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Estratto del documento

Comunque, sia nella comunicazione orale sia in quella scritta l’interpretazione dipende dal contesto e dalle

informazioni fornite precedentemente. Alcuni esponenti sono verbi performativi (affermo che, ritengo che,

suppongo che, mi domando se, ho i miei dubbi che…) e indicano il grado di sicurezza dei protagonisti,

mentre altri esponenti sono qualificatori (a quanto pare, secondo me). Esponenti come “supponiamo che”

introducono un argomento che potrebbe far parte di un ragionamento presentato come momentaneamente

reale. Sono pochi gli indicatori di forza che marchino l’intero testo argomentativo indicando che qualcuno

voglia compiere un macro-atto argomentativo: ora te lo dimostro, ora ti spiego, ragioniamo un momento, mi

spiego meglio. I casi in cui si manifesta in modo esplicito l’intenzione di creare un testo argomentativo sono

rari. I segnali che annunciano che si sta per fare un macro-atto potrebbero essere esterni al testo e non

categorie del testo.

7.2 - Natura degli indicatori di forza

•• Dal punto di vista semantico, pragmatico e sintattico, gli indicatori possono essere così classificati: (1)

argomentatori - introducono il macro-argomento (ora mi spiego, il ragionamento è questo, ora vediamo

perché, ragioniamo un momento…); (2) giustificatori - introducono un argomento e quindi una

giustificazione (poiché, perché, infatti, dato che, siccome, tanto è vero che, anche perché, considerato che,

in base al fatto che, uso del gerundio…); (3) conclusivi - introducono la conclusione (quindi, dunque,

pertanto, ecco perché, se ne conclude che, ne consegue che, perciò, allora…); (4) generalizzanti -

introducono la regola generale (in base a, dato che, secondo la regola che dice che…); (5) modali -

introducono il qualificatore (forse, probabilmente, è probabile che, necessariamente, poter(+infinito),

dover(+infinito)…); (6) garanti - introducono la fonte (come dice, secondo…); (7) relativizzanti - introducono

una riserva (se non che, a meno che, tranne che…); (8) rafforzatosi negativi (contro-argomenti -

nonostante, nonostante che, sebbene, benché, seppure…) e positivi (argomenti aggiunti - senza contare

che, se si tiene conto anche del fatto che…), i quali introducono un rinforzo per la giustificazione fornita; (9)

alternativi - introducono una contro-opinione (tuttavia, ciò nonostante, malgrado ciò, eppure, però, ma); (10)

precisatori - introducono una precisazione (cioè, in altre parole, ovvero, per esempio, ossia, vale a dire,

appunto); (11) elencati - introducono un elenco (anzitutto, in primo luogo, anzitutto… in secondo luogo);

(12) graduatoria - introducono una gradazione (anzi, o meglio, soprattutto, almeno, quantomeno, perfino);

(13) condizionatori - introducono una condizione (finché, purché, nel caso che, se…allora); (14) sostitutori

analogici (anziché, invece che, invece di, non che, piuttosto che, al posto di, nonché), sostitutori propri

(viceversa, invece), sostitutori preferenziali (piuttosto, più che altro), sostitutori antipodali (lungi da, senza,

lontano da) - introducono una sostituzione.

7.3 - Indicatori che introducono un argomento

•• Poiché: è preferibile usarlo all’inizio di testo; è sinonimo di “perché” o di “dato che” e “siccome”. La scelta

tra l’uno o l’altro indicatore dipende da preferenze e opportunità stilistiche.

•• Perché: si preferisce perché al poiché solo se si usa con l’argomento in seconda posizione, perché ha un

valore argomentativo o causativo e quindi non sta mai in posizione iniziale. Dunque, “poiché argomento -

opinione”, “opinione - perché argomento”. Poiché accetta il coordinatore “e”, ma rifiuta di solito il

coordinatore “anche”. “In quanto” e “poiché” possono alternarsi in un testo.

•• Infatti: non può essere usato in posizione iniziale e si comporta quindi come “perché”. Comunque, “infatti”

e “perché” non sono veri sinonimi. “Infatti” significa “prova ne sia che”, “tanto è vero che”, ma non ha il

significato di causa (ha solo il significato argomentativo: non è la causa di x, ma la prova di x), mentre

“perché” è sia causale sia argomentativo, anche se è usato più con senso causale (“perché” = “causa ne

è”). “Infatti” e “poiché”, a differenza di “perché”, è più problematico che si trovino a marcare più argomenti di

fila (“conviene non uscire poiché x, poiché y, poiché z”, mentre è corretto dire “conviene non uscire perché

x, perché y e perché z”). “Infatti” in particolare non è ripetibile nella frase perché controlla tutto il nodo

giustificativo (ovvero l’insieme di argomenti-giustificazioni dell’opinione). “Infatti”, in più, non si usa mai

come risposta in un dialogo (“Ti sei comprato una macchina?” - “Infatti”). “Infatti”, più che a fornire

argomenti neutrali per la difesa della tesi, serve a confermare la verità dell’enunciato. Se si usa “perché” si

dà solo una motivazione della frase precedente e non anche una conferma che spieghi l’origine

dell’affermazione (“ho sonno, infatti vado a casa” e non “ho sonno, perché vado a casa”).

•• “Infatti”, nonostante colleghi necessariamente l’opinione all’argomento e non l’argomento all’opinione,

può stare in qualsiasi posizione all’interno dell’argomento, all’inizio, nel mezzo o alla fine (“vado infatti a

casa” e non “vado perché a casa”). Infatti è insomma l’indicatore più mobile (on lo sono né perché, né

poiché, né dato che, ma neanche “tranne che”, “a meno che”, “ora ti spiego”…).

•• Difatti: è in tutte le situazioni un sinonimo di “infatti”. Entrambi possono marcare un argomento, ma anche

una conclusione. Entrambi non possono essere ripetuti.

•• Dato che: è simile a “perché” e “infatti”, ma è più marcato. “Dato che”, a differenza dei suoi sinonimi, può

marcare un argomento sia in posizione iniziale sia in seconda posizione. Nel discorso orale soprattutto è

possibile che gli indicatori di forza non vengano lessicalizzati perché è possibile renderli prosodicamente,

cioè con l’intonazione (“Gianni non c’è, [dato che] la sua macchina non è davanti casa”).

•• Siccome: si trova sempre all’inizio di un ragionamento e introduce l’argomento. Dunque va solo con

strutture “Siccome argomento - opinione”. È simile a “poiché”, infatti; accetta infatti il coordinatore “e”, ma

non il coordinatore “e anche”. La differenza è che “poiché” può anche comparire in seconda posizione

argomentativa, mentre questo non è possibile con “siccome”.

•• Tanto è vero che: dà un senso all’argomento che introduce, rendendolo prova indiscutibile per l’opinione

o per la conclusione proposta. Compare solo quindi con strutture del tipo “opinione - tanto è vero che

argomento”. Equivale quindi a infatti, anche se sul piano distribuzione non si comporta allo stesso modo.

“Tanto è vero che” è parafrasabile con “è dimostrato dal fatto che”. “Tanto è vero che” appartiene a uno stile

non troppo riservato, quasi dialogico, colloquiale, mentre “è dimostrato dal fatto che” appartiene a uno stile

formale. “Tanto è vero che” ha solo valore argomentativo, non causale.

•• Ora: introduce un ragionamento che ne presuppone uno precedente o una parte di questo. Può servire

anche a sottolineare la continuazione di un ragionamento. In genere sta vicino all’argomento e alla regola

generale (“Ora, è noto che a una certa temperatura il ghiaccio si scioglie, quindi…”). L’indicatore “ora” ci

dice che prima si è iniziato un ragionamento. “Ora” introduce un argomento, quindi può affiancarsi

contemporaneamente a un altro indicatore che marchi l’opinione o la conclusione.

7.4 - Indicatori che marcano una opinione

•• Quindi, dunque: sono sinonimi. Marcano l’opinione in seconda posizione, quindi se viene considerata

come conclusione a cui si può arrivare partendo dalle premesse fornite dall’argomento e in base a certe

regole generali. I due indicatori si usano quindi in strutture “argomento - quindi/dunque opinione”, ergo nel

ragionamento induttivo (“La casa è al buio, quindi non c’è nessuno” e non “quindi non c’è nessuno, la casa

è al buio”). Nel parlato l’opinione può essere marcata solo dall’intonazione, e anche nello scritto può non

esserci l’indicatore lessicalizzato, che si troverà nel contesto linguistico e situazionale.

•• Pertanto: introduce una conclusione basata su un argomento a sua volta conclusivo di un ragionamento.

La conclusione introdotta da “pertanto” esige un argomento più diretto che serva da prova della nuova tesi.

Non può stare all’inizio di un testo argomentativo, come “quindi” e “infatti”. Insomma, “pertanto” richiede

una precedente conclusione da cui partire per estendere ancora di più il ragionamento”. In altre parole,

“pertanto” marca una conclusione che funge come espansione di un precedente argomento.

•• Ecco perché: significa “per cui si può concludere che”, e introduce una opinione dopo aver presentato gli

argomenti che la giustificano. “Perché” da solo non potrebbe introdurre una opinione, ma solo indicare

argomenti.

•• Gli indicatori quindi-pertanto-perciò funzionano nel profilo argomento-opinione o argomento-opinione-

conclusione o dato-conclusione, e sono complementari con poiché e siccome, perché i primi marcano

l’opinione o la conclusione se si trova in seconda posizione, mentre gli ultimi due marcano il primo

elemento, dunque l’argomento, il dato o la regola generale.

7.5 - Indicatori della regola generale

•• Le regole generali sono raramen

Dettagli
A.A. 2015-2016
16 pagine
19 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simone.scacchetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica e persuasione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Pompei Anna.