di prima articolazione, di
morfemi; questi rappresentano il più piccolo pezzo di significante di una lingua. Il morfo è
un morfema inteso come forma, dal punto di vista del significante, indipendente dalla sua
L’allomorfo
analisi funzionale e strutturale. è ciascuna delle forme diverse in cui si può
presentare uno stesso morfema (nate generalmente da mutamenti fonetici). Vi sono anche
casi in cui un morfema lessicale viene sostituito in parole derivate da un morfema dalla
forma diversa ma con identico significato (acqua/idrico); si parla quindi di suppletivismo.
Possiamo classificare i morfemi a livello funzionale e a livello posizionale.
Dal punto di vista funzionale noi dividiamo i morfemi in lessicali e grammaticali; questi
ultimi sono a loro volta divisi in derivazionali e flessionali. I morfemi lessicali stanno nel
lessico di una lingua e costituiscono una classe aperta, continuamente arricchibile di nuovi
elementi; i morfemi grammaticali stanno nella grammatica e costituiscono una classe
chiusa. Questi ultimi si dividono in legati, che si connettono immediatamente a un morfo
lessicale o ad un altro morfo grammaticale legato, e relativamente liberi, che possono sia
connettersi ad un morfo lessicale sia esserne separati. Lasciano dubbi sulla loro categoria
le parole funzionali, in quanto talvolta scomponibili in morfemi. La derivazione regola i
processi di formazione delle parole in base al significato; la flessione regola il modo in cui
le parole si attualizzano le frasi (la prima non è obbligatoria, la seconda sì).
Dal punto di vista della posizione, vi sono radici ed affissi. Gli affissi sono i morfemi
–
grammaticali, e a loro volta si dividono in prefissi, suffissi, infissi, circonfissi una parte
– – –
prima della radice, una dopo e transfissi arabo (valore derivazionale), desinenze
(valore flessionale).
Esistono poi morfemi sostitutivi (foot/feet), morfi zero (invariabili: sheep), cumulativi
–e;
(portatori di più significati, come un tipo particolare sono gli amalgama, come à+le=au),
soprasegmentali (àncora/ancòra). Vi è poi il processo di reduplicazione, che consiste
nella ripetizione della radice lessicale per dare un significato flessionale (vipande vipande).
I morfemi derivazionali mutano il significato della base cui si applicano; essi svolgono una
funzione assai importante in quanto, attraverso processi di prefissazione e suffissazione,
permettono di formare un numero infinito di parole da una data base lessicale, dando luogo
a famiglie di parole. Anche nelle lingue dei segni è possibile formare segni nuovi a partire
da una radice (sedia-sedersi). Esistono morfemi lessicali che, di fronte ad altri morfemi, si
comportano anche come morfemi derivazionali: questi prendono il nome di prefissoidi
(socio-logi-a); a loro volta esistono i suffissoidi (socio-logi-a).
Quando due parole si sono agganciate fra loro per formare un’entità unica in cui due membri
sono riconoscibili e recano il loro significato lessicale normale, parliamo di parole composte
“testa”, il cui significato è modificato
(portacenere), in cui una delle due è la cosiddetta
dall’altra (a seconda della posizione della testa parliamo di esocentriche, endocentriche,
dvandva). Esistono poi unità lessicali plurilessematiche (gatto delle nevi), le formazioni
(ristobar), l’alterazione
bimembri (nave scuola), gli acronimi (CGIL), le parole macedonia
(gattino, librone, robaccia), i verbi parasintetici (formati attraverso prefissazione e
–
suffissazione imbiancare), la derivazione zero (termini di cui non si capisce quale sia la
primitiva, ma in genere si dice sia il verbo; lavoro/lavorare), retroformazioni (fax>faxare).
Nel tempo alcuni termini che inizialmente erano visti come composti sono stati riconosciuti
come una sola unità: da pomidoro si è passati a pomodori.
I morfemi flessionali intervengono solamente nelle classi variabili di parole. Ogni morfema
dell’asse
è la marca di un dato valore grammaticale; tra le categorie grammaticali
paradigmatico (parole in isolamento): il genere (maschile, femminile, neutro), il numero
(singolare, plurale, duale…); il caso (funzione sintattica della parola; la reggenza è quella di
gradi dell’aggettivo
un verbo a cui segue un dato caso), i (comparativo, superlativo), la
–
definitezza (arabo), il possesso, le categorie del verbo (modo, tempo, aspetto, diatesi
attivo/passivo). Le categorie grammaticali che classificano le parole raggruppandole in
classi a seconda della natura del loro significato e delle loro caratteristiche funzionali sono
le parti del discorso o categorie lessicali: sostantivo, aggettivo, verbo, pronome,
articolo, preposizione, congiunzione, avverbio, interiezione.
Altre importanti categorie grammaticali sono quelle individuate sull’asse sintagmatico, cioè
nel rapporto con le altre parole di un dato messaggio: da qui le funzioni sintattiche (definite
dall’analisi logica), la flessione inerente (marcatura in base alla singola parola), la
(in base a contesto), l’accordo
flessione contestuale (es. verbo-soggetto).
La sintassi è il livello di analisi che si occupa della struttura delle frasi, cioè di come si
combinano fra loro le parole; la frase è il costrutto che fa da unità di misura per la sintassi.
un’affermazione
Una frase è identificata dal contenere una predicazione, riguardo a
qualcosa; in genere essa è data dalla presenza di un verbo, ma esistono anche le frasi
nominali (buona, questa torta). Una frase semplice è detta proposizione (clause). Il
metodo di rappresentazione più diffuso per l’analisi di una frase è quello degli alberi
(l’albero, che prende il nome di
etichettati indicatore sintagmatico, fornisce la struttura
della frase negli elementi che la costituiscono). Le sigle utilizzate sono F (Frase), SN
(Sintagma Nominale), SV (Sintagma Verbale), SPrep (Sintagma Preposizionale), N (Nome),
V (Verbo), Det (Determinante), Prep (Preposizione).
è la minima combinazione di parole che funzioni come un’unità della struttura
Un sintagma
frasale; testa è la classe di parole attorno alle quali si formano i sintagmi. Un sintagma
nominale è un sintagma costruito attorno ad un nome.
Alcuni criteri per il riconoscimento dei sintagmi: mobilità (il sintagma si può spostare nella
frase), scissione (può essere separato costruendo una struttura chiamata frase scissa),
enunciabilità in isolamento (può costituire da solo un enunciato), coordinabilità (due o
più gruppi di parole rappresentano sintagmi dello stesso tipo).
Le funzioni sintattiche riguardano il ruolo che i sintagmi assumono nella struttura sintattica
della frase: quelle fondamentali sono soggetto, predicato verbale e oggetto. A queste si
aggiungono i complementi (specificazione, termine, mezzo, modo, tempo, stato in luogo,
moto a luogo, moto da luogo, paragone…).
Ogni verbo è associato a delle valenze richieste dal tipo di significato del verbo: da questo
punto di vista, i verbi possono dividersi principalmente in avalenti, monovalenti, bivalenti,
trivalenti, tetravalenti. La prima valenza è sempre il soggetto, mentre la seconda (nei
verbi transitivi) è quella dell’oggetto. Esistono poi altri elementi, che non fanno parte dello
schema valenziale, detti circostanziali, che aggiungono ulteriori informazioni.
Un altro ordine di princìpi che intervengono nella costruzione della frase è quello dei ruoli
semantici, per cui ogni elemento della frase viene visto come in relazione alla situazione
da essa raccontata. In una frase passiva è diversa la distribuzione dei ruoli semantici.
Nel governale la strutturazione delle frasi vi è il piano dell’organizzazione pragmatico-
informativa; da questo punto di vista si dividono in dichiarative, interrogative, esclamative
è ciò su cui si fa un’affermazione, il è l’informazione
e iussive/imperative. Il tema rema
fornita a proposito del tema. Esistono frasi atematiche: prendi la valigia!
Nelle frasi non marcate soggetto, agente e tema tendono a coincidere con la prima
posizione nella frase. Esiste però la dislocazione a sinistra, in cui viene messo in posizione
di tema l’oggetto, e la che spezza la frase in due parti, portando all’inizio dalla
frase scissa,
– –
frase un costituente introdotto dal verbo essere e facendolo seguire da una frase relativa.
Il focus è il punto di maggior salienza comunicativa della frase, ed è accompagnato dai
(anche, solo…).
focalizzatori Le topicalizzazioni sono fenomeni che mettono a fuoco in
contrasto dell’oggetto in posizione preverbale: «Solo che ti amo volevo dirti». Gli enunciati
tetici sono enunciati privi di tema che parlano di eventi: «È successo il finimondo».
Al di sopra dell’unità ‘frase’ bisogna riconoscere il livello del testo, cioè una combinazione
di frasi; per contesto si intende invece la parte di comunicazione verbale che precede e
segue il testo in oggetto e la situazione specifica in cui la combinazione di frasi è prodotta.
La presenza di elementi per la cui interpretazione è necessario far riferimento al contesto
linguistico precedente, si chiamano tecnicamente anafore. Col termine deissi si designa la
proprietà di una parte dei segni linguistici di indicare cose o elementi presenti in una
L’ellissi nell’omissione
situazione extralinguistica e in un diverso spazio e tempo. consiste
di elementi che sarebbero indispensabili per dare luogo a una struttura frasale completa.
che svolgono il compito di esplicitare l’articolazione
Esistono poi i segnali discorsivi,
interna del discorso (così, no?, insomma).
La parte della linguistica che si occupa del piano del significato è la semantica. Non è facile
però definire cosa sia il significato: possiamo parlare di significato denotativo, il senso
oggettivo, ma anche connotativo, inteso come ciò che suscita; vi è un significato linguistico,
cioè quel significato che un termine ha in quanto elemento di un sistema linguistico, così
come un significato sociale, in relazione ai rapporti tra parlanti; il significato lessicale è quello
dei termini che rappresentano oggetti concreti o astratti (parole piene), quello grammaticale
relativo ai termini che rappresentano rapporti interni al sistema linguistico (parole vuote).
L’unità d&rs