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ARTE TERZA L TG ITALIANO DALLA QUESTIONE DELLA LINGUA AL

PROBLEMA POLITICO

La messa in scena delle notizie

La diversità del tg italiano

Il notiziario televisivo fa ovviamente parte del sistema televisione, e pian piano si osserverà come

un tg con una determinata confezione linguistico-testuale sia intrinsecamente più adatto a far

passare, sul piano contenutistico, messaggi di un certo tipo anziché di un altro.

Notizie spettacolari

Il tg italiano è diverso da quello di altri paesi. Una delle ragioni di questa particolarità è il suo alto

grado di compromissione con la “società dello spettacolo”; il tg italiano parla sistematicamente

della realtà come se fosse finzione e della finzione come fosse realtà, spettacolarizzando eventi di

cronaca come fossero la trama di un film.

Identità in dissolvenza

Allo stingimento del confine informazione e intrattenimento serve anche la “finale” nel tg traino del

varietà. Su questo fronte la confusione entro il tg si spinge fino a toccare la persona fisica del

conduttore, esplicitamente presentato come conduttore-intrattenitore. È evidente che i notiziari di

questa fattura non tradiscono nessuna crisi d’identità, ma al contrario sanno perfettamente quello

che fanno: essi adottano un programma consapevole di dissoluzione dell’identità della voce che

porge la notizia e le notizie stesse vanno a confondersi nel calderone di un sistema televisivo

dominato dall’intrattenimento.

La percezione della gravità della situazione non sembra però per nulla diffusa, anzi prevale la

convinzione per cui i nostri tg risulterebbero brillanti e ben confezionati.

La lingua del tg “dalla parte della gente”

È stato da più parti osservato che il linguaggio giornalistico italiano contemporaneo tende ad un

ideale stilistico di vivacità e brillantezza, contraddistinto da un esplicito sforzo in direzione della

comprensibilità: la notizia deve essere porta da un lato in maniera brillante e vivace, dall’altro in

modo da essere sentita “vicina” all’utente, aperta, leggibile, non ostica.

Si possono riconoscere in questo senso una serie di procedimenti d’animazione discorsiva a livello

lessicale, sintattico e testuale che ritornano spesso: l’indicazione di personaggi famosi con il

semplice nome o con varie qualifiche (l’Avvocato, il Cavaliere), la congiunzione giornalistica

iniziale, l’uso di antitesi, di ellissi nominali, di strutture sintattiche particolari, l’uso di vocaboli

colloquiali e gergali, ecc.

Noi nel tg: il discorso semplice

Di fronte a questo tipo di espediente retorico, ci si limita tuttavia a constatarne la funzionalità per

l’animazione. Non se ne colgono però le implicazioni più profonde dal punto di vista della struttura

del testo, e dunque dell’ideologia della gestione della notizia. Dal punto di vista della struttura

testuale siamo di fronte a una formula di scarico di responsabilità, che però appare stravolta: il

cronista si distanzia con un “qualcuno ha detto”, che delega sì ad altri la responsabilità del discorso

riportato ma in maniera generica.

È questa una costante stilistica del tg italiano: la voce narrante dell’informazione assume spesso il

punto di vista dello spettatore e con questo procedimento il notiziario mira e presentarsi come voce

della comunità. Aggiungendosi ai colloquialismi di lessico e sintassi il noi perfeziona l’opera di

fusione fra l’istanza narrante e il pubblico: attraverso determinati meccanismi ben oliati, lo

spettatore viene rappresentato come se egli fosse realmente presente al prodursi della notizia, il che

fa del tg un discorso complice.

Al tg di oggi, come al quotidiano improntato sull’oscurità, non interessa allargare il livello di

alfabetizzazione politica del cittadino italiano, né dirgli quanto è accaduto, ma soltanto ribadire

vincoli affettivi ed ideologici.

Lo scopo di questa strategia è duplice: cognitivo e manipolativo. Sul primo fronte, l’identificazione

fittizia fra chi porge la notizia e chi l’ascolta mira a persuadere e a condizionare le reazioni. È facile

constatare come un discorso complice sia quanto di più distante da un discorso critico, l’unico che

invece si addice all’ideale della notizia come informazione e del giornalismo come quarto potere.

L’informazione senza voce

Assumere parole altrui vuol dire, implicitamente, farsi veicolo di concezioni che con queste parole

sono indissolubilmente connesse. Se la voce narrante di un testo giornalistico assume parole proprie

dei personaggi, implicitamente ne riporta anche le concezioni.

Questo processo, che all’osservazione superficiale appare semplicemente una vivacizzazione

linguistica e stilistica, ottenuta attraverso l’uso di parole e formule colloquiali o gergali, ha

conseguenze ideologiche cospicue per la notizia. Sorge, innanzitutto, un problema di etica

giornalistica. Col discorso indiretto libero si determina un’ambiguità enunciativa: la parola può

essere ascritta allo stesso tempo al narratore come al personaggio. Così avviene anche nel tg

italiano: non è chiaro, ormai, chi assuma la responsabilità delle parole dette. Esse sono dette dal

giornalista/narratore, il che dovrebbe garantirne la verità, ma al contempo corrispondono alla parola

del personaggio. L’ideale della notizia come informazione vorrebbe invece un operatore

dell’informazione che, salvo avvertimento specifico, si assume tutta intera la responsabilità di

quello che dice.

Altra questione, più specifica, è che questa forma di immedesimazione viene messa in atto non solo

rispetto a fasce di utenti/personaggi apparentemente innocue, ma può riguardare altri e meno

innocui gruppi sociali. Primo fra tutti il mondo della delinquenza, comune, mafiosa e politica.

Sport, motori, delinquenza: gli “icònimi” dell’italiano odierno

La motivazione di un nuovo segno linguistico è detta “icònimo”. Gli icònimi più produttivi, in ogni

data fase, sono quelli legati ad aspetti centrali della società  gergo automobilistico, sportivo,

criminale.

Le parole del criminale al tg: giustiziare, esecucuzione

Dalla lingua dei terroristi è entrato nell’uso corrente dei mass media il verbo “giustiziare”. L’uso di

questo verbo sui giornali o nei tg corrisponde ad uno slittamento del punto di vista realizzato

attraverso l’adozione di parole del delinquente  applicazione del verbo giustiziare a contesti

referenziali in cui si tratta di uccisioni: si tratta di un fatto grave per ragioni di etica

dell’informazione. La notizia “sul” delinquente viene detta “con” le parole del delinquente,

assumendo così il suo punto di vista.

Spaccio di droga e altra delinquenza: il tg dalla parte sbagliata

Ci sono casi di notizia in cui si usa un termine neutro per descrivere l’azione di malviventi, mentre

si usa il termine gergale per descrivere l’azione di un potete di Stato. Il punto di vista qui assunto è

quello di una fascia di popolazione che considera il perseguimento di reati alla stregua di un

disturbo all’ordine delle cose.

Le parole della mafia

Anche il crimine organizzato è oggi un fenomeno centrale nella nostra società. Anch’esso dunque è

dotato di forza icònimica. Fornisce parole ed espressioni nuove all’italiano e le fornisce, in

particolare, ai nostri mass media, che non si limitano a render contro degli eventi con distacco 

uccidere/freddare; estorsione/pizzo, chiamare capimafia e sicari con soprannomi o diminutivi con

cui li chiamano parenti, amici e complici.

Il tg italiano: lezione di qualunquismo

Si è visto, inizialmente, che il tg persegue, con la sua confezione esterna, una dissoluzione della

figura professionale del cronista, presentato esplicitamente come intrattenitore. Si è visto poi che,

sul piano della strategia testuale, il tg italiano propone un’identificazione fittizia fra narratore e

spettatore: dicendo “noi”, il tg mira a proporsi come fonte non tanto di informazione quanto di

orientamento, prescrivendo allo spettatore gli atteggiamenti da assumere di fronte alle notizie

narrate. Ma quali sono, in concreto, questo orientamento e questi atteggiamenti? Qui entra in gioco

il secondo tipo di strategia testuale, sistematicamente adottata dal tg italiano: esso tende ad

assumere le parole del personaggio della notizia, quale che sia l’attendibilità, l’autorevolezza, la

moralità di questo.

Nell’ottica della notizia come informazione, ad un operatore professionista dell’informazione che

come tale si presenti attraverso il testo della notizia, il lettore/ascoltatore può affidarsi sapendolo

portatore di un punto di vista almeno idealmente equilibrato e imparziale. Il testo (tele)giornalistico

italiano dice invece, con la sua stessa costituzione linguistica, che una simile aspettativa sarebbe

mal riposta.

La conclusione è obbligata: attraverso le forme canoniche in cui essa si manifesta, la voce narrante

del tg italiano rinuncia a presentarsi come istanza autonoma; prendendo sistematicamente le parole

il punto di vista dei personaggi, essa si discioglie nel reale, nell’oggetto delle notizie.

A questo punto, la convergenza delle due strategie (immedesimazione narratore/spettatore e

immedesimazione narratore/oggetto) da luogo ad una miscela esplosiva. Il tg, che con la prima

strategia prescrive un atteggiamento nei confronti del mondo, con la seconda strategia si fa interno

ai differenti oggetti del mondo di cui discorre mostrando con ciò che l’atteggiamento e il giudizio

che prescrive è in realtà quello di non avere nessun atteggiamento e nessun giudizio. Il mondo è

così come il tg lo mostra e così deve essere. Ecco dunque che il narratore del tg si rivela un

narratore qualunquista che seleziona uno spettatore qualunquista.

Per la stessa struttura formale dei testi con cui si esprime, il (tele)giornalismo italiano è quindi

costituzionalmente inadatto a svolgere le funzioni di quarto (o quinto) potere che al giornalismo

competerebbero in una società democratica ben funzionante.

Il romanzo della notizia nel teatro dell’informazione

Romanzare la notizia

Come si è visto, il tg italiano è diverso da quelli stranieri perché fa un uso sistematico della strategia

testuale del discorso indiretto libero. Lo stesso vale per il testo giornalistico a stampa, soprattutto

nella componente del titolo. In questi testi si prendono sistematicamente a prestito parole ed

espressioni caratterizzanti del personaggi di cui la notizia riferisce, facendo così, appunto, discorso

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Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
17 pagine
10 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica dei media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Bonomi Ilaria.