vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ATURA EPISTEMOLOGICA DEL PRIMITIVO SEMANTICO UN A PRIORI CONCETTUALE
Il primitivo semantico costituisce senza dubbio un momento delicato dell’analisi semantica.
L’inevitabile ricorso all’intuizione per l’individuazione dei primitivi semantici non deve far pensare a
un sostanziale apriorismo. Anzitutto la verifica non riguarda la formulazione, ma la verifica
dell’ipotesi. Inoltre, anche se Wierzbicka pone i primitiva a monte dell’analisi semantica, per
procedere poi alla loro verifica attraverso l’analisi linguistica, la sua mossa è empirica fin dagli inizi.
3
Il rischio di “psicologismo” inevitabilmente connesso alla pura ed esclusiva introspezione è superato
già all’origine. Il successivo lavoro di analisi interlinguistica ad ampio raggio a cui vengono
sottoposti i primitivi così individuati alla ricerca delle loro possibili lessicalizzazioni non fa che
confermare la natura ultimamente esperienziale di questi significati primitivi, che sono dunque
semantemi naturali e non artificiali.
La lista dei primitivi proposti da Wierzbicka e dal gruppo dei suoi collaboratori ha subito per altro un processo di
continua evoluzione e non è ancora definitiva. È in ogni caso significativo che la negazione compaia fin dagli inizi
e figuri stabilmente fra quella decina di primitivi mantenutisi costanti attraverso le varie fasi della ricerca. Anzi la
studiosa ne parla come dell’universale lessicale meno controverso fra quelli proposti.
Nel gruppo originario del 1972, fra i 14 primitivi semantici proposti non compare not. In questa fase, Wierzbicka
considera come primitivo “don't want”, ossia la negazione come rifiuto, a cui riconduce ogni forma di negazione.
Ma presto le viene un dubbio, e l'analisi della negazione nel processo di apprendimento del linguaggio infantile
riesce a convincerla del riduzionismo di questo suo approccio iniziale.
Nel linguaggio infantile la negazione compare infatti fin dal secondo anno di vita con un ampio spettro di valori.
Viene usata a volte come negazione del quantificatore esistenziale.
La scoperta che nell'apprendimento del linguaggio infantile l'uso della negazione come rifiuto (I don’t want) non
è anteriore all'uso della negazione come giudizio induce la studiosa ad abbandonare l’idea iniziale di considerare
“I don’t want” come primitivo semantico.
Una volta delineati con maggiore accuratezza i contorni semantici di questo primitivo, che copre sia il valore di
rifiuto che quello di giudizio, rimane da mettere a punto la differenza fra negazione come rifiuto (I don’t want) e
negazione come giudizio (I don’t know), differenza di cui la linguista è ben consapevole ma che preferisce lasciare
aperta in vista di una successiva trattazione in prospettiva pragmatica.
CAPITOLO 5: LA NEGAZIONE SUB SPECIE RETHORICAE
Al lettore è già nota la portata comunicativa della negazione, di cui si sono già messi in luce il ruolo costitutivo
nella strutturazione dei paradigmi semantici, l’apporto non irrilevante all’incremento della categorialità
linguistica, in particolare meta empirica, le diverse funzioni semantico-pragmatiche a livello testuale, conseguenti
alla diversificazione del punto di attivazione dello scope, che vanno dal capovolgimento del valore di verità del
contenuto proposizionale, alla modifica delle illocuzioni, alle sofisticate interazioni con i paradigmi semantici e
con le implica ture.
Se il ruolo della negazione come strumento pour dire è a questo punto ben delineato, dobbiamo ora volgere lo
sguardo alla sua funzione non meno rilevante di strumento pour persuader.
Non poche sono, nell’ambito delle forme dell’elocutio, le figure retoriche costruite sulle opposizioni negative.
Nella mappatura delle figure retoriche negative che ci accingiamo a delineare partiamo da due assunti di base.
Una caratterizzazione esauriente delle figure retoriche, non solo negative, non può trascurare il rôle argumentatif
da esse svolto nel discorso orientato alla costruzione del consenso, nel quale l’elocutio affonda le sue radici.
In particolare per l’individuazione della loro funzione argomentativa risulta illuminante il riferimento alla nozione
centrale nella teoria retorica, attorno a cui ruota la dinamica della comunicazione persuasiva, la pistis.
4
Caratterizzato da una forte polisemia, il termine assume significati diversi a seconda del punto di vista da cui lo
osserviamo. In rapporto al parlante esso dice la sua credibilità, fondata sul suo ethos. In rapporto a quel giudice
1
che è il destinatario la sua benevolenza , che può essere ottenuta smovendo il suo pathos. Rispetto al lógos la sua
2
veridicità, ossia quel fundamentum in re da cui dipende la sua forza probatoria .
Una caratterizzazione esaustiva delle figure dell’elocutio non potrà prescindere, oltre che dal loro ruolo
argomentativo, dalle sofisticate interazioni che esse attuano a livello pragmatico con le illocuzioni.
Nel presentare le figure retoriche negative presteremo pertanto attenzione alla loro funzione di modulazione
della forza illocutoria, che può essere di attenuazione o di rinforzo.
Negazione Contraria, Contraddittoria e Figure Retoriche Negative:
Le figure retoriche negative sono giocate in particolare su due delle opposizioni negative emerse nell’ambito della
tipologia aristotelica da noi precedentemente delineata, l’opposizione contraria e quella contraddittoria.
La negazione può plasmare la figura retorica in duplice modo, collocandosi o a monte o a valle di essa. Mentre nel
primo caso la negazione interviene ponendo in essere la figura retorica, nel secondo caso sarà la figura retorica
stessa a porre in essere l’opposizione negativa.
L’ironia: un caso di incongruità
Iniziamo la nostra rassegna delle figure retoriche negative con l’ironia, a cui ci introduciamo attraverso qualche
esempio, tratto dalla letteratura classica o da situazioni comunicative legate all’everyday speaking.
Nel Protagora di Platone Socrate, ascoltate le considerazioni del Sofista sull’insegnabilità della virtù, così si rivolge
con tono ironico al giovane Ippocrate:
“O figlio di Apollodoro, quanto ti devo essere grato di avermi spinto a venire qui! Infatti apprezzo
moltissimo le cose che ho udito dire da Protagora. Prima io ritenevo che non fosse opera umana
quella per cui gli uomini diventano buoni; ora invece ne sono stato convinto”.
Indotto da Renzo a rivelargli il nome del mandante del veto matrimoniale, così Don Abbondio apostrofa il
giovane:
“Avete fatta una bella azione! M’avete reso un bel servizio! Un tiro di questa sorte a un galantuomo!
Al vostro curato! In casa sua! In luogo sacro! Avete fatta una bella prodezza!”
Consideriamo infine una situazione comunicativa in cui una madre, trovata la stanza dei figli in disordine, esclami
“Ma che bell’ordine!”
Nelle espressioni ironiche qui menzionate, l’opposizione negativa della contrarietà, pur non essendo esplicata,
pone in essere la figura retorica stessa: ciò che il parlante dice è esattamente l’opposto di ciò che egli pensa,
conformemente all’identificazione tradizionale dell’ironia con il meccanismo antifrastico dell’inversione
semantica.
1 Come ricorda Aristotele, il giudice che ama diversamente dal giudice che odia e colui che è nella gioia giudica diversamente
da colui che è nel dolore.
2 L’importanza della pistis del logos è stata messa in luce da Aristotele in quella svolta logica da lui inaugurata nella retorica
classica. 5
Cerchiamo ora di evidenziare come sorge l’ironia a livello logico-semantico nella dinamica testuale. Nella nostra
analisi assumeremo quale quadro di riferimento teorico la teoria della congruità, un approccio particolarmente
attento agli aspetti logico-semantici del testo, rappresentato come gerarchia di relazioni predicativo-argomentali.
Ciascun predicato logico-semantico nel selezionare i suoi argomenti opera secondo un principio di congruità, che
stabilisce le condizioni che devono essere rispettate perché si dia corrispondenza logica fra il predicato e i suoi
argomenti. Ciò vale a partire dai predicati più semplici, come “leggere”, “verde”, “dire”, “dare”, fino ai connettivi
logici e ai predicati pragmatici al vertice della gerarchia.
Particolarmente pertinenti ai fini della nostra indagine si rivelano i predicati connettivali, dai quali dipende la
struttura del testo come azione comunicativa coerente.
Il predicato connettivale si configura come un predicato pluriargomentale, che seleziona quali suoi argomenti i
fattori della situazione comunicativa, mittente e destinatario, la sequenza testuale e il cotesto che la precede e la
segue, imponendo su ciascun posto argomentale delle presupposizioni che dovranno essere rispettate affinché il
testo sia congruo. Se gli argomenti non sono congrui con le condizioni imposte dal predicato, le incongruità che
così insorgono mettono capo a insensatezze per lo più irrecuperabili.
L’Ironia può emergere, in altri casi, da un’incongruità fra la sequenza testuale e il contesto, più precisamente fra
quanto si predica della realtà extralinguistica nel discorso e la situazione extralinguistica stessa.
Considerando gli esempi citati prima di Socrate, di Don Abbondio e della mare ai figli, ci troviamo davanti a
un’incongruità di questo tipo, anche qui recuperata a un livello ermeneutico più alto, per l’appunto figuratico, che
ci porta a evincere il valore ironico di tali espressioni.
3
Nell’ironia l’uptake della forza illocutoria richiede un oneroso lavoro inferenziale da parte del destinatario, che
deve scoprire l’intenzione nascosta.
Proprio in quanto forma di comunicazione indiretta, l’ironia permette un’attenuazione della forza illocutoria negli
atti di rimprovero, ma anche nelle espressioni di apprezzamento positivo, rientrando così nell’ambito delle forme
di understatement. Nella modulazione della forza illocutoria essa agisce normalmente come downtoner, pur
essendo possibile incontrarla con funzione di booster, quando l’ironia è particolarmente aggressiva.
Nei rimproveri le espressioni ironiche proteggono il destinatario da eventuali sanzioni negative da parte del
pubblico. In quanto salva l’immagine e la credibilità del parlante, l’ironia è una figura prevalentemente orientata
alla pistis del parlante.
La litote, ossia commuta in negationem
Qui l’opposizione negativa, a differenza del caso precedente, si situa non più a monte ma a valle della figura
retorica stessa, che la pone in essere, esibendola in esplicatura.
Così interviene la negazione nella litote, una forma di un