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Facebook: il primo social network di massa a imporsi in Italia

Facebook è decisamente orientato in direzione multimediale e crossmediale: i post includono spesso immagini, filmati, oggetti musicali e sono arricchiti da link che rinviano ad altri servizi. Dal punto di vista linguistico i post denunciano un aspetto nella media più tradizionale rispetto a quello dei tweet e appaiono, su un fondo neostandard, le tradizionali onomatopee, punteggiature espressive e grafie espressive.

Cyberitaliano?

Il cyberitaliano è una nuova lingua? No, così come non sono lingue nuove, diverse dall'italiano senza aggettivi, l'italiano scritto e quello parlato. È una lingua nuova? Si direbbe di sì: una nuova varietà di lingua, una galassia di modi d'uso che si expandono attorno a un centro comune, che si caratterizzano soprattutto in diafasia, in diamesia e in diatecnia e che presentano tratti funzionali distintivi.

Storia dell'Italia repubblicana dal 1946 ai...

nostri giorni. Tullio De Mauro1) L'Italia linguistica dell'immediato dopoguerra La svolta del 1946 non fu data solo dalle grandi trasformazioni istituzionali, ma si concentrò anche in grandi novità nella vita sociale e culturale. Non bisogna dimenticare, però, che nel profondo, per aspetti coinvolgenti il parlare e comprendere di tutta la popolazione, l'Italia linguistica e culturale repubblicana conservava un assetto antico. Immediatamente dopo l'unità politica le classi dirigenti curarono l'istruzione e il funzionamento degli istituti medio-superiori. Soltanto in età giolittiana per il momento del decollo per l'istruzione elementare, ma il conflitto bloccò questo processo. Il primo gabinetto Mussolini sembrò però interessato al rilancio della scolarità, tuttavia, le persone che posero mano al disegno della riforma scolastica, Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo Radice, furono rimosse dal loroufficio nel1925, si costituiva ormai la dittatura. Fu cassato in particolare il programma di Radiceper le elementari, che delineava un’educazione linguistica che partiva dalle realtàidiomatiche locali per giungere gradualmente all’italiano. L’unilinguismo ossessivodella scuola post-unitaria tornò a trionfare. Caduto il fascismo, il primo censimentodel 1951 rivelò crudelmente il lascito scolastico del regime, la padronanza dellerisorse linguistiche era del 4%, cioè simile ai paesi sottosviluppati.Una forte e stabilizzata differenziazione etnico-linguistica della popolazionecaratterizzò l’Italia preromana risetto a ogni altra area europea. A metà del I millennioa.C. l’Italia era occupata da popolazioni di assai varia provenienza e inserimento nelterritorio, e quindi da una selva di idiomi. Nell’Italia del Medioevo sopravvissero nonle dirette sopravvivenze degli idiomi non latini, bensì le continuazioni

Del latino, o meglio le sopravvivenze di ciò che il latino era andato diventando sulle bocche delle varie popolazioni di diverso idioma. Nel primo Cinquecento nel ceto colto e tra gli illetterati si affermò il primato del fiorentino nella forma scritta datagli nel Trecento da Dante, Petrarca e Boccaccio, fu codificato da Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua (1525) e cominciò a chiamarsi per eccellenza italiano, e gli altri idiomi presero a dirsi dialetti. Fuori dall'area fiorentina, con eccezione di Roma, ancora negli anni dell'unificazione politica l'uso dell'italiano non si diffuse oltre il 2,5% della popolazione. L'intera vicenda storica e linguistica dell'Italia preunitaria aveva fatto sì che l'uso dei dialetti conservasse vitalità. I processi demografici e sociali avviatisi con l'unificazione politica italiana del 1861 (servizio militare, flussi migratori verso le città del Nord, scuole elementari).

di qualche efficacia, burocraziaunitaria e organi di informazione nazionale) scossero ma non soppiantarono lecondizioni linguistiche ottocentesche. Tuttavia, terminata la guerra, nata laRepubblica, il policentrismo storico permaneva, accrescendo le differenze tra un31Meridione filomonarchico e un Settentrione repubblicano. Quanto all’urbanizzazione,pur cospicua rispetto all’Ottocento, negli anni Quarta essa era ancora lontana dalcoinvolgere la maggioranza della popolazione. Inoltre, permanevano scarsi gliinvestimenti sull’istruzione.

Le parlate italoromanze vengono tradizionalmente dette dialetti e si raccolgono in duegrandi rami: i dialetti settentrionali (sia gallo-italici, sia veneti e giuliani) e i dialetticentro-meridionali (dalla Toscana in giù). Di questo insieme di idiomi alcuni trattiappaiono rilevanti nel confronto con altri paesi, lo erano nel 1946 e in parte lo sonorestati. Spicca anzitutto la numerosità, e quindi l’accentuato

Il multilinguismo endogeno del paese. Ma notevoli erano e sono rimaste le distanze linguistiche tra gli idiomianche dello stesso ramo.

Nell'Italia repubblicana il possesso dell'uso attivo dell'italiano era prerogativa di quanti rispondessero almeno a una di due condizioni: la nascita in area fiorentina o nella città di Roma o l'elevato livello di istruzione. La maggioranza della popolazione si disperdeva nell'uso esclusivo di uno dei 34 diversi dialetti. Le condizioni meno favorevoli si massimizzavano nel Mezzogiorno. Emblematico il film di Castellani del 1950 Due soldi di speranza, testimone dell'intensa partecipazione alla vita dei partiti, dei sindacati e all'informazione del popolo italiano (l'intera parte della popolazione con licenza elementare comprava un quotidiano).

2) Dagli anni Cinquanta ai Duemila: cambiamenti sociali e culturali e loro riflessi linguistici

Nella vita italiana dell'immediato dopoguerra, come si è visto,

Si delinearonomutamenti rilevanti. Essi hanno segnato l'avvio di trasformazioni sviluppatesi daglianni Cinquanta. In Italia la mobilità sociale ascendente è rimasta a lungo bloccata.Per gli italiani il primo passo, il più facile e tradizionale, fu volgersi più intensamenteall'emigrazione interna intraprovinciale, sono i "grandi comuni" a essere inizialmentee fino agli anni '80 il polo più attrattivo, più recentemente i centri minori hannoconosciuto un'intensa espansione demografica. Si è trattato però soprattutto dei centriperiurbani che circondano i grandi comuni (Rho, Sesto San Giovanni, Ciampino). Learee si dividono in: - Aree a saldo positivo: regioni meta dei grandi flussi migratori nazionali (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna...); - Aree a saldo negativo: sono aree di fuga, dove essendo scarsa l'immigrazioneda altre regioni tendono a conservare i vari dialetti (Abruzzo, Formattazione del testo

Molise, Campania…). Milioni di persone si sono dunque spostate dalle campagne verso i centri urbani e verso le regioni del Nord-Ovest. La migrazione è stata correlativa a un altrettanto profondo mutamento della base produttiva del paese. Dagli anni ’50 la base produttiva si è spostata dall’agricoltura all’industria e ai servizi.

L’età della Repubblica è stata contrassegnata da moti di popolazione verso e da paesi stranieri, col ritorno della pace mondiale e il crescere dell’informazione diffusa le condizioni di vita che spinsero gli italiani alle migrazioni interne comportarono anche il riprendere dell’emigrazione verso paesi più sviluppati. I “cervelli in fuga” sono stati e restano un fenomeno quantitativamente minoritario, ma rilevante, comunque negli anni repubblicani l’emigrazione estera non ha avuto gli effetti significativi che ebbe la grande ondata emigratoria tra unificazione e primo

conflitto mondiale. Nel confronto con l'emigrazione recente, l'immigrazione che si è andata affermando in Italia negli ultimi decenni ha effetti più marcati (punte del 7%), si immigra in Italia in particolare dall'Est-Europa e dal Nord-Africa. Indagini in corso mostrano un alto grado di propensione all'integrazione linguistica di quasi tutte le comunità.

Il Fascismo consegnò alla neonata democrazia una popolazione il cui 60% di adulti era privo di licenza elementare. Tra 1946 e 1955 non mancò chi pose l'attenzione alle condizioni di denutrimento scolastico e culturale della popolazione, in particolare anche i padri della Costituzione. Soltanto nel 1955 furono varati nuovi programmi e nel 1962 fu varata la scuola media unificata che doveva dar corpo all'innalzamento dell'obbligo fino ai 13 anni. A fronte di questi ritardi dirigenziali, appare significativo invece il bisogno sociale di istruzione. Immediatamente concluso.

Il conflitto ragazzi e ragazze iniziarono ad affollare le scuole elementari, questi negli anni successivi continuarono ad iscriversi in massa alla non ancora unificata scuola post-elementare, che per molti anni continuò a fornire un livello di istruzione insufficiente. Conseguentemente anche gli istituti superiori registrarono un alto incremento di iscritti. Il dislivello di preparazione tra famiglie e giovani iniziò a diventare rilevante. Se nel 1951 l'indice di scolarità pro-capite era di 3 anni, lo stesso di paesi sottosviluppati, nel 2001 il dato è salito fino a 12 anni pro-capite, lo stesso dei paesi sviluppati. Il processo è stato rapido e le spinte dal basso sono state più rilevanti dei progetti dei gruppi dirigenziali, i risultati sul piano linguistico sono stati rilevanti, anche se non sufficienti a intaccare secolari costumi di lontananza dalla lettura e dall'alfabetizzazione della popolazione adulta. Almeno dal tardo Settecento la lettura

Dei quotidiani fu la più frequentata e significativa via d'accesso all'esercizio della lettura in età adulta. Le prime indagini sull'indice di lettura dei quotidiani dei primi anni dopo il secondo conflitto mondiale stimano che i lettori si aggirassero intorno a 13 milioni, circa un terzo della popolazione. All'epoca tutti i cittadini in possesso della licenza elementare leggevano un quotidiano. Col passare degli anni nel paese tutto cambiava: insediamento della popolazione, attività di lavoro, reddito, scolarità, viceversa, l'indice di diffusione dei quotidiani è rimasto immobile e anche l'incidenza linguistica della stampa sulla lingua colta si è andata sempre riducendo. Il distacco dagli altri paesi europei non è compensato dalla grande diffusione dei settimanali di attualità (il primo "La Domenica del Corriere" del 1899), particolare successo nel dopoguerra i settimanali Oggi, L'Europeo.

Il Mondo, L'Espresso e Panorama. Sulla strada del tenere insieme registri stilisti
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A.A. 2019-2020
61 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paolot97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica dei media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Piotti Mario.